“Reddito di Cittadinanza: i rischi per il sud e per la Calabria è che diventi un mero strumento di sostegno dei consumi”

“Il reddito di cittadinanza rischia di diventare in modo strutturale un mero strumento di sostegno dei consumi. E' una strategia fallimentare per lo sviluppo del Mezzogiorno già sperimentata nel corso degli ultimi 60 anni, perchè non crea sviluppo, ma alimenta dipendenza”. E’ quanto argomenta il Professore Francesco Aiello, Ordinario di Politica Economica dell’Unical e presidente del think tank OpenCalabria in occasione della presentazione del XXI Rapporto INPS che si è tenuta all’Università della Calabria, in presenza del Presidente dell’INPS Pasquale Tridico.

“Alla fine del processo di revisione dell’aiuto al reddito di cui si parla molto in questi giorni” - continua Aiello – “molti degli attuali percettori del reddito di cittadinanza potranno rimanere senza lavoro”.  Dipenderà sia dall’efficacia delle politiche attive che saranno adottate, “ma questo – continua Aiello - richiede sforzi immani in un paese in cui i Centri per l’Impiego hanno vincoli organizzativi non banali e le agenzie private hanno poco spazio di azione”, sia dalle prospettive economiche dell’Italia. Uno scenario verosimile che potrà manifestarsi nei prossimi due-tre anni è che per garantire “pace sociale”, si dovrà pensare a forme di sostegno del reddito alle persone che rimarranno senza sostegno e senza lavoro. La soluzione più immediata, ma molto rischiosa, è di perpetuare meri trasferimenti di reddito. Ecco perché la riforma del reddito di cittadinanza diventa una nuova sfida del paese, perché oltre ad azioni finalizzate ad aumentare l’occupabilità dei beneficiari dell’income support, è necessario che aumenti la domanda di lavoro delle imprese, ossia che l’Italia inizi a crescere dopo quasi tre decenni di stagnazione. “E’ complicato immaginare la creazione di nuova occupazione se il paese non riprende a crescere”.

E’ importante anche capire cosa succederà nella fase di transizione. Se l’attuale aiuto diventa temporaneo – le ipotesi al vaglio sono 6 mesi, o un anno - ed è pensato solo per chi cerca lavoro, la platea di beneficiari non cambia rispetto allo scenario attuale, perché tutti cercheranno lavoro e aderiranno al Patto per il Lavoro o similari (che diventa condizione di accesso al sostegno). Alcuni troveranno lavoro e, al fine di rendere capillare questa circostanza, è cruciale aumentare il differenziale tra il sussidio e la retribuzione. Tanto maggiore è questa differenza tanto più attrattivo sarà il lavoro. "La questione della congruità dei salari da parte del settore privato è di difficile risoluzione, ma la differenza deve essere sostanziale, di almeno il 30%, affinché chi rinuncia all’aiuto possa essere sanzionato con la revoca del sostegno. E’ complicato applicare sanzioni se il mercato del lavoro non remunera con salari congrui". L’effetto sarà anche di ridurre il lavoro in nero, se parallelamente si riduce l’onere contributivo a carico delle imprese. 

In alternativa, in questa fase di modifiche, gli attuali percettori non lavoratori riceveranno un sussidio per la formazione: l’ammontare della spesa per gli occupabili non cambierà, ma cambierà la fonte del finanziamento. Per esempio, la proposta del presidente del consiglio, Giorgia Meloni, è di utilizzare per la formazione dei percettori del reddito di cittadinanza il canale dei fondi europei. Alla fine del periodo di formazione, si può trovare occupazione o no. Per coloro che rimarranno non occupati -  molti a Sud - l’alternativa può essere di irrobustire il terzo settore o l’impiego obbligatorio in servizi di pubblica utilità gestiti dai comuni.

E’ un percorso tortuoso, con rischi ed opportunità sia per i lavoratori che per il Paese. La natura «tortuosa» di questo percorso dipende non solo dalle caratteristiche individuali dei percettori del sostegno, ma anche dal funzionamento dei Centri per l’Impiego, dalla diffusione della cultura del lavoro e soprattutto dal fatto che il sistema Italia riesca ad uscire dalla bassa crescita che si osserva da almeno 25 anni. Il rischio da annullare, a Sud, è che l’income support diventi un nuovo canale di finanziamento dei consumi interni dei meridionali. E’ un’ipotesi che bisogna evitare perché, in modo analogo all’occupazione non necessaria nella pubblica amministrazione degli anni ‘70 e ‘80 o a tutte le forme di trasferimento e di sussidi incondizionati di cui hanno goduto le regioni del Sud, non aiuta lo sviluppo, ma alimenta la dipendenza.

Coronavirus in Italia: riapriamo in paese? No, è ancora troppo presto

Quello che segue è un contributo di Francesco Aiello pubblicato su opencalabria.com

Una notizia che sta facendo discutere in questi giorni è se e quando riaprire il paese. Il dubbio dipende dal fatto che l’epidemia da coronavirus sembra abbia rallentato la sua fase di spinta espansione. Sebbene i contagiati stiano aumentando giorno dopo giorno, la variazione giornaliera in termini percentuali è minore rispetto a quella di qualche giorno fa. Questo risultato può aver stimolato qualche riflessione per proporre l’abbandono del lockdown.  Ancora però la curva del contagio non è nella parte decrescente e addirittura non è stabilizzata nè a livello di paese (figura 1) nè in ciascuna regione italiana. Pertanto, non siamo ancora pronti a riaprire il paese. Anzi ci vorrà del tempo (un mese ancora, ci dicono i virologi) e non è da escludere che la ripresa debba essere scaglionata nel tempo, per attività economica e, aggiungerei, da regione a regione: se in una determinata area del paese la riduzione del contagio dovesse anticipare quella di altri luoghi allora si potrebbe/dovrebbe pensare di riaprire quella regione.  Con la garanzia di essere nelle condizioni di massima sicurezza,

Il tema della sicurezza. Le implicazioni logiche di questo ragionamento sono due. Riaprire in sicurezza e sapere quello che accade in ogni angolo del paese. Ecco perché è cruciale analizzare le curve del contagio delle singole regioni. La proposta ragionevole (direi ovvia) è di riaprire quando la curva del contagio è nella parte decrescente. Occorre però che si faccia in sicurezza anche in quella fase: la sicurezza è legata alla realizzazione di una campagna di tamponi su tutto il territorio nazionale selezionando in modo rigoroso campioni di persone che siano rappresentativi della popolazione. E di ripetere 2 volte il test. Allo stato attuale della conoscenza sul virus, non esistono altri modi per garantire sicurezza.

Dicevamo dei casi regionali. In nessuna regione il valore assoluto dei contagi sta diminuendo. La notizia buona di questi giorni è che nella stragrande maggioranza delle regioni, la crescita è piu’ lenta di prima e questo ci dà fiducia su quello che potrebbe accadere nelle prossime settimane. Ma gli scenari di riferimento sono molto diversificati da regione a regione, perchè il rallentamento dell’espansione del contagio non è uniforme in tutto il paese. L’elemento, però, che accomuna molte regioni è che la curva del contagio è ben approssimata (in questa fase dell’espansione dell’epidemia) da una curva logistica. Se questa approssimazione dovesse essere confermata nei prossimi giorni, allora potremmo fare delle previsioni piu’ accurate su quando avremo il picco del contagio in ciascuna regione  e capire per quanti giorni avremo variazioni giornalieri nulle, sapendo, però, che la riapertura delle attività dovrà avvenire nella fase di riduzione del contagio.

Prof. Ordinario di Politica Economica, Unical - Fondatore di OpenCalabria

Zes Calabria, Francesco Aiello è il nuovo delegato del Ministero delle Infrastrutture

Francesco Aiello è il rappresentante del Ministero delle Infrastrutture, in seno al comitato d'indirizzo della Zes (Zona economica speciale) della Calabria.

Nominato su proposta del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli, Aiello svolgerà l'incarico a titolo completamente gratuito.

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