Il 26 agosto il convegno su "I religiosi di Filogaso e S.Onofrio"

Da un pò di tempo a Filogaso si respira un clima diverso, c’è un risveglio culturale, sconosciuto finora, che va apprezzato, sostenuto, incoraggiato.
 
E’ vero che le risorse trasferite dallo Stato agli enti locali sono via via diminuite fino a ridursi a lumicino, ma è altrettanto vero che spesso le amministrazioni locali fanno poco o niente per incoraggiare iniziative in tale campo.
 
Nonostante lo scetticismo ed il poco entusiasmo di molti, sta comunque maturando la consapevolezza che conoscere la propria storia, le proprie origini e costumi rappresenti non solo un fatto culturale, tra l'altro, non più per pochi  eletti, ma anche un'occasione di sviluppo socio-economico.
 
La mancata industrializzazione, il mancato sviluppo del terziario e delle nuove tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, la produzione agricola poco concorrenziale per il mancato adeguamento dei mezzi di produzione, collocano la Calabria agli ultimi posti per reddito pro capite. 
 
Il turismo, grazie alle bellezze naturali della Calabria, rappresenta una voce importante del Pil calabrese ma risente della crisi economica, dell'assenza d'infrastrutture e di strutture alberghiere adeguate. 
 
Il turismo culturale può rappresentare una risorsa ed un'occasione di sviluppo. Ogni paese della Calabria è ricco, infatti, di storia e tradizioni che vanno riscoperte e valorizzate per porre un freno allo spopolamento  in atto. Iniziative culturali quali la presentazione di alcuni libri che trattano la storia di Filogaso e di alcuni suoi personaggi illustri; alcuni convegni  sul patrimonio storico ed artistico hanno caratterizzato nell'ultimo periodo la vita culturale del paese.
 
In occasione dei festeggiamenti di San Francesco di Paola, che si terranno dal 26 Agosto fino al 2 di settembre, è stato organizzato per il 26 agosto un convegno dal titolo: “I religiosi di Filogaso e S.Onofrio” (ritrovamento delle spoglie dei sacerdoti Giuseppe Augurusa e Francesco Nano), che trae spunto dal libro di don Gaetano Currà sui due parroci dei rispettivi paesi.
 
I relatori del convegno saranno l'autore del libro, Giuseppe Teti, professore all'università di Messina e Vito Teti, professore all'università della Calabria.
 
Parteciperanno il sindaco di Filogaso, Massimo Trimmeliti, il sindaco di S.Onofrio, Onofrio Maragò, il parroco di Filogaso, don Mimmo Sorbilli, quello di S.Onofrio, don Franco Fragalà, padre Carmelo Silvaggio, rettore dei Carmelitani di Palmi, suor Vittoria Imineo, delle Ancelle Francescane del Buon Pastore di Roma, Giuseppe Condello, priore della Confraternita  della Madonna Del Monte Carmelo, Annamaria Galati, presidente Pro loco.
 
I lavori saranno coordinati dal giornalista Franco Vallone e si concluderanno con una messa in suffragio dei due sacerdoti. In loro memoria verrà posta una targa ricordo nella chiesa di San Francesco di Paola a Filogaso ed una in quella di Santa Maria delle Grazie a S.Onofrio.
 
Il convegno è stato organizzato da Antonio Scangiaterra, membro del comitato della festa, e da Francesco Augurusa, amante di storia e promotore di molte iniziative culturali.
Proprio Augurusa ha realizzato, a Varese, dove si è trasferito negli anni Settanta per motivi di lavoro, un museo delle tradizioni contadine calabresi, e sta realizzando un altro museo a Filogaso, dove trascorre parte del suo tempo.

 

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Tutto pronto per la presentazione del volume "Filogaso - La grande storia di un piccolo paese"

Sarà presentato venerdì prossimo (13 Luglio) alle ore 16,00, presso la Chiesa Matrice di Filogaso (VV) il libro scritto da Nicola Iozzo e Francesco Giuseppe Teti : “ Filogaso - La grande storia di un piccolo paese (Riforma  Cappuccina, catastrofi naturali, cultura, usi e costumi)”.

 Dopo i saluti del sindaco, Massimo Trimmeliti, del parroco, don Mimmo Sorbilli, del priore della Confraternita Maria S.S. del Monte Carmelo, Giuseppe Condello e del carmelitano rettore del Santuario del Carmine di Palmi, padre  Carmelo  Maria Silvaggio, gli autori illustreranno i punti salienti trattati nel libro.

Seguiranno, quindi, gli interventi di Adolfo Repice, Giovanni Bianco, dello storico Ulderico Nisticò, dell’antropologo e docente Unical Vito Teti, dello storico e priore del Convento dei Cappuccini di Catanzaro, Giuseppe Sinopoli.

I lavori saranno coordinati dal giornalista Giacomo Francesco Prestia.

Il libro si compone di tre capitoli. Nel primo, nel quale sono descritti gli usi, i costumi, l’economia, le arti ed i mestieri e  le condizioni socio-economiche del paese nel XVI e XVII secolo, vengono citati i personaggi illustri dell'epoca, come: Davide Romaei, Domenico De Sanctis ed il vescovo Tiberio Carafa.

Il secondo capitolo è dedicato alla Riforma dei Cappuccini e ad al suo fondatore, padre Ludovico Cumi o Comi, alle attività svolte dai frati, al ruolo fondamentale avuto dal duca Ferrante Carafa.

Il terzo capitolo si sofferma su alcuni reperti storici scampati alle catastrofi subite dal paese.

Il lavoro, lungo e faticoso, si basa su un'accurata ricerca documentale condotta in librerie e siti sparsi in tutt'Italia.  

Molti ed importanti sono gli avvenimenti sui quali gli autori hanno concentrato la loro attenzione.

Dal terremoto del 1638, a quello del 1659, con epicentro proprio a Filogaso, che rase interamente al suolo il paese e  provocò ben 800 vittime, ovvero la maggior parte degli abitanti. Non a caso, i cronisti del tempo dichiararono Filogaso fuit.

Seguì il terremoto del 1783 con intensità minore ma con uguale capacità distruttrice. In seguito a quest’ultimo terremoto, i tecnici del tempo osservarono in un sopralluogo, come le case costruite, in particolar modo il castello del duca Carafa, con materiale in legno e malta bastarda  avessero resistito al sisma e proposero lo stesso modello costruttivo, salvo lievi modifiche, definito antisismico o “casa baraccata” per le future costruzioni.

Inoltre,  venne scritto ed adottato il regolamento edilizio, primo in Europa, con le prescrizioni da seguire per i nuovi fabbricati e con degli schemi urbanisti per le città da edificare (distanze fra strade principali e secondarie, centri sociali di ritrovo, piazze e spazi pubblici).

Altro episodio di grande importanza storica narrato nel volume, è la nascita della riforma cappuccina, conclusasi con la cerimonia della vestizione dei frati cappuccini con l’abito dal cappuccio aguzzo tagliato e confezionato a Filogaso, tuttora portato dai frati.

Gli autori hanno, infine, descritto alcuni reperti storici, in maggioranza di arte sacra, scampati ai terremoti, che rivestono grande interesse artistico.

La presentazione del volume si svolgerà in concomitanza con l’arrivo in paese di circa cinquanta emigrati, partiti per il Canada negli anni cinquanta e sessanta.

 

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I frati cappuccini in visita a Filogaso

Ieri, insieme a Giuseppe Teti, al padre carmelitano Carmelo Silvaggio ho fatto da guida ai frati cappuccini Giuseppe Sinopoli, superiore del Convento dei cappuccini di Catanzaro, ed al confratello padre Antonio Ciampa in visita a Filogaso alla ricerca delle orme e dei luoghi dei loro illustri confratelli, che il 28 maggio del 1532 diedero vita alla Riforma dei Cappuccini ed indossarono il vestito con il cappuccio “aguzzo” della Riforma  indossato  tuttora  dai frati a distanza di tanti secoli.

Ad accogliere i frati e dar loro il benvenuto il  vicesindaco, Antonio Rachieli, per conto dell’amministrazione comunale, l’arciprete don Mimmo Sorbilli, il priore della confraternita del Carmelo, Giuseppe Condello.

Ci siamo recati dapprima in piazza S. Maria Maggiore, dove allora era ubicata la Chiesa di S.Maria Maggiore, e poi in Via Convento, dove una volta c’era la chiesa di S. Maria di Loreto con l’annesso  convento dei Domenicani.

Lo stesso percorso fatto, quasi cinque secoli fa, in processione dai frati cappuccini accompagnati dai frati domenicani, dal conte Ferrante Caraffa e dalla sua consorte Eleonora Concloubet, insieme ai cittadini di Filogaso per recarsi da una chiesa ad un’altra per celebrare una solenne messa durante la quale furono benedetti i vestiti della Riforma indossati poi dai frati.

Abbiamo proseguito la visita recandoci presso la contrada denominata “ Ficara” dove si trova un tronco di colonna cilindrica rudere della Chiesa di S.Antonio Abate, che fu la prima chiesa data in dono dal duca Caraffa  ai frati cappuccini.

Non lontano da essa, in località S. Antonio, fuori dal centro abitato, era stato realizzato il primo convento dei Cappuccini con capanne fatte da rami di alberi di ulivi.

 Anni dopo i frati cappuccini lasciarono quel convento, perché insicuro, per insediarsi in un’altra zona all’interno della cinta del Paese.

I terremoti succedutesi negli anni distrussero sia le chiese che il Convento.

Oggi al suo posto è stato edificato il cimitero.

Pochi i reperti rimasti: un rosone, i ruderi di muro di cinta  coperti da sterpaglie e terreno di risulta, la campana e tracce del pozzo, un crocefisso.

Non poteva mancare nel programma la visita alle tre Chiese del paese: Chiesa Matrice o di S. Agata, chiesa della Madonna Del Carmelo, chiesa di S. Francesco di Paola.

In ogni chiesa abbiamo fatto vedere i vasi sacri, le statue dei santi, alcune preziose tele di santi, un crocefisso risalente al XVI appartenuto probabilmente proprio ai Cappuccini, l’acquasantiera, il fonte battesimale, un antichissimo tabernacolo, le antiche campane dei campanili.

Tutti reperti fotografati da padre Giuseppe Sinopoli, a cui è stato  conferito per i suoi preziosi saggi il prestigioso premio letterario annuale patrocinato dalla città di Reggio Calabria e dalla Regione Calabria, che oltre ad essere  scrittore, saggista, è anche un bravissimo fotografo. Durante la pausa pranzo abbiamo rivolto l’invito a Padre Giuseppe di  presentare nella settimana della festa della Madonna Del Carmelo il libro sulla storia Filogaso, ed abbiamo discusso sulla possibilità di organizzare una rievocazione storica della processione dei Frati. La rievocazione storica  potrebbe rappresentare un richiamo al turismo culturale di cui si parla tanto ed un momento di crescita culturale per il paese.

La visita, non priva di momenti di interiore soddisfazione e commozione, iniziata in mattinata, si è protratta fino a pomeriggio inoltrato.

 

Filogaso ed i riti della Settimana Santa

I riti pasquali, anche se ripetitivi nelle loro gestualità e nella loro iconografia principale, della vita e morte di Gesù suscitano sempre forti emozioni e rievocano ricordi e tradizioni popolari diverse e tipiche di ogni paese del Sud. L’anno scorso ho trascorso Pasqua a Sorrento ed ho assistito alla processione del Venerdì Santo. Di quella processione mi sono rimaste impresse alcune cose inimmaginabili e per certi versi inusuali. Il silenzio, quasi surreale, che scendeva tra i sorrentini e i numerosi turisti presenti al passaggio, lungo il corso principale, della statua del Cristo morto; i vestiti, a forma di saio con il cappuccio, di colore nero e bianco, indossati dai fratelli appartenenti a due congregazioni religiose diverse che si disponevano sui due lati della strada.

Indossare quelle tonache, particolari e strane, raccontavano alcuni, era un vanto ed una tradizione centenaria che si tramandava da padre in figli. 

Quest’anno invece ho partecipato, dopo moltissimi anni, alla processione svoltasi al mio paese.

Tralascio il racconto dei sentimenti e dei ricordi intimi che affollavano la mia mente durante lo svolgimento del rito religioso: per la prima volta tra i tantissimi presenti, il paese quasi tutto, non vi era mamma; e mi soffermo sulla celebrazione della passione e sugli inevitabili cambiamenti e innovazioni introdotti nel tradizionale rito, rispetto alla mia infanzia e gioventù.

L’evocazione della vita e morte di Gesù è stato svolta, come sempre, da un bravissimo parroco (u “predicaturi” nel nostro dialetto) la cui presenza è stata limitata al solo rito serale mentre nel passato veniva prolungata a tutta la Settimana Santa ed oltre.

Il confronto con le “prediche” dell’indimenticato ed indimenticabile padre “Oliva”, frate francescano che ha per anni officiato la solenne ricorrenza, è stato inevitabile. Mancava la stessa foga oratoria ma i contenuti erano altrettanto ricchi di richiami storici e culturali, con spunti ed accenni interessanti al presente.

Le pause delle “chiamate” rispettivamente della Santa Croce, dell’Ecce Homo e della Madonna, venivano inframmezzate da alcuni canti religiosi ( stabat mater,ecc....) eseguiti dal Coro di recente formazione invece che dai fedeli. Nel coro spiccavano, tra le altre, le figure di due componenti del complesso bandistico di Filogaso degli anni cinquanta: Antonio Fiumara, nella veste di direttore, Francesco Antonio Sisi, nella veste di batterista (grancassa e tamburo) e della giovanissima violoncellista Galati.

Il passato, il presente ed il futuro nella tradizione e nella continuità. Infine, dopo la “chiamata” della Madonna, la processione lungo il corso del paese, addobbato per l’occorrenza con i lumini dislocati lungo i marciapiedi, in sostituzione delle tradizionali “frache” (torce fatte da canne ).

Altra novità ed innovazione rispetto al passato, è stata la presenza della “naca” (dal greco nache ‘ :culla) che tradizionalmente veniva portata in processione il sabato. 

La processione, che una volta procedeva a passo cadenzato dal suono della "tocca" (strumento utilizzato al posto delle campane ) si è conclusa con un falò nello slargo del comune.

La domenica di Pasqua è caratterizzata, invece, dal rito della famosa “affruntata “, descritta e ripresa per Rai Tre dal professore Vito Telti, amico e compagno di studi liceali, a cui partecipano ogni anno, per la suggestione che suscita, molte persone dei paesi vicini

 

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Filogaso, iniziati i festeggiamenti in onore di sant'Agata

Anche quest’anno, come ogni anno, sono iniziati i festeggiamenti religiosi e civili in onore della patrona del paese “S. Agata”.

I festeggiamenti religiosi, organizzati da don Mimmo Sorbilli coadiuvato dai cittadini, prevedono una settimana intensa di preghiera e devozione.

Venerdi 27 è iniziata la novena.

Giovedi 2 febbraio si festeggerà la Candelora; venerdi è prevista una visita agli ammalati del paese; sabato la proiezione in chiesa del film “Agata di Cristo”.

Domenica 5 Febbraio, infine, si svolgerà la processione con la statua della Madonna per le vie del paese.

I festeggiamenti civili prevedono l’esibizione lungo il corso principale dei “Giganti di Filogaso” e quella del complesso bandistico “Città  di Monterosso”.I fuochi pirotecnici concluderanno i festeggiamenti.

La devozione a santa Agata, protettrice del paese, nasce da un episodio raccontato da Fiore nel suo libro “Calabria Illustrata”.

Il corpo della Santa era stato trafugato da Catania per essere trasferito a Costantinopoli. Due cavalieri di nome rispettivamente Goscelmo della Corte Imperiale napoletana e Giliberto francese lo ripotarono nuovamente a Catania. Il vescovo della città, come ricompensa del gesto, regalò a Goscelmo un terreno sito in Filogaso. Questi, stabilitosi in paese, ha istituito, in devozione della Santa, una grande festa che si celebra ogni anno il 5 febbraio.

Cosi riporta l’episodio Giovanni Fiore:

 “V. Sant'Agata Vergine, e Martire Molto deve alla nostra Calabria la Sicilia, avendole restituito coll'opera di un suo figliuolo il corpo della Santa, già trasferito - in Costantinopuli: Fu egli per nome Goscelmo Cavaliero nella Corte Imperiale, il quale con Gilibetto per nazione Francese l' anno 1126, rubato il sagro Tesoro, e postisi in mare, approdarono felicemente in Taranto, d’ indi-in Messina, e per ultimo in Catania, ov’era Vescovo Maurizio, il quale ne rapporta l' istoria. Forse in ricompensa; di ciò, datane una particella a Filogaso, quivi al molta pompa se ne celebra la Festa”.

La chiesa di Santa Agata è la chiesa parrocchiale e sorge attualmente al centro del Paese. Ogni anno si svolgono solenni festeggiamenti civili e religiosi in Suo onore. I cittadini di Filogaso, per tradizione o forse perché memori della storia e dell’origine del culto della Santa Vergine, hanno dato vita da anni ad un gemellaggio con i fedeli  della città di Catania, dove riposa il corpo della Santa ed hanno organizzato incontri culturali e spirituali.

La chiesa intitolata alla Santa è antica.

Di essa Antonio Tango, nel libro Apprezzo dello Stato di Soriano in Calabria Ultra fa la seguente descrizione:

“ … La Chiesa Parrocchiale sotto titolo di Nostra Signora A.G.P. ( Ave Gratia Plena) in mezzo di detta Terra, piccola, coverta a’ tetti: in testa è l’Altare Maggiore con Custodia di legno indorata, nella quale di continuo assiste il Santissimo,con fonte battesimale, et a’ sinistra e destra sono nove Altari  con cone di diversi Santi,senza sacristia, e senza Choro, viene officiata da duoi Reverendi Sacerdoti con titolo di Parrochi pari senza precedenza, e da cinque altri Preti sacerdoti, e dieci Clerici; vi sono in essa una campana mediocre, tre calici con sue patene d’argento indorato, con le Vesti mediocre per la celebrazione delle Messe, tiene d’Intrada da docati cento in circa che consistono in esattione di decime, et è terra sottoposta nella sua Diocesi di detta città di Mileto“.

 

Filogaso e l'antica fiera di san Nicola

Anche quest’anno si svolge  in paese, in occasione della ricorrenza della festa di San Nicola, una fiera che ha origini antichissime. Il Tango, nel suo libro del 1650  dal titolo “Apprezzo”, cosi descrive lo svolgimento della fiera : “In detta Terra una volta l’anno se fa’ una feria alli 6 di dicembre il dì di Santo Nicola, dove concorrono tutte le terre, e casali convicini à compra e vendere tutte sorti panni, e tele,  Ravagne di creta che si fanno a Soriano, et altre cose .”

La fiera si svolgeva in un ampio piazzale (un antico castrum) nei pressi della chiesa dedicata al Santo, distrutta completamente dal terremoto del 1783 e ubicata, sempre secondo il Tango, tra la porta d’ingresso di Panja e la chiesa di S.Antonio Abate.

 I commercianti in tempi anche recenti, nel rispetto di quella tradizione, vendevano  le stesse mercanzie descritte dal Tango.

C’erano quelli che vendevano generi alimentari, tessuti, vasi di terracotta, oggettistica varia; e quelli che vendevano bestiame (pecore, maiali, vitelli, buoi, ecc ..).

Le persone accorrevano, come allora, dai paesi vicini sia per comprare la merce esposta, sia per venerare il Santo. Un culto molto sentito e diffuso tra gli abitanti del paese, anche se gli studiosi come Gerardo Marchese non sono riusciti a trovare nessun dato circa le origini di tale festa e venerazione per il Santo.

Ancora oggi, a distanza di tanti secoli, i ”filogasesi “ venerano e tramandano la tradizione, anche se, a causa dello spopolamento e delle mutate condizioni socio-economiche, la fiera non ha più l’importanza di un tempo.

Oggi le bancarelle sono poche e vendono solo dolci, tuttavia, la Fiera mantiene intatto lo spirito religioso e l’usanza di un tempo. I cittadini  comprano i torroni ed i mostaccioli tipici di Soriano dalle bancarelle allestite lungo il corso per regalarli ai propri figli.

Noi bambini di allora, al contrario di quelli di adesso, aspettavamo quel giorno con gioia per assaggiare quei dolci tipici “sorianesi “sapendo che per assaggiarne altri bisognava aspettare le feste natalizie.   

 

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Filogaso: l'alluvione del 1951 e la rivolta dell'acqua

Una foto in bianco e nero un pò sgualcita ed incartapecorita per il  passare degli anni, presa dal fornito archivio  dell’ing. Teti per la pubblicazione del libro sulla storia di Filogaso, rievoca un episodio importante, simile a  quello della rivolta e dell’incendio del municipio e del ritrovamento delle monete romane, caduto in oblio o quasi rimosso dalla memoria collettiva.

Nella foto si vedono alcune donne, che portano in testa su un pezzo di stoffa avvolto a mo’ di corona un capiente recipiente  in coccio  “a cortara” , ferme dinanzi ad un’autobotte dei vigili del fuoco arrivata da Vibo Valentia, in attesa di approvvigionarsi d’acqua. Apparentemente sembrano in paziente attesa del loro turno, in realtà, capeggiate dalla donna (in primo piano nella foto insieme ad un vigile del fuoco) (individuata come la mamma della signora Marietta Nano) protestano perché i rifornimenti sono scarsi ed insufficienti per le provviste familiari.

La protesta, che durò per molto tempo fino a quando le autorità preposte non si decisero ad inviare scorte d’acqua sufficienti per l’intera popolazione, ebbe una vasta eco perché a ribellarsi per la prima volta erano delle donne decise e determinate a far valere le loro ragioni in un paese in cui il ruolo femminile era relegato prevalentemente allo svolgimento dei lavori domestici.

L’episodio della protesta risale a ottobre del 1951.Quell’anno c’era stata prima l’alluvione in Polesine e poi in Calabria, dove furono colpiti 67 comuni, tra cui Filogaso.

La pioggia in quei giorni  fu cosi abbondante e copiosa che fece tracimare tutti gli argini dei fiumi , devastò intere zone abitate, le strade e le ferrovie erano impercorribili. Segui un dissesto idrogeologico che costrinse intere popolazioni ad abbandonare i loro centri abitati.

Filogaso, in quel periodo, non era dotato dei servizi primari principali quali strade, luce, rete fognaria. Era stata realizzata da poco dall’amministrazione Gallippi ( sindaco dal 1948-1951) la rete idrica. La condotta di adduzione principale veniva dalla vicina montagna, attraversava il fiume “Fellà” e giungeva fino al serbatoio di distribuzione ubicato in contrada “Pagliocastro”. Dal serbatoio si dipartiva la condotta di distribuzione che arrivava in paese dove erano state realizzate lungo le strade principali delle fontane pubbliche e degli abbeveratoi per gli animali.

L’alluvione provocò gravi danni alle già precarie strutture esistenti. Molte abitazioni furono evacuate, le strade, non asfaltate, per l’abbondante pioggia, divennero delle pozzanghere impraticabili, il fiume “Fella” aveva tracimato e divelto in più punti la condotta d’ adduzione dell’acquedotto appena costruito, lasciando l’intera popolazione senz’acqua. Le sorgenti  vicine al paese che alimentavano le fontane “Calè “e “ Zufrò “,  un tempo utilizzate dai cittadini per rifornirsi d’acqua, erano irraggiungibili e l’unico approvvigionamento era dato dal servizio di autobotte dei vigili del fuoco di Vibo Valentia. Il servizio insufficiente dei soccorsi esacerbò l’animo, già esasperato per le precarie condizioni di vita, per i disagi e per i danni provocati dall’alluvione. In tale contesto le donne diedero vita a quella protesta così eclatante.

 

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Filogaso ha ricordato i suoi Caduti

Un 4 novembre non rituale ed originale quello svolto a Filogaso. Normalmente il sindaco, nel suo discorso, ricorda i caduti in guerra, analizza le cause storiche che sono all'origine di ogni conflitto, depreca ogni forma di violenza ed auspica che le controversie tra i popoli vengano risolte in modo pacifico e democratico.

Non manca mai un appello accorato ai grandi della terra, perché rifuggano dalle armi ed infine un ricordo commosso ai caduti nelle due guerre mondiali.

Quest'anno la ricorrenza si è svolta coinvolgendo i ragazzi delle scuole. Oltre a sventolare le bandiere tricolori, alcuni ragazzi si sono alternati al microfono per esprimere una loro opinione sul vero significato dell'evento e sul netto proposito di rifuggire ogni forma di violenza.

La tradizionale benedizione fatta dal parroco don Mimmo Sorbilli e le note del violino suonato da Galati hanno concluso una cerimonia sentita e partecipata.

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