Siamo tutti uguali, ma non sempre

Non passa giorno senza che le Vestali del politicamente corretto non entrino in azione per denunciare atti discriminatori, veri o presunti, ai danni di qualche minoranza. Basta un commento sopra le righe o un post non in linea con i canoni stabiliti dalla nuova inquisizione, per essere scaraventati nel tritacarne social-mediatico.

Il meccanismo riprovatorio, ovviamente, presenta diverse sfumature. La gravità della pena comminata varia, infatti, in funzione dell’imputato e della vittima. In molti casi, poi, il tribunale del politically correct non s’indigna e non fomenta alcuna riprovazione. Non solo, in non poche circostanze, i suoi estimatori ricorrono allo stesso armamentario contestato ai reprobi che dicono di combattere. In queste ore, ad esempio, spopolano i commenti beceri all’indirizzo di Renato Brunetta, il neo ministro del governo Draghi, reo di essere basso.

Sulla sua statura, i commenti di cattivo gusto si susseguono impunemente, senza che i campioni dei diritti un tanto al chilo trovino nulla da obiettare. Eppure, il “Body  Shaming”, ovvero la pratica con la quale una persona viene ripetutamente insultata per la diversità fisica, fino a farla vergognare del proprio corpo, è a tutti gli effetti una forma di discriminazione.

Una forma di discriminazione che, senza scomodare Lombroso, ha  molto in comune con il razzismo. Ma, con tutta evidenza, l’antirazzismo dei paladini del politicamente corretto è come le leggi di Giolitti: “ si applica con i nemici e s’interpreta con gli amici”.

Il referendum, le ingerenze Usa ed i patrioti estemporanei

 Premetto che mi addolora moltissimo, votando sì al referendum, trovarmi approvato dall’ambasciatore statunitense; e sanguina il mio cuore di vecchio nazionalista. Voterò sì lo stesso, giacché se uno si deve ricoverare in ospedale, i compagni di stanza mica se li può scegliere: gli capitano!  Voglio riflettere però sull’improvvisa fiammata di patriottismo (“ultimo rifugio dei cialtroni”?) che divampa nelle anime belle della minoranza del PD e in Forza Italia e Lega. Questi illustri signori di centro(destra) e della sinistra nostalgica s’indignano per l’ingerenza americana nelle faccende interne italiane. Giusto, non passa lo straniero; bisogna urgentemente indossare l’elmo di Scipio, e pugnare per la patria contro gli USA… Contro gli USA? Poi ci ripenso sopra, e mi vengono in mente le seguenti cose:

-          L’Italia appartiene alla NATO, la cui guida militare sta a Washington e non a Varazze o a Mestre o a Simeri Crichi; nessuno è più contrario di me alla nostra appartenenza alla NATO, però non ricordo che Brunetta o Bersani fossero con me quando, a Pisa, scrivemmo sui muri “No alla cocacolonizzazione dell’Europa”, e altre frasette più truculente… No, non mi pare.

-          Veramente non c’erano con me neanche Michelini, Romualdi, Loporto, Mantica, Tripodi e altri camerati missini che, in quel 1968 e in seguito, furono ferocemente amerikani con k; Almirante, fino a quell’anno, era contro, poi divenne segretario del partito e fu a favore; lo stesso per Rauti.

-          Questi camerati, e vari altri di centro(destra) non si accorsero, fino a ieri sera, che gli USA esercitassero o esercitino una certa influenza sull’Italia. Forse non leggevano i giornali.

-          Veniamo alla sinistra, e basti ricordare D’Alema, che, nella veste di presidente del Consiglio (huc vivi pervenimus, ovvero: quante ne abbiamo patite!) partì in guerra – difensiva! – contro la Serbia su preciso ordine americano. Era distratto, e non si accorse dell’ingerenza.

-          In compenso, anche Berlusconi per ordine USA fece guerra – ridicola - alla Libia con cui era alleato: ognuno ha l’8 settembre che si merita.

-          E non vi dico della Fallaci buonanima o di Giuliano Ferrara…

-          Eccepirete: ma la NATO… Fermi là: l’Italia, dal 1943, è zeppa di basi statunitensi che nemmeno appartengono alla NATO, sono solo basi statunitensi. E sapete che fine fece, Craxi, per Sigonella.

 Insomma, siamo amerikani fino ai capelli; abbiamo cambiato la procedura penale per adeguarla di Perry Mason, e gli avvocati chiamano il giudice Vostro Onore; la tv è al 75% film USA; i nostri giovani cantanti si esibiscono solo in lingua yeankee… e ora dovrei credere che Brunetta e Bersani sono emuli dei carristi e parà di Alamein e vogliono combattere, in odio agli USA, “la guerra del sangue contro l’oro”? Ovvio che non ci credo, e faccio da me.  Fu così che io, piangendo calde lacrime, andrò a votare sì assieme all’ambasciatore degli Stati Uniti! “Ah, prava compagnia: ma nella chiesa coi santi, ed in taverna coi beoni”. Meno male che Dante c’è, e non lo dobbiamo ancora studiare in inglese.

  • Published in Diorama
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