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Le Serre e i migranti: la dignità degli uomini e la superficialità dei perbenisti

Accogliamoli, aiutiamoli – se siamo in grado di farlo – ma preservando la loro dignità e anche la nostra. Diciamolo con molta franchezza, senza cercare di mentire a noi stessi e agli altri. Chi non ha provato strane sensazioni nel vedere molti migranti con il bicchiere di plastica, contenente qualche moneta, in mano fra le bancarelle del classico mercato del giovedì a Serra San Bruno? Chi, almeno per un attimo, non li ha osservati, ponendosi qualche domanda, nei pressi degli ingressi dei supermercati? Evitando di dare una qualsiasi considerazione alle frasi scioccamente razziste di qualche soggetto in cerca di spunti per sfogare sugli altri le sue delusioni sociali, pare opportuno riflettere sulle reali possibilità di integrazione di un numero sproporzionato di migranti che hanno “invaso” l’entroterra vibonese. In una fase storica in cui le difficoltà occupazionali si traducono in tensioni sociali e in aperto disprezzo verso la classe dirigente, sono in molti a credere che sia giusto offrire “solidarietà” a chi è in difficoltà. Il punto è che questo pensiero pone alcune egoistiche condizioni: prime fra tutte la priorità ai residenti (molti guardano soprattutto ad un possibile sostegno al proprio reddito) e la non previsione di nuovi sacrifici personali. La verità è che molti hanno paura dei migranti. In alcuni casi perchè visti con pregiudiziale sospetto, in altri in quanto fonte di potenziale concorrenza. Ma, aldilà delle ritrosie mentali di alcuni, occorre constatare situazioni oggettive: in un’area con un apparato produttivo fragile, arretrata e con le chances di sviluppo che vanno sbiadendo, non possiamo dare molto a chi arriva da lontano in cerca di fortuna. Per un motivo semplice: non abbiamo sufficienti speranze per noi stessi, come facciamo ad averne per gli altri? Che futuro può avere chi arriva in Calabria e si ritrova a chiedere qualche spicciolo ai passanti? Chi ci assicura che qualche migrante non finisca nella rete di persone poco raccomandabili? Se ci sono questi interrogativi, è evidente che qualcosa non funziona nel sistema di gestione dei flussi migratori e nel successivo inserimento nella società. E se il corrispettivo concesso agli enti gestori è di “complessivi euro 34,50 pro-capite/pro-die, oltre IVA se dovuta” per “i servizi di prima accoglienza ed assistenza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, temporaneamente presenti sul territorio della provincia di Vibo Valentia”, come mai si presentano scene come quelle che si ripetono con cadenza giornaliera davanti ai negozi? Sarebbe fin troppo ovvio che nel complesso processo di accoglienza di chi è costretto a fuggire dalla propria terra ci debba essere un valido contributo, sotto tutti i profili, a livello europeo e, invece, noi che siamo abituati ad essere definiti “gli ultimi” dobbiamo sostenere il peso di un’ondata che rischia di travolgerci. Perché in un contesto di malessere diventa sin troppo facile il sorgere di una scintilla pronta a trasformarsi in un fuoco senza fine. Come calabresi siano noti per il nostro calore e siamo pronti a fare la nostra parte, purché sia appunto una parte e non la quasi totalità dell’intervento. I perbenisti scendano dal piedistallo e prendano atto della realtà. Della nostra realtà. Della realtà serrese, spadolese,  simbariana. Di quella di Brognaturo, Vallelonga, Fabrizia, Mongiana e Nardodipace. Lascino da parte la filosofia e vadano nelle case dei boscaioli disoccupati, dei muratori che non fanno più una “giornata”, delle vedove con figli a carico che non trovano lavoro: lo dicano a loro di pagare quelle tasse e quelle imposte dai nomi sempre più antipatici, di stringere la cinghia, di fare altri sforzi. Perché ce li chiede la Merkel o Juncker. Forse la risposta non sarà la stessa di quella avuta nei salotti buoni, dove è agevole parlare perchè il futuro lo si detiene in cassaforte.

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