Libia: rapiti due italiani

Due lavoratori italiani sono stati rapiti, questa mattina, nella città libica di Ghat . La notizia, inizialmente diffusa, dall’agenzia di stampa turca Anadolu e stata successivamente confermata dalla Farnesina. Insieme ai due italiani è stato sequestrato anche un tecnico italo canadese. I tre, sono dipendenedi della Conis, una società italiana attualmente impegnata nei lavori di manutenzione presso l'aeroporto della città libica situata nella parte meridionale del Paese, nelle vicinanze del confine con l'Algeria. Secondo alcune fonti, il rapimento sarebbe stato compito da uomini armati che a bordo di tre auto avrebbero bloccato il veicolo sul quale viaggiavano i tre.

Il Governo italiano manda il Libia 200 paracadutisti

Dopo mesi di esitazioni, il Governo italiano ha rotto gli indugi ed ha deciso di mandare un contingente militare in Libia. I 300 soldati italiani, impiegati nella missione "Ippocrate", saranno schierati nella città di Misurata. La notizia è trapelata nelle stesse ore in cui il generale Khalifa Haftar ha lanciato l’operazione “Lampo improvviso”, l'offensiva che ha permesso alle sue forze di strappare alle milizie fedeli a Tripoli i terminal petroliferi del Golfo della Sirte. Il rischio concreto, quindi, è che le forze fedeli a Tripoli ed a Tobruk possano scontrarsi militarmente con la conseguenza che i militari italiani potrebbero vernirsi a trovarsi in un contesto ad alto rischio. Ufficialmente, la missione  predisposta dal Governo italiano avrà uno scopo esclusivamente sanitario. A Misurata, la città che sta offrendo il maggior contributo alla lotta contro l'Isis a Sirte, verrà dislocato un ospedale da campo italiano dove saranno curati i feriti in combattimento. Negli ultimi mesi l'Italia ha fornito medicinali e tra gennaio e giugno, alcune decine di miliziani sono stati trasferiti all’ospedale militare romano del Celio con voli dei C-130J dell’Aeronautica Militare. “La battaglia che hanno combattuto le forze di Misurata contro i terroristi di Daesh è stata molto impegnativa, con quasi 500 morti e oltre duemila feriti. Ora hanno bisogno che l’Italia dia loro una mano lì perché dobbiamo poter curare questi valorosi combattenti contro il terrorismo e contro l’Isis” ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti che  ha illustrato la missione alle commissioni parlamentari di Esteri e Difesa insieme al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Il contingente italiano sarà composto da 300 uomini così suddivisi: 65 medici e paramedici, 135 addetti alla logistica ed un centinaio di fanti addetti alla difesa della base ed alla scorta ai convogli. La forza "combattente" sarà fornita dal 186° reggimento paracadutisti Folgore. A supporto del contingente, sull'aeroporto di Misurata, verrà schierato un aereo da trasporto tattico C-27J, mentre una nave del dispositivo Mare Sicuro verrà mantenuta al largo della costa libica. Nelle prossime ore, da Livorno, partirà la nave anfibia San Marco con a bordo i soldati del contingente italiano.

Francia, scontro bus-camion: muoiono 12 turisti portoghesi, feriti 2 italiani

Tragico incidente stradale nel centro della Francia, dove in un scontro tra un minibus ed un camion, avvenuto la notte scorsa, sono morti dodici turisti portoghesi. Altre due persone di nazionalità italiana sono, invece, rimaste ferite. Il minibus proveniente dalla Svizzera e diretto in Portogallo si sarebbe scontrato frontalmente con il camion, sul quale viaggiavano i due italiani. L'incidente è avvenuto sulla statale 79 nella città di Montbeugny, nel dipartimento dell'Allier della regione dell'Alvernia. Salvo il conducente del bus, rimasto ferito ma non in pericolo di vita. Secondo le testimonianze dei due italiani il minibus avrebbe virato improvvisamente a sinistra finendo contro il loro camion.

Polonia: ha fatto a pezzi la professoressa d'italiano con una spada, arrestato a Malta

Kajetan Poznanski, il ventisettenne polacco accusato di aver ucciso e smembrato il corpo della sua insegnante d’italiano è stato arrestato a Malta, da dove sarà estradato entro i prossimi dieci giorni. La caccia all’uomo in tutta Europa era scattata il 3 febbraio scorso dopo che nell’appartamento di Poznanski, a Varsavia, era stato fatta una macabra scoperta. In un borsone da viaggio erano stati ritrovati i resti carbonizzati della professoressa, la cui testa è stata ritrovata in uno zaino. Per gli organi d’informazione polacchi, l’uomo era un ammiratore dal personaggio cinematografico di Hannibal Lecter e per tale ragione avrebbe ucciso la sua insegnante con una katana da samurai. Dopo l’omicidio l’assassino ha dato fuoco alla casa ed fuggito dalla Polonia. Attraversata la Germania e l’Italia, l’uomo è approdato a Malta, dove è stato arrestato dalla polizia.

Il mare italiano regalato alla Francia

Il Governo ha regalato un pezzo di mare alla Francia. L’omaggio è stato offerto nel corso di un bilaterale svoltosi il 21 marzo 2015 a Caen. Durante l’incontro, è stato raggiunto un accordo passato sotto silenzio. Un accordo di cui nessuno, in Italia, sapeva nulla prima del 2016, quando le autorità marittime francesi hanno iniziato a respingere o addirittura sequestrare pescherecci italiani nel Tirreno. Il caso più clamoroso ha interessato il “Mina”, un’imbarcazione finita oggetto anche di una interrogazione parlamentare da parte dei Cinque stelle. La barca è  stata sequestrata è rilasciata su cauzione nonostante, al momento del fermo da parte francese, navigasse in acque italiane. Secondo le autorità d’Oltralpe, però, il tratto di mare in questione sarebbe stato ceduto alla Francia durante il bilaterale tra Gentiloni e Fabius. A cercare di chiarire la situazione è intervenuto anche il sottosegretario Benedetto della Vedova, il quale ha confermato l’accordo sostenendo peraltro, che secondo la legge italiana, non è ancora in vigore, in quanto non è mai stato ratificato in Parlamento. Le autorità d’Oltralpe, però, non la pensano così e continuano ad allontanare le imbarcazioni italiane. A rendere ancor più assurda la vicenda, il fatto che le aree in questione rappresentano delle fonti di ricchezza di primaria importanza non solo per la loro pescosità ma, anche e soprattutto, per la qualità delle specie che ci vivono. In particolare, il Governo Renzi ha regalato alla Francia, la “Fossa del cimitero” una fascia di mare nella quale hanno il loro habitat i pregiatissimi gamberi rossi. Nell’accordo, oltre al danno la beffa, dal momento che l’Italia ha accettato una clausola che garantisce alla Francia l’esclusiva del pescato. Mai come in questo caso, sembra essere attuale quel vecchio adagio secondo il quale: “è sfortuna dei tempi che gli stolti facciano da guida ai ciechi”.

Francia e Germania decidono, gli italiani pagano

“L’Italia ha riacquistato prestigio internazionale”. Una frase ripetuta ad ogni piè sospinto da esponenti del Governo, osservatori interessati ed opinionisti ancillari. Una frase con la quale si cerca di nascondere la verità cristallizzata nei dolorosi “schiaffi” ricevuti, negli ultimi anni, dal Belpaese. La storia dei Marò è solo una delle tante, una vicenda in cui i Governi che si sono succeduti non sono riusciti a far valere le ragioni dell’Italia né in termini di diritto, né in termini politici. Quanto il ruolo italiano sia marginale e subalterno, non solo sullo scacchiere internazionale, ma anche europeo, lo dimostra il mancato invito al vertice che si svolgerà stasera a Parigi ed al quale, oltre al rappresentante Ue, prenderanno parte i Ministri degli esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania. Al responsabile della Farnesina, Paolo Gentiloni, quindi, non è stato recapitato nessun invito. Eppure, il tema dell’incontro riguarda da vicino l’Italia. Il “direttorio” composto dalle tre potenze continentali affronterà, infatti, i nodi relativi all’Iran ed alle crisi libica e siriana, tutti Paesi nei quali, gli interessi economici italiani sono storicamente rilevanti. Come se non bastasse, dalla Siria e dalla Libia, parte la gran parte dei flussi migratori che arrivano nel nostro Paese. In altre parole, le scelte fatte a Parigi ci investiranno in pieno senza che nessun rappresentante del Governo italiano abbia contribuito a determinale. A rendere ancor più grave la situazione, l’atteggiamento silente di Renzi&Co, considerati, dalle potenze europee, alla stregua di parenti poveri da teneri relegati in un angolo. Del resto, l’esclusione dal vertice di Parigi non è, affatto, un caso isolato, basti pensare al negoziato sul nucleare iraniano al quale, in rappresentanza del Vecchio Continente, hanno partecipato, al solito, Francia, Germania e Gran Bretagna. Situazione analoga a quanto accaduto nel caso della crisi Ucraina. Nel corso degli accordi di Minsk, del febbraio scorso, seduti al tavolo dei negoziati, nel ruolo di sensali, c’erano infatti le diplomazie francese e tedesca. In tutti i casi, dall’Iran all’Ucraina, l’Italia è stata chiamata a condividere il peso di scelte economiche, come le sanzioni, assunte, il più dalle volte da Francia e Germania, ovvero Paesi che, sotto il profilo commerciale, sono nostri concorrenti diretti. Il tutto nel silenzio più assoluto del Governo italiano, i cui rappresentanti esclusi da tutti i tavoli che contano, si consolano in Tv parlando del riacquistato prestigio internazionale dell’Italia. Un prestigio di cui oltre confine non si è accorto nessuno.

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I marò e l'ennesima figuraccia dell'Italia

 Il governo italiano ha collezionato l’ennesima figura barbina a proposito dei marò, questa volta presso un Tribunale del mare che si trova ad Amburgo, e che dev’essere presieduto da Ponzio Pilato, giudice a latere il principe Amleto, che del resto abita da quelle parti; e se ne lava le mani. Sarei curioso di sapere chi era l’avvocato italiano, se era competente in diritto internazionale o solo un amico di qualcuno con stipendio. Figuraccia, ripeto. Ma ora statemi a sentire: questa faccenda puzza fin dall’inizio, e continua a puzzare. Ricapitoliamo: due fucilieri di Marina si trovano sopra una nave commerciale, in funzione di difesa della medesima contro eventuali “pirati”; si avvicina una barca, e i due sparano, uccidendo due persone; la nave, invece di prendere il largo, entra micia micia in un porto indiano come fosse Taranto o Spezia, e i due marò vengono arrestati; da quel 2012, succede di tutto, tranne un processo. E ristatemi a sentire. Quando io sono stato messo di guardia, ben sessanta volte contate, se io avessi, nelle debite forme, sparato a un essere vivente – gatto o colonnello che fosse – il risultato sarebbe stato una bella licenza premio di gg 7 + viaggio, avendo compiuto un banale dovere secondo un ordine che perveniva dalle seguenti persone:

-          presidente della Repubblica;

-          ministro della Difesa;

-          capo di Stato Maggiore;

-          comandante VII Regione militare;

-          colonnello comandante del Reggimento;

-          capitano della Batteria;

-          sottotenente comandante del picchetto montante;

-          sergente del picchetto medesimo.

 Ero dunque coperto, copertissimo da ordini permanenti. Ora domandiamoci se i due marò avevano la stessa copertura da:

-          presidente della Repubblica;

-          ministro della Difesa;

-          capo di Stato Maggiore;

-          eventuale comandante dell’Oceano Indiano;

-          ufficiali responsabili.

 Se, infatti, io fossi l’avvocato difensore dei due, nel processo che mai si terrà, come primissima attività chiederei a quali ordini obbedissero i due militari; e se a comandare su di loro erano le autorità militari italiane o il capitano civile della nave commerciale. E se i due spararono di loro iniziativa o qualcuno gliel’ordinò. E già, perché la nave in porto ce la condusse il capitano civile, e non sappiamo se si consultò con le autorità militari o fece il comodo suo. Da chi dipendevano, i due? Insomma, memore dei miei turni di guardia e dell’ordine di sparare con sette giorni di licenza premio, ma solo se obbedivo a precise ed esplicite regole, io di leva, mi chiedo come mai invece due militari professionisti si siano cacciati in un simile guaio, e deduco che ordini chiari non ne avevano, e stavano su quella nave in posizione boh, ambigua.  Se è vero, vuoi vedere che alla fine il processo più tardi si fa e meglio è per più d’uno? Anche per l’India, che non si degnò manco di avvertire i suoi cittadini che sulle navi europee c’era gente armata, ed era meglio farsi riconoscere. Esattamente come doveva fare chi si avvicinasse alla mia garitta, e se no io gli dovevo (non “potevo”, “dovevo”) sparare a bersaglio, prendermi i sette giorni di premio e dormirci tranquillo sopra per aver compiuto uno spiacevole ma patriottico dovere. Secondo voi, in India successe qualcosa del genere?

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L'Unità d'Italia e la confederazione mancata

 Un conato pietoso della cultura risorgimentalista fu quello di far credere che l’Italia sia stata “divisa nel Congresso di Vienna del 1815”, quando essa perse la sua unità nel 568, cioè 1247 anni prima, con la mancata conquista totale da parte dei Longobardi. Da allora, un turbinio di entità più o meno statali, e mutamenti di assetti e di confini. Più stabile il Meridione, ma dal 1282 si separò la Sicilia; infine, nel XVI secolo, parvero compatti alcuni Stati come Venezia, Milano, Firenze, la Chiesa e Napoli; ma presto molti finirono connessi a vario titolo alla Spagna, poi all’Austria. Nel XVIII secolo si può parlare di un recupero dell’indipendenza politica con Stati notevoli quali Regno di Sardegna, Granducato di Toscana e i due Regni di Napoli e di Sicilia, distinti ma almeno uniti sotto lo stesso sovrano; mentre Venezia decade. Si diffonde dovunque l’uso ufficiale della lingua italiana (“toscano”), per quanto debba di fatto convivere con latino, volgari regionali e francese illuministico poi giacobino e napoleonico. Con queste premesse, era palesemente un errore logico pretendere di unificare questi territori dalla così variegata storia, applicando all’Italia il modello della “Nation une et indivisible” della Francia che era da secoli effettivamente unita per la forza di una monarchia centralista. Andava piuttosto pensata una confederazione che evolvesse, in tempi ragionevoli, in federazione.  La propose l’Austria nel 1815, ma declinarono l’invito i re di Sardegna e delle Due Sicilie, timorosi di perdere anche formalmente un’indipendenza già precaria: gli Asburgo infatti possedevano direttamente o indirettamente Lombardia, Veneto, Trentino, Istria, Dalmazia; e influivano su Parma, Modena e Firenze; il papa Pio VII già si era rifiutato anche di entrare in una presunta Santa Alleanza di cattolici, luterani, ortodossi, turchi e massoni. Tornò a parlarne Vincenzo Gioberti con un’ipotesi neoguelfa: confederazione italiana sotto la presidenza del papa; non teneva conto della presenza austriaca, ed era perciò politicamente debole. Gli si oppose Cesare Balbo con un’ipotesi neoghibellina, che sperava nel ritiro dell’Austria in cambio di espansione nei Balcani ancora turchi, e assegnava la presidenza al re di Sardegna. Anche nel fronte repubblicano il Cattaneo e il Pisacane s’interrogavano su unità e regioni. L’elezione di Pio IX sembrò far trionfare i neoguelfi, e la guerra del 1848 fu combattuta, inizialmente, in nome di una non precisata ma dichiarata “Lega”. Tuttavia solo la Sardegna dichiarò guerra all’Austria, mentre la Toscana e la stessa Chiesa mantennero un atteggiamento ambiguo; e Ferdinando II inviò la flotta a difendere Venezia e Guglielmo Pepe a combattere assieme a Carlo Alberto, ma senza un’alleanza definita e nemmeno una guerra dichiarata all’Austria: inizio di una continua incertezza politica che condurrà il Regno all’isolamento e alla fine del 1860. Gli avvenimenti interni delle Due Sicilie (guerra alla Sicilia ribelle, giornata del 15 maggio, riconquista della Sicilia l’anno dopo), la sconfitta di Carlo Alberto la prima e la seconda volta, l’intervento francese a Roma fecero cadere ogni ipotesi di confederazione, anzi gli Stati italiani parvero ridurre ogni rapporti politico e diplomatico tra loro. Nemmeno nacque un fronte conservatore (non dico “reazionario”, che è una parola nobile e tragica, e lontanissima dai paciosi Ferdinando e Leopoldo eccetera) tra Stati che dovevano capire essere minacciati dalla politica di Cavour e Napoleone III; né un fronte rivoluzionario, perché Cavour seppe imporsi non solo sugli inoffensivi ideologi democratici ma anche su Garibaldi, l’unico che poteva esercitare un’azione concreta e mettere assieme persino delle cospicue forze armate. Così l’Italia fu non unita ma unificata, e a colpi di annessioni al Regno di Sardegna e alle sue istituzioni e alla sua legislazione. Ma persino questo si poteva in qualche modo non dico evitare, almeno mitigare, se la Toscana ottenne di mantenere il suo Codice Leopoldino, e, dal punto di vista giuridico, fu una specie di regione federata fino al Codice Zanardelli del 1890.  Il Regno delle Due Sicilie rimase estraneo a tutti gli eventi europei e italiani dal 1854, mentre avrebbe dovuto schierarsi o pro o contro l’Austria eccetera; né provò un’intesa con Torino o qualsiasi cosa del genere. Non rispondetemi con aneddoti: quando tentò, Garibaldi era già quasi a Napoli, e il Regno non aveva più carte da giocare. Anche i liberali siciliani e napoletani avrebbero potuto trattare con Garibaldi e Cavour, e ottenere condizioni opportune per il cambio della moneta, la conservazione del nobilissimo sistema giudiziario napoletano, eccetera. Da bravi meridionalotti si sbracarono di fronte allo straniero, come faranno nel 1943 con gli Americani e farebbero anche con gli sbarcati da Marte. Chissà se una confederazione italiana avrebbe fatto meno danni dell’unificazione frettolosa e forzata? Sarebbe bello aprire una discussione, e mica solo sul passato, anche sull’avvenire.

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