Nicotera: Bruno Vinci, l'intellettuale che volle il ginnasio

Famiglia nobile di Limbadi, i Vinci entrano nella storia di Nicotera, Limbadi e Motta nel XVII secolo. Essi furono tra i più importanti nobili che vissero in quest’area della Calabria. Tra i personaggi più noti della famiglia si ricordai Bruno deputato del Regio Parlamento Italiano, influente maestro della gioventù calabrese; Adolfo grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, alto funzionario del Ministero degli Esteri vivente nella prima metà del XX secolo.Bruno Vinci nacque a Limbadi il 27 luglio del 1812, medico, filosofo, filantropo, illustre nicoterese d’ adozione dopo aver sposato  Maria Naso. Una vita piena di cariche. Sindaco di Limbadi in pieno periodo Borbonico dal 1840-al '42, in seguito consigliere comunale a Nicotera, per poi concludere la sua ascesa politica con due legislazioni al Parlamento di Torino e Firenze. Intorno al 1848, quando anche in Calabria si accesero focolai insurrezionali contro i Borbone sedati con le armi da Ferdinando Nunziante ( ricordo i martiri di Gerace) anche a Nicotera iniziano ad agitarsi le acque. Bruno Vinci, con un gruppo nutrito di menti eccelse, si oppose ai Borbone istituendo una loggia massonica, un circolo letterario e politico con lo scopo di divulgare idee liberali. Frequentavano il Circolo le più importanti personalità del tempo: Cognetti, medico di chiara fama, Diego Corso, medico, archeologo, il chimico Mamone, Capria, professore dell'Università di Napoli, l'avv. Mileto, il cav. Coppola, il pittore Domenico Russo, i maestri Rascaglia e Pagano, il canonico La Tessa, Carlo e Giuseppe Cipriani ed il Sacerdote Francesco Spinoso. In questo Circolo oltre agli aspetti culturali si discuteva del modo di far giungere senza intoppi Garibaldi a Nicotera. Infatti,  il Generalissimo sbarcò senza alcun problema sulle coste di Nicotera  il 26 agosto 1860 , a seguito di una capillare propaganda che i dotti nicoteresi compirono sulla popolazione. Queste le parole della Delibera del Decurione (A.S.C.N. Delibera del Decurionato 6 febbraio1861) scritta a distanza di mesi il 6 febbraio 1861 in cui viene descritto l'arrivo di  Garibaldi  nel centro:” Ove sbarcato l'illustre generale il cui sbarco avvenuto in Marina il 26 agosto 1860 (….) venne da noi e dalla popolazione tutta facilitato, in mezzo a grida di entusiasmo e gioia “. Il 15 luglio 1865 cominciarono le battaglie tra nuovo regime e clero: a Nicotera si fece chiudere il seminario per far nascere il ginnasio. Il 17 luglio del '65 si riunì la Giunta per autorizzare “in forza di nota” dal Sottoprefetto foglio n. 7102. Di fronte ai personaggi del circolo letterario di Vinci e degli altri Nicoteresi il Sindaco Saverio Adilardi, dopo aver letto la nota: “Il Sottoprefetto Antinori scrive che la visita del Regio Ispettore degli studi di Monteleone e Nicastro, dopo aver ispezionato le Scuole elementari, che trovò in sufficiente stato di progresso ,” accompagna il Sottoprefetto  ai locali di questo Seminario di Nicotera, dove nascerà il Ginnasio. L'Ispettore enumera le difficoltà espresse dal Vicario del Vescovo De Simone, ed il diniego ostinato del Vescovo di far accedere ai locali l'Ispettore Regio. L'intero documento, molto interessante, ci informa sia della “bugia” del Vescovo nel sostenere che ivi erano rimaste solo le cattedre religiose, che la risposta del Sindaco, anch'egli liberale, il quale  invocò il Ministro della Pubblica Istruzione chiedendogli di chiudere il Seminario di Nicotera e di affidare la struttura al Municipio. Tuttavia, proprio durante la sua prima legislazione, nel 1865, Bruno Vinci istituì il Ginnasio che fece progredire culturalmente il Borgo, accogliendo studenti da tutta la Calabria. A distanza di mesi, dopo visite e battaglie, il 4 gennaio 1866, si riunì  una Seduta straordinaria del Consiglio comunale, per discutere l'incarico di aprire il Ginnasio nei locali del Seminario, “ il quale fu chiuso per disposizioni superiori”. I comuni di Limbadi e Ioppolo e Nicotera dovettero inserire nei propri bilanci una somma per sovvenzionare il Ginnasio. In quegli anni anche a Nicotera si agiva in nome di leggi non ancora promulgate. A distanza di pochi mesi, secondo l'ennesimo documento ( A.S.V.N. DOC LXXVI agenda Natale  Pagano) si riunì una Seduta straordinaria presieduta dal Sindaco Adilardi. Ad essa partecipò la Giunta ed il lodato Signor Regio Ispettore Provinciale, il quale, in conclusione dei lavori, dichiarò ufficialmente che il suo intento era quello di aprire in tempi brevissimi il Ginnasio. Inoltre, secondo il documento, l'Ispettore decise di controllare la somma stanziata dal Municipio che a conti fatti non risultava sufficiente. Il Municipio stanziò, quindi, la somma di lire 3. 242,90. Inoltre volle indagare se il quadro presentato dalla Chiesa fosse veritiero. Le lotte tra Curia Nicoterese e Stato continuarono nel mese di marzo del 1866. Vinci rieuscì ad ottenere la vittoria definitiva. Il  19 marzo si riunì, ancora una volta, la Giunta e venne nominato il personale (A.S.V.N. DOC  LXXVII agenda Pagano):” Vinci Bruno fu Isidoro età 53 anni di Nicotera Dottore in medicina e Deputato, con carica di Direttore del Ginnasio con stipendio annuo 1500 £. Brancia Raffaele fu Giuseppe di Nicotera 41 anni e insegnante prima classe con 500 £ annue. Brancia Francesco fu Diego di Nicotera 44 anni insegnante seconda classe con 500 £ annue. Foglia Giuseppe fu Giovanni da Cerenzio età 40 insegnante 3 classe con stipendio annuo 1200 £ con documenti attestanti l'idoneità inviati dal Regio Ispettore della prov. Cipriani Franc. Maria fu Carmine di Nicotera 31 anni incaricato di Aritmetica con 3.200 £ annue. Massara Filippo di Giuseppe Nicotera anni 37 incaricato di calligrafia con l'annuo stipendio di £ 200. Massara Raffaele fu Antonino da Nicotera anni 60 incaricato di lingua Francese con 200 £ annue. Berlingò Francesco fu Francesco Nicotera anni 48 bidello e custode con 300 £ annue”. Il Direttore Vinci rimase al timone del Ginnasio anche dopo la fine delle due legislature che lo videro Senatore. Stroncato da un attacco cardiaco Bruno Vinci tornò alla casa del padre il 17 settembre 1877 dopo aver coronato il suo sogno liberale e dopo aver lasciato la sua cospicua rendita in favore del mantenimento del Ginnasio comunale. Il suo corpo è tumulato nella Chiesa di San Francesco di Nicotera Il Municipio poté disporre dell’appannaggio di Bruno Vinci soltanto dopo la morte della vedova, spirata nel 1892.

 

'Ndrangheta, processo "Furio Camillo: assolto giovane imprenditore del Vibonese

Imputato per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, è stato assolto, per non aver commesso il fatto, dai giudici del Tribunale di Vibo Valentia il 24enne Giuseppe Ferraro, imprenditore di Nicotera. La sentenza è stata emessa al termine di una camera di consiglio durata tre ore. Camillo Falvo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, aveva sostenuto le ragioni della pubblica accusa richiedendo una pena di 5 anni e 6 mesi di carcere, da accompagnare ad un'ammenda pari a 3500 euro.  Accusato di aver preteso una tangente di 50 mila euro ad un imprenditore edile della provincia di Vibo Valentia, Ferraro era stato tratto in arresto nel gennaio dello scorso anno nel contesto dell'inchiesta "Furio Camillo". I Carabinieri avevano posto fine al suo stato di latitante individuandolo a Vercelli. Secondo quanto ricostruito all'epoca dagli inquirenti, il giovane imprenditore avrebbe intimato alla presunta vittima che, se non avesse ottemperato al pagamento preteso, si sarebbe dovuto allontanare dalla regione.  Le tesi difensive di Ferraro sono state sostenute dagli avvocati Francesco Sabatino e Beatrice Saldarini.  Nel processo di primo grado, che si è celebrato con rito abbreviato sul medesimo episodio, sono state inflitte due condanne a carico di due soggetti di Nicotera, Antonio Campisi e Nicola Drommi, considerati organici alla cosca Mancuso.

Furto di energia elettrica: 5 arresti nel Vibonese

I Carabinieri hanno arrestato cinque persone accusate di furto di energia elettrica. Secondo la ricostruzione fornita dai militari dell'Arma di Nicotera, agli ordini del luogotenente Raffaele Castelli, i soggetti finiti in manette ed ora ristretti ai domiciliari si sarebbero resi responsabili della realizzazione di bypass di collegamento ai contatori Enel, sottraendo così energia elettrica in maniera fraudolenta. Un sistema che avrebbe permesso loro, tutti abitanti nello stesso edificio di residenza popolare a Nicotera, di risparmiare diverse migliaia di euro. Fra i cinque figurano tre donne.

Droghe nell'abitazione: i Carabinieri arrestano un 28enne

Un uomo di 38 anni è stato tratto in arresto dai Carabinieri che, perquisendo un edificio che si trova nella frazione Marina di Nicotera, hanno rinvenuto 24 grammi di marijuana, 15 di eroina e 14 di hashish.  Il reato contestato è detenzione di sostanze stupefacenti. Nel corso dei controlli, i militari della Comagnia di Tropea hanno appurato, inoltre, che l'abitazione del 38enne e quella di altri condomini erano alimentati da energia elettrica distribuita tramite un collegamento abusivo.  Sono così finiti in manette altri quattro soggetti. I cinque sino stati sottoposti al regime degli arresti domiciliari.  

La giudecca e la comunità ebraica di Nicotera

Sulla giudecca di Nicotera non esiste uno studio dettagliato, nonostante alcuni autori come Oreste Dito, Gustavo Valente e Placido Antonio Carè, abbiano studiato la condizione degli ebrei a Nicotera sostenendo che, proprio in questa città, venne edificata una delle prime giudecche calabresi. A dare un contributo allo sviluppo dell'economia nicoterese fu Federico II il quale, in ragione della presenza di un porto naturale, favorì la nascita delle attività necessarie ad eseguire le riparazioni e le costruzione della flotta imperiale. Tuttavia, gli ebrei erano specializzati  nell’industria della seta, della tintoria, del cotone, della canna da zucchero e della carta. Il loro contributo abbracciava altri settori come la lavorazione delle materie prime ed il prestito di capitali. Considerato il fatto che il “giudeo” non era ben visto dalla popolazione locale, l'Imperatore fece costruire a ridosso della Cattedrale un quartiere per accoglierli dignitosamente ed ordinò che anche nell'abbigliamento si distinguessero dagli autoctoni. Nel Parlamento Generale di Messina, Federico II aveva disposto che gli ebrei portassero un segno di riconoscimento: gli uomini “lusores taxillorum  et alea rum”,  mentre le donne, abiti uguali a quelli indossati dalle prostitute. Gli ebrei di Nicotera vivevano liberamente nella Giudecca caratterizzata da strade strette, addossate l'una alle altre e con case a due piani. La vita si svolgeva nei bassi, a piano terra c’erano le botteghe artigiane, mentre al piano superiore vivevano con le famiglie. Grandi scalinate e larghi protetti dai “cafi”, tipici passaggi coperti, ancora oggi,  conferiscono al quartiere un fascino inalterato ed all'attento studioso forniscono dati sulla vita nel quartiere. Gli ebrei di Nicotera, riuniti nella “Iudeca”, si reggevano con ordinamenti propri, secondo le proprie tradizioni. Costituivano, dunque, una comunità a parte, regolata da leggi differenti da quelle osservate dai Cristiani. In ordine al sistema fiscale, i documenti storici riportano che gli ebrei erano tenuti a pagare le tasse ordinarie di “fuoco e sale” mentre le tasse speciali venivano applicate in base ai privilegi o ai capitoli che la comunità ebraica riusciva ad ottenere. Spesso accadde che le “università” (le città) sostenessero le spese straordinarie per la comunità ebraica e viceversa o che gli ebrei pagassero la tassa sulla macellazione degli animali che doveva seguire le norme del “kasherut”. Dovevano pagare la “morkofa”, una tassa speciale per la libertà di culto! Tuttavia la documentazione attesta che gli ebrei di Nicotera, fin dal 1270, figuravano nei “Registri delle Collette fiscali della Calabria nei quali si legge che : “Carlo I d’Angiò ordinò al Giustiziere di Calabria di fare risarcire dai cristiani e dagli ebrei di questa località e di Seminara il milite Pietro di Monteleone, già giudeo con il nome di Giacomo Francigena, del danno di 162 once d’oro, subìto quando le due città avevano parteggiato per Corradino di Svevia e i seguaci di quest’ultimo avevano devastato a Monteleone i beni dei seguaci della casa d’Angiò”. L'avvento degli Angioini arrestò quel progresso inaugurato sotto gli Svevi e Nicotera si trovò ad assistere al nuovo assetto. I baroni ebbero mano libera ed il borgo fu affidato a Pietro II  dei Ruffo. Sono gli anni in cui la guerra del Vespro ebbe ripercussioni anche a Nicotera. Le cronache del tempo, come riporta Oreste Dito, nella” Storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI “, “Risiedeva a Nicotera un ebreo nativo di Catania a nome Giacomo Francigena il quale, fattosi cristiano prese il nome di Pietro da Monteleone (…) costui con armi e cavalli favoriva Carlo D'Angiò, da cui venne decorato del cingolo militare. Al contrario Rinaldo da Cirò, trovandosi a Nicotera coi suoi seguaci, fece ribellare a favore di Corradino Nicotera e Seminara, ed i beni di Pietro posti in questo territorio furono occupati dai ribelli”. Cominciarono da qui i veri problemi per gli abitanti della Giudecca di Nicotera, i quali avevano continuato a svolgere le loro attività, facendo anche delle donazioni alla Corona. Secondo le leggi il “giudeo” era escluso dal diritto di proprietà di terre e non poteva svolgere carriera militare. Poteva solo prestare denaro al Re ed agli imprenditori, poiché per legge un cristiano non poteva farlo.  Vessati dalla legge proprio nel 1280  gli ebrei di Nicotera ricorsero presso Carlo I d’Angiò contro il Giustiziere della provincia perché questi aveva loro imposto di eleggersi un correligionario quale giudice, mentre essi si erano sempre rivolti ai giudici cristiani per avere giustizia. Proprio perché erano ben visti dal Re per i dazi che versavano nelle casse dello Stato il loro  ricorso venne accolto. Fu così ordinato all’ufficiale di non inquietare gli ebrei e di lasciare che gli ebrei seguissero la loro consuetudine. Degli israeliti locali nel periodo angioino è noto Abramunt de Abramunt, che nel 1377 esportò vino rosso, insieme ad Antonio di Luciano, a Capri ed a Cagliari. Sono gli anni in cui il comparto del vino si fa largo nel Nicoterese. La dominazione angioina lascia il posto a quella Aragonese e gli ebrei nicoteresi vennero ulteriormente vessati. Nel 1453 la comunità invocò il regio intervento per non essere obbligata al pagamento delle collette che erano state di recente imposte ai cristiani. Ed anche questa volta furono ascoltati. Agli inizi del Viceregno spagnolo la città fu tassata per 300 fuochi, quattro dei quali erano di ebrei, i cui contributi fiscali dovevano essere esatti separatamente dai cristiani e per il donativo di 450 ducati imposto nel 1507 dal Viceré ai “giudei” di Calabria, la “Iudeca” di Nicotera fu tassata per un ducato, che pagò l’11 agosto 1508 per mano di Michele Isac. Da quel momento le maestranze ebree regredirono anno dopo anno. Il regno di Ferdinando il Cattolico – sovrano già famoso per aver cacciato gli Ebrei dalla Spagna, dalla Sardegna e dalla Sicilia - passò alla storia anche per il decreto di espulsione emanato nei confronti degli ebrei e dei marrani del Regno di Napoli. Probabilmente anche a Nicotera vi fu qualche famiglia “marranizzata”. Oggi nei cognomi nicoteresi possiamo trovare le prove. In merito ai “cristiani novelli” - gli ebrei freschi di conversione, anch’essi soggetti all’espulsione - fu loro consentito di restare solo nel caso in cui avessero contratto matrimonio con donne di provata fede cristiana. Ad alterne vicende, fu richiesto ai sovrani, da parte di alcune università, di far rientrare gli ebrei ma, nel 1540, Carlo V ligio osservante delle disposizioni emanata dalla Chiesa cattolica della Controriforma, pose fine alle altalenanti vicende di esilio e riammissione, con un decreto di espulsione definitivo, attraverso cui gli ultimi ebrei di Calabria lasciarono il regno nel 1541. Ed in quella data partirono anche i “giudei” nicoteresi. I superstiti finirono col fondersi con il resto della popolazione e, a ricordo della loro presenza, rimangono alcuni cognomi e le tracce nella toponomastica. Per quanto riguarda le attività economiche, gli ebrei di Calabria esercitarono, per lo più, la medicina ed il commercio. Famose le attività finanziarie, con l’apertura dei banchi di prestito, oppure l’arte della spezieria e la preparazione di rimedi e farmaci. A tal proposito è bene ricordare che il famoso Donnolo Shabbetai, scrisse proprio in Calabria “Il libro delle polveri”, il primo libro di medicina scritto in ebraico. Agli Ebrei si deve, inoltre, la diffusione  della gelsi-bachicoltura, attività in cui erano maestri oltre al commercio in altri tessuti come lana e cotone. Essi erano, inoltre, abili tintori per cui molte delle giudecche si trovavano localizzate in prossimità dei greti dei fiumi; commerciavano in abiti, gioielli, olio, zafferano e mannite e molti di essi erano artigiani valenti nella falegnameria, nelle ferramenta, nella selleria e nelle costruzioni. Altre attività molto praticate in Calabria furono l’allevamento e l’editoria, che allora si traduceva in “arte scrittoria”. Furono moltissime le opere di medicina, filosofia, religione tramandate e trascritte in molte città quali Crotone, Cosenza e Reggio; qui, addirittura nel 1475, da una tipografia ebraica venne editato “Il Commentario del Pentateuco di Rabbi Salomone Jarco” da parte di Abramo Garton, ovvero il primo libro ebraico stampato, fornito di data.

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Scoperta piantagione di marijuana: arrestato un 28enne

Una vasta piantagione di circa 500 piante di marijuana e un arresto per produzione illegale di sostanze stupefacenti sono il bilancio di un’operazione di Polizia giudiziaria condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Vibo Valentia. Infatti, nell’ambito dei servizi organizzati per contrastare la produzione di sostanze stupefacenti, la Sezione Antidroga della Squadra Mobile ha perlustrato varie zone impervie della frazione Preitoni del Comune di Nicotera e, durante la notte di venerdì scorso, è riuscita ad individuare due appezzamenti di terreno, ubicati ai lati di un torrente, coltivati a marijuana. Sono cominciati, quindi, gli appostamenti al fine di individuare l’autore del reato e, così, nel tardo pomeriggio di sabato scorso, gli uomini dell’antidroga, abilmente nascosti nella vegetazione, hanno visto giungere un giovane che, introdottosi nella piantagione, ha iniziato le operazioni di irrigazione. Avuta certezza sul reale motivo della presenza dell’uomo, i poliziotti lo hanno bloccato e dichiarato in arresto per produzione illegale di sostanza stupefacente. "Il giovane, Francesco Giuseppe Olivieri, di 28 anni, residente a Nicotera, imparentato - scrivono in un comunicato i Carabinieri - con un’esponente dei Mancuso, già nel 2009 era stato arrestato per un reato in materia di droga". Su disposizione del Pubblico Ministero di turno Santi Cutroneo, che coordina le indagini, è stato condotto agli arresti domiciliari. La piantagione è stata sequestrata e, previa campionatura,  distrutta  sul posto. Inoltre, è stato sequestrato tutto il materiale utilizzato per la coltivazione della droga (vasi, innaffiatoi, fertilizzanti, zappe ecc.). Se la coltivazione fosse andata a buon fine, avrebbe fruttato alcune centinaia di migliaia di euro. 

L'amore al tempo delle serenate

I ricordi di gioventù di mia nonna parlano di serenate e di amori “fatti da lontano”, eh si a quel tempo l'innamorato lo potevi solo guardare da lontano. Mia nonna nacque e crebbe in un piccolissimo centro vicino a Nicotera, Badia. Crebbe con una nidiata di fratelli maschi che erano una vera tortura! Discoli e liberi scorazzavano per i campi creando scompiglio a mio nonno Peppino innamoratissimo di mia nonna. Mio nonno si presentava, di notte, con un amico “fidato”, sotto la finestra della sospirata per dedicarle una serenata; questa doveva servire come proposta formale di fidanzamento – per la famiglia di mia nonna – e da dichiarazione d’amore per la stessa. Devo dire che i mie bisnonni erano consenzienti, oltre la fama di donna dura della madre di mio nonno erano benestanti e questo contava a volte più dell'amore. Se la famiglia della ragazza non era consenziente alla proposta di fidanzamento, per il giovane spasimante erano dolori. La serenata si chiudeva, infatti, con insulti e secchi d’acqua che la mamma della fanciulla versava, indispettita, dalla finestra. I mie bisnonni accettarono quella serenata ed aprirono la porta di casa. Se si apriva, il ragazzo entrava, prendeva accordi coi genitori della sospirata e, il giorno dopo, entrava in scena ‘u mbasciaturi” colui che provvedeva a mediare e portare avanti le trattative tra le due famiglie (condizioni, abitazione, data di matrimonio, dote, pranzo matrimoniale, ecc.). La frase di mio nonno appena vide mia nonna fu molto bella:” l'oru si canusci puru ntà campagna”. Il primo incontro si fece nella masseria di famiglia. Da quel momento in poi il fidanzamento produceva un sacco di diritti e doveri per cui difficilmente poteva essere sciolto. Tornando alla serenata, le esperienze del passato ci insegnano che non erano rari i casi in cui, il “menestrello”, cantando per conto dell’amico, rimaneva lui stesso innamorato della ragazza. Figuriamoci le dicerie! In tal caso, trattandosi di “dolori di cuore” e di famiglia, molto gravi, era il giovane tradito a prendere l’iniziativa: indispettito si presentava sotto il balcone dell’amata e, in preda ai morsi della “rabbia”, dava di piglio ad alcuni versi di “sdegno”. Capitava anche questo nei nostri borghi, eppure oggi queste belle tradizioni sono scemate del tutto. A questo punto, se la ragazza non s’affacciava, quanto meno per smentire le dicerie del paese e dare un cenno di conforto al giovane, voleva significare che anche lei si era innamorata del “menestrello”. Ma, la serenata di “sdegno” o di rottura era un caso limite; quasi nella totalità delle volte il fidanzamento veniva accettato e, dopo alcuni giorni, il ragazzo portava i propri genitori presso la famiglia dei suoceri per chiedere la mano della figlia e la ragazza veniva “singata” (segnata): davanti a parenti e amici, il fidanzato metteva ufficialmente l’anellino al dito della fanciulla e da quel momento le due famiglie erano legate da vincoli indissolubili di parentela. Ovviamente il rito del “singo” potevano farlo in pochi per i tempi erano limitate. Solo i ricchi potevano permettersi il fidanzamento con l'anello. “U mbasciaturi” ed i “suppesseri” ( i suoceri) discutevano della vita economica dei giovani e di cosa portavano ( la dote). Trattandosi di una cosa familiare davvero seria, l’inadempienza da parte di una delle due famiglie, causava lo scioglimento definitivo del fidanzamento (era proprio questo il motivo per cui spesso si ricorreva al notaio). E' chiaro che a quel tempo non vi  erano possibilità come ora e quindi le fontane erano i luoghi fondamentali dove le ragazze da lontano venivano scelte. Una volta in casa vi era un cerimoniale da seguire mai uscire da soli era al vertice. Sedersi accanto escluso visitare la fidanzata due o tre volte a settimana. E soprattutto, “i cordi longhi si fannu serpi”, dicevano gli antichi, per cui entro 6 mesi ci si sposava. I fidanzati (zziti) potevano scambiarsi dei regali, ma, in caso di rottura del rapporto, venivano restituiti dal primo all’ultimo, specie se si trattava di regali in oro.

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Paesi di Calabria: Nicotera

Alle falde meridionali del Monte Poro, sul versante sinistro del Capo Vaticano, tra mare e collina, a 210 mt (s.l.m.) troviamo Nicotera, antico paese, oggi rigogliosa e vivace città del territorio vibonese. È antico centro urbano che si divide tra il vecchio agglomerato sul cocuzzolo e la Marina. Le sue origini risalgono al periodo magnogreco perché “fu questa città edificata dai Locresi con nome Madama per detto di Strabone, Madama Locrorum aedificium come pensa Ecateo, riferito da Stefano, dal vicino fiume della medesima dominanza; se non piuttosto giusta il rapporto di Marafioti, dal vicino fiume dell’oggidì Mesima, ed in qual tempo cambiata si volle in Nicotera, non già in Nicodro, come lo scrisse Fra’ Leandro, egli non è troppo chiaro”(P. G. Fiore). Il toponimo di Nicotera appare per la prima volta sugli Itinerari dell’imperatore Antonino 3° sec. d.C.) e secondo l’Ughelli, in “Italia Sacra”, il nome pare sia stato imposto da una flotta romana che approdata sulle coste, dopo una battaglia vittoriosa, trovatele disabitate, vi lasciò dei soldati. Per questo il Barrio, nel “De Antiquitate et Situ Calabriae”, sostiene  che l’etimo di Nicotera potrebbe derivare dal bizantino Nikoteras che significa “Astro della Vittoria”. La vecchia Nicotera di oggi, dopo quella greca e romana e quella bizantina distrutta dalle incursioni saracene, è stata rifondata e fortificata dai Normanni e precisamente da Roberto il Guiscardo nel 1065 e ricostruita ancora dal Conte Ruggero II dopo altri assalti saraceni. Le ricostruzioni normanne diedero al centro urbano le tipiche regole artistico-architettoniche ambientali dei barbari della Normandia: quindi Castello e Cattedrale dai quali si diramano le strade che costituiscono l’ossatura dei quartieri circostanti. Nel tempo Nicotera fu tenuta da tanti feudatari e con alterne vicende. Dopo l’estinzione di Normanni e Svevi, s’insediarono gli Angioini e gli Aragonesi, protagonisti di infinite e reciproche lotte. Nel frattempo non mancarono di infierire ancora i Saraceni che l’assalirono nel 1638 ed un secolo dopo fu anche distrutta dal terribile sisma del 1738. In periodo feudale la possedettero prima i Ruffo di Catanzaro, poi i Sanseverino; proprio Enrico, di questa Casata, chiese e ottenne da papa Bonifacio IX che Nicotera fosse eretta per la seconda volta sede vescovile: era già stata centro episcopale sino al 950 ed un suo vescovo, Sergio, partecipò al Concilio di Nicea II sotto il papato di Adriano nel 787. Dopo i Sanseverino, il feudo nicoterese ritornò ai Ruffo per mano di Novella e, alla morte di questa, lo ebbero i Marzano ed infine ancora i Ruffo fino all’eversione feudale. Visitando Nicotera, nel suo centro storico, incontriamo il quartiere della Giudecca, testimonianza dell’attiva presenza di numerosi nuclei di Ebrei che, nonostante le ricostruzioni operate nel tempo, conserva un fascino particolare. All’interno del suo territorio, Nicotera offre importanti beni culturali che sono, appunto, la testimonianza della sua plurimillenaria storia. Tra la Marina sino alla foce del Mesima vi troviamo resti della prima età del ferro, poi i ruderi di una necropoli romana e quelli di edifici dell’età classica con un pozzo di età imperiale in località Badia. Poco fuori del centro storico, la torre di Capo San Pietro del XVI sec., la chiesa della Madonna della Scala fatta edificare per volontà di Gioacchino Murat ed il Convento cinquecentesco di San Francesco di Paola. Nella parte più antica dell’abitato emerge la maggiore attrazione per i visitatori: il castello normanno la cui costruzione risale al 1065 e voluta da Roberto il Guiscardo. Distrutto dai Saraceni nel 1074 e nel 1085, fu ricostruito da Ruggero II e l’ultima sua ricostruzione si ebbe nel 1763 su progetto dell’ing. Ermenegildo Sintes, voluta dal Conte Falcone Antonio Ruffo e da questa famiglia abitato fino al 1889. Detto castello è imponente e caratterizzato da una purezza di linee architettoniche. Del maniero resta la Portagrande che fungeva da ingresso e si impernia su tre torri ubicate ai vertici di una struttura di forma rettangolare con cortile centrale. Oltre al castello, Nicotera offre anche la Cattedrale che, stante la tradizione, sorge sulle rovine di un antico tempio greco dedicato a Diana. Secondo P. Fiore, la costruzione risale al 596 quando era primo vescovo della Chiesa di Nicotera un tal Procolo. La Cattedrale non ebbe sempre vita facile e più volte fu saccheggiata dai Saraceni con la devastazione finale del 1086. Proseguendo nelle alterne vicende della Chiesa nicoterese, notiamo che, durante le contese tra Angioini ed Aragonesi, nel 1034 la Cattedrale fu soppressa e ridotta a Collegiata aggregata alla Chiesa di Mileto. Tale soppressione durò 90 anni, fin quando insomma, il feudatario Enrico Sanseverino ottenne da Bonifacio IX nel 1392 la reintegrazione del Seggio episcopale. Tra le tante altre traversie, ricordiamo che nel 1638, a seguito di un saccheggio turco, la Cattedrale fu gravemente danneggiata e soprattutto il bel Crocifisso, ivi custodito ed oggi ben visibile, fu colpito da arma da fuoco. Oggi la Cattedrale presenta una facciata improntata ad un classicismo seicentesco con influenze barocche. All’interno, a tre navate con soffitto a volte, vi troviamo l’altare maggiore in marmi policromi con al centro la nicchia in cui è custodito il gruppo dell’Assunzione con la Madonna sostenuta da un gruppo di angeli che poggiano su un tronetto. L’intera opera lignea dipinta al naturale risale al 1857 ed eseguita dai Fratelli Scrivo di Serra San Bruno. Nella navata sinistra è ubicata l’egregia cappella della Madonna delle Grazie con decorazioni in marmo grigio e l’altare in marmo verde di Calabria; sulla sovrastante nicchia è collocata l’omonima statua marmorea attribuita al Gagini del XV sec. e proveniente dalla distrutta chiesa conventuale dei Francescani Osservanti. Ancora, una lapide sepolcrale di Fra’ Paolo da Sinopoli e frammenti del sepolcro quattrocentesco del Vescovo G. de Ursa morto nel 1405. Oggi la Nicotera di un tempo si conurba, anche egregiamente e senza disfunzioni di sorta, con la Marina dove di antico vi rimane la settecentesca chiesa dell’Immacolata, detta anche dei Pescatori. All’interno di questa vi sono conservati pregevoli affreschi e soprattutto l’artistica facciata con l’antica torre campanaria e nello spazio antistante una bella statua marmorea della Vergine. Il quartiere marinaro ormai è entrato a pieno titolo nel circuito turistico mondiale. Insomma grazie anche alla presenza del grande complesso alberghiero Club Mediterranè, Nicotera è divenuta, negli ultimi anni, un accogliente centro balneare che ben si sposa con gli elementi storici ed architettonici presenti nel quartiere antico. Sulla sua costa vi sorgono tante e belle ville, alberghi ed altre strutture ed infrastrutture ricettivo – ricreative che richiamano turisti da ogni dove. Infine a nord della costa nicoterese la scogliera detta della Preicciola molto frequentata dai pescatori subacquei. Chi viene da lontano a Nicotera non si fermerà di sicuro soltanto sulla sua bella costa ma avrà l’opportunità di entrare oltre che tra i palazzi alti della nobiltà di un tempo e nelle sue chiese, anche nei suoi Musei: quello dell’Arte Sacra ed al suo interno la Pinacoteca, il Palazzo vescovile ed il Museo Archeologico nel Castello.

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