Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale scuole e università rischiano di formare professioni già morte

 Si sono presentate le candidature per l’elezione a Rettore dell’Università della Calabria, una struttura strategica per il futuro della regione. Sono elezioni decisive perché i prossimi sei anni di mandato saranno il preludio di un rilancio o la deriva della decadenza. Le elezioni del Rettore devono essere un’occasione di profonda riflessione sul futuro dell’Ateneo e quindi della Calabria. Non serve schierare opposte – ed inutili – tifoserie, fare professioni di fede oppure proporre soluzioni di dettaglio a questioni gigantesche. Di fronte a problemi epocali non si può ricorrere a soluzioni burocratiche ma occorre misurarsi su una visione di ampio respiro, non perpetuando una sorta di “manutenzione del dolore” che parte dall’esistente. Va quindi coinvolta tutta la società regionale poiché l’Università è talmente importante da non poterla affidare solo agli addetti ai lavori. In 50 anni l’Università della Calabria ha svolto un insostituibile ruolo di promozione civile e sociale, consentendo per la prima volta a migliaia di figli di famiglie di medio e basso reddito di accedere ai più alti gradi degli studi, realizzando un principio costituzionale. Ancora oggi l’Università della Calabria, in base all’illuminata impostazione iniziale di Beniamino Andreatta, è il primo ateneo per residenzialità d’Italia, grazie anche all’idea del campus, che ci consente di essere la seconda università d’Italia tra i grandi atenei, dopo Perugia che è di origini medievali. Il rettore uscente Gino Crisci ha, quindi, fatto un buon lavoro, in condizioni estremamente difficili, interne ed esterne. Secondo me, equilibrio e buon senso hanno caratterizzato il suo mandato. Come tutte le cose forse si poteva fare meglio, ma nel caso specifico era certamente molto più facile fare peggio. Infatti, occorre confrontarsi con una serie di problemi. Tra questi, la riduzione degli studenti che è un problema nazionale. L’Università della Calabria ha perso negli ultimi anni 8.000 studenti, praticamente più di tutti gli iscritti messi assieme dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria (circa 6.000) e dell’Università “Dante Alighieri” di Reggio Calabria (meno di mille). Le previsioni demografiche effettuate da Giuseppe De Bartolo ci dicono che nel 2050 in Calabria saremo 1 milione e mezzo dagli attuali 2 milioni e che la riduzione più severa avverrà nell’area urbana Cosenza-Rende, quella più dinamica e quindi più veloce al cambiamento. Il dato più drammatico è che negli ultimi 15 anni hanno lasciato la Calabria in via definitiva 180 mila giovani: una desertificazione delle migliori energie. Va poi attentamente verificata la sfida crescente delle università telematiche. Nelle recenti vicende relative ai crediti aggiuntivi per l’insegnamento, gli atenei telematici anche nella nostra regione hanno fatto la parte del leone. A differenza di quelli tradizionali, le telematiche aumentano gli iscritti e ci sono studi che prevedono che negli USA tra dieci anni metà delle università tradizionali scompariranno con una conseguente disoccupazione di massa nel settore. Inoltre, gran parte delle università sopratutto meridionali, compresa la nostra, attraggono, su base prevalentemente provinciale, i figli di famiglie di medio e basso reddito, allargando ancora di più le diseguaglianze. Ma il rischio più grave è rappresentato dalla circostanza che il settore della conoscenza a livello globale è già colpito da uno tsunami. Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale scuole e università rischiano di formare professioni già morte, destinando alla disoccupazione perenne buona parte delle nuove generazioni. Ma in tutta Italia non ci stiamo accorgendo di questa elementare verità. Un dato sul quale prestare la massima attenzione è quello della sicurezza, poiché in una regione come la nostra, il fattore criminalità va posto nella massima evidenza, essendo la nostra università, dopo la Regione, il primo centro di spesa della Calabria. Il recente e opportuno protocollo sottoscritto con il Ministero dell’Interno va appunto in questa direzione. Sarebbe molto utile però ampliare drasticamente i controlli, previsti al momento solo per appalti superiori a 5 milioni di euro. Per aumentare l’attrattività dell’Università della Calabria, secondo me occorre ragionare in termini di sistema e non in modo autoreferenziale. Da assessore alla Cultura della Regione Calabria avevo promosso nel 2012 una ricerca indipendente della Fondazione “Giovanni Agnelli” sul sistema universitario calabrese e le scelte dei diplomati. Era emerso che il 37 per cento dei diplomati sceglieva atenei fuori regione e addirittura l’11 per cento del totale si orientava verso l’Università di Messina. Si avanzavano alcune proposte per rafforzare il sistema: federare gli atenei della regione, valorizzare il fattore campus, attrarre studenti del bacino del Mediterraneo, sviluppare i dipartimenti di eccellenza creando un collegio interdisciplinare. Inoltre, venivano analizzati i bilanci degli atenei che presentavano, già allora, evidenti criticità, soprattutto in relazione all’eccessivo numero dei dipendenti. Occorrerebbe, inoltre, attrarre nuovi studenti tra i diplomati calabresi. È un problema nazionale cercare di intercettare i 250.000 diplomati, su 500.000, che ogni anno non si iscrivono nelle università. E tra gli iscritti poi il 30 per cento abbandona dopo il primo anno. Occorre sviluppare efficaci politiche di Ateneo per attrarre iscritti e limitare gli abbandoni. Ci sono esempi virtuosi da studiare in Italia. Appunto per questo, occorre prestare la massima attenzione alle prossime elezioni per il Rettore dell’Università della Calabria. Il dato che, secondo me, condizionerà inevitabilmente l’esito delle elezioni è rappresentato dalla circostanza che su circa 750 docenti di ruolo che votano, circa 330 hanno già ottenuto l’idoneità per il passaggio alle categorie superiori. E altre due tornate di abilitazioni sono già in previsione. Constatando i dati, è praticamente impossibile esaudire tutte le richieste. Il problema è nazionale ed è frutto di un sistema ormai fuori controllo, che probabilmente contribuirà ad abbassare drammaticamente il livello dell’insegnamento universitario». Le dinamiche che si sviluppano nelle università per individuare le scelte dei docenti le ha ben descritte qualche anno fa Pierre Bordieu nel suo “Homo accademicus”. Inoltre, dobbiamo evitare le tendenze che si stanno già evidenziando nelle scuole, dove dal 2014 al 2018 con 200 mila studenti meno si sono registrati 100 mila docenti in più. Pertanto, con l’inevitabile diminuzione dei finanziamenti ministeriali legati alla progressiva crisi fiscale che sarà ancora più critica nei prossimi anni, con la limitazione dei fondi nella programmazione europea, con la conclamata riduzione del numero degli studenti, con le inevitabili pressioni per le progressioni di carriera degli abilitati, con la prevedibile espansione delle telematiche, tra 10 anni come si pagheranno i nostri stipendi? Questa, secondo me, è la domanda di fondo alla quale dovrebbero rispondere i programmi dei candidati a Rettore che chiedono il voto alla comunità accademica. E dalla risposta a questo quesito si vedrà qual è l’idea di università che si intende sviluppare nei prossimi”. 

*Professore ordinario di pedagogia della comunicazione Università della Calabria

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Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale scuole e università rischiano di formare professioni già morte

 Si sono presentate le candidature per l’elezione a Rettore dell’Università della Calabria, una struttura strategica per il futuro della regione. Sono elezioni decisive perché i prossimi sei anni di mandato saranno il preludio di un rilancio o la deriva della decadenza. Le elezioni del Rettore devono essere un’occasione di profonda riflessione sul futuro dell’Ateneo e quindi della Calabria. Non serve schierare opposte – ed inutili – tifoserie, fare professioni di fede oppure proporre soluzioni di dettaglio a questioni gigantesche. Di fronte a problemi epocali non si può ricorrere a soluzioni burocratiche ma occorre misurarsi su una visione di ampio respiro, non perpetuando una sorta di “manutenzione del dolore” che parte dall’esistente. Va quindi coinvolta tutta la società regionale poiché l’Università è talmente importante da non poterla affidare solo agli addetti ai lavori. In 50 anni l’Università della Calabria ha svolto un insostituibile ruolo di promozione civile e sociale, consentendo per la prima volta a migliaia di figli di famiglie di medio e basso reddito di accedere ai più alti gradi degli studi, realizzando un principio costituzionale. Ancora oggi l’Università della Calabria, in base all’illuminata impostazione iniziale di Beniamino Andreatta, è il primo ateneo per residenzialità d’Italia, grazie anche all’idea del campus, che ci consente di essere la seconda università d’Italia tra i grandi atenei, dopo Perugia che è di origini medievali. Il rettore uscente Gino Crisci ha, quindi, fatto un buon lavoro, in condizioni estremamente difficili, interne ed esterne. Secondo me, equilibrio e buon senso hanno caratterizzato il suo mandato. Come tutte le cose forse si poteva fare meglio, ma nel caso specifico era certamente molto più facile fare peggio. Infatti, occorre confrontarsi con una serie di problemi. Tra questi, la riduzione degli studenti che è un problema nazionale. L’Università della Calabria ha perso negli ultimi anni 8.000 studenti, praticamente più di tutti gli iscritti messi assieme dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria (circa 6.000) e dell’Università “Dante Alighieri” di Reggio Calabria (meno di mille). Le previsioni demografiche effettuate da Giuseppe De Bartolo ci dicono che nel 2050 in Calabria saremo 1 milione e mezzo dagli attuali 2 milioni e che la riduzione più severa avverrà nell’area urbana Cosenza-Rende, quella più dinamica e quindi più veloce al cambiamento. Il dato più drammatico è che negli ultimi 15 anni hanno lasciato la Calabria in via definitiva 180 mila giovani: una desertificazione delle migliori energie. Va poi attentamente verificata la sfida crescente delle università telematiche. Nelle recenti vicende relative ai crediti aggiuntivi per l’insegnamento, gli atenei telematici anche nella nostra regione hanno fatto la parte del leone. A differenza di quelli tradizionali, le telematiche aumentano gli iscritti e ci sono studi che prevedono che negli USA tra dieci anni metà delle università tradizionali scompariranno con una conseguente disoccupazione di massa nel settore. Inoltre, gran parte delle università sopratutto meridionali, compresa la nostra, attraggono, su base prevalentemente provinciale, i figli di famiglie di medio e basso reddito, allargando ancora di più le diseguaglianze. Ma il rischio più grave è rappresentato dalla circostanza che il settore della conoscenza a livello globale è già colpito da uno tsunami. Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale scuole e università rischiano di formare professioni già morte, destinando alla disoccupazione perenne buona parte delle nuove generazioni. Ma in tutta Italia non ci stiamo accorgendo di questa elementare verità. Un dato sul quale prestare la massima attenzione è quello della sicurezza, poiché in una regione come la nostra, il fattore criminalità va posto nella massima evidenza, essendo la nostra università, dopo la Regione, il primo centro di spesa della Calabria. Il recente e opportuno protocollo sottoscritto con il Ministero dell’Interno va appunto in questa direzione. Sarebbe molto utile però ampliare drasticamente i controlli, previsti al momento solo per appalti superiori a 5 milioni di euro. Per aumentare l’attrattività dell’Università della Calabria, secondo me occorre ragionare in termini di sistema e non in modo autoreferenziale. Da assessore alla Cultura della Regione Calabria avevo promosso nel 2012 una ricerca indipendente della Fondazione “Giovanni Agnelli” sul sistema universitario calabrese e le scelte dei diplomati. Era emerso che il 37 per cento dei diplomati sceglieva atenei fuori regione e addirittura l’11 per cento del totale si orientava verso l’Università di Messina. Si avanzavano alcune proposte per rafforzare il sistema: federare gli atenei della regione, valorizzare il fattore campus, attrarre studenti del bacino del Mediterraneo, sviluppare i dipartimenti di eccellenza creando un collegio interdisciplinare. Inoltre, venivano analizzati i bilanci degli atenei che presentavano, già allora, evidenti criticità, soprattutto in relazione all’eccessivo numero dei dipendenti. Occorrerebbe, inoltre, attrarre nuovi studenti tra i diplomati calabresi. È un problema nazionale cercare di intercettare i 250.000 diplomati, su 500.000, che ogni anno non si iscrivono nelle università. E tra gli iscritti poi il 30 per cento abbandona dopo il primo anno. Occorre sviluppare efficaci politiche di Ateneo per attrarre iscritti e limitare gli abbandoni. Ci sono esempi virtuosi da studiare in Italia. Appunto per questo, occorre prestare la massima attenzione alle prossime elezioni per il Rettore dell’Università della Calabria. Il dato che, secondo me, condizionerà inevitabilmente l’esito delle elezioni è rappresentato dalla circostanza che su circa 750 docenti di ruolo che votano, circa 330 hanno già ottenuto l’idoneità per il passaggio alle categorie superiori. E altre due tornate di abilitazioni sono già in previsione. Constatando i dati, è praticamente impossibile esaudire tutte le richieste. Il problema è nazionale ed è frutto di un sistema ormai fuori controllo, che probabilmente contribuirà ad abbassare drammaticamente il livello dell’insegnamento universitario». Le dinamiche che si sviluppano nelle università per individuare le scelte dei docenti le ha ben descritte qualche anno fa Pierre Bordieu nel suo “Homo accademicus”. Inoltre, dobbiamo evitare le tendenze che si stanno già evidenziando nelle scuole, dove dal 2014 al 2018 con 200 mila studenti meno si sono registrati 100 mila docenti in più. Pertanto, con l’inevitabile diminuzione dei finanziamenti ministeriali legati alla progressiva crisi fiscale che sarà ancora più critica nei prossimi anni, con la limitazione dei fondi nella programmazione europea, con la conclamata riduzione del numero degli studenti, con le inevitabili pressioni per le progressioni di carriera degli abilitati, con la prevedibile espansione delle telematiche, tra 10 anni come si pagheranno i nostri stipendi? Questa, secondo me, è la domanda di fondo alla quale dovrebbero rispondere i programmi dei candidati a Rettore che chiedono il voto alla comunità accademica. E dalla risposta a questo quesito si vedrà qual è l’idea di università che si intende sviluppare nei prossimi”. 

*Professore ordinario di pedagogia della comunicazione Università della Calabria

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Il generale Fabio Mini al Master in Intelligence dell’Università della Calabria

Fabio Mini, generale, docente e saggista, ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, introdotto dal direttore Mario Caligiuri.

Mini ha esordito dicendo che più sono le incertezze e maggiori risorse e deroghe alle procedure si richiedono per farvi fronte. Ha quindi evidenziato che le capacità previsionali della politica democratica si orientano nell’immediato la politica autoritaria pianifica per 10 anni e la politica militare si sviluppa per 20 anni.

L'intelligence strategica deve invece proiettarsi in un arco temporale di 30-50 anni, il tempo necessario ai grandi cambiamenti geopolitici.

Mini ha affrontato il tema delle minacce globali, Dopo aere esaminato il fenomeno dell’o Stato Islamico, un tema di preoccupazione universale per il generale è invece rappresentato dagli squilibri demografici, che vedono quasi tutti i paesi europei in capitolazione, come Italia, Germania e Gran Bretagna ma anche Russia e Cina, mentre alter nazioni registrano un boom demografico come l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iraq, l’India e la Nigeria.

Mini ha quindi affrontato il tema della guerra, concentrandosi su quelle relative all’appropriazione dei beni comuni definiti “global commons”, come gli oceani, i fondi sottomarini, l'Antartide, l'atmosfera, lo spazio esterno e il cyberspazio.

Mini è poi entrato nel merito del potere militare, evidenziando una profonda trasformazione che vede il potere militare aumentare la propria capacità d'influenzare le scelte del potere politico.

Sotto tale aspetto, nelle grandi potenze, ma anche nei paesi meno orientati alla militarizzazione come l'Italia, l'apparato militare-industriale insieme all’intelligence e ad altri apparati istituzionali partecipano alla formazione del Deep State che mantiene obiettivi chiari e costanti prescindendo dalle temporanee maggioranze parlamentari, ma talvolta anche dalle obiettive mutazioni geopolitiche.

A tale proposito, ha messo in rilievo la fornitura dei 130 aerei F35, che costano adesso 130 milioni di euro l’uno, che partono da progetti avviati negli anni '90 e che ora non ci possiamo permettere e difficilmente potremo utilizzare nel quadro di una politica di difesa quanto meno erratica. Mini ha poi affrontato il tema della guerra del futuro, spiegando che più che una guerra cibernetica o attraverso droni e robot, la più probabile e drammaticamente pericolosa rimane quella nucleare.

Mini si è poi soffermato sulla minaccia della criminalità, evidenziando come l’illecito si sviluppi parallelamente agli scambi legali, creando strette relazioni che si materializzano nelle piazze finanziarie e nei paradisi fiscali.

Il generale si è quindi soffermato sull’interesse che la criminalità internazionale rivolgerà anche per lo sfruttamento dei Global Commons.

Infatti, il controllo delle risorse sottomarine, dello spazio e del cyberspazio saranno molto presto motivo di conflitto non solo tra Stati ma anche tra poteri legali e poteri criminali.

Il generale ha rilevato come le triadi cinesi stiano già pensando al mercato illegale dello spazio, mentre altre organizzazioni criminali sono interessate a fornire a privati supporto allo sfruttamento delle risorse energetiche del sottosuolo, così come il cyberspazio, sia nella dimensione visibile che sopratutto quella invisibile, è già da anni un ambito costantemente utilizzato dalla criminalità.Infine Mini ha rilevato che attualmente viviamo in una fase in cui i vecchi sistemi non sono scomparsi ma non funzionano e quelli nuovi non sono ancora nati. In questo spazio si colloca la prospettiva dei “futuri multipli” in base alla quale gli scenari dipendono dalle scelte che persone e Nazioni compiono giorno per giorno.

“Un esempio per tutti - ha concluso il generale - se oggi continuiamo a costruire missili il futuro più probabile è quello che ne contemplerà l'uso".

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A Maglie la presentazione del libro di Mario Caligiuri “Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere”

Oggi sabato 20 ottobre 2018, alle ore 10, al Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Maglie, verrà presentato il libro “Aldo Moro e l’Intelligence. Il senso dello Stato e la responsabilità del potere”, curato da Mario Caligiuri, direttore del master in Intelligence all’Università della Calabria.

Oltre all’autore saranno presenti l’editore Florindo Rubbettino, la dirigente scolastica del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Maglie, Annarita Corrado, mentre i saluti saranno portati dal sindaco di Maglie Ernesto Toma e dal senatore Giorgio De Giuseppe. Modera l’incontro il giornalista Antonio Greco.

Il libro affronta con contributi diversi una serie di temi. Aldo Moro ha profondamente segnato la storia del nostro Paese. La sua figura è però schiacciata sulla tragica fine, lasciando in ombra la lunga azione politica. Eppure negli anni della Guerra fredda, Aldo Moro è centrale nelle fasi che hanno allargato la partecipazione politica, prima ai socialisti e poi ai comunisti. Ma è anche segretario della Democrazia cristiana durante il governo Tambroni, Presidente del Consiglio all’epoca del “Piano Solo” e ministro degli Esteri nel corso della strategia della tensione. Profondo conoscitore dell’intelligence, sa utilizzare le informazioni e sa dialogare con gli uomini che la praticano, come Giovanni De Lorenzo, Vito Miceli e Stefano Giovannone.

E proprio a quest’ultimo fa riferimento nelle lettere scritte durante la prigionia.

Aldo Moro dimostra che un uomo di Stato è anche un autentico uomo di intelligence, poiché sa riconoscere questo fondamentale strumento nell’interesse della Repubblica. Sotto questo profilo, la sua vicenda è ancora tutta da scrivere per sottrarla alle comode riscritture. Un libro spiazzante che illumina sotto una nuova luce l’esperienza politica dello statista democristiano, confermandolo un faro della Repubblica. Nel volume si accende un faro su alcuni aspetti meno noti della vita politico-istituzionale del grande statista originario di Maglie. In particolare sui rapporti intessuti con i servizi dell’Intelligence, relazioni e informazioni mai utilizzate per fini personali.

Moro è riuscito sempre ad intrattenere con i servizi dell’informazione “la relazione tipica dello statista”. Da questo punto di vista il libro di Caligiuri offre un contributo significativo sul piano documentale e sul piano scientifico e diventa pure l’occasione per ripercorrere alcuni passaggi cruciali della vita repubblicana.

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Il presidente del Copasir Lorenzo Guerini inaugura l'Università d'estate a Soveria Mannelli

Sarà una lezione del presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica Lorenzo Guerini ad inaugurare, il 6 settembre alle ore 17 a Soveria Mannelli, la seconda edizione dell'Università d'estate sull'intelligence.

L’iniziativa è stata promossa dal master in Intelligence dell'Università della Calabria e dalla fondazione "Italia Domani" e si svolgerà nella città calabrese dal 6 all’8 settembre 2018 presso la Biblioteca “Michele Caligiuri”.

La manifestazione verrà introdotta dai saluti del rettore dell’Università della Calabria Gino Mirocle Crisci, del direttore del master in Intelligence dell’ateneo calabrese Mario Caligiuri e del componente del Copasir Ernesto Magorno.

Venerdì 7 settembre alle 18 sarà affrontato il tema: "L’analisi di Intelligence e le sfide criminali” con Alessandro Ferrara della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 Per le conclusioni, previste per sabato 8 settembre alle 18, è stato invitato il sottosegretario di Stato alla Difesa Angelo Tofalo, che è stato presente l’anno scorso alla prima edizione, per affrontare il tema “Intelligence e difesa: le tecnologie del blockchain”.

 Alle lezioni interverrà, tra gli altri, anche il direttore del Dipartimento di lingue e scienze dell'educazione Roberto Guarasci. Direttori dell'Università d'estate sull'intelligence sono Mario Caligiuri, Direttore del master in Intelligence dell'Università della Calabria, Paolo Boccardelli, direttore delle Luiss Business School e Paolo Messa, Direttore del Centro studi americani.

 Del comitato scientifico dell'Università d'estate fanno parte, tra gli altri, il segretario generale della Crui e rettore dell'Università di Udine Alberto De Toni, il direttore di "Limes" Lucio Caracciolo, il professore emerito dell'Università di Firenze Umberto Gori, il responsabile della sicurezza dell'Eni Alfio Rapisarda, il magistrato e questore della Camera dei deputati dal 2013 al 2018 Stefano Dambruoso, il professore dell’Università di Chieti Antonio Teti, il consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri Giuseppe Rao, il direttore del Laboratorio del Mediterraneo islamico dell'Università della Calabria Alberto Ventura e il direttore del Laboratorio di fonetica dell'Università della Calabria Luciano Romito.

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Università d'estate di Soveria Mannelli, Gratteri affronta il tema della riforma della Giustizia

Sono state due ore intense quelle della lezione che Nicola Gratteri ha tenuto durante l’Università d’estate di Soveria Mannelli, che quest’anno ha come tema “Come andremo a incominciare. Ricette per la nuova Italia”.

Il magistrato è stato introdotto dal sindaco della città Leonardo Sirianni e da Mario Caligiuri dell’Università della Calabria che, insieme all'editore Florindo Rubbettino, dell’Università del Molise, dirige l’Università d’estate.

Gratteri ha trattato il tema della giustizia come consapevolezza civile e culturale, affrontando anche temi quali il consumo della droga cosiddetta leggera, della funzione del carcere e il processo telematico.

La cosiddetta droga leggera, per Gratteri, è inevitabilmente l’anticamera di quella pesante: legalizzarla non porterebbe alcun vantaggio ma aumenterebbe soltanto i danni come l’incremento della dipendenza e la riduzione dello spessore della corteccia cerebrale con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

Il magistrato ha poi sostenuto che impropriamente si parla di emergenza carceri poiché spesso si chiudono interi reparti in quanto non c’è personale di custodia, considerato che su 44 mila operatori della polizia penitenziaria circa 10 mila, fino a poco fa, sono stati sottratti al servizio di detenzione per accompagnare i detenuti, per i processi nei tribunali di tutta Italia. Secondo il magistrato, si potrebbero costruire in poco più di un anno quattro carceri prefabbricate da 5 mila posti ciascuno per normalizzare la situazione. Oltre, naturalmente, a considerare il lavoro per i detenuti come terapia, esattamente come avviene per i tossicodipendenti. In questo modo svolgerebbero delle attività di utilità sociale senza essere pagati.

Per quanto riguarda poi il processo telematico, e in particolare la possibilità di rendere testimonianze in videoconferenza, l’unica riforma recepita nel pacchetto delle riforme proposte dalla commissione guidata da Gratteri, questa ha già comportato risparmi per decine di milioni di euro e un più corretto utilizzo del personale di custodia.

Il magistrato ha poi ricordato i risultati della sua azione quale procuratore della Repubblica di Catanzaro con gli arresti eseguiti, i beni sequestrati e i risparmi ottenuti ottimizzando e valorizzando le risorse umane e strumentali a disposizione. Risultati possibili, ha detto, con un convinto gioco di squadra dei magistrati e delle forze dell’ordine, i cui ufficiali inviati in Calabria sono tra i migliori d’Italia.

Quattro in definitiva sono state “le ricette per la nuova Italia” proposte dal magistrato.

La prima è che il funzionamento della giustizia sopratutto per contrastare efficacemente  le mafie è una questione politica e per attuare una necessaria riforma strutturale occorre una politica forte, che guardi al domani e non al sondaggio del giorno dopo.

La seconda è che l’educazione rappresenta la chiave fondamentale poiché un cittadino poco istruito è più facilmente manovrabile, anche dalla criminalità organizzata.

La terza è che occorre dire no alla droga e all'assistenza, perché se si dipende dalle sostanze stupefacenti o da una persona si perde la libertà e la dignità.

Infine, Gratteri ha concluso dicendo che occorre essere consapevoli che la malapianta uccide il presente e il futuro delle giovani generazioni e quindi nessuno si può voltare dall'altra parte.

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Intelligence, Giuseppe Rao affronta il tema dell'interesse nazionale al master dell'Unical

Giuseppe Rao, consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è intervenuto – a titolo personale – nella sessione  conclusiva del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, con una lezione dedicata ai concetti di Interesse nazionale e di senso dello Stato.

Presentato dal Direttore del Master Mario Caligiuri, Rao ha espresso l’auspicio che l’Italia possa tornare, come negli anni del boom economico, a svolgere un ruolo significativo nei processi di innovazione scientifica, tecnologica ed economica nel mondo.

Ha ricordato come il liberismo sfrenato, la globalizzazione senza regole e i conflitti armati in corso abbiamo acuito le differenze tra ricchi e cittadini disagiati, e tra questi anche la classe media, fra i diversi Paesi della comunità internazionale e provocato fenomeni migratori di massa. Questa situazione - ha rilevato - ha favorito, in numerosi Stati il successo di politici, partiti e movimenti, che, ognuno con le loro specificità, ripropongono la necessità di ripartire dal concetto di Nazione.

Secondo il Consigliere, la capacità di sviluppare nuove tecnologie e sofisticati sistemi di logistica rappresentano la chiave per il successo dei singoli Stati nella competizione internazionale. 

In Italia - ha detto Rao - la promozione dell’Interesse nazionale,  che presuppone un’idea condivisa del concetto di comunità nazionale, può essere perseguito con l’applicazione dei principi costituzionali che prevedono un intervento dello Stato nell’economia – così come previsto nella Costituzione –, condizione necessaria per garantire buona occupazione, benessere e prospettive per le nuove generazioni.

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Evgeny Morozov e Lucio Caracciolo al master in Intelligence dell'università della Calabria

Dopo le feste Pasquali, il Master in Intelligence dell’Università della Calabria riprende con due significative lezioni.  

Alle 8,30 di domani (sabato 7 aprile), presso l’Aula “Caldora” dell’Università della Calabria a Rende, dopo il saluto del rettore Gino Crisci, presentato dal direttore del Master Mario Caligiuri, interverrà Evgeny Morozov, uno dei più noti esperti di nuovi media a livello mondiale, che svilupperà il tema della ”Intelligence nella falsa democrazia su internet”.

Nel pomeriggio, dalle 13.30 alle 17.30, è prevista la lezione di Lucio Caracciolo, direttore di “Limes” e uno dei più importanti esperti del settore a livello internazionale, che affronterà il tema: “L’intelligence nella geopolitica del XXI secolo”.

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