Indignati per Naval'nyj, ma silenti sui lager cinesi

Tra i paladini della libertà e dei diritti umani, da qualche giorno, tiene banco  la vicenda di Alexei Naval'nyj, l’attivista politico russo arrestato il 17 gennaio scorso con l’accusa di aver violato gli obblighi di una precedente sentenza detentiva.

L’arresto ed il pugno duro usato dalla polizia contro i manifestanti pro Naval'nyj, hanno provocato un'immediata reazione in Occidente.

Peccato, però, che le cancellerie europee, i media e gli alfieri della libertà ”senza se e senza ma” non siano mai stati altrettanto tempestivi nel condannare la repressione ed i crimini praticati dalla dittatura cinese.

Giusto per fare un esempio, nel 2019 il Parlamento europeo pubblicò un documento dedicato ai lager nei quali sono rinchiusi i membri della minoranza uigura.

Nel rapporto, redatto sulla scorta di documenti classificati (“China cables”), si parla di oltre un milione di persone detenute in "campi di rieducazione"  e soggette “a detenzioni arbitrarie, torture, a pesanti restrizioni delle pratiche religiose e a un'ampia sorveglianza digitalizzata”.

La denuncia, per quanto grave, ad oltre un anno di distanza, non ha prodotto eco o reazioni di sorta.

L’Ue, infatti, sempre pronta ad inasprire le sanzioni contro la Russia per difendere un singolo Naval'nyj, continua a dimostrarsi indifferente al destino di centinaia di migliaia di Naval'nyj, quotidianamente vessati, torturati e privati dei più elementari diritti.   

Un’indifferenza che le istituzioni europee condividono con i paladini dei diritti un tanto al chilo, i quali, al cospetto delle nefandezze compiute dai satrapi di Pechino manifestano il loro indifferente distacco.

Un distacco figlio di un antica pratica: quella dei due pesi e tre misure!

  • Published in Diorama

Il sonno dell’Europa e l’assenza dell’Italia regalano il Mediterraneo a Russia e Turchia

Il mondo che abbiamo conosciuto sta crollando giorno dopo giorno. A determinarne la caduta non sarà, come banalmente si sente ripetere, la pandemia da Covid.

Piuttosto, a dare le nuove coordinate al mondo che sarà, è qualcosa di molto più arcaico e conosciuto: la volontà di potenza.

L’espressione, riformulata in chiave filosofica da Nietzsche, è alla base della costruzione dei grandi imperi, ovvero degli spazi vitali che ogni popolo ha cercato di disegnare e conquistare.

Senza scomodare il Lebensraum e le dottrine di Haushofer, i popoli da sempre tendono a costruire la loro storia seguendo il medesimo filo conduttore.

Un filo rimasto latente nel mondo congelato dalla Guerra Fredda, ma ritornato oggi più protagonista che mai della corsa alla creazione degli spazi geopolitici del mondo che verrà.

Una corsa dalla quale l’Europa, sempre più vittima del suo pensiero debole, è destinata ad essere tagliata fuori.

Ciò che è accaduto negli ultimi anni, ma anche nelle ultime settimane, evidenzia in maniera inesorabile l’immobilismo del Vecchio continente, ormai rassegnato a portare i panni del gigante riluttante.

Un immobilismo colpevole, soprattutto in considerazione di ciò che sta avvenendo nel “Mediterraneo allargato”, ovvero lo spazio geografico che coinvolge aree territoriali  e marittime che hanno nel “Mare Nostrum” il loro baricentro.

 Lo spazio vuoto, lasciato dal riposizionamento degli interessi Usa nell’area del Pacifico, avrebbe dovuto essere coperto dall’Unione europea o dai Paesi del suo fronte sud che hanno una naturale proiezione nel Mediterraneo.

E’ invece, l’ignavia dell’Italia e il velleitarismo francese, hanno lasciato campo libero a vecchi e nuovi attori.

I conflitti degli ultimi anni, dalla Siria alla Libia, per finire al Nagorno – Karaback, ci dicono che i protagonisti della costruzione del nuovo ordine regionale sono già all’opera, impegnati a piantare bandierine nelle loro, sempre più ampie, aree d’influenza.

Da una parte, la Russia che, metabolizzate le conseguenze delle sanzioni imposte dall’Occidente dopo l’inizio della guerra nel Donbass (Ucraina) ed il vittorioso colpo di mano in Crimea, ha portato la sua influenza nel Mediterraneo ad un livello mai conosciuto neppure ai tempi dell’Unione sovietica.

Pur mantenendo un profilo basso, Putin è riuscito ad incunearsi in un settore strategico sia per le rotte commerciali – presenti e future – che per quelle energetiche.

La Russia, una volta consolidato il potere di Assad in Siria - dove con l’ampliamento della base navale di Tartus rafforzerà ulteriormente la propria presenza in un tratto di mare nel quale, a breve, i ricchi giacimenti d’idrocarburi presenti, porteranno al parossismo le linee di tensione già in atto - ha rivolto la propria attenzione verso un altro settore strategico: la Libia.

In quella che fu la “Quarta sponda”, il nuovo “zar” del Cremlino ha saggiamente occupato l’unica casella allora disponibile, quella accanto al generale Haftar, attorno al quale si sono coagulati gli interessi di altri attori, dall’Egitto agli Emirati Arabi - con i quali la Russia ha un interessato dialogo in atto. Nelle intenzioni di Mosca, infatti, avere, tramite i contractors del "Gruppo Wagner", gli scarponi in Libia non significa soltanto piazzare un’ulteriore bandierina nel Mediterraneo meridionale, bensì aprirsi una porta verso il Maghreb e buona parte dell’Africa sub sahariana.

Il disegno di Mosca non è avventato, né estemporaneo, piuttosto risponde ad una precisa e calcolata strategia finalizzata a presidiare le più importanti rotte marittime, energetiche e commerciali.

Non è un caso, che una volta consolidata la presenza nel Mediterraneo, Putin abbia rivolto l’attenzione verso un bacino cruciale del “Mediterraneo allargato”, ovvero il Mar Rosso. Proprio nei giorni scorsi, infatti, lo “zar” ha annunciato la stipula di un accordo con il Sudan, grazie al quale la Marina russa si doterà di una base navale non lontano da Port Sudan, a metà strada dalle porte d’accesso al Mediterraneo (Suez) ed al Golfo di Aden e quindi all’oceano Indiano (lo Stretto di Bab el-Mandeb).

L’ultimo intervento, in ordine di tempo, Putin lo ha fatto registrare nel suo “giardino di casa”, ovvero in Nagorno-Karback, dove ha fatto da sensale, insieme al presidente turco Erdogan, per l’accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian.

Un trattato sul quale hanno avuto un peso decisivo, l’abilità e la raffinata astuzia di Putin, il quale ha atteso, per intervenire, che l’Armenia fosse irrimediabilmente con le spalle al muro, con il risultato che la pace draconiana subita, ha indotto gli armeni e porsi definitivamente sotto l’ombrello protettivo di Mosca.

Al tavolo della pace, Putin, come spesso capita ultimamente, ha incrociato l’alleato-rivale Erdogan.

Proprio il presidente turco è l’altro protagonista che, in maniera sempre più assertiva, sta proiettando Ankara ad interpretare il ruolo di potenza regionale.

Un ruolo a tutto campo che ha indotto la Turchia a ripensare se stessa in chiave neo ottomana.

Una strategia imperniata sulla dottrina del “Mavi Vatam” o della “Patria Blu” in virtù della quale Ankara si propone di estendere il controllo sul mare, per poi imporre la propria influenza sulle risorse energetiche e sulle rotte commerciali.

Un disegno sostenuto anche grazie all’attività della “Fratellanza musulmana” che ha permesso alla Turchia di allargare il proprio raggio d’azione con la creazione di una base militare in Qatar e di un punto d’appoggio navale nel porto di Suakin, in Sudan.

La penetrazione turca, tutt’altro che unidirezionale, ha fatto breccia anche nei Balcani - non solo in Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo, ma anche in Serbia – dove la “Strategia profonda” ha portato Ankara ad essere il maggior investitore dopo Unione europea, Cina e Russia.

Molto più rumorosa, invece, la partita che Erdogan ha giocato e continua a giocare nello scacchiere siriano, dove la Turchia impiega una straordinaria massa di manovra composta da integralisti islamici e siriani turcomanni.

La stessa massa di manovra è stata spregiudicatamente gettata in campo in Libia, dove l’appoggio turco si è rivelato decisivo per evitare la caduta di Tripoli, insidiata dalle milizie del generale Haftar.

Un impegno che, grazie anche all’appoggio della “Fratellanza musulmani” che supporta Fayez Al Sarraj, ha già fatto passare Erdogan all’incasso, ottenendo la strategia base aerea di “al-Watiya” e quella navale di Misurata. Anche in Libia, così come accaduto in Somalia, a fare le spese dell’attivismo turco è stata l’Italia, la cui unica politica estera, in questi anni, è stata quella portata avanti dalla diplomazia informale dell’Eni.

La proiezione turca, come dimostra il recente conflitto azero-armeno per il controllo del Nagorno-Karabakh, non si limita al solo Mediterraneo.
Proprio nel Caucaso l’intervento indiretto di Ankara – con i soliti mercenari islamici e con cospicue forniture militari – si è rivelato decisivo per ribaltare l’esito della guerra combattuta nei primi anni Novanta.

A rendere possibile la vittoria azera sono stati, soprattutto, i Tb2, i temibili droni di costruzione turca con i quali sono state decimate le forze corazzate e le linee logistiche armene.

Un successo che ha permesso, ancora una volta, al “Sultano” di allargare la sua sfera d’influenza e sedere ad un tavolo le cui decisioni sono state apprese dall’Unione europea solo attraverso i giornali.

L’immobilismo europeo, sui diversi scacchieri, forse risente di un concezione ormai superata.

L’idea che sia sufficiente produrre beni per conquistare e mantenere i mercati appartiene, infatti, al mondo che è stato, non a quello che sarà. Il vantaggio competitivo dato dalla tecnica ha permesso all’Europa, complice l’ombrello militare americano, di coltivare il proprio import-export senza doversi preoccupare delle incombenze geopolitiche.

Oggi, invece, quel vantaggio competitivo, peraltro sempre più ridimensionato, non basta più a conquistare e mantenere i mercati. Lo hanno ben capito proprio i Paesi che, come Russia e Turchia, hanno la consapevolezza che chi non fa la Storia è destinato a subirla.

Tallini incontra l’europarlamentare della Lega Vincenzo Sofo: "Le politiche europee sono una grande opportunità"

“È stato un incontro cordiale e operativo nel corso del quale sono state condivise le linee di azione che devono rilanciare un rapporto sempre più stretto e proficuo tra Calabria ed istituzioni europee”.

Questo il commento del presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini a margine dell’incontro con l’europarlamentare della Lega Vincenzo Sofo, eletto nella circoscrizione sud, presente anche il consigliere regionale di espressione dello stesso partito, Pietro Molinaro.

“Le politiche europee di sviluppo territoriale - sottolinea il presidente Tallini - costituiscono, specie nell’attuale momento storico, una grande opportunità per favorire la coesione economica e sociale, riducendo il divario che separa le diverse realtà e conseguendo uno sviluppo più equilibrato, sostenibile e coerente con le specifiche potenzialità di crescita”.

“Da questa precisa premessa - conclude il Presidente del Consiglio regionale - il confronto si è sviluppato con uno sguardo alle prospettive future. Sono state, infatti, gettate le basi per alcune iniziative tese ad avvicinare territori e comunità nonché a qualificare lo sviluppo locale sia sotto il profilo della progettualità che delle risorse. Un incontro che, in piena emergenza pandemica da Coronavirus, senza dubbio, assume un importante e particolare significato in vista dell’autunno quando inevitabilmente si accentuerà il disagio sociale”.


Le peste nera, l'epidemia che devastò l'Europa

Gli abitanti del grande villaggio creato dalla globalizzazione si sono, improvvisamente, sentiti schiacciati dal peso della paura.

L’angoscia ha viaggiato di pari passo con il coronavirus. Uomini e donne, soprattutto in Occidente, hanno, dall’oggi al domani, preso coscienza della loro impotenza.

Sono bastate poche settimane, a volte una manciata di giorni, per far crollare i miti che hanno cullato un’intera generazione: ovvero la libertà senza limite e l’onnipotenza della scienza.

La clausura coatta e la balbuzie degli scienziati hanno lasciato lo ”homus occidentalis” nudo, disorientato, improvvisamente privo di certezze.

Così, giorno dopo giorno, sono riaffiorate vecchie paure che si pensava appartenessero ai secoli in  cui l’essere umano non conosceva le semplificazioni offerte della tecnica e la vita era una scommessa quotidiana con l’imponderabile.

Secoli in cui le malattie falcidiavano bambini e vecchi con inesorabile puntualità.

Si sono quindi rifatti vivi spettri che si pensava relegati nei polverosi scaffali delle biblioteche. Fantasmi che ricordano che, in diverse occasioni, le epidemie hanno fatto temere al genere umano di non poter più perpetuare sé stesso.

Tra gli episodi più nefasti, gli storici hanno spesso ricordato il flagello della peste nera, la catastrofe  che, tra il 1347 e il 1353, spazzò via tra un terzo e la metà della popolazione europea.

Ieri, come oggi, la morte fu, in parte, il risultato dei progressi che avevano permesso al mondo di allora di essere connesso attraverso i traffici e le reti disegnate dai mercanti, soprattutto, Genovesi e Veneziani.

Anche in quell’incipiente crepuscolo del Medioevo, il nemico invisibile arrivò dall’Oriente e in pochissimo tempo si diffuse grazie alle rotte marittime, ai mercanti, ai pellegrini ed a quella caotica e irrequieta umanità che solcava le strade del Vecchio Continente.

Partita dalle steppe asiatiche, dove era comparsa negli anni Venti del XIV secolo, la peste giunse in Crimea.

Da qui, nel 1347, gli abitanti della colonia genovese di Caffa, la portarono a Messina, in Calabria e nei porti in cui le navi scaricavano uomini e mercanzie.

Da quel momento, il contagio si diffuse con sconcertante rapidità nel resto d’Italia, quindi in Francia, Spagna e Balcani.

In poco meno di due anni, l’epidemia raggiunge Polonia, Scandinavia, Inghilterra e Irlanda per proseguire il suo cammino, tra il 1350 ed il 1353, in Germania e Russia.

La società dell’epoca si trovò alle prese con un nemico spietato che mieteva vittime senza distinzione d’età o classe sociale.

Quando i morti iniziarono ad accatastarsi, nelle città come nella campagna - così com’è accaduto ai nostri giorni - si cercò di limitare i movimenti di  uomini e merci e di migliorare le condizioni igieniche.

Le città medievali, affollate e sporche, avevano infatti contribuito non poco ad agevolare la diffusione del contagio.

Le conseguenze della malattia furono aggravate da un eccesso di popolazione e dalla limitatezza delle risorse disponibili, soprattutto alimentari.

In molti casi, la malnutrizione si rivelò una formidabile alleata dello Yersinia pestis.

L’epidemia, portata dai topi e veicolata attraverso le pulci presenti nella loro pelliccia*, fu causa di lutti, ma non solo.

Il contagio contribuì, infatti, a dare i natali al Decameron di Giovanni Boccaccio e a condizionare, per i secoli a venire, la storia economica dell’Europa.

I vuoti lasciati dalla peste crearono, infatti, le condizioni per una polarizzazione della ricchezza, con  il risultato che la proprietà terriera si concentrò nelle mani dei pochi superstiti.

La situazione si rivelò favorevole anche per le classi subalterne che beneficiarono di un aumento dei salari.

La grande quantità di terreni abbandonati, consentì ai contadini sopravvissuti di disporre di nuovi campi, molti dei quali gravati da meno obblighi feudali rispetto al passato.

Gli effetti della pestilenza si manifestarono anche sul paesaggio. Molti villaggi, ormai spopolati, caddero in rovina ed i campi, rimasti incolti, furono sopraffatti dalla natura.

Niente fu più come prima.

Non a caso, per alcuni storici, le conseguenze prodotte dalla peste furono tali da scuotere e scardinare definitivamente il mondo medievale, dando l’abbrivio ai fasti del Rinascimento.

 

* Uno studio condotto nel 2017 dalle università di Oslo e Ferrara ipotizza che la diffusione della peste sia da attribuire ai pidocchi

  • Published in Cultura

Davide Serra, la possibile ripresa dell’Italia in Europa

L'esperto di finanza della City delinea la strada per la ripresa italiana e analizza gli effetti della Brexit sugli investimenti. Davide Serra è l'amministratore di Algebris, uno dei fondi di investimento più redditizi della capitale inglese e vive a Londra da 24 anni, dove si è fatto strada gestendo i capitali degli altri e facendoli crescere. La sua esperienza nel settore e all'estero gli permettono di esprimere giudizi e soprattutto di dare consigli in ambito economico. Dopo aver conseguito un Master Cems alla Université Catholique Louvain la Neuve si è trasferito nella capitale britannica nel settembre del 1995. Nella City ha iniziato a lavorare come Graduate per la società SG Warburg, operando con investimenti e ottenendo risultati strabilianti. La sua ascesa è stata abbastanza veloce ed è stato capace di fare investimenti che hanno fatto ottenere ai suoi clienti i migliori rendimenti in Europa.

Questi brillanti esiti nel suo lavoro lo hanno portato a fondare Algebris nel 2006. In poco tempo è stato acclamato come re di Londra, un re Mida moderno capace di dare alla City e soprattutto agli investitori un modo per far crescere i loro capitali. Chi lo conosce sostiene, i numeri gli danno ragione, che riesca a trasformare in oro tutto ciò che tocca. Davide Serra gestisce un patrimonio di 12 miliardi di dollari operando sui mercati finanziari globali con 5 differenti strategie. Per promuovere il fondo e raccogliere i capitali non usa parole, ma dati. Fa promozione attraverso i giornali evidenziando come il rendimento medio annuo si attesti al 5% con punte del 15%. Algebris oggi conta 100 dipendenti, di cui il 40% è rappresentato da donne. L'età media è di 34 anni, mentre le nazionalità di provenienza sono 18. Il fondo conta 6 uffici in 3 continenti.

In Inghilterra la Brexit ha già prodotto i primi effetti negativi sulla finanza, mentre l'Italia arranca e trasmette segnali di declino economico. Davide Serra fa una propria analisi e delinea gli scenari futuri, non solo per i due Paese, ma per il mondo. Per il Bel Paese l'esperto di finanza fornisce una ricetta, l'unica che può rilanciare l'economia e far crescere la nazione. Sostiene che vi sia la necessità di riportare in patria i cervelli fuggiti per cercare opportunità di lavoro e condizioni migliori. Se si creano in Italia le condizioni per farli lavorare sfruttando la loro esperienza all'estero e valorizzando le loro capacità si può ottenere una nuova energia che porterà il Paese fuori dalla crisi. Questa è la strada per crescere e affrontare le sfide. Parallelamente, secondo Serra, si deve investire su istruzione e ricerca per innovare e formare lavoratori e dirigenti. Con la globalizzazione e la rivoluzione digitale, nonché con l'introduzione dell’intelligenza artificiale bisogna sempre essere al passo con i tempi per non restare indietro. L'esperto suggerisce di fare un "Piano Marshall" per il rientro dei giovani laureati in gamba, puntando poi sul fornire loro gli strumenti, i fondi e l'autonomia di cui necessitano per lavorare alla ricerca applicata nei vari settori. Possono nascere nuove imprese utili a dare impulsi importanti.

La strada è delineata per l'Italia, mentre il Regno Unito sembra essere destinato a un cambiamento radicale. L'uscita dall'UE sta allontanando sempre di più i capitali dalla capitale inglese. Gli investitori non vedono un futuro favorevole e per questo lasciano Londra, che perde il proprio ruolo, per dirigersi verso piazze più effervescenti dal punto di vista economico e finanziario. Il rischio si è tramutato in realtà e ci guadagnano mercati come Parigi, Francoforte, New York, Hong Kong, Tokyo e Shanghai.

Serra ritiene che la finanza abbia regole ben strutturate e funzionanti, soprattutto perché le norme sono abbinate a un sistema caratterizzato dalla stabilità e dalla trasparenza. Naturalmente questo vale per gli Stati democratici. Bisogna inoltre prestare molta attenzione al continente asiatico e in particolare alla Cina. Oggi, come è accaduto sempre nella storia del mondo, la nazione è tornata a occupare una posizione dominante dopo una pausa di due secoli dovuta a scelte politiche interne. Non preoccupa quindi questo ''ritorno al potere'' della Cina, ma resta un interrogativo importante. La Cina farà corrispondere alla crescita economica un maggiore rispetto dei diritti civili e della libertà di pensiero?

Intanto Serra osserva con tranquillità le evoluzioni. Infatti Algebris è strutturata in modo da non dover subire la Brexit e i suoi effetti. Grazie ai suoi 5 regolatori per il mondo può operare senza dover trasferire la sede. I referenti sono a Tokyo, Singapore, Londra, Lussemburgo e Boston, pronti a seguire l'andamento del mercato e a precorrere i tempi. Intanto ha trasferito a Milano la famiglia in modo che i figli possano crescere con due culture, parlare due lingue e usare due passaporti: britannico e italiano. La capitale britannica rappresenta per lui un punto di riferimento capace di abbinare la globalità con le caratteristiche di un piccolo quartiere, anche se negli ultimi anni è aumentata la violenza. Prevede intanto di continuare con il proprio lavoro fino a tarda età, ora ha 48 anni, sfruttando la conoscenza e l'esperienza acquisita.

Serra, gli studenti dell’Einaudi "si connettono all'Europa"

È quasi arrivato alle battute finali il progetto Pon sul potenziamento della cittadinanza europea dal titolo “Mi connetto con l’Europa”, Azione 10.2.2. – Fse Pon – CL 2018 -75, che in questi giorni ha visto impegnati gli alunni della classi quarte dell’indirizzo Amministrazione finanza e marketing dell’Iis “L. Einaudi” di Serra San Bruno.

Oltre alle attività di formazione teorica, gli studenti si sono resi promotori di un interessante sondaggio volto a conoscere l’opinione dei cittadini di Serra sulle questioni più spinose legate alle tematiche europee ed allo stesso tempo verificare il livello di fiducia che generalmente si nutre nei confronti delle istituzioni di Bruxelles.

I due momenti più coinvolgenti del progetto sono stati certamente quelli organizzati presso l’Ufficio Europa della Provincia di Catanzaro e presso il Centro di documentazione europea dell’Università “Magna Grecia”.

Nel corso del primo appuntamento, il responsabile dello Sportello, Antonio De Marco, già dirigente dei Programmi Comunitari Fesr e Fsa della Regione Calabria, ha condotto i ragazzi lungo un’attenta riflessione sul concetto dell’ identità all’interno del processo di cittadinanza europea.

Numerosi sono stati, inoltre, gli spunti che hanno portato ad approfondimenti relativi all’importanza dell’utilizzo dei fondi comunitari per lo sviluppo della Calabria.

Altrettanto interessante l’incontro con il Paolo Romano del Cde dell’ateneo del capoluogo di regione che si è soffermato a discutere con gli studenti sulla necessità della promozione di più Europa tra i giovani che finalmente stanno imparando a conoscere ed apprezzare le opportunità che la casa comune europea offre in chiave di crescita culturale, sociale ed economica.

A Vibo confronto in vista delle elezioni europee

Il prossimo 4 maggio, dalle ore 17.30, presso la sala conferenze del Centro servizi per il volontariato, si terrà un confronto tra alcuni giovani esponenti politici in vista delle elezioni europee del 26 maggio.

L’evento organizzato dalla sezione vibonese del Movimento federalista europeo/Gioventù federalista europea, vedrà il coinvolgimento del Partito democratico e del Partito socialista italiano in rappresentanza del Partito socialista europeo, di Forza Italia giovani in rappresentanza del Partito popolare europeo, del MeetUp del Movimento 5 stelle di Pizzo in rappresentanza del Gruppo europa delle libertà e della Democrazia diretta e la Lega – Salvini Premier in rappresentanza del Gruppo europa delle nazioni e della libertà.

Il confronto, che toccherà le principali tematiche di attualità politica europea, sarà moderato da Carmelo Arena, Vice – Segretario del Mfe/Gfe Vibo Valentia e studente di economia aziendale presso l’Unical di Cosenza, e vuole essere un momento per rendere i cittadini vibonesi consapevoli dell’importanza del voto europeo. 

A Soverato “Euro.Soul, Festival d'Europa” dal 9 all'11 maggio

Quinta edizione di “Euro.Soul, Festival d'Europa” che quest'anno si svolgerà a Soverato dal 9 all'11 maggio.

Una tre giorni ricca di eventi, cultura, incontri, sport, scambi e relazioni internazionali.

“Continuiamo a festeggiare l'Europa” dichiara Pietro Curatola, presidente dell'associazione “Jump” che promuove l'iniziativa. “Crediamo che sia giusto così” sottolinea il lancio del Festival che ha come slogan “Buon compleanno Europa. Ri-partire dall'educazione”.

Jump, sin dal 2012, sensibilizza i giovani calabresi alla cittadinanza europea e grazie al programma Erasmus Plus ed al coinvolgimento in numerosi progetti internazionali, entra nelle scuole di tutta Europa ascoltando paure e sogni di studenti ed educatori.

“Più paure che speranze è vero; ma perché rassegnarsi ad un'Europa distratta e lontana, a volte sconnessa dai bisogni dei più giovani?” si chiede Curatola. Euro.Soul 2019 sceglie di rispondere al bisogno diffuso di sentir parlare d'Europa in maniera diversa. Narrare l'Europa partendo da chi l'ha rapita vuol dire parlare di Zeus, della mitologia greca, di Minosse e quindi di Omero e Dante ma anche di Scilla e di storie di amore passionali. Favoleggiare l'Europa vuol dire ri-partire dall'educazione per costruire nuove generazioni di cittadini europei capaci di sopravvivere come l'odorata ginestra del poeta recanatese anche nei luoghi più deserti e aridi perché privati di ogni speranza.

“Il profumo d'Europa - conclude Pietro Curatola - bisogna spargerlo senza paure e con lo spirito di gioia che ci caratterizza, attraverso momenti di riflessione e divertimento, incontri e dialoghi, confronto serio e spensieratezza”.

La quinta edizione di “Euro.Soul Festival d'Europa”, in occasione del 9 maggio (data che ricorda il giorno del 1950 in cui vi fu la presentazione da parte di Robert Schuman del piano di cooperazione economica, ideato da Jean Monnet ed esposto nella Dichiarazione Schuman, che segna l'inizio del processo d'integrazione europea con l'obiettivo di una futura unione federale), farà proprio questo; senza perdersi nel marasma delle misure di austerity e nelle negatività percepite ma enfatizzando l"EU" (gr.eu=buono), il buono di un luogo da cambiare ma in cui poter ancora credere. Il programma dettagliato su www.eurosoul.info

Subscribe to this RSS feed