Lettera a Spirlì per consentire il tradizionale pellegrinaggio alla Madonna di Capo Colonna

Riceviamo e pubblichiamo

"All’egregio vice presidente della regione Calabria Nino Spirlì. Stiamo vivendo un tempo che sembra non essere il nostro, ostaggi di un qualcosa che ha ristretto la nostra libertà e continua a mortificare la nostra spiritualità. Le misure restrittive adottate per la lotta al Coronavirus hanno travolto la nostra vita a tutti i livelli stravolgendo una quotidianità che sembra ancora lontana da riconquistare e non risparmiando nemmeno la nostra spiritualità che, anzi, è stata la prima ad essere colpita con le inaccettabili ma rispettate limitazioni sia al culto religioso sia al culto per i nostri defunti. Il distanziamento sociale imposto come profilassi anti-contagio ha ritenuto primaria la chiusura di chiese e cimiteri con la compiacenza di un modernismo ecclesiastico che sembra aver abdicato alla vera missione cristiana tranne ultimamente con la posizione della Cei (con la richiesta di riaprire chiese e celebrazioni) contrastata addirittura dalle eminenze porporate. Inutile soffermarsi sulla storia che testimonia l’avvicinamento dell’uomo alla Chiesa di Cristo proprio durante le pestilenze poiché, oggi, in nome della scienza (che contraddice sé stessa) si sacrifica il sacro nell’esaltazione del profano. La città di Crotone vive, da oltre 500 anni, il mese di maggio in adorazione della sua Protettrice: la Madonna di Capo Colonna, la cui storia è nota a tutti i crotonesi che la venerano proprio in virtù della protezione che la Signora ha sempre offerto alla città. (Nell’ultima guerra mondiale Crotone non fu mai bombardata, perché – si dice – la Madonna aveva coperto l’aria di fumo nero in modo che gli aerei militari non riuscissero neanche a vederla. O durante il terribile terremoto dell’8 marzo 1832 che distrusse l’intera Calabria: i crotonesi, in quell’occasione, tentarono di salvare il quadro e si radunarono in un piazzale per invocare il suo aiuto, custodendola temporaneamente in una piccola edicola. Le cronache raccontano che, laddove in tutta la regione c’erano state delle vittime, a Crotone non ci fu neppure un ferito. Sono piccoli episodi che però testimoniano la profonda fede dei cittadini crotonesi vero la Madonna e come Lei, soprattutto nei momenti tristi, abbia sempre agito). Una solennità questa, che non si limita alla devozione popolare, ma interessa secoli di storia e tradizioni che affondano le loro radici sin dalla Magna Grecia. “La devozione per la Madonna risale, secondo i documenti pervenutici, intorno al 1500, inquadrandosi nel contesto delle incursioni saracene che all’epoca flagellavano le coste crotonesi. Il 1° giugno del 1519, una razzia saracena quasi distrusse il promontorio di Capocolonna. Era questa un’area magica dove si trovavano, nel periodo magno greco, grandi templi come quello di Hera Lacinia e dove il cristianesimo era subentrato al mondo pagano sostituendo il culto della Dea Madre con quello della Vergine Madre, grazie all’edificazione di un piccolo santuario dove si trovava questa immagine di Maria. Nella razzia i turchi devastarono qualsiasi cosa in segno di disprezzo, inclusa la chiesetta, tanto che il quadro della Madonna fu addirittura bruciato. Secondo un antico racconto del canonico Basoino, però, nonostante i saraceni avessero attizzato il fuoco per oltre tre ore, l’immagine non si bruciò ma anzi irradiò dei bagliori miracolosi. A quel punto la tela venne portata nella nave che doveva tornare in Turchia, ma che in quel caso non riuscì nemmeno a spostarsi. Venne perciò buttata in mare come segno sprezzante di liberazione. La tela camminò sulle acque fino ad una zona di poderi e di giardini, dove un contadino la trovò e la conservò per anni in una cassapanca. Questo contadino – un tal Agazio – in preda ad una grave malattia diventò sordo e cieco. In punto di morte giunse nella sua casa un Frate di S. Francesco di Paola, a cui il contadino confessò di possedere una tela della Madonna che aveva trovato a mare. Dopo questo episodio l’uomo guarì completamente e già da allora si gridò al miracolo. Il Frate minimo la portò infatti nel suo monastero fuori dalla città per custodirla. Solo più tardi il vescovo dell’epoca, mons. Antonio Lucifero, dopo un pellegrinaggio devozionale, decise di portarlo nella Cattedrale. Con il successivo vescovo, mons. Miturno, un umanista. È suo il primo documento, giunto fino a noi, dove viene decretato il culto della Madonna di Capocolonna nella Cappella del Duomo. Qualche anno dopo, poi, Papa Gregorio XII dichiarò l’altare del Madonna altare privilegiato.” Io mi rivolgo all’uomo di fede, prima che al rappresentante istituzionale, affinché possa dare la possibilità al popolo crotonese di esprimere la secolare devozione: è stato stabilito che dal 4 maggio le misure restrittive di contenimento dovranno iniziare ad allentarsi e, considerando che il tradizionale pellegrinaggio si svolgerebbe nella terza domenica di maggio ed i crotonesi si son dimostrati ligi osservatori delle regole imposte dal 9 marzo, nulla potrebbe ostare affinché, con le dovute distanze e precauzioni, la tradizione non si interrompesse anche per poter dare al popolo di fedeli la possibilità di pregare la Mamma di Capo Colonna a protezione dal mostro che affligge il mondo".

Paola Turtoro - Cittadina crotonese

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Il lungo cammino della fede per la Madonna di Capocolonna

 È maggio e Crotone si risveglia dopo il letargo invernale e si veste a festa con tutto il suo territorio diocesano. Dappertutto è festa di primavera: da Cutro ad Isola, da Crucoli a Cirò Marina, da Papanice a San Leonardo di Cutro. È il mese della terra che riprende il suo sorriso e il suo cammino per dare senso alla vita dell’uomo; è il mese delle rose, ma soprattutto, in Calabria come altrove, è per eccellenza il mese della Madonna, durante il quale la pietà popolare, in ogni tempo, ha saputo e sa  creare un vasto caleidoscopio di devozioni e pratiche che vanno dal sacro al profano e comunque tutto all’insegna della sincera fede ed in particolare della fede rivolta alla Vergine. Per i Crotonesi è il mese della Mamma, l’antica Mamma di Capo Colonna. “Ogni crotonese – scriveva il compianto  Mons. Giuseppe Agostino - sentendo la sua appartenenza  a questa città gloriosa e provata, nel suo cuore, ne sono certo, esperimenta la sua identità, alimenta la sua speranza, racconta la sua vita riferendosi vitalmente alla Madonna di Capocolonna. La festa annuale è, per questo nobile popolo, un appuntamento atteso e determinante. Dalla festa mariana Crotone si ritrova calamitata, in essa convocata, per essa messa in cammino. Ed ogni festa è come il segnale ritmico della sua storia”. Maggio in festa, per i Crotonesi, tutti, vicini e lontani, è il mese della Mamma, l’antica Mamma di Capocolonna che ha sfidato le fiamme del promontorio per portare la luce e il conforto nella città krotoniate. È il “cammino” della notte il momento sicuramente più suggestivo e coinvolgente di tutto il mese mariano crotonese. Perché, ancora Mons. Agostino, “mettersi in cammino è il muoversi verso il ‘Punto-luce’, il ‘Punto-vita’. Maria, a Crotone, è questa ‘stella del mattino’ che i crotonesi da secoli riscoprono sempre nella ‘notte’ del loro peregrinare ed è l’esperienza dell’aurora e del ‘giorno’ che viene”. Una città intera, un popolo intero che si incammina fino all’alba della domenica fra le pietre della storia magnogreca, lungo la strada tortuosa e pregna di misteri, quella che porta al promontorio Lacinio, lo stesso che già i Greci - krotoniati vivevano come luogo di solenni celebrazioni per la loro Hera. E la suggestione del pellegrinaggio cristiano già inizia attorno alle ventuno di sabato quando torme di giovani allegri e forse spensierati si avviano verso il Capo e da lì attenderanno non senza commozione l’alba e l’apparizione de l cosiddetto Quadro grande, che incornicia l’antica Icona della Madonna. Attorno alla una, la notte crotonese si spalanca tra interminabili suoni di campane, fuochi pirotecnici e il sorriso un po’ assonnato di bambini; la commozione ed il pianto di fedeli sinceri si aprono senza remore davanti alla  Mamma che appare sul sagrato della sua Cattedrale per iniziare l’antico cammino verso la sua originaria dimora: la chiesetta dell’antico Capo delle Colonne dove fino al 1519 era venerata non solo dai Crotonesi. Il “cammino” di Maria si snoda tra le strade cittadine fino al Cimitero. Qui davvero si completa l’essere umano, l’essere terreno: il pianto si associa ai ricordi verso quelli che furono, la morte diventa resurrezione, l’uomo torna ad essere uomo, quello vero, quello voluto da Dio. Dopo la breve e commossa sosta confortata dalle espressioni dense di significato del Rettore della Basilica - Cattedrale, la sacra Icona, rivolto lo sguardo al suo popolo, alla sua Crotone, riprende il cammino verso l’Irto e si avvia attraverso le tenebre della notte verso la luce del sole, la luce della Fede. Con questo spirito e con queste sensazioni, la Madonna “negra ma bella”, lungo l’antico sentiero, non è sola, le è dietro un popolo, non solo crotonese, bisognoso dello sguardo divino per abbattere le storture della quotidianità, le incertezze del vivere umano. Questa del pellegrinaggio del popolo di Maria verso Capo Colonna è storia antica, già riportata dal Canonico Giovanni Cola Basoino nel 1598 che in suo scritto riferisce che la sacra Icona fino al 1519 era venerata in un sacello nella chiesetta di Capo Nao. E proprio in quell’anno durante una delle tantissime scorrerie verso le coste calabresi, i Saraceni, come scrive lo stesso Basoino: “ vista la meravigliosa bellezza di Lei, domandarono a certi schiavi cristiani che figura era quella, i quali avendo loro narrato che quella era l’immagine della Regina de’ Cieli Madre di Cristo salvatore e Signora di tutto, vennero in tanta rabbia e furore che […]quella presero e portarono con gran tumulto[…] per bruciarla. Ed acceso un grandissimo fuoco[…] detta gloriosissima Immagine non si bruggiò né la poterono in alcun modo offendere, ma restò intatta immacolata e bella così come pria era[…] il che avendo l’infedele Turco visto e riconosciuto che non poteva bruciarla si risolse seco portarsela[…] e per volontà divina la galea dove non era l’immagine andava innanzi a vela piena e l’altra che la ritenea di sopra non poteva né a vela né a remi spingersi in modo veruno  e partirsi da detto luogo[…] Ed avendo tardato per più di un’ora e vedendo che non poteano spingersi né passare oltre, riconoscendo che era perché avevano sopra detta santa Immagine, quella sbalzarono a mare e la detta galea se n’andò come l’altra.” Così la sacra Icona, dopo qualche giorno fu ritrovata da un tal Agazio Lo Morello sulla spiaggia all’altezza dell’Irto e se la portò, nascondendosela dentro una cassa, nella sua povera dimora a Crotone. Successivamente il Lo Morello, in seguito a grave malattia, confessò ad un francescano dell’Ordine dei Minimi il suo segreto e quindi la tela bruciacchiata della Madonna fu portata nel convento con annessa la chiesa di Gesù e Maria nel rione detto di Fondo Gesù e successivamente in Cattedrale. Insomma la Vergine di Capo Colonna è venuta a Crotone via mare e per questo iniziò la pratica di riportare l’Icona al promontorio tutte le volte che la Città aveva bisogno di ottenere grazie. Così avvenne a novembre dello stesso 1519 quando, dopo grave e prolungata siccità, il vescovo Antonio Lucifero volle condurre la Madonna alla sua primaria sede: “la notte istessa si ebbe la grazia della pioggia[…] per tre notti[…] per il che sempre si aumentava a tutti la devozione, così anco crescevano tuttavia i miracoli di essa.” Lo stesso è accaduto nel dicembre del 1583 col vescovo Giuseppe Faraone e tante volte ancora negli anni a seguire, e non si sa, però, quando sia finita questa consuetudine. Già nell’anno del terribile terremoto che sconvolse la Calabria, l’8 marzo 1832, Crotone è ancora una volta prostrata davanti alla sua Mamma in Cattedrale. Come è stato il ritorno, allora, alla consuetudine del pellegrinaggio al Capo? O forse il cammino di Maria attraverso il suo mare non è stato mai interrotto. Leggiamo da Mons. De Mayda, nel 1902, che: “benché fossero moltissimi i pellegrinaggi particolari, se ne fanno due pubblici e solenni, i quali manifestano il comune sentimento dei Crotonesi. La festa annuale[…] si celebrava a Capo Colonna, se ne volle conservare la memoria, facendo là la chiusa. Ecco il pellegrinaggio nell’Ottava. Si va ogni anno nella terza Domenica di maggio con il gonfalone tradizionale, un quadro della Madonna antico, alquanto prezioso, ma in piccole dimensioni sospeso ad una Croce d’argento, detto volgarmente il Quadricello […] l’altro pellegrinaggio più solenne, imponente ha luogo ogni sette anni con la prodigiosa Immagine e vi accorrono i popoli vicini” fino al Cimitero e poi lungo la spiaggia fino all’Irto piccolo e quindi con grosse funi la Madonna veniva tirata sulla falesia scoscesa. Così fino al 1948, anno in cui fu costruita l’attuale strada per il promontorio. E ancora, oggi come allora, la domenica sera il popolo, di tutta la provincia e di tutta l’Arcidiocesi di Crotone - Santa Severina, davvero numeroso e partecipante, attende sul molo della marina con speranzosa fiducia il ritorno della Mamma su una barca tutta illuminata e festante di suoni e colori dei marinai e pescatori accompagnandola verso il ritorno nella sua Basilica. Il resto è storia di sempre, storia dei nostri giorni e l’emozione, la fede e l’amore nei confronti della Vergine “negra ma bella” del popolo di Crotone resta inalterato. 

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A Santa Severina la mosta "Virgo Lactans"

Nell’ambito della seconda edizione delle “Giornate dei musei ecclesiastici”, in programma per il 7 ed 8 marzo, il museo Diocesano di arte sacra dell’antica metropolia di Santa Severina ospiterà la mostra "Virgo Lactans", allestita e curata, in collaborazione con l'Ufficio beni culturali dell'Arcidiocesi di Crotone - Santa Severina, dall'archeologa crotonese Margherita Corrado. L’esposizione riproduce quella già allestita, nel maggio scorso, nell’Episcopio della città pitagorica, in occasione delle celebrazioni delle feste mariane in onore della Madonna di Capo Colonna. La mostra curata da Margherita Corrado, consta di una serie di pannelli che comprendono la maternità divina nelle arti figurative del mondo antico; origine e fortuna del tipo iconografico della Galaktotrophousa o Virgo Lactans prima e dopo il Concilio di Trento; Il senso delle forme, dei colori e dei gesti; le varianti del tipo tradizionale; le Madonne del latte in Calabria; la Madonna di Capo Colonna e la normalizzazione ottocentesca delle sue immagini ad uso devozionali ed in ultimo, i pannelli che ricordano i danni del 1983 col restauro filologico dell’icona. In occasione della mostra sarà possibile visitare, gratuitamente, il Museo diocesano di arte sacra dell’antica Siberene.

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