Sequestro di beni milionario ai danni di un imprenditore legato alle cosche Piromalli e Mancuso

Sequestro di beni milionario ai danni dell'imprenditore Nicola Comerci, di 70 anni.

Ai danni dell'uomo, i cui interessi economici spaziano dalla Calabria al Nord Italia, la Polizia di Stato ha effettuato un sequestro di beni il cui valore supera 1.500.000 di euro.

Il provvedimento è stato emesso nell'ambito delle indagini, svolte dal personale della Divisione polizia anticrimine della Questura di Reggio Calabria e coordinate dalla Procura Distrettuale antimafia, che avrebbero evidenziato come, a partire dagli anni Settanta, Comerci avrebbe costruito un impero economico, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, della ristorazione e dei villaggi turistici, grazie all'appoggio delle potenti cosche di 'ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi.

Ad ottobre scorso, il tribunale di Reggio Calabria aveva già emesso un decreto di sequestro di beni, ubicati nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Bologna e Roma, per un valore superiore ai 50 milioni di euro.

Il tribunale ha ora disposto il sequestro di un magazzino a Casalecchio Tirreno, in provincia di Bologna, di un opificio, di un'abitazione e di sei appezzamenti di terreno di vaste dimensioni, situati nel Comune di Carovigno, in provincia di Brindisi.

Il sequestro è stato eseguito oggi, con la collaborazione del personale delle Questure di Bologna e Brindisi, nonchè del commissariato di Ostuni.

 

Truffa ai danni dell'Inps, sequestrati beni per oltre 300 mila euro

Pur vivendo in America Latina, risultavano anagraficamente residenti in Italia.

Un espediente che avrebbe permesso a 12 persone di ottenere l’assegno sociale dall’Inps, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno d’età.

La presunta truffa è stata smascherata dagli uomini della guardia di finanza di Locri che, dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie, hanno segnalato le indebite percezioni alla Procura.

Una volta accertata l’assenza di uno dei requisiti necessari per l’accesso al beneficio, ovvero la stabile residenza sul territorio nazionale, il gip ha riconosciuto la sussistenza del fumus della truffa aggravata ai danni dell’Istituto nazionale di previdenza sociale ed è ha disposto, a carico di 12 indagati, il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni per oltre 300 mila euro.

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Credito Sociale, Operazione Robin Hood: sequestrati oltre 230 mila euro

 Nuove irregolarità nella gestione del progetto regionale denominato “Credito sociale” portate alla luce dall’attività investigativa svolta dalla Compagnia della guardia di finanza di Vibo Valentia sotto le direttive della Procura della Repubblica di Catanzaro.

Le investigazioni svolte nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata Robin Hood, avevano portato, il due febbraio, all’arresto di nove persone, tra cui l’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno. I reati contestati sono: corruzione, peculato, turbativa d’asta e falso materiale in atto pubblico, in relazione all’ipotizzata esistenza di un “comitato d’affari” che avrebbe gestito discrezionalmente le risorse del “Credito sociale”.

I successivi accertamenti svolti dalle fiamme gialle vibonesi, avrebbero rilevato irregolarità, anche, nella nomina di un “Comitato di Gestione” costituito per curare l’istruttoria delle domande degli aspiranti al beneficio del “Credito Sociale”, che avrebbero potuto essere istruite, senza alcun costo aggiuntivo per la Regione, dal personale interno all’Ente.

Secondo l’ipotesi accusatoria, che ha già superato il vaglio del Tribunale del riesame di Catanzaro, si sarebbe dapprima costituito l’organo e successivamente, senza l’avvio di idonee procedure di selezione a tutela dell’interesse della pubblica amministrazione, sarebbero stati nominati e, di conseguenza, contrattualizzati cinque professionisti, che avrebbero così ottenuto un ingiusto vantaggio per un  importo complessivo  di 237mila euro.

All’esito degli approfondimenti investigativi, nei confronti dell’ex Assessore al “Lavoro, formazione professionale, famiglia e politiche sociali” della Regione Calabria, Nazzareno Salerno, è stato disposto ed eseguito nei giorni scorsi dai finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia, il sequestro delle somme indebitamente percepite dai professionisti.

Sequestrata discarica abusiva, 5 persone denunciate

I carabinieri forestali delle Stazioni di Montalto e Acri, in provincia di Cosenza, hanno posto sotto sequestro un'area di circa 3 mila metri quadrati adibita a discarica abusiva.

Il sequestro è avvenuto nel corso di un'attività di prevenzione di reati ambientali, espletata in località Taverna di Montalto Uffugo.

Durante il controllo, effettuato in un piazzale recintato, già usato da un'azienda attiva nel campo della lavorazione del ferro, i militari hanno rinvenuto un cumulo di rifiuti metallici di varia natura, rifiuti pericolosi e altri scarti di lavorazione.

 All'interno dell'area è stato, inoltre, sottoposto a sequestro un piccolo manufatto realizzato abusivamente.

Le indagini hanno portato al deferimento di cinque persone, che dovranno rispondere di discarica abusiva e attività di gestione di rifiuti senza autorizzazione

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Sequestrato l'immobile e il 95% del capitale sociale di Villa Aurora a Reggio Calabria

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un decreto d’urgenza, con il quale la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo del 95 per cento del capitale sociale di “Villa Aurora S.r.l.” nonché dell’immobile che ospita la struttura in riva allo Stretto.

Il provvedimento giunge al termine delle indagini, svolte dal Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, finalizzate a verificare una serie di operazioni societarie che hanno interessato il patrimonio aziendale e la compagine societaria che gestisce  la casa di cura.

L’attività degli investigatori, che ha preso le mosse dalla denuncia presentata dalla socia di minoranza, avrebbe permesso di accertare ripetuti episodi di distrazione delle disponibilità patrimoniali e finanziarie ad opera dei soci e dei rappresentanti legali succedutisi a partire dal 2014.

In particolare, dalla ricostruzione effettuata dalle fiamme gialle, sarebbe emerso che nell’agosto del 2014, il 95% del capitale sociale (pari a 1 milione e 120 mila euro) sarebbe stato ceduto ad una società, costituta poco tempo prima, con sede a Frosinone e con un capitale di 120 mila euro. A garanzia del pagamento delle azioni, sarebbe stata accertata la presenza di una fidejussione rilasciata da un intermediario finanziario, dichiarato fallito nel 2015 con sentenza del tribunale di Roma.

Successivamente, con bonifici effettuati tra marzo ed ottobre del 2015, la “Villa Aurora S.p.A” avrebbe erogato alla capogruppo un finanziamento di 1 milione e 242 mila euro. Ciò sarebbe avvenuto nonostante la crisi economica della casa di cura che aveva nel frattempo portato all’applicazione, tra i dipendenti, di un contratto di solidarietà.

Nell’ottobre 2016 la capogruppo avrebbe, quindi, venduto il proprio pacchetto azionario della casa di cura, per la somma di 1 milione 420 mila euro, ad una società, con sede a Sora (FR), il cui socio unico era, peraltro, uno dei soci della stessa capogruppo. Il pagamento del prezzo sarebbe stato stabilito, in parte mediante la cessione dell’intero capitale della capogruppo e, per il resto, attraverso pagamenti rateali.

Tali operazioni avrebbero causato a “Villa Aurora” ingenti perdite, culminate nell’azzeramento dell’intero capitale sociale e nella conseguente trasformazione in S.r.l.

Da ultimo, pochi giorni fa, la quota del 95 per cento sarebbe stata nuovamente ceduta ad un’altra persona, ritenuta “eterodiretta” dal principale indagato.

Alla luce degli elementi investigativi raccolti, valutata la sussistenza di gravi indizi in ordine ai reati di false comunicazioni sociali e truffa aggravata appropriazione indebita, in capo ai diversi soci ed amministratori che si sono succeduti e ritenuto che alla base dell’acquisizione del pacchetto azionario della società ci sia stata l’esclusiva finalità di depauperare il patrimonio della società, la Procura della Repubblica ha disposto il provvedimento di sequestro del 95 per cento del capitale sociale, nonché dell’immobile che ospita la struttura, il cui valore è stimato in 8 milioni 900 mila euro.

Contestualmente, è stato nominato un amministratore giudiziario.

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Operazione Eracle: sequestrati beni per un valore di oltre 100 mila euro

I carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di Francesco Ferrante, di 44 anni e Cosimo Morelli, di 37 anni.

I due sono ritenuti responsabili, in concorso con altri individui, di associazione di tipo mafioso. A Ferrante è stato, inoltre, contestato il reato di intestazione fittizia di beni.

Il provvedimento, emesso sulla base delle risultanze investigative raccolte nell’ambito dell’attività d’indagine denominata “Eracle”, ha determinato il sequestro preventivo di alcuni beni mobili ed immobili riconducibili  sia a Ferrante che a Morelli.

Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 100 mila euro.

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I carabinieri forestali sequestrano una cava

I militari della Stazione carabinieri forestale di Cosenza con il supporto dei colleghi di Montalto Uffugo, hanno proceduto a dare esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di una cava per l’estrazione di materiale inerte attualmente in coltivazione in località Costiera – Borgo Partenope nel Comune di Cosenza.

La cava oggetto del sequestro è stata realizzata su terreni sottoposti a vincolo paesaggistico ambientale in quanto area formata da bosco misto di roverella con presenza di corbezzolo, orniello ed erica arborea e area ricadente nella fascia di rispetto estesa 150 metri del sottostante fiume Ispica.

Le indagini, condotte dai carabinieri forestale di Cosenza, hanno portato alla emissione del decreto di sequestro preventivo dell’area di cava e la contestazione del relativo reato di violazione delle “Norme per la tutela dei beni culturali e del paesaggio”.

A seguito di tale indagini due imprenditori sono stati deferiti per il reato di coltivazione di cava in area vincolata paesaggisticamente in assenza di nulla osta paesaggistico ambientale.

Con tale attività è stata effettuata una rilevante modifica dell’originario stato dei luoghi che hanno subito, al fine di procedere all’estrazione di materiale inerte per un quantitativo stimato di circa 250 mila metri cubi, il disboscamento di  una vasta area posta sul versante destro del tratto finale del fiume Ispica, influente del fiume Cardone ed è interamente composta dai tipici soprassuoli boscati rinvenibili sulle colline a sud di Cosenza.

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Bancarotta fraudolenta: società edile s’indebita per oltre 5 milioni di euro e fallisce

Le fiamme gialle del Nucleo di polizia tributaria di Cosenza, nell’ambito delle indagini condotte dalla locale Procura della Repubblica, hanno denunciato gli amministratori di una società cosentina che opera nel settore edile, per il reati di bancarotta fraudolenta. Nel corso dell’attività sono stati, inoltre, sequestrati beni aziendali ceduti ad un’altra società.

La società edile, formalmente gestita da un amministrare fittizio, dopo aver assunto debiti tributari per circa 2 milioni di euro ed altri debiti per circa  3 milioni, al fine di sottrarsi al pagamento di quanto dovuto, ha ceduto i propri beni aziendali ad un’altra società controllata dallo stesso amministratore ed è stata avviata a fallimento.

In particolare, prima della dichiarazione del fallimento, la società, al fine di sottrarsi al pagamento dei debiti, ha venduto terreni e automezzi nonché la titolarità di attestazioni di qualificazione necessarie per la partecipazione alle gare pubbliche.

I creditori sono stati quindi privati di ogni utile garanzia di pagamento, risultando la società, al termine dell’operazione, una vera e propria “scatola vuota”, non più in grado di saldare i debiti.

Il risultato finale è stato quello di “svuotare” la società indebitata, privandola dei beni aziendali per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro. Una volta “svuotata”, la società ha continuato parzialmente l’attività e si è resa sconosciuta al fisco, non presentando più le dichiarazioni fiscali.

A conclusione delle indagini, è stato individuato il vero amministratore della società che è stato denunciato per bancarotta fraudolenta in concorso con l’amministratore fittizio. Entrambi rischiamo ora la pena della reclusione fino ad un massimo di dieci anni.

Ricostruite le fittizie cessioni di beni, sono stati richiesti ed ottenuti provvedimenti di sequestro cautelare dei beni aziendali ceduti, che saranno posti a garanzie dei debiti non pagati dalla società fallita.

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