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La Calabria si ribella ad "Anime nere", ma non ai suoi antichi vizi

In fondo la storia è sempre la stessa: che si parli di mafia, di camorra o di 'ndrangheta, la levata di scudi da parte di coloro che sono istituzionalmente preposti alla rappresentanza di una comunità, più o meno vasta, si ribellano levando al cielo geremiadi permalose per il presunto sfregio all'immagine collettiva. E' singolare che nessuno, fra gli "avvocati" improvvisati di un popolo, senta il bisogno, salvo casi rarissimi, di indirizzare questi stessi strali, con questo medesimo tenore, verso i veri deturpatori del buon nome di una città, di un paesino, o di un'intera nazione. Può essere il Silvio Berlusconi, adombratosi in passato perché inondare il mondo con le storie e le immagini de "La Piovra" danneggiava il nostro Paese, possono essere i sindaci dell'hinterland napoletano o casertano, inalberatisi per il successo di "Gomorra" al punto di non concedere in alcune circostanze le autorizzazioni necessarie perché i rispettivi territori facessero da cornice alle gesta della famiglia Savastano, protagonista della serie. In queste ore è il turno dei Primi Cittadini delle località che insistono nell'area reggina della Locride ad alzare la bandiera dell'appartenenza immacolata da opporre ai presunti denigratori di una realtà che, come sempre si dice in queste occasioni, è ben altra rispetto alla rappresentazione stereotipata che emerge dalle riduzioni cinematografiche o televisive. Nel mirino questa volta è "Anime Nere", il pluripremiato film di Francesco Munzi, capolavoro ammirato ovunque. Particolare non trascurabile, la pellicola è stata ispirata dal romanzo di Gioacchino Criaco, raffinatissimo letterato che ha visto i natali ad Africo, lì in quegli stessi vicoli teatro delle cupe vicende che hanno fatto da filo conduttore dell'opera. Eppure, ciò non basta a garantire la buona fede o l'inesistenza di qualsivoglia tentativo di gettare indiscriminatamente fango sulla terra calabra. No, non va bene tuonano i sindaci del Reggino. Non è cosa buona e giusta informare una platea, la più ampia possibile, che sì, anche questa, purtroppo, è Calabria. Non vengono certo sfiorati dal sospetto gli ineffabili portatori della fascia tricolore che sarebbe ben più degno ammettere che senza la pervasività venefica della 'ndrangheta che tutto insozza, questo angolo di pianeta, forse, avrebbe potuto essere ricco e prospero, di intelligenze e denari fagocitati dal cancro criminale. Meglio, molto meglio, secondo i pensieri elementari da essi espressi, insistere nel voler nascondere la polvere sotto il tappeto: talmente impegnati nell'edificazione di muri concettuali da non rendersi conto che è proprio questo atteggiamento, passivo e sconfitto dagli eventi inoppugnabili, a rendere inespugnabile la fortezza dell'isolamento cui è condannata la Calabria. Preda ed ostaggio al tempo stesso di ancestrale vittimismo, si scagliano contro l'arte, rea di svelare che "Il re è nudo". Bersaglio all'apparenza facile, esibiscono una compattezza che, se adoperata per una concreta promozione turistica scevra da meschine gelosie e da ottusi egoismi, avrebbe certamente prodotto risultati fecondi. "Questo film - secondo Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, dà un’immagine terribile delle nostre terre e corrobora i peggiori pregiudizi sulla Calabria, come terra mafiosa e legata a regole arcaiche. Già l’abbiamo sopportato nei cinema, ma ora vederlo entrare in tutte le case con la potenza della tv ci preoccupa e ci amareggia. Il film descrive una situazione irreale che forse esiste in un qualche sparuto centro dell’aspromontano e delegittima l’intera popolazione. Attenzione, non sto dicendo che non esista la ’ndrangheta, ma noi la combattiamo ogni giorno coi fatti e con l’impegno degli amministratori. I calabresi devono ribellarsi a questa descrizione. Non escludiamo nulla, neanche azioni legali contro chi infanga la Calabria". E' sempre lì che si torna, alla minaccia di andare in Tribunale per proteggere il buon nome, ad onor del vero sconosciuto ai più, del giardino di casa. Salvo ammettere, per grazia concessa, che la "'ndrangheta esiste": una ammissione mimimalista, quasi fosse una iattura del destino dover convivere con le forze diaboliche dei clan. Un certo qual disagio si avverte anche quando il Primo Cittadino parla di descrizione irreale. Non ce ne voglia, ma siamo assaliti dal dubbio che non abbia visto il film, perché in quei 103 minuti di turbamenti e subbugli dell'anima, le dinamiche, la cattiveria bestiale, gli episodi, le rappresentazioni di subcultura mafiosa sono di un realismo crudo e storicizzato. Addirittura Antonio Domenico Principato, che guida l'Amministrazione Comunale di Staiti, arriva a tirare in ballo la "crisi economica che ci sta annientando in tutti i modi". E per  fronteggiarla al meglio serve, a suo parere, che l'unione dei sindaci si prodighi per uscire da quella immagine che può dare questo film. I mafiosi sono una sparuta minoranza, i calabresi sono laboriosi e impegnati". Il leit motiv, al netto di qualche variabile nei toni, è sempre uguale da decenni e decenni: calabresi brava gente, è il mondo che non li capisce pensando che siano tutti brutti, sporchi e cattivi. Qualcuno, come il sindaco di Sant'Agata del Bianco, Giuseppe Strangio, si spinge più in là e, oltre a rifiutare il messaggio dominante nel lavoro di Munzi, pare esterrefatto di fronte ad una storia che sembra quasi sia stata concepita su Marte: ""Anime Nere" non rende merito alla Calabria. Un film che lascia sgomenti per la durezza delle immagini e l’idea della ferocia della criminalità di questi protagonisti. Andare in giro e sentirsi etichettati come calabresi trafficanti di droga mafiosi non è bello. Noi cerchiamo di portare avanti un discorso di legalità e di trasparenza sarebbe opportuno che Sky mandasse anche altri messaggi, magari coinvolgendo le scuole. Il rischio è che si cada nel banale, riducendo la Calabria a solo quello". Ecco un'altra testimonianza forte di come fuggire dalla realtà: scaricando su Sky la responsabilità di non diffondere valori differenti. Il canovaccio consolidatosi nel corso del tempo, in fondo, non ammette variazioni: se cercate colpe, andate a scovarle da qualche altra parte, venendo qui avete sbagliato indirizzo, lasciateci morire d'inedia.

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