Aterp Vibo: 16 indagati, sequestrati beni per 800 mila euro

Sedici persone indagate e beni per un valore pari a 800 mila euro sottoposti a sequestro. È quanto ha disposto il gip, nell'ambito di una inchiesta coordinata dalla Procura vibonese su presunte irregolarità nell'acquisto della sede Aterp di Vibo Valentia con l'utilizzo di fondi ex Gescal.

Il provvedimento di sequestro, eseguito dai finanzieri del Comando provinciale, ha colpito sei dei 16 indagati dell'inchiesta per i quali viene ipotizzato il reato di truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche.

Tra le persone coinvolte figurano: l'attuale vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Pino Gentile (Ncd), all'epoca dei fatti assessore ai lavori pubblici, l'ex commissario dell'Aterp di Vibo Antonino Daffinà, il direttore generale del dipartimento Lavori pubblici della Regione Domenico Pallaria, l'ex dirigente del dipartimento Antonio Capristo, il costruttore Nazzareno Guastalegname, l'imprenditore Antonino Stagno, l'ex direttore generale Aterp Giuseppe Maria Romano.

Le indagini hanno preso l'abbrivio nel 2015, in seguito all'acquisizione della documentazione relativa all'acquisto della sede Aterp, costata 2,8 milioni di euro.

Per l'accusa, l'edificio era stato acquistato nonostante si sapesse che le Aterp provinciali sarebbero state accorpate in un'unica azienda.

 

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Operazione Tyche 2: sequestrati beni per oltre tre milioni di euro

Le fiamme gialle del Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio e dal Sostituto procuratore Marta Agostini, hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare personale e a un decreto di sequestro preventivo emessi dal gip di Lamezia Terme su richiesta di questa Procura della Repubblica, nei confronti di tre persone accusate di bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione dei redditi e peculato.

In particolare, i finanzieri hanno notificato al 48enne Giuseppe Cristaudo ed alla moglie Titina Caruso di 45 anni la misura del divieto temporaneo di esercitare ogni attività di impresa, mentre per Battista Cristaudo, 52 anni, è stato disposto il divieto di esercitare la professione di commercialista. 

Giuseppe Cristaudo e Titina Caruso, nel  novembre del 2005, erano già stati colpiti da misure interdittive nell’ambito dell’Operazione “Tyche” con l’accusa di peculato, bancarotta fraudolenta, dichiarazione infedele e circonvenzione di incapace.

Secondo l’accusa, i reati sarebbero stati commessi nell’ambito del fallimento della Caruso Group S.r.l., società operante nel settore della gestione di videogiochi ed apparecchi da intrattenimento. In quella circostanza, i finanzieri avevano scoperto la presenza di alcuni beni confluiti nella società lametina Automatic Games S.r.l., costituita dai due coniugi e poi dichiarata fallita nel 2014.

L’approfondimento delle vicende legate al fallimento della Automatic Games S.r.l. avrebbe permesso ai militari di portare alla luce una serie di anomalie e artifizi contabili finalizzati ad impedire la ricostruzione del patrimonio ed il movimento degli affari della società.

Tuttavia, grazie alle indagini sarebbe stato accertato il progressivo “svuotamento” dei beni societari, ai danni di creditori e Pubblica amministrazione ed a favore della Casimò Entertainment S.r.l. di Titina Caruso e di un’altra società riconducibile al marito.

Tali beni, costituiti da un impianto di bowling a 12 piste e numerosi apparecchi da intrattenimento (oltre 200 tra slot-machine, flipper, carambole e altri), sarebbero stati, infatti, ceduti alla Casimò Entertainment S.r.l. a titolo gratuito o a cifre irrisorie rispetto al prezzo d’acquisto, di fatto rendendo la Automatic Games S.r.l. una mera “scatola vuota” fino alla dichiarazione di fallimento.

 Inoltre, dagli accertamenti svolti dalle fiamme gialle del Nucleo di polizia tributaria - Gruppo tutela economia - di Catanzaro sarebbero emersi oltre 4 milioni e mezzo di euro “scassettati”, ovvero prelevati dagli apparecchi da gioco e mai transitati nelle casse della società fallita, tra i quali era computata anche la quota da versare all’erario quale concessionario per la tenuta di apparecchi da gioco con vincita in denaro (circa 48 mila euro).

Le condotte distrattive e la dissipazione del patrimonio societario sarebbero state realizzate con il concorso di Battista Cristaudo, commercialista della società, che avrebbe fornito un considerevole apporto personale, gestendo la contabilità della Automatic Games S.r.l. nella quale, tra l’altro, avrebbe registrato costi fittizi per oltre due milioni di euro allo scopo di abbattere i ricavi e distrarre liquidità. 

Alla luce delle indagini svolte, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme, Valentina Gallo, ha, quindi, emesso l’ordinanza di misure cautelari e disposto il sequestro preventivo di somme di denaro e beni nelle disponibilità degli indagati per un ammontare complessivo di circa tre milioni di euro.

I finanzieri hanno, dunque, sottoposto a sequestro conti correnti accesi in diversi istituti di credito, quattro immobili (tra cui una villa di 15 vani con piscina a Lamezia Terme), la sala bowling a 12 piste collocata nel centro commerciale “Due Mari” di Maida e centinaia di apparecchi da gioco del tipo slot-machine.

Droga acquistata nel vibonese e nel reggino veniva spacciata nel catanzarese

I Carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 indagati (6 in carcere, 4 ai domiciliari e 3 all’obbligo di firma).

L’attività, condotta dal nucleo investigativo, ha permesso di smantellare un’associazione che acquistava ingenti quantitativi di stupefacente (cocaina, hashish e marijuana) tra Gioia Tauro e Vibo Valentia e li rivendeva al dettaglio tra il capoluogo catanzarese ed i comuni della fascia ionica.

Due provvedimenti in carcere sono stati eseguiti unitamente a militari del Nucleo di polizia tributaria - Gico della guardia di finanza di Catanzaro in quanto persone già coinvolte in un’altra indagine.

l blitz, scattato all’alba di oggi ha interessato di Comuni di Catanzaro, Borgia, Vallefiorita e Rosarno.

Sequestrato l'immobile e il 95% del capitale sociale di Villa Aurora a Reggio Calabria

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un decreto d’urgenza, con il quale la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo del 95 per cento del capitale sociale di “Villa Aurora S.r.l.” nonché dell’immobile che ospita la struttura in riva allo Stretto.

Il provvedimento giunge al termine delle indagini, svolte dal Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, finalizzate a verificare una serie di operazioni societarie che hanno interessato il patrimonio aziendale e la compagine societaria che gestisce  la casa di cura.

L’attività degli investigatori, che ha preso le mosse dalla denuncia presentata dalla socia di minoranza, avrebbe permesso di accertare ripetuti episodi di distrazione delle disponibilità patrimoniali e finanziarie ad opera dei soci e dei rappresentanti legali succedutisi a partire dal 2014.

In particolare, dalla ricostruzione effettuata dalle fiamme gialle, sarebbe emerso che nell’agosto del 2014, il 95% del capitale sociale (pari a 1 milione e 120 mila euro) sarebbe stato ceduto ad una società, costituta poco tempo prima, con sede a Frosinone e con un capitale di 120 mila euro. A garanzia del pagamento delle azioni, sarebbe stata accertata la presenza di una fidejussione rilasciata da un intermediario finanziario, dichiarato fallito nel 2015 con sentenza del tribunale di Roma.

Successivamente, con bonifici effettuati tra marzo ed ottobre del 2015, la “Villa Aurora S.p.A” avrebbe erogato alla capogruppo un finanziamento di 1 milione e 242 mila euro. Ciò sarebbe avvenuto nonostante la crisi economica della casa di cura che aveva nel frattempo portato all’applicazione, tra i dipendenti, di un contratto di solidarietà.

Nell’ottobre 2016 la capogruppo avrebbe, quindi, venduto il proprio pacchetto azionario della casa di cura, per la somma di 1 milione 420 mila euro, ad una società, con sede a Sora (FR), il cui socio unico era, peraltro, uno dei soci della stessa capogruppo. Il pagamento del prezzo sarebbe stato stabilito, in parte mediante la cessione dell’intero capitale della capogruppo e, per il resto, attraverso pagamenti rateali.

Tali operazioni avrebbero causato a “Villa Aurora” ingenti perdite, culminate nell’azzeramento dell’intero capitale sociale e nella conseguente trasformazione in S.r.l.

Da ultimo, pochi giorni fa, la quota del 95 per cento sarebbe stata nuovamente ceduta ad un’altra persona, ritenuta “eterodiretta” dal principale indagato.

Alla luce degli elementi investigativi raccolti, valutata la sussistenza di gravi indizi in ordine ai reati di false comunicazioni sociali e truffa aggravata appropriazione indebita, in capo ai diversi soci ed amministratori che si sono succeduti e ritenuto che alla base dell’acquisizione del pacchetto azionario della società ci sia stata l’esclusiva finalità di depauperare il patrimonio della società, la Procura della Repubblica ha disposto il provvedimento di sequestro del 95 per cento del capitale sociale, nonché dell’immobile che ospita la struttura, il cui valore è stimato in 8 milioni 900 mila euro.

Contestualmente, è stato nominato un amministratore giudiziario.

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Recuperati un furgone e capi d’abbigliamento rubati, denunciato pluripregiudicato

Un furgone rubato, con all’interno capi di abbigliamento del valore complessivo di circa 20 mila euro è stato ritrovato, dai finanziari del Comando provinciale di Cosenza, sul lungomare nord di Paola, intorno alle 3 della notte scorsa.

Gli autori del furto stavano effettuando operazioni di trasbordo della merce rubata, dal furgone alle autovetture, quando alla vista delle fiamme gialle di Paola, hanno abbandonato il veicolo e si sono dati alla fuga.

La presenza di un’altra automobile, ferma a pochi metri di distanza dal furgone e con all’interno una persona seduta sul sedile passeggeri, ha insospettito i militari che hanno proceduto al controllo dei documenti. L’uomo è risultato essere un cosentino pluripregiudicato per reati specifici contro il patrimonio.

Nel corso della successiva ispezione, nel bagagliaio del mezzo, i finanziari hanno rinvenuto oggetti atti ad offendere ed arnesi idonei allo scasso ( piedi di porco, chiavi, grimaldelli, cacciaviti e seghetti).

Entrambe le autovetture sono risultate prive di copertura assicurativa e sono state, quindi, sottoposte a fermo.

Una volta identificato, il pluripregiudicato è stato denunciato per furto aggravato, porto di armi od oggetti atti ad offendere e possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli.

La refurtiva è stata restituita al legittimo proprietario.

Nel corso della notte, un’altra persona è stata fermata perché trovata in possesso di 15 grammi di marijuana. La sostanza stupefacente è stata sequestrata, mentre il detentore è stato segnalato alla prefettura di Cosenza.

Operazione Money gate: arrestate 8 persone, sequestrati beni per 4 milioni di euro

Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del Tribunale di Palmi, che dispone una misura restrittiva personale nei confronti di otto persone.

Nel corso dell’operazione, denominata "Money gate", sono stati, inoltre, sottoposti a sequestro beni il cui valore si aggira sui quattro milioni di euro.

Le indagini hanno portato alla luce l’esistenza di un’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro in danno di una società operante nel settore dell’import/export.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 presso il Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria, alla presenza del Procuratore capo della Procura della Repubblica di Palmi, Ottavio Sferlazza

Soverato: la guardia di finanza scopre 221 indebite esenzioni ticket

Nell’ambito dei controlli disposti dal Comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro nel settore della spesa pubblica, le fiamme gialle della tenenza di Soverato hanno scoperto 221 persone che, attraverso la presentazione di autocertificazioni riportanti dati non veritieri, hanno indebitamente usufruito di prestazioni sanitarie e acquisto di medicinali, a carico del Servizio sanitario nazionale.

L’attività ispettiva dei finanzieri, eseguita mediante l’ausilio delle banche dati in uso al corpo, si è articolata attraverso la preliminare acquisizione presso la competente Azienda sanitaria provinciale degli elenchi relativi ai  soggetti beneficiari di esenzione ticket.

Il successivo incrocio dei dati riportati nelle autocertificazioni presentate, con l’ effettiva situazione reddituale rilevata in capo ad ogni richiedente, ha consentito di individuare indebite esenzioni dal pagamento del ticket sanitario per oltre 50 mila euro.

Nei confronti delle persone che hanno illegittimamente usufruito dell’esenzione, sono state elevate sanzioni amministrative per oltre 150 mila euro, pari al triplo del contributo evaso. Contestualmente è stata attivata la procedura per il recupero del beneficio indebitamente ottenuto.

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‘Ndrangheta: sequestrati beni per un valore superiore ai 5 milioni di euro

Militari del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, coordinati dalla locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito due provvedimenti emessi dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, con i quali è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 5,5 milioni di euro.

Oggetto del sequestro, i patrimoni intestati o riconducibili a Francesco Gattuso e Demetrio Menniti.

In particolare, sono state sottoposte a sequestro: imprese commerciali, 2 edifici (per un totale di 14 unità immobiliari), 2 fabbricati in costruzione, 9 terreni, nonché 4 polizze e 66 rapporti bancari.

Le figure  di Gattuso e Menniti erano emerse nel corso delle indagini esperite nell’ambito dell’ operazione “Crimine”. Entrambi erano stati arrestati nel 2010, insieme ad altre 119 persone,  per associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto ritenuti organici alla “locale” di ‘ndrangheta operante nelle frazioni del capoluogo reggino di “  Croce Valanidi - Oliveto - Trunca – Allai”.

Gattuso è indicato quale personaggio di altissimo livello della “Società maggiore” della ‘ndrangheta, con il ruolo di direttore e organizzatore della “locale” e con il potere di attribuire le cosiddette “doti di ‘ndrangheta”.

Nel corso della attività investigative che hanno portato al sequestro dei beni la guardia di finanza è riuscita ha ricostruire ed individuare i patrimoni nella disponibilità, diretta o indiretta, di Menniti e Gattuso.

Alla luce delle risultanze che hanno evidenziato la pericolosità sociale “qualificata” dall’appartenenza ad un’ associazione mafiosa è stato, quindi, disposto il provvedimento di sequestro di beni, la cui gestione è stata affidata ad amministratori giudiziari nominati dal tribunale.

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