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Serra, Codacons: “Dopo l’ospedale a rischio il consultorio?”

“Sono passate diverse settimane da quando, nella nota trasmissione radiofonica ‘On The News’ di Radio Serra, esponenti di primo piano dell’attuale maggioranza regionale tenevano a rassicurare i cittadini sull’imminente modifica del famigerato decreto 9 che, di fatto, smantella l’ospedale ‘San Bruno’, esasperando così una già conclamata situazione di emigrazione sanitaria verso altre provincie o regioni. Purtroppo i nostri timori erano largamente fondati”. Ad esprimere “rammarico” per la situazione d’incertezza sulla tutela della salute nell’entroterra vibonese è il responsabile di zona del Codacons, Antonio Carnovale, che segnala una serie di discrepanze che sono alla base dei suoi sospetti. “Nonostante la proposizione di dettagliate osservazioni da parte degli operatori del settore e dei sindaci del comprensorio – rileva - non si hanno notizie di modifiche del decreto 9 che già, dal primo minuto, avevamo individuato quale atto inidoneo a garantire i livelli minimi di assistenza sanitaria sul territorio e che, certo non poteva essere modificato con delle osservazioni, metodo che avevamo segnalato essere quanto meno ‘anomalo’ e non previsto dal decreto stesso. Infatti – aggiunge - sullo sfondo si sono materializzati tutti i dubbi, le perplessità e le osservazioni poste agli esponenti regionali che pure si erano detti disponibili ad intervenire in maniera forte sulla struttura commissariale, evidentemente poco attenta alle peculiarità del territorio o poco desiderosa di scoprire le difficoltà di un già penalizzato comprensorio che si ritrova senza infrastrutture viarie e con servizi carenti”. Carnovale puntualizza la differenza fra parole pronunciate ed azioni effettuate e sostiene che  “contrariamente a quanto annunciato, nessuna manifestazione è stata fatta nella cittadina serrese, tantomeno con la presenza del presidente Oliverio e del commissario Scura. Anzi, lo stesso commissario, da quanto ne sappiamo, non ha risposto alla richiesta dei sindaci di essere ricevuti per esporre le legittime esigenze provenienti dai territori dei quali sono rappresentanti, cristallizzate nel documento inviato allo stesso e che sottolinea tutta l’inadeguatezza di un atto evidentemente elaborato sulla base di considerazioni prettamente teoriche e con mentalità aziendale e che esula dalle reali condizioni di vita della gente comune”. A conferma delle teorie del Codacons vi sarebbero poi “le ultime vicende che riguardano il consultorio familiare di Serra San Bruno sul quale con interventi ‘a sorpresa’ , per quanto ci viene riferito, si stanno operando degli spostamenti di personale. Potrebbero tali spostamenti – è l’interrogativo - essere il preludio dello svuotamento della struttura e del conseguente smantellamento del servizio? Noi ci auguriamo di no, ma sicuramente rimarremo vigili anche su questo, non esitando, laddove necessario, ad intervenire attraverso gli strumenti più idonei”. Il Codacons è inoltre pronto a farsi carico della trasmissione “al Ministro Lorenzin del documento elaborato dai sindaci del territorio, esortandola a fare ricorso ai poteri costituzionali di cui è titolare per intervenire in sussidiarietà sul commissario Scura che, evidentemente, non ha la voglia o il tempo necessario per ascoltare i sindaci e recepire le istanze che i cittadini calabresi hanno il diritto di porre e di vedere realizzate. Da parte nostra – conclude il responsabile dell’associazione a tutela dei consumatori - non mancheremo di studiare tutti i mezzi giudiziari idonei a neutralizzare un atto che impoverisce il territorio serrese, trasformando il nosocomio in un centro anziani  e che non apporta alcun beneficio in termini economici alle casse regionali”.

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Ospedale ‘San Bruno’, Codacons: “A rischio il diritto alla tutela della salute”

Arrivano ulteriori allarmi in riferimento al futuro del nosocomio serrese. A lanciarli stavolta è il responsabile locale del Codacons Antonio Carnovale che segnala i pericoli per la salute della popolazione dell’area interna del Vibonese. “Apprendiamo gravi notizie – afferma l’esponente dell’associazione a tutela dei consumatori – che riguarderebbero il presidio ospedaliero ‘San Bruno’ e a renderle ancora più preoccupanti è il fatto che la fonte sia istituzionale. Il presidente del consiglio comunale Giuseppe De Raffele ha infatti reso note le intenzioni di depotenziamento della struttura. Le sue parole sono facilmente riscontrabili leggendo il decreto 9/2015 e i suoi allegati”. Le ipotesi più pessimistiche, ad avviso di Carnovale, non sarebbero prive di fondamento e “le penalizzazioni che si porrebbero in atto con l’attuazione di tale normativa andrebbero ad incidere in maniera devastante sulla quantità e sulla qualità dei servizi al cittadino-consumatore anche perché le soluzioni prospettate nel decreto in oggetto non sono idonee a garantire gli standard minimi di assistenza”. L’apprensione di Carnovale si traduce nella proiezione di quello che potrebbe succedere con la concretizzazione delle nuove previsioni sul riordino della rete sanitaria: “basti pensare – sostiene – che il trasporto di emoderivati a seguito della paventata soppressione del Laboratorio analisi avverrebbe con l’utilizzo di un furgone, o meglio di un’ambulanza dismessa, che dovrebbe viaggiare su quelle strade provinciali che sono l’emblema dello sfasciume”. A ciò vengono aggiunti alcuni sospetti, nemmeno troppo velati, nel passaggio in cui vengono rilevate “le curiose coincidenze riguardanti il nuovo assetto dell’ospedale di San Giovanni in Fiore”, centro silano di cui è originario il presidente della giunta regionale Mario Oliverio. Su questo aspetto, c’è la speranza che “il commissario ad acta Massimo Scura, nell’esercizio dei suoi poteri, possa incarnare l’organo super-partes che la legge gli affida di interpretare” e che “possa essere rivisto il decreto 9/2015 al fine di tutelare il diritto alla salute di tutti i cittadini del comprensorio montano”. Critiche sferzanti riguardano infine la circostanza per cui le eventuali modifiche del decreto siano state “affidate ad osservazioni che, se non poste in essere con grande solerzia, rischiano di non essere prese in considerazione con la conseguente cristallizzazione delle penalizzazioni”.

 

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Fondazione Campanella, Codacons: "Ricerca messa fuori gioco"

Riceviamo e pubblichiamo la nota del Responsabile del Codacons Serre vibonesi, avvocato Antonio Carnovale.

<<Se le motivazioni relative all’impossibilità di salvare la Fondazione Campanella destavano qualche perplessità, le rassicurazioni ai pazienti circa la continuità delle cure stimolano ancora tanti interrogativi ai quali qualcuno dovrebbe dare, almeno per rispetto dei pazienti, una risposta.

In un comunicato della Presidenza della Giunta Regionale si legge che la stessa:  “ha dato mandato al Dipartimento Tutela della Salute di porre in essere tutte le iniziative necessarie a garantire la continuità delle cure ai pazienti attualmente in carico alla Fondazione”. La precisazione della Presidenza è dovuta ad alcune notizie divulgate dalla stampa nei giorni scorsi.

 “Dopo un’attenta attività di verifica dei pazienti in trattamento – prosegue la nota – degli interventi programmati, della lista di attesa della Pet e degli ambulatori, oltreché dei connessi fabbisogni in termini di materiali necessari per le sedute operatorie, farmaci e dispositivi medici, in data odierna si è svolta una riunione conclusiva per concordare le modalità operative attraverso le quali assicurare la continuità dell’attività assistenziale a favore dei pazienti in cura presso il Polo Oncologico”

Detto così verrebbe da dire: di cosa abbiamo parlato sino ad ora se tutto procede nel verso giusto?

Purtroppo la realtà di ogni giorno non è questa e la nota della Presidenza andrebbe completata con informazioni aggiuntive.

L’arzigogolata soluzione prospettata nel comunicato, in soldoni si può così tradurre: qualcuno presterà al Polo Oncologico qualche farmaco chemioterapico per assicurare le infusioni ai pazienti, per qualche settimana.

Tale prospettazione non rappresenta, dunque, una soluzione definitiva al problema, né può rassicurare i pazienti il fatto che ancora rimane qualche flebo da poter somministrare, a nostro sommesso avviso, non si può parlare di sanità virtuosa se le soluzioni Ricemesse in campo sono di questo tenore e se non si costruisce un quadro completo della situazione.

Infatti, quello che la nota della Presidenza non dice è che già da qualche settimana, presso il Polo Oncologico, i pazienti non possono più essere trattati per la radioterapia e, conseguentemente, vengono dirottati presso altre strutture, ma ciò che non si sottolinea è l’aspetto più preoccupante della vicenda.

Nello stesso comunicato, ci si affretta a dichiarare che “Vi è l’esigenza di separare la vicenda che riguarda il profilo istituzionale dell’Ente da quello assistenziale…”, la distinzione, è vero, non è di poco conto, ma non nel senso che si vorrebbe far credere, è proprio su questo punto che gli interrogativi si aggiungono a quelli già posti precedentemente: quello che si chiama “profilo istituzionale” della Fondazione è proprio il cuore pulsante della stessa, la parte che non si limita a praticare la chemioterapia ( i cui standard sono uguali in tutti gli ospedali del mondo), ma è la struttura “pensante” che fa ricerca, che si adopera giornalmente per scoprire la genesi della malattia, intervenendo con cure alterative ed innovative che rappresentano una speranza in più per i malati oncologici. Se eliminiamo la testa pensante, probabilmente, rimarranno soltanto le flebo da poter somministrare, ancora per qualche settimana, ai pazienti.

Ma se muore quello che viene chiamato “profilo istituzionale” che fine faranno le sperimentazioni in corso e le cure innovative?

Se mettiamo fuori gioco la possibilità di ricerca, di quale sanità stiamo parlando?>>

 

Fondazione Campanella, il Codacons punge la giunta regionale

A distanza di una settimana, il responsabile del Codacons nelle Serre, Antonio Carnovale, torna sulla vicenda della Fondazione Campanella e cerca di fare breccia nel “silenzio assordante che avvolge il polo oncologico”. Un ossimoro amaro quello usato per descrivere quanto accadde intorno ad “un centro di eccellenza che chiude i battenti insieme alle speranze del personale, ma soprattutto insieme a quelle dei pazienti che, adesso, si vedono sottrarre il diritto di scegliere dove essere curati”. L’esponente dell’associazione a tutela dei consumatori apprezza “l’encomiabile condotta dei medici che continuano, sino a quando le porte non verranno chiuse, ad assistere i propri pazienti senza, tuttavia, ricevere lo stipendio” ma esprime “qualche perplessità sulla giustificazione data in questi ultimi giorni dalla politica regionale circa le motivazioni per cui non sarebbe possibile salvare la Fondazione, ovvero, non si vorrebbe suggellare un atto illegittimo rappresentato dall’accordo transattivo predisposto dalla precedente giunta regionale e che dovrebbe essere eseguito dall’attuale governatore”. E qui si materializzano i dubbi poiché “la motivazione non è convincente per una serie di motivi: in primis – spiega Carnovale - non si incorrerebbe in nessuna responsabilità nell’eseguire un atto transattivo predisposto dalla precedente giunta e che permetterebbe il mantenimento di un’offerta sanitaria vitale per il territorio” e poi “se da un lato si dichiara di non voler eseguire un atto illegittimo, contemporaneamente, anche in assenza della nomina del commissario alla Sanità, vi è la volontà di iniziare le procedure di assunzione di personale sanitario, espletando i relativi concorsi”. Ne consegue un pungente interrogativo: “non sarebbero anche questi atti illegittimi? E, infatti, in assenza della nomina del commissario, tutte le procedure concorsuali risulterebbero, probabilmente, affette da un’illegittimità rilevabile dalla magistratura amministrativa ed afferente ai profili della violazione di legge e l’eccesso di potere, patologie insite agli atti amministrativi che rischierebbero di travolgere inesorabilmente l’intero iter. Si potrebbe – si domanda ancora Carnovale - dire che vale la pena rischiare per consentire ai servizi sanitari regionali di potenziare la propria offerta, ma lo stesso rischio non conviene correrlo anche per salvare la Fondazione Campanella?”

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