Estorsioni ad azienda agricola: catturato presunto esponente di spicco della 'ndrangheta

All’alba del 15 gennaio, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, unitamente a personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto, in esecuzione di provvedimento emesso dalla locale Procura Distrettuale Antimafia, Gregorio Cacciola, di 57 anni, presunto elemento di spicco della omonima articolazione territoriale della 'ndrangheta attiva nel territorio di Rosarno e zone limitrofe, ritenuto responsabile di estorsione aggravata dal metodo mafioso.  In particolare, il provvedimento restrittivo scaturisce da un'articolata attività d’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo e dalla Tenenza di Rosarno, che ha permesso, attraverso la captazione di dialoghi ambientali, intercettazioni telefoniche e servizi di videoripresa, di far luce su una serie di vessanti richieste di denaro, nel tempo sempre più consistenti, poste in essere, secondo gli inquirenti, da parte dell’indagato nei confronti dei titolari di un azienda agricola di Candidoni: le reiterate minacce, condotte con metodologia tipicamente mafiosa e finalizzate al versamento della 'mazzetta' in corrispondenza del periodo natalizio, avrebbero altresì agevolato la temibile cosca dei Cacciola, ingenerando nelle vittime un radicato e concreto timore per la propria incolumità e per l’integrità dei beni patrimoniali, inducendoli ad assumere un atteggiamento non collaborativo con l’Autorità Giudiziaria. Gregorio Cacciola è zio paterno di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia suicidatasi in circostanze ancora non del tutto chiarite, le cui stesse dichiarazioni hanno peraltro trovato coerente riscontro con l’impianto probatorio assunto nel corso delle indagini, così come per le propalazione di collaboratori di giustizia. Su disposizione dell’Autorità Giudiziaria reggina, il fermato è stato tradotto presso la Casa Circondariale di Palmi in attesa del giudizio di convalida. 

'Ndrangheta, altre 6 persone arrestate nell'ambito dell'operazione "Aemilia"

Dando attuazione ad un'ordinanza di custodia cautelare e ad un provvedimento di sequestro preventivo firmati dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bologna, che ha accolto favorevolmente un'istanza avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia, uno stuolo di Carabinieri del Comando provinciale di Modena, insieme ai militari della Guardia di Finanza di Cremona, hanno eseguito all'alba sei arresti e messo nel mirino altrettante società di capitale. Il blitz, che costituisce un ulteriore filone dell'inchiesta denominata "Aemilia", è stato condotto in Calabria, Emilia-Romagna e Veneto. Già il 28 gennaio dello scorso anno, gli investigatori avevano stretto il cerchio attorno all cosca della 'ndrangheta Grande Aracri, originaria di Cutro ed i cui interessi criminali ed imprenditoriali si sono allargati fino al territorio emiliano. Era, quella, la prima tranche, dell'operazione che è continuata in queste ore. Furono 117 le persone catturate allora, 224 gli imputati nel processo con rito ordinario o abbreviato che ne derivarono. Complessivamente, nel contesto delle indagini, è stato sequestrato un patrimonio che vale complessivamente cinquecento milioni di euro. 

   

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'Ndrangheta, arrestato presunto affiliato alla cosca Bellocco

I Carabinieri hanno tratto in arresto un uomo di 50 anni, accusato di essere affiliato alla cosca Bellocco, egemone a Rosarno e nei comuni limitrofi, in esecuzione del provvedimento della misura detentiva in regime domiciliare emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Reggio Calabria. Diego Carrozza dovrà espiare la pena di 6 mesi, in quanto ritenuto responsabile di aver violato il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, per fatti commessi a Reggio Calabria nel 2007. 

Blitz contro la 'ndrangheta: 20 arresti

Durante la notte è scattata un'operazione dei Carabinieri, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, contro la 'ndrangheta a in Piemonte. I militari dell'Arma del Nucleo investigativo del capoluogo sabaudo hanno eseguito venti arresti e quarantuno ispezioni domiciliari, oltre ad aver sequestrato un consistente patrimonio. I soggetti destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Sospettati di essere organici ai clan, avrebbero trafficato sostanze stupefacenti, interessandosi, peraltro, alla conduzione di bische clandestine.  Attività criminali accompagnate da azioni estorsive. Gli inquirenti ipotizzano pure che abbiano praticato l'usura. I provvedimenti restrittivi sono stati effettuati, oltre che a Torino, anche a Reggio Calabria. In una circostanza, una vittima si sarebbe vista consegnare presso la propria abitazione una testa di maiale. In un secondo caso, un uomo finito nelle grinfie del "pizzo", aveva ricevuto una missiva minatoria accompagnata da cartucce. 

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Scoperto un bunker della 'ndrangheta

All’alba, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria di Vibo Valentia i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno effettuato delle accurate perquisizioni domiciliari ai danni di alcuni esponenti della famiglia Bellocco di Rosarno. In particolare, in contrada Zimbario, all’interno dell’abitazione di campagna e relative pertinenze, di proprietà di Rocco Bellocco, di 63 anni, pluripregiudicato, in atto detenuto, elemento apicale della omonima famiglia di 'ndrangheta, egemone nel comprensorio della Piana di Gioia Tauro e con salde ramificazioni nel Nord e Centro Italia ed all’estero, hanno individuato e posto sotto sequestro un bunker. All’intercapedine del manufatto, rinvenuta nel vano cucina, si accedeva tramite un pannello in mattoni a scorrimento,  delle dimensioni di 60X60 centimetri, con congegno di apertura elettrico. Le dimensioni del rifugio, una volta avuto l’accesso, erano di un metro di larghezza, 0,5 di lunghezza e  2,5 di altezza. All’interno erano, inoltre, presenti tre prese d’aria ed il vano risultava fornito di energia elettrica.  Data la conformazione del nascondiglio, gli investigatori sono certi si trattasse di un rifugio momentaneo da utilizzare nel caso di perquisizioni da parte delle forze dell'ordine. o ancor peggio per assicurarsi l’irreperibilità nella sempre critica fase dell’esecuzione di misure cautelari. In considerazione del proprietario della masseria, è ipotizzabile che il bunker sia stato utilizzato proprio da Rocco Bellocco che in passato è anche riuscito a sottrarsi a provvedimenti restrittivi dandosi alla latitanza. Ultimate le operazioni, i Carabinieri hanno posto sotto sequestro l’intero immobile per poter esperire degli accertamenti più specifici.

 

Faida nel Vibonese, catturato l'indiziato dell'omicidio del pluripregiudicato Di Leo

Nel tardo pomeriggio  di ieri, la Procura Distrettuale di Catanzaro – Direzione  Distrettuale Antimafia, ha emesso decreto di fermo nei confronti di Francesco Salvatore Fortuna, 36enne pluripregiudicato, esponente di spicco della cosca “Bonavota” di Sant’Onofrio, gravemente indiziato dell’omicidio del pluripregiudicato Domenico Di Leo, consumato nell’estate del 2004 a Tropea mediante esplosione di numerosi colpi di Kalashnikov e di fucile calibro 12. L’uomo è stato catturato alle prime luci dell’alba. Il provvedimento discende dalle indagini coordinate dal Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Sostituto Camillo Falvo, condotte della Compagnia di Vibo Valentia che hanno contestualizzato il fatto di sangue, ancorché risalente nel tempo, nel corso delle investigazioni sul taglio di 1000 ulivi patito nel 2011, quale estorsione, da una cooperativa avente scopi benefici gestita anche da religiosi, situata a Stefanaconi, concluse dall’Arma, dopo due anni, con l’arresto dei vertici dei  “Bonavota”. Il fatto aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale per le sue modalità odiose, che il Vescovo di Vibo Valentia non aveva esitato a definire “un’offesa a Dio ed agli uomini”. Di Leo sarebbe stato eliminato nelle dinamiche di contrasti interni al clan, originati da differenti vedute sulla allocazione di imprese nella zona industriale di Maierato. Il direttorio della consorteria, infatti, propendeva per la realizzazione di un centro commerciale, mentre il Di Leo per una catena di autolavaggi. Il pretesto dell’omicidio è stato individuato in un’offesa fatta dal Di Leo ad un maggiorente dei  “Bonavota”, che aveva intrattenuto una relazione sentimentale con la cugina, da lui non condivisa. I militari hanno ricevuto determinante apporto dagli accertamenti scientifici dei Carabinieri del RIS di Messina. 

'Ndrangheta, in carcere affiliato alla cosca Ficara-Latella

Nella giornata di venerdì, in esecuzione all’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, i Carabinieri hanno tratto in arresto un uomo di 54 anni Demetrio Domenico Praticò, di Reggio Calabria, ed intraneo alla 'ndrina Ficara-Latella, attiva nella zona sud di Reggio Calabria, per i reati di associazione di tipo mafioso, detenzione illegale di armi, munizioni, materiale esplodente e ricettazione. Dovrà scontare la pena residua di 5 anni, 11 mesi e 26 giorni di reclusione, per i fatti commessi nel 2010 nell’ambito dell’operazione di Polizia Giudiziaria convenzionalmente denominata "Piccolo Carro", effettuata dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria. Sempre venerdì i Carabinieri hanno tratto in arresto a Palmi Teodoro Mazzaferro, di 77 anni, sottoposto agli arresti domiciliari, per aggravamento della misura cautelare disposta dal Tribunale di Palmi. E' stato tradotto presso la locale casa circondariale. 

 

'Ndrangheta, processo "Piccolo carro": condanna definitiva per la "talpa" dei Servizi Segreti

Sono state confermate le responsabilità penali a carico di tre imputati nel processo imbastito in seguito all'operazione denominata "Piccolo carro". Undici anni di carcere dovranno essere scontati da Giovanni Zumbo, "talpa" dei Servizi Segreti che forniva preziosi dettagli investigativi al "mammasantissima" Giuseppe Pelle. Otto gli anni di reclusione comminati a Giovanni Ficara, ritenuto uno dei personaggi al vertice dell'omonima cosca. Ad undici anni è stato infine condannato Domenico Demetrio Pratico, ritenuto uomo di massima fiducia del medesimo Ficara. 

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