Archeologia subacquea in Calabria: esperti a confronto su “Le vie del mare”

L’Italia è uno dei paesi europei con maggiore sviluppo costiero ed i mari che si affacciano sulle sue coste, terre di approdi e di conquiste, sono ricchissimi di un patrimonio di tesori preziosi che raccontano storie preistoriche, vicende antiche, rivoluzioni secolari della tecnica e dei costumi. Parlare di archeologia subacquea e delle sue testimonianze di civiltà significa quindi parlare di storia, arte, archeologia ma anche e soprattutto di tradizioni e identità di popoli. E la Calabria, in questo senso, possiede un patrimonio inestimabile da recuperare, valorizzare e difendere a garanzia delle generazioni future, un’eredità di cui beneficiamo e che dobbiamo necessariamente preservare.

Facendo proprie queste idee, l’Associazione culturale Ka’Minia ha avviato, nell’ultimo anno, un’interlocuzione positiva con il Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone che ha premiato la sua progettualità e l’impegno profuso a tutela dell’ambiente e del patrimonio marino e votato particolarmente alla sensibilizzazione delle giovani generazioni. Ed la relazione che si è creata ha permesso la realizzazione di un’iniziativa unica nel suo genere: l’allestimento di una mostra temporanea di reperti archeologici inediti, recuperati nel mare del golfo di Squillace, che sarà visitabile, fino a fine estate, nel nuovo Modulo Archeosub del Museo delle Antiche Ancore e del Mare – Mu.Ma.K di Caminia (Stalettì, Catanzaro). Tale nuovo spazio espositivo è l’ultimo tassello del progetto partito circa 3 anni fa e che ha visto nascere nella suggestiva baia di Caminia un attrattore turistico e culturale davvero originale ed in continua espansione: un museo an plein air votato alla salvaguardia dell’ambiente attraverso gli strumenti che l’arte mette a disposizione.

L’importanza e la particolarità dell’inedito allestimento “Le vie del Mare. Ritrovamenti archeologici nel golfo di Squillace” sarà testimoniata martedì 3 agosto alle ore 19 nell’area conferenze “Gemini” del Museo Mu.Ma.K, da coloro che si sono adoperati per la sua realizzazione. Nell’occasione si incontreranno: Massimo Stirparo, imprenditore e titolare del Villaggio Blanca Cruz che ospita il Museo e Paola Caruso, funzionario Sabap Catanzaro, Cosenza e Crotone che ha reso possibile tale delicata operazione. Insieme dialogheranno con Elisa Nisticò, direttrice del Parco archeologico nazionale di Scolacium; Chiara Raimondo, presidente Istituto di Studi su Cassiodoro e il Medioevo in Calabria; Alfredo Ruga, funzionario Sabap Reggio Calabria, Vibo Valentia, Crotone e Catanzaro. Il dibattito moderato da Giusy Armone, si arricchirà anche del contributo tecnico di Giulia Armone, archeologa e curatrice del progetto per l’allestimento della mostra nel Modulo Archeosub e di Paolo Palladino, presidente dell’Associazione AISA che ha un ruolo di primo piano nell’attività di individuazione e recupero di reperti marini a rischio.

La mostra temporanea “Le vie del Mare” che ha già registrato un numero elevato di visitatori calabresi e non solo, ha come protagonisti indiscussi i reperti archeologici subacquei recuperati nel golfo di Squillace negli ultimi anni, nonché importati ritrovamenti provenienti dal territorio di Stalettì. Insieme alle collezioni già da tempo esposte all’interno del Mu.Ma.K, il visitatore può compiere un nuovo viaggio nel tempo apprezzando la singolarità degli antichi manufatti, tra cui spiccano un’anfora globulare bizantina pervenuta completamente integra, una rara lucerna medievale di probabile provenienza islamica e un ceppo d’ancora in piombo di età arcaica che fa luce sui primi utilizzi di questo materiale nella costruzione navale. Tutti elementi che testimoniano la grande importanza del Golfo di Squillace all’interno delle rotte commerciali dell’antichità ed in varie epoche. Non mancano anche reperti recuperati sulla terraferma, come le granate bizantine rinvenute durante gli scavi del castrum di Santa Maria del Mare (Stalettì, Cz) e finalmente mostrate al pubblico grazie alla volontà dell’archeologa Chiara Raimondo.

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