Omicidio in Calabria, 62enne ucciso a colpi d'arma da fuoco

Il corpo senza vita di B.P., 62 anni, è stato rinvenuto questa mattina nelle campagne di Rosaniti, frazione di Calanna (Rc).

La vittima è stata raggiunta da alcuni colpi d’arma da fuoco, mentre era a bordo del proprio van.

Le indagini sono condotte dai carabinieri, con il coordinamento dal pubblico ministero della Procura della Repubblica di Reggio Calabria.

Gli investigatori hanno sentito familiari e conoscenti della vittima, per cercare di ricostruirne gli ultimi spostamenti.

Duplice omicidio in Calabria, marito e moglie uccisi mentre raccolgono olive

Duplice omicidio a Calanna, nel Reggino, dove nel pomeriggio di ieri una coppia, marito e moglie, di 58 e 51 anni, è stata freddata a colpi d’arma da fuoco.

Le vittime si trovavano in campagna per raccogliere olive, quando sono state raggiunte dai proiettili esplosi da uno o più sicari.

I cadaveri sono stati rinvenuti dal figlio della coppia che ha poi lanciato l’allarme.

Giunti sul posto, i carabinieri, dopo aver effettuato i rilievi del caso, hanno avviato le indagini per cercare di far luce sul grave fatto di sangue.

Gli inquirenti, al momento, sul movente del duplice omicidio, non escludono alcuna ipotesi. 

Sorpresi a curare una piantagione di marijuana, arrestati

I carabinieri della Compagnia di Villa San Giovanni (Rc), della Compagnia di Reggio Calabria e dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale reggino, nei confronti di quattro persone ritenute responsabili di produzione e detenzione di sostanze stupefacenti in concorso.

Il provvedimento cautelare rappresenta l’epilogo di un’indagine avviata dai militari della locale Stazione che hanno sorpreso gli indagati mentre si prendevano cura di una piantagione composta da 200 arbusti di marijuana, in località Lambusa, nella frazione Milanesi del Comune di Calanna.

Gli arrestati sono stati pertanto tradotti nella casa circondariale di Palmi.

Bracconaggio, un arresto e due denunce

Due persone, L.L., 65 anni, di Calanna (Rc) ed A.G., 75 anni, residente in provincia di Brescia, sono stati denunciati dai carabinieri forestali reggini, perché colti in flagranza di reato, per l’uccisione di 26 uccelli avvenuta in località Villa Mesa del comune di Calanna, nella Zona di protezione speciale “Costa Viola”.

Come se non bastasse, i volatili sono stati abbattuti utilizzando richiami elettroacustici vietati per legge, in periodo di chiusura della caccia.

Dopo aver sequestrato due fucili, munizioni e richiami elettroacustici, gli uomini dell’Arma forestale hanno contestato ai due: l’abbattimento di specie protette, l’utilizzo di mezzi non consentiti, il porto abusivo di fucile e l’omessa custodia di arma da fuoco.

Nell’ambito dello stesso servizio, i militari hanno arrestato, S.C., 53 anni,di Palmi.

L’uomo è stato sorpreso, in località Palusci del comune di residenza, mentre era intento a catturare cardellini, utilizzando reti da uccellagione.

Il cinquantatreenne, il cui arresto è stato convalidato,  dovrà rispondere del reato di furto aggravato venatorio.

Gli esemplari già catturati sono stati immediatamente liberati.

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Sorpreso ad innaffiare una piantagione di marijuana, arrestato

Un reggino, Carmine Versace,  di 25 anni è stato arrestato con l'accusa di produzione di sostanza stupefacente.

Il giovane è stato sorpreso dai carabinieri della locale Stazione e dei “Cacciatori Calabria” , ad innaffiare una piantagione di marijuana ubicata in contrada Rosaniti, a Calanna (Rc).

La coltivazione, composta da oltre 50 piante, era stata allestita in un terreno demaniale.

Dopo aver prelevato alcuni campioni da sottoporre ad analisi, gli uomini dell'Arma hanno distrutto la piantagione.

Versace, invece, al termine delle formalità di rito, è stato tradotto nel carcere di Reggio Calabria “Arghillà”, in attesa della celebrazione dell’udienza di convalida.

 

Girava in Ape armato di pistola, arrestato

I carabinieri dell’Aliquota radiomobile del Norm, diretto dal Tenente Alessandro Bui, hanno tratto in arresto, in flagranza di reato, Giovanni Ventura, di 59 anni, originario di Reggio Calabria, ma residente a Calanna.

Durante un normale servizio di controllo, a bordo del motocarro Ape Piaggio condotto dall’uomo, i militari hanno trovato in un marsupio nascosto sotto il sedile, 42 cartucce calibro 7,65 ed una pistola a tamburo carica con proiettili dello stesso tipo.

Nel corso della successiva perquisizione condotta presso l’abitazione del 59enne, gli uomini dell’Arma hanno rinvenuto, occultate in un mobile, altre 50 cartucce calibro 7.65.

Al termine delle formalità di rito, l’arrestato è stato sottoposto ai domiciliari.

Nel frattempo, i carabinieri stanno cercando di risalire alla provenienza dell’arma, nonché di capire le ragioni per nel quali l’uomo girasse armato.

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Calabria: catturato pericoloso latitante

Alle prime luci dell’alba di oggi, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dello Squadrone Cacciatori Calabria, congiuntamente a personale della locale Questura, hanno tratto in arresto, a Cardeto (RC), il latitante Antonino Princi di 46 anni.  Originario di Calanna (RC), l’uomo era ricercato dal 29 luglio 2016 in quanto destinatario di provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione distrettuale antimafia, nell'ambito dell'operazione “Kalanè”.

Ritenuto responsabile, in concorso, dell'omicidio di Domenico Polimedi e del tentato omicidio di Giuseppe Greco, avvenuti nella frazione Sambatello di Reggio Calabria il 3 aprile 2016, Princi è stato localizzato in un'abitazione di Cardeto di proprietà del 45enne Saverio Anfuso, pregiudicato del posto, anch’egli tratto in arresto.

Al momento della cattura, il latitante non era armato e non ha opposto resistenza.

L’indagine “Kalanè”, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria e condotta dalla locale Squadra Mobile, ha consentito di ricostruire le dinamiche di un omicidio e due tentati omicidi, nonché i ruoli dei mandanti e degli esecutori materiali.

Dagli elementi acquisiti nel corso dell’indagine è emerso come all’interno della famiglia Greco di Calanna fosse scaturito un conflitto, con l’ascesa al potere criminale proprio di Antonino Princi, il quale, approfittando dell’assenza dalla Calabria di Giuseppe Greco di 57 anni e del periodo di collaborazione con la giustizia che aveva avviato dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione “Meta”, aveva accentrato su di sé il controllo delle attività illecite nella zona di Calanna e Sambatello, feudo storico ed incontrastato della famiglia Greco, alla quale Princi è legato anche da rapporti di parentela.

Secondo la ricostruzione della Procura distrettuale antimafia, Giuseppe Greco, sentendosi esautorato, avrebbe deciso di eliminare Princi senza però riuscirci e scatenandone la reazione. In particolare, Greco, figlio dello storico boss di Calanna don Ciccio Greco, aveva progettato di uccidere Princi all’uscita dell’impianto di trattamento dei rifiuti a Sambatello, dove lavorava come operaio. Per attuare il progetto criminoso, il 9 febbraio 2016, previo accurato studio delle abitudini della vittima, accompagnato da uno dei sodali, con una spettacolare azione di fuoco attentava alla vita del Princi, esplodendo numerosi colpi di arma da fuoco (fucile e pistola) contro l’autovettura sulla quale viaggiava. Con una serie di manovre repentine, Princi era riuscito a sfuggire all'agguato.

Il tentato omicidio innescava la successiva vendetta: la sera del 3 aprile, due fidatissimi sodali di Princi si appostavano nei pressi di una piccola abitazione di Calanna, dove Greco aveva trovato rifugio e con una fulminea azione di fuoco riuscivano a ferirlo gravemente.

Nel corso della sparatoria, investito dai pallettoni, veniva ucciso Domenico Polimedi che aveva dato ospitalità a Greco.

'Ndrangheta. Operazione "Kalanè": ricostruiti un assassinio e due tentati omicidi

Al termine di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, alle prime ore della mattinata odierna, la Squadra Mobile ha dato esecuzione al decreto di fermo di indiziato di delitto emesso a carico di  4 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di un omicidio e due tentati omicidi premeditati, nonché di detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dalla circostanza di aver agevolato l’articolazione territoriale della 'ndrangheta operante a Calanna, in provincia di Reggio Calabria: Giuseppe Greco, 56 anni;  Domenico Provenzano, 21 anni; Antonio Falcone, 45 anni; Giuseppe Falcone, 49 anni. Un quinto soggetto, Antonino Princi, 45 anni, accusato di omicidio e tentato omicidio premeditati – già irreperibile da alcuni mesi – è attivamente ricercato. Il provvedimento di fermo ricostruisce le dinamiche di due distinti e gravi fatti di sangue verificatisi nel piccolo comune di Calanna e la frazione di Sambatello di Reggio Calabria, ricadenti nella fascia pre-aspromontana compresa tra Gallico e le alture che conducono fino a Gambarie, dove, rispettivamente, il 9 febbraio è stato posto in essere il tentato omicidio in danno Antonino Princi, 45 anni, e, quasi due mesi dopo, il 3 aprile, l’omicidio di Domenico Polimeni, 48 anni, ed il tentato omicidio di Giuseppe Greco, 56 anni. Sulla scorta delle risultanze investigative acquisite dalla Polizia di Stato nel corso delle indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, è possibile ritenere che sia scaturito un conflitto interno alla famiglia Greco, con l’ascesa al potere criminale di Antonino Princi, il quale, approfittando dell’assenza dalla Calabria di Giuseppe Greco e del periodo di collaborazione con la Giustizia che quest’ultimo aveva avviato dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione "Meta", aveva accentrato su di sé, secondo gli inquirenti, il controllo delle attività illecite nella zona di Calanna e Sambatello, feudo storico ed incontrastato della famiglia Greco, alla quale Princi è legato anche da rapporti di parentela. In sostanza, si ritiene che l’ex collaboratore di giustizia Giuseppe Greco, avvertendo di essere stato esautorato dalle funzioni di vertice della consorteria criminale ricevute in eredità dal padre (don Ciccio, il vecchio boss di Calanna), nella prospettiva di riconquistare il potere, avesse deliberato ed eseguito l’omicidio di Antonino Princi, senza tuttavia riuscire nel suo intento. Come rappresaglia all’azione delittuosa ordita da Greco, l’emergente Antonino Princi, inteso "Sceriffo", avrebbe organizzato l’agguato di contrada Sotira di Sambatello, nel corso del quale - il 3 aprile scorso - ha perso la vita  Domenico Polimeni ed ha riportato lesioni, Giuseppe Greco, vero obiettivo dei killer. In entrambe le azioni di fuoco, sono stati utilizzati fucili calibro 12 caricati a pallettoni e, nel caso del tentato omicidio di Princi, anche una pistola calibro 9. Circa la dinamica delle azioni delittuose, secondo la ricostruizione degli investigatori, il 9 febbraio 2016, pochi minuti dopo mezzogiorno, Antonino Princi, è riuscito a sottrarsi alla furia di killer armati di fucile e pistola che, dopo aver controllato le abitudini della vittima, si erano appostati, a bordo di una Mercedes classe A di colore nero, a distanza di qualche centinaia di metri dal cancello di ingresso dell’impianto di trattamento dei rifiuti di Sambatello, attendendo il passaggio dell’autovettura Mercedes C220 di Princi, dipendente della società "Ecologia Oggi" che gestisce l’impianto. Dopo aver schivato i primi colpi che hanno attinto il parabrezza, il tetto e la fiancata della sua Mercedes, Princi, inseguito, per sfuggire all’agguato, ha sfondato, a forte velocità, il cancello  dell’impianto di Sambatello, dove è riuscito a trovare riparo, sfruttando la conoscenza dei luoghi, dopo che i sicari avevano esploso - dalla loro autovettura in movimento - numerosi colpi d’arma da fuoco che hanno centrato sia l’autovettura di Princi che un’altra macchina lì parcheggiata.  Al termine dell’azione delittuosa, gli assalitori sono usciti dall’impianto facendo perdere le loro tracce. Nella ricostruzione degli inquirenti è stato ritenuto che Giuseppe Greco abbia agito in prima persona - aiutato dal sodale Domenico Provenzano- nel porre in essere l’agguato contro Antonino Princi. Successivamente, il 3 aprile, intorno alle 22.00, in contrada Sotira di Sambatello di Reggio Calabria, presso l’abitazione ubicata lungo la Strada Provinciale 184 Gallico/Gambarie, è stato ferito mortalmente da alcuni colpi di fucile caricato a pallettoni Domenico Polimeni, mentre Giuseppe Greco è rimasto ferito in maniera non grave. Al momento dell’agguato, le vittime si trovavano all’interno di un’abitazione rurale condotta in locazione da Polimeni, ubicata di fronte al palazzo della famiglia mafiosa dei Greco di Calanna. Gli indizi raccolti nel corso delle indagini consentono di ritenere che ad organizzare l’agguato - posto in essere contro Greco e Polimeni – sia stato Antonino Princi (vittima del primo tentato omicidio) e gli esecutori materiali i fratelli Antonio e Giuseppe Falcone, di Pettogallico di Reggio Calabria. A seguito del verificarsi dei fatti, i fratelli Falcone erano stati condotti in Questura e sottoposti al prelievo finalizzato a rilevare l’eventuale presenza di tracce di polvere da sparo (cosiddetto "stub") che, all’esito degli esami di laboratorio, è risultato positivo sulle mani di entrambi. Alla base delle indagini che hanno portato alla individuazione dei mandanti ed esecutori materiali dei due gravissimi fatti di sangue, si pongono le risultanze di numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché le immagini riprese - nel caso del tentato omicidio di Antonino Princi- dalle telecamere di video sorveglianza dell’impianto di trattamento dei rifiuti di Sambatello che ha filmato le fasi dell’inseguimento effettuato dai killer fino all’interno dell’opificio.

 

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