'Ndrangheta, catturato Giuseppe Mancuso

La notte scorsa, i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea hanno fatto irruzione in un’abitazione di Zaccanopoli traendo in arresto  Giuseppe Salvatore Mancuso, figlio di Pantaleone, alias “L’ingegnere”.

Ricercato da più di un anno, Mancuso aveva fatto perdere le proprie tracce nel settembre 2018 evadendo dagli arresti domiciliari che stava scontando a Nicotera.

Al momento dell’irruzione dei militari, l'arrestato è stato trovato in compagnia di 2 persone, un uomo ed una donna, che sono state tratte in arresto per favoreggiamento.

Durante la successiva perquisizione, i carabinieri hanno rinvenuto una pistola con matricola abrasa, un fucile di precisione, due passamontagna, svariate munizioni e  circa 9 mila euro in contanti.

Al terminate le formalità di rito, Mancuso è stato tradotto presso il carcere di Vibo Valentia dove dovrà scontare una pena residua di cinque anni e quattro mesi emanata dal Tribunale di Milano ed una misura cautelare emessa dalla Dda di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione Mediterraneo.

 

'Ndrangheta nel Vibonese: arrestati i boss Diego e Francesco Mancuso

I carabinieri delle Stazioni di Spilinga e Limbadi hanno tratto in arresto Diego e Francesco Mancuso, rispettivamente di 66 e 62 anni, ritenuti esponenti apicali dell’omonima consorteria di ‘ndrangheta.

L'arresto è stato richiesto dalla Procura generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, in seguito alla decisione della Corte di cassazione che ha rigettato il ricorso proposto contro una sentenza di condanna risalente al 2013.

In particolare, Diego Mancuso è stato rintracciato ed arrestato a Ricadi; mentre Francesco Mancuso è stato localizzato a Limbadi.

Entrambi dovranno ora scontare sei anni di reclusione, in quanto condannati per il ruolo verticistico e per la partecipazione all’associazione mafiosa.

Dopo le formalità di rito, gli arrestati sono stati tradotti presso la casa circondariale di Vibo Valentia.

Traffico di stupefacenti, duro colpo alla cosca Mancuso

Le fiamme gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro e dello Scico di Roma, coordinate e dirette dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro, hanno eseguito venticinque fermi, nei confronti di elementi ritenuti organici o legati alla cosca Mancuso di Limbadi (VV).

Per tutti gli indagati, l'accusa, a vario titolo, è di traffico internazionale di stupefacenti.

I particolari dell’operazione saranno illustrati dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, dal comandante regionale della Guardia di finanza Calabria, generale Fabio Contini e dal comandante dello Scico di Roma, generale Alessandro Barbera, alle ore 11.00 di oggi, presso la sede del Comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro.

Omicidio di Matteo Vinci, i nomi degli arrestati

I carabinieri del Reparto operativo – Nucleo investigativo di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea hanno eseguito 6 fermi d'indiziato di delitto emessi d’urgenza dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di altrettane persone di Limbadi (VV).

I fermi sono scaturiti nell'ambito delle indagini avviate in seguito dell’omicidio, avvenuto il 9 aprile scorso, di Matteo Vinci e del grave ferimento del padre, Francesco Antonio. 

L’attività investigativa ha consentito d'individuare ed identificare: Salvatore Mancuso, di 46 anni; Rosaria Mancuso, di 63 anni ed il marito Domenico Di Grillo, di 71 anni; nonchè le due figlie della coppia, Lucia di 29 anni e Rosina di 37 anni ed il genero Vito Barbara di 28 anni.

Per gli investigatori, i destinatari del provvedimento sarebbero coinvolti, a vario titolo, nell'omicidio consumato il 9 aprile scorso e nel tentato omicidio compiuto ai danni di Francesco Antonio Vinci, il 30 ottobre 2017.

Le indagini avrebbero permesso di fare luce su un piano estorsivo, posto alla base dei violenti fatti criminali compiuti dagli indagati, al fine di mettere le mani sulla vasta proprietà terriera dei Vinci, confinante con quella dei Mancuso.

 

 

  • Published in Cronaca

Operazione anti 'ndrangheta nel Vibonese, sei persone in manette

È scattata alle prime luci dell’alba di oggi, a Limbadi, un’operazione antimafia dei carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia e del Ros che hanno eseguito sei provvedimenti di fermo a carico di altrettanti esponenti della famiglia Mancuso.

I fermi sono scaturiti dalle indagini condotte dai militari dell'Arma e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro, in seguito all’omicidio di Matteo Vinci, avvenuto il 9 aprile scorso a Limbadi, mediante la deflagrazione di un ordigno esplosivo dell’auto sulla quale viaggiava insieme al padre rimasto gravemente ferito.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso della conferenza stampa che si terrà alle ore 10.30 presso il Comando provinciale dei Carabinieri di Vibo Valentia alla presenza del Procuratore capo della Dda Nicola Gratteri.

 

Sequestro di beni milionario ai danni di un imprenditore legato alle cosche Piromalli e Mancuso

Sequestro di beni milionario ai danni dell'imprenditore Nicola Comerci, di 70 anni.

Ai danni dell'uomo, i cui interessi economici spaziano dalla Calabria al Nord Italia, la Polizia di Stato ha effettuato un sequestro di beni il cui valore supera 1.500.000 di euro.

Il provvedimento è stato emesso nell'ambito delle indagini, svolte dal personale della Divisione polizia anticrimine della Questura di Reggio Calabria e coordinate dalla Procura Distrettuale antimafia, che avrebbero evidenziato come, a partire dagli anni Settanta, Comerci avrebbe costruito un impero economico, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, della ristorazione e dei villaggi turistici, grazie all'appoggio delle potenti cosche di 'ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi.

Ad ottobre scorso, il tribunale di Reggio Calabria aveva già emesso un decreto di sequestro di beni, ubicati nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Bologna e Roma, per un valore superiore ai 50 milioni di euro.

Il tribunale ha ora disposto il sequestro di un magazzino a Casalecchio Tirreno, in provincia di Bologna, di un opificio, di un'abitazione e di sei appezzamenti di terreno di vaste dimensioni, situati nel Comune di Carovigno, in provincia di Brindisi.

Il sequestro è stato eseguito oggi, con la collaborazione del personale delle Questure di Bologna e Brindisi, nonchè del commissariato di Ostuni.

 

Operazione “U Patri Nostru” sequestrato patrimonio del valore di 28 milioni di euro (VIDEO)

Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio CalabriaDirezione Distrettuale Antimafia, le Fiamme Gialle del locale Comando Provinciale, del Nucleo Speciale Polizia Valutaria e del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata hanno eseguito, nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Roma, un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria con il quale è stata disposta, nei confronti dell’imprenditore edile vibonese RESTUCCIA Angelo, l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro dell’intero patrimonio aziendale di n. 4 imprese commerciali, delle rispettive quote societarie, di n. 27 immobili (appartamenti, locali commerciali, terreni), di svariati rapporti finanziari e assicurativi, il tutto per un valore stimato pari a circa 28 milioni di euro.

Tale provvedimento si fonda sulle risultanze delle attività investigative poste in essere dalla Guardia di Finanza, da cui è emerso che l’imprenditore – sebbene abbia riportato solamente condanne per fatti di modesta entità (violazioni fiscali e alla normativa sul lavoro), peraltro risalenti – è da tempo colluso con la ‘ndrangheta, avendo avviato ed accresciuto le proprie attività grazie agli appoggi delle cosche “Piromalli” e “Mancuso” operanti rispettivamente nei territori di Gioia Tauro (RC) e Limbadi (VV) e legate da accordi e cointeressenze economiche, così come si ricava dalle evidenze giudiziarie del processo cd. “Tirreno” e, da ultimo, del processo cd. “Mediterraneo”. Tale rapporto sinallagmatico, risalente ai primi anni Ottanta, ha consentito all’imprenditore di prosperare e, nel contempo, ha favorito gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.

La figura di RESTUCCIA Angelo è inizialmente emersa nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Bucefalo”, condotta dai predetti Reparti delle Fiamme Gialle e conclusasi con l’esecuzione, nel corso del 2015, di provvedimenti cautelari personali e patrimoniali nei confronti di n. 11 soggetti, tra cui il noto imprenditore ANNUZIATA Alfonso cl. 43. In quel contesto era emerso lo storico legame tra quest’ultimo ed i componenti di vertice della cosca “Piromalli” – da Don Peppino cl. 21 fino a Pino PIROMALLI cl. 45 – e come lo stesso si fosse prestato “(…) da oltre venti anni, volontariamente e consapevolmente, al perseguimento degli scopi imprenditoriali ed economici della predetta cosca, così creando e sviluppando, nel tempo, solide cointeressenze economiche, accompagnate da ingenti investimenti commerciali nel territorio di Gioia Tauro (un esempio per tutti la realizzazione del parco commerciale ANNUNZIATA). ANNUNZIATA, in definitiva, è da ritenere partecipe della cosca PIROMALLI, rappresentandone (…) il «cuore imprenditoriale»”. Attraverso le indagini svolte era stato possibile accertare che nella realizzazione del “Parco Commerciale Annunziata” di Gioia Tauro (RC) erano state impiegate diverse imprese legate, direttamente o indirettamente, a cosche di ‘ndrangheta. L’assegnazione 2 dei lavori, infatti, era una prerogativa esclusiva della cosca “Piromalli”, tanto da rappresentare uno dei motivi scatenanti la storica rottura dei rapporti tra la citata famiglia e la cosca “Molè”, le più potenti della piana di Gioia Tauro, storicamente legate da vincoli economici e di sangue.

In questo contesto, la RESTUCCIA COSTRUZIONI S.p.a. – gestita ed interamente riconducibile a RESTUCCIA Angelo – ha realizzato una consistente parte dei lavori edili, ovvero la struttura prefabbricata adibita a nuova sede dell’“ANNUNZIATA S.r.l.”, oltre a due capannoni ed un fabbricato che insistono all’interno del parco commerciale. Le investigazioni svolte, corroborate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno inoltre consentito di appurare come “…don Angelo Restuccia…” non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca “Mancuso”, ma li frequentasse e si rapportasse con loro, attraverso un rapporto duraturo e sinallagmatico tale da produrre reciproca collaborazione e reciproci vantaggi, aventi ad oggetto il comune interesse alla realizzazione di opere edili - sia pubbliche che private - nel territorio calabrese. RESTUCCIA Angelo è quindi un esempio emblematico di “imprenditore mafioso”, che ha instaurato con la 'ndrangheta, tanto reggina quanto vibonese, un rapporto interattivo fondato su legami personali di fedeltà e orientato ad un vantaggio economico, avendo certamente tratto dall'attiguità agli ambienti criminali un beneficio per la propria attività imprenditoriale. Una volta delineato il profilo di pericolosità sociale qualificata del proposto, l’attività investigativa si è concentrata, poi, sulla ricostruzione del complesso dei beni di cui RESTUCCIA Angelo e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente, nell’arco temporale intercorrente dal 1985 al 2017, accertando, non solo la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, ma, soprattutto, il ruolo di imprenditore “mafioso” che lo stesso ha rivestito nel tempo, tanto da poter sostenere che il patrimonio accumulato altro non sia che il frutto o il reimpiego dei proventi di attività illecite e, nella specie, dell’attività delittuosa di cui all’art. 416-bis c.p.. Si è appurato infatti, che la "corporate governance" sistematicamente illecita abbia alterato nel tempo le attività economiche riconducibili alla famiglia RESTUCCIA, snaturandone la loro ipotetica origine lecita, e trasformandole quindi - quale "frutto di attività illecita" - in altre entità economiche distinte dalle precedenti.

Alla luce di tali risultanze, su richiesta della stessa Direzione Distrettuale Antimafia, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto, con l’odierno provvedimento, il sequestro di prevenzione sui seguenti beni riconducibili a RESTUCCIA Angelo:

Operazione "U Patri Nostru": duro colpo alla 'ndrangheta, sequestrati beni per 28 milioni di euro

Con il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria, del Nucleo speciale polizia valutaria e del Servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata hanno eseguito nelle Province di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Roma un provvedimento emesso dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria che dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro nei confronti di un imprenditore edile ritenuto contiguo alle cosche di ‘ndrangheta“ Mancuso” e “Piromalli”.

L’operazione denominata “ U Patri Nostru” ha permesso di sottoporre a sequestro un ingente patrimonio, del valore di circa 28 milioni di euro. Nel corso delle attività i militari hanno eseguito diverse perquisizioni domiciliari e locali.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 di oggi, presso il Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria, alla presenza del Procuratore capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho e del Procuratore aggiunto, Calogero Gaetano Paci.

Subscribe to this RSS feed