'Ndrangheta, fabriziesi che comandano in Germania. I nomi degli arrestati

Blitz a Fabrizia e in Germania degli uomini del Comando provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con i collaterali organismi di polizia tedeschi, per dare esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 10 soggetti ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta, componenti delle articolazioni territoriali denominate “Locale di Rielasingen" e “Locale di Fabrizia”, responsabili di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis, commi 1°, 2°, 3°, 4°, 5° e 6° c.p.) e concorso in associazione di tipo mafioso (artt. 110 e 416 bis c.p.), aggravati dall’art. 3 lett. B) e C) l. n. 146/2006 (reato transnazionale) in quanto commessi in Italia e Germania da un gruppo organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato. Le indagini, avviate nel gennaio del 2012, sono la naturale prosecuzione dell’operazione denominata “Helvetia” sulla presenza di alcuni esponenti della ‘ndrangheta in Svizzera. Queste indagini, si sono sviluppate anche utilizzando il materiale probatorio delle indagini “Crimine”, “Santa”  e “Capodue”, queste ultime due svolte rispettivamente in Germania e Svizzera ed acquisite con rogatorie internazionali dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Le investigazioni avrebbero consentito di individuare altre persone inserite in un contesto di ‘ndrangheta, appartenenti alla “Società di Singen” ed al contempo di accertare l’esistenza di altre “locali” omologhe nelle città di Rielasingen, Ravensburg ed Engen, e di approfondire il rapporto che lega le citate strutture con la ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. Le acquisizioni ottenute avrebbero consentito di proiettare l’attenzione investigativa sulle emergenze che provenivano da oltre confine e in particolare su alcuni gruppi criminali stanziati sul confine svizzero/tedesco con riguardo alle città di Singen e Frauenfeld in netto contrasto tra loro. In particolare, le indagini avrebbero permesso di accertare che nella città tedesca di Singen (posta al confine con la Svizzera) era attivo un “locale” di ‘ndrangheta capeggiato sino ad una data epoca da Bruno Nesci, considerato in stretto collegamento con la “società” di Rosarno e il “crimine” di San Luca, pertanto, sottoposta a quest’ ultimo; “locale” in forte contrasto con il “locale” svizzero di Fraeunfeld, capeggiato da Antonio Nesci. Le indagini, infatti, avrebbero consentito non solo di confermare l’esistenza e l’operatività dell’articolazione tedesca della ‘ndrangheta ma anche di individuarne gli associati, i ruoli e le cariche e soprattutto di verificarne la dipendenza dal “Crimine” calabrese, per il tramite di Bruno Nesci, la cui figura era stata riconosciuta sia in Calabria, ove era “accreditato” presso il “Crimine” per il tramite di Domenico Oppedisano, sia in Germania. Significativa della funzione baricentrica di Bruno Nesci sarebbero poi i contatti pregressi, già registrati durante l’attività d’indagine  “Il Crimine” dalle quali emergeva il ruolo apicale di Nesci, che con sentenza del 27.02.2014 è stato condannato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria alla pena di 8 anni e 4 mesi di reclusione, poiché ritenuto colpevole del delitto di associazione di tipo mafioso proprio a seguito dell’operazione “Il Crimine”, venendo valutate a suo carico innanzitutto la posizione direttiva rivestita in seno all’organizzazione, la sua frequentazione con Domenico Oppedisano (cl.’30), nella qualità di “capocrimine” presso il cui terreno di Rosarno si recava diverse volte, nonché il ruolo ricoperto in seno alla compagine di appartenenza che lo rendeva - ad avviso dei militari - diretto referente anche delle locali radicate in Germania. L’attività investigativa ha consentito di rilevare, oltre agli elementi attinenti la consolidata presenza ed operatività ultradecennale in Germania dell’organizzazione criminale, personaggi con relative doti e cariche ricoperte; nei dettagli, per come sostenuto dagli inquirenti, sarebbe emerso che:

CRITELLI Antonio con la funzione di capo locale del locale di Rielasingen;

NESCI Domenico (Mimmo) cl. 68 con la funzione di "vice" capo locale del locale di Rielasingen;

CIRILLO Salvatore con la funzione di "mastro di giornata" del locale di Rielasingen;

PRIMERANO Achille in qualità di appartenente al locale di Rielasingen, e in grado di conferire cariche e doti; (dalle indagini emerge anche questo passaggio: Raffaele ALBANESE: Solo una cosa ho trascurato, che quando gli ha detto Peppe ad Achille: "donategli qualcosa", io gli dovevo dire: "io sono al completo!", indicandolo come uno dei "carichisti", detentore esso stesso del "Vangelo" o della "Santa", per come dimostrato con sentenza "Crimine");

NESCI Raffaele, NESCI Domenico (Micuzzo) cl. 61, IENCO Vittorio, GIACOMINI Raffaele, quali componenti della società con la qualità di partecipi attivi alla locale di Rielasingen, con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio;

PRIMERANO Raffaele e NESCI Maria Giovanna intranei alla 'ndrangheta nella sua articolazione territoriale del locale di Fabrizia, in concorso con Giuseppe Antonio Primerano ed altri allo stato n.i., con la qualità di partecipi attivi alla locale di Fabrizia, con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio, svolgevano un ruolo nelle dinamiche tra la locale di Rielasingen, la locale di Frauenfeld e la locale di Singen, scambiando comunicazioni su importanti questioni associative con i principali esponenti delle suddette articolazioni dell'associazione. Le investigazioni hanno contribuito a fornire una sostanziale conferma all’esportazione del modello ‘ndranghetistico in altre nazioni; tale organizzazione infatti è stata “clonata” realizzando una struttura analoga a quella tradizionalmente tipica del territorio calabrese, con evidenti stretti legami di dipendenza con l’organismo di vertice in Calabria, pur conservando una certa autonomia, relativamente alle classiche forme di manifestazione mafiosa, al punto che una delle estrinsecazioni più tangibili dell’esistenza stessa di cellule associative, l’esistenza delle “locali” e delle “società” e il cursus honorum all’interno di queste, necessitano del riconoscimento e del beneplacito degli organi direttivi centrali calabresi. Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 50 Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e dell’8° Nucleo Elicotteri, mentre in Germania l’esecuzione è stata curata dalla polizia del Land (LKA) Baden-Württemberg supportata da unità della polizia antisommossa per il rilevamento di oggetti di prova con un dispiego di forze di circa 200 uomini.

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