Operazione 'Gear', sgominata organizzazione che favoriva la latitanza di boss della 'ndrangheta

All'alba di oggi, nella province di Reggio Calabria, Teramo e Benevento, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dei reparti territorialmente competenti, con il supporto dello Squadrone eliportato Cacciatori di Calabria, dell’8° Nucleo elicotteri di Vibo Valentia e del Nucleo carabinieri cinofili, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del Tribunale reggino nei confronti di 14 persone - delle quali 12 in carcere e 2 agli arresti domiciliari - ritenute responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, d'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, favoreggiamento personale di latitanti appartenenti alla ‘ndrangheta, detenzione e porto abusivo di armi da sparo comuni e da guerra.

I destinatari dei provvedimenti cautelari, tutti originari della provincia di Reggio Calabria, sono: 1) Alessandro Bruzzese, di 39 anni (custodia in carcere); 2) Antonino Bruzzese, di 45 anni (custodia in carcere); 3) Girolamo Bruzzese, di 50 anni (custodia in carcere); 4) Girolamo Bruzzese, di 37 anni (custodia in carcere); 5) Michele Cilona, di 38 anni (custodia in carcere); 6) Giuseppe Conteduca, di 29 anni (custodia in carcere); 7) Rocco Elia, di 40 anni (custodia in carcere); 8) Pierluigi Etzi, di 42 anni  (custodia in carcere); 9) Michele Giardino, di 29 anni (custodia in carcere); 10) Giuseppe Maiolo, di 58 anni (custodia in carcere); 11) Salvatore Pisano, di 28 anni (custodia in carcere); 12) Vincenzo Prochilo, di 39 anni (custodia in carcere); 13)  Mariateresa Fazari, di 35 anni (arresti domiciliari); 14) Francesco Perrello, di 27 anni (arresti domiciliari).

Altre 7 persone sono indagate in stato di libertà.

L’operazione, convenzionalmente denominata 'Gear', ha consentito di disarticolare un sodalizio che per gli investigatori avrebbe avuto la base in una cava di inerti ubicata a Gioia Tauro, la cui finalità prioritaria sarebbe stata quella di agevolare la latitanza di pericolosi boss della ’ndrangheta.

L'organizzazione avrebbe curato anche alcuni traffici di cocaina, marijuana, eroina ed hashish ed avrebbe custodito numerose armi da sparo comuni e da guerra, destinate a rafforzare l’efficacia ed il potenziale delle altre aggregazioni criminali del «Mandamento Tirrenico» della provincia di Reggio Calabria.

L’operazione 'Gear' rappresenta l'epilogo di una complessa ed articolata attività d’indagine condotta dalla Sezione operativa della Compagnia carabinieri di Gioia Tauro, sotto il coordinamento della Dda, nel periodo compreso tra il mese di luglio 2017 ed il mese di dicembre 2018.

La genesi delle operazioni investigative ha avuto origine con la cattura dei latitanti Antonino Pesce, 38 anni , Salvatore Etzi (47) e Salvatore Palumbo (40).

In particolare, il monitoraggio di mogli, fidanzate, parenti e favoreggiatori dei latitanti ha fatto emergere la centralità del sito di estrazione, ubicato in contrada Pontevecchio di Gioia Tauro.

Il monitoraggio della cava ha permesso ai carabinieri di Gioia Tauro di catturare, nell'aprile del 2018, un quarto latitante, Vincenzo  Di Marte, inserito nell’«elenco dei latitanti pericolosi» e ritenuto un elemento di spicco della cosca di ‘ndrangheta Pesce, operante nel territorio di Rosarno.

Gli investigatori dell'Arma hanno quindi ricostruito la rete degli indagati che, a vario titolo e con diversi ruoli avrebbero favorito la latitanza di Etzi, Pesce e Di Marte. 

 

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