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Isola pedonale h24 questa sconosciuta: a Serra il turismo è solo un'idea trascurabile

Ovunque, ma non a Serra San Bruno. Vagare per l'Italia è condizione sufficiente per rimanere sconcertati davanti alla miopia di Amministrazioni Comunali che, pur nella diversità di "colore", condividono la medesima impostazione confermata negli anni: l'isola pedonale h24 non s'ha da fare. Quel che conta è vendere fumo in campagna elettorale, del resto spruzzare qua e là qualche schizzo astratto sotto il mantello protettivo della parola "turismo" è a costo zero e non presenta gli effetti collaterali prodotti da una decisione che, banale e doverosa per quanto sia, avrebbe il pessimo retrogusto di causare mal di pancia a qualche commerciante. E  Dio non voglia che questo succeda: potrebbero venire a galla debolezze e frizioni polemiche da evitare come la peste. Era il 19 agosto dello scorso anno quando pubblicammo un articolo (leggi qui), accompagnato da una foto eloquente: pensieri ed immagine che servivano, era questa l'illusione, per dare uno scossone preventivo a chi, premiato dalle urne, si sarebbe trovato, da lì a qualche mese, nella posizione di gestire le sorti della cittadina bruniana. E anche questo, aggettivo, dai chiari connotati religiosi, che siamo abituati pigramente ad utilizzare, appare sempre meno adatto a descrivere le caratteristiche reali di Serra San Bruno. Già qualche decennio addietro, giunta al bivio tra due possibili strade da percorrere, ha scelto di infilarsi lungo quella sbagliata, un percorso di banale normalizzazione che l'ha progressivamente svuotata delle sue suggestioni culturali e naturali. Eppure, coloro che coltivano l'ambizione e l'incoscienza di porsi a guida di una comunità, piccola o grande che essa sia, hanno un unico dovere: essere illuminati da una visione che li porti per mano verso il raggiungimento degli obiettivi, a breve, medio e lungo termine. Affinché quest'idea s'inveri nell'azione quotidiana, però, è indispensabile che il faro del sogno rimanga acceso giorno e notte. Spegnerlo per la paura di rimanerne accecati non è un atteggiamento prudente, ma il segno, evidente, di mancanza di coraggio. Il sentiero da battere, quello legato alla ferma volontà di incrementare le presenze turistiche e presentarsi con "l'abito buono" agli ospiti, è rimasto, invece, desolatamente sconosciuto. Per undici mesi Serra San Bruno dovrebbe vivere programmando, ideando le forme più adatte per riempire di turisti ogni vicolo del centro storico, ogni metro quadrato della strada che conduce alla Certosa, a Santa Maria. Quello che è stato fatto nel corso del tempo è stato l'esatto contrario: svuotare le campagne da rimpinzare con cemento fino alla nausea e, contemporaneamente, assistere con un moto di passiva rassegnazione, all'abbandono irresponsabile di edifici ormai diroccati e prossimi a trasformarsi in macerie. Mai qualcuno, nemmeno fra gli amministratori appena insediatisi, che abbia elaborato ed attuato un piano organico per rendere desiderabile la permanenza nella città della Certosa. Già, della Certosa e, nonostante la magnificenza, simbolica ed architettonica della "casa dei monaci" e delle chiese che arricchiscono il cuore di Serra San Bruno, è l'estemporaneità a spadroneggiare. "Chi vuole venga, le porte sono aperte, ma è non affar nostro, non siamo mica tour operator". Nessuno ha pronunciato queste parole, ma nella sostanza è come se lo facesse ogni giorno. Indipendentemente dalle emergenze quotidiane che tolgono il respiro con una manovra a tenaglia prodotta dalla penuria di risorse economiche e dall'incapacità nefasta delle gestioni precedenti, è gravissimo che, nei fatti, non si colga l'importanza di individuare quello estivo come il periodo in cui fare cassa a beneficio dell'intera popolazione. Come sia possibile non capirlo resta un mistero insondabile: Serra, proprio per i gioielli, naturali ed opera dell'uomo di cui si fregia, non può e non deve essere considerato un paese come tanti altri in cui può rivelarsi sufficiente un'azione amministrativa di piccolo cabotaggio. Si lasci ad altre località, vicine e lontane, la possibilità di limitarsi ad affrontare le contingenze di scarso valore strategico. Sottrarsi al destino di essere, per sorte, su un gradino di alterità, è colpa imperdonabile. Perseverare nell'errore, per calcoli di basso profilo, di non qualificare degnamente la propria vetrina, sarebbe uno scarabocchio confuso, non un biglietto da visita da esibire a testa alta. Liberare per l'intera giornata la stretta via che raccoglie migliaia di persone nelle affollate settimane a cavallo di Ferragosto dal giogo incivile delle lamiere di auto inquinanti è un dovere ineludibile verso la Bellezza. Alla responsabilità che grava in capo al sindaco Luigi Tassone non è possibile sottrarsi neanche facendosi scudo con il goffo palliativo di impedire l'accesso nel "salotto buono" a motori e gas di scarico per qualche ora serale o nei giorni immediatamente a ridosso del 15 agosto. E' urgente un colpo di reni che dia il senso visibile della discontinuità. Rendere il Corso Umberto I accogliente e piacevolmente fruibile durante il prossimo mese sarebbe l'abbrivio migliore per guadagnare consensi nell'opinione pubblica, in dosi ben più massicce delle lamentele che ne deriverebbero.

Piminoro, il villaggio di serresi e fabriziesi d'Aspromonte

La storia dell’emigrazione serrese è lunga e inenarrabile. Dall’altipiano delle Serre torme di gente sono partite per popolare gli angoli più remoti del pianeta. Delle migrazioni iniziate intorno agli anni Settanta dell’Ottoccento si ha una discreta mole d’informazioni, anche in ragione dei numeri che le hanno caratterizzate. Piuttosto sconosciuta, invece, è la storia delle migrazioni interne, quelle che hanno portato gli abitanti delle Serre a spostarsi all’interno del territorio calabrese. Il motivo delle partenze è sempre rimasto identico, il lavoro; tanto più che i serresi di un tempo erano piuttosto ricercati per tutte le attività connesse alla filiera del legno. Boscaioli, bovari, carbonai, venivano “arruolati” ovunque per prestare i loro servigi. Il più delle volte, la partenza era determinata dalle migliori condizioni economiche offerte in alcune aree, come ad esempio la Sila catanzarese, nei cui paesi non è infrequente imbattersi, ancora oggi, in persone conosciute come i “sirrisi”.  In questo loro peregrinare, gli abitanti delle Serre hanno dato vita anche a qualche nuovo insediamento, dove ancora oggi si conservano tradizioni, lingua e costumi ormai spariti nei paesi d’origine. Un caso del genere è facilmente riscontrabile sull’Aspromonte, non lontano dall’altopiano di Zervò, nel territorio di Oppido Mamertina, dove sorge la frazione di Piminoro. Il villaggio, nel quale oggi risiedono un paio di centinaia di abitanti, è una diretta filiazione della Serre. Camminando per le sue strette stradine, l’idioma che si sente parlare non è il reggino, ma il “serrese”. Come sia possibile è presto detto. L’insediamento deve la sua origine al vescovo Alessandro Tomassini che, nel 1792, diede avvio alla costruzione di una sede estiva per i seminaristi. L’idea di realizzare la costruzione era nata in seguito alla presa di possesso della diocesi. Succeduto a monsignor Spedaliere, originario di Guardavalle, Tomassini giudicò la nuova sede vescovile “cupa e solitaria, e il suo aere non molto salubre per crudeltà di terreno e per prossime acque stagnanti”. Il timore della malaria, indusse, quindi il vescovo a cercare un’aria salubre dove far studiare i seminaristi durante i mesi estivi. Venne così individuata una collina, distante da Oppindo poco più di due chilometri. Completata l’edificazione del seminario estivo, il monsignore pensò di popolare quel luogo ameno in estate, ma aspro e inclemente in inverno. La zona montuosa richiedeva persone avvezze a vivere e sopportare i disagi e le insidie dei lunghi inverni montani. Sarebbe stato difficile far trasferire uomini e donne abituati a crogiolarsi al tepore del sole della pianura. Servivano persone forti, dure, resistenti al freddo ed alla fatica. In altre parole servivano i “serresi” di un tempo. Il vescovo reclutò, quindi, un gruppo di carbonai serresi che, fatti armi e bagagli, partirono per “fondare” quello che sarebbe diventato il loro paese. Il villaggio s’ingrandì rapidamente, poiché come capita nei centri di nuova fondazione, serviva tutto. I primi abitanti fecero affluire parenti e conoscenti. Il passa parola dovette essere particolarmente efficace, tanto che iniziarono ad arrivare nuovi “coloni” provenienti non solo da Serra, ma anche dai centri limitrofi. Il paese che, insieme a Serra, offrì il contributo più significativo, fu Fabrizia, ovvero il comune che allora comprendeva il territorio degli attuali Mongiana e Nardodipace. Il numero dei fabriziesi dovette essere assai cospicuo se, ancora oggi, gli abitanti di Piminoro sono chiamati “Prunarisi”. La presenza di uomini e donne originari dai due centri delle Serre è testimoniata anche dall’alimentazione principale, ovvero il pane. L’arte della panificazione si caratterizzava, infatti, per la produzione della “pizzata”, ovvero il pane fabriziese prodotto con la semola di granturco e la “crianza” il vecchio pane serrese fatto con un impasto di crusca, farina e talvolta segale. Molto probabilmente, nonostante la loro netta prevalenza, i serresi ed i fabriziesi non dovettero essere gli unici ad aver preso la strada che dalle Serre conduceva all’Aspromonte. Come riporta don Santo Rullo nel suo “Piminoro”, tra i giochi popolari che vi si praticavano un tempo c’era, infatti, “il forte”, ovvero il “lancio della forma di cacio in direzione di una meta prefissata”. Un gioco che, inevitabilmente, rimanda a Spadola. Così come la presenza di “Ceravolari o sampaolari” cui si rivolgevano i contadini di Piminoro, fa pensare che tra i nuovi abitanti allettati dal villaggio fondato da monsignor Tomassini possa esserci stato, anche, qualche simbariano.

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La Trasversale come la Trabant, stessi sogni, medesime illusioni

Cosa hanno in comune la Trasversale delle Serre e la Trabant, la pittoresca automobile prodotta nella Germania Orientale ai tempi dell’Unione Sovietica? Apparentemente nulla, in realtà parecchio. Nell’immaginario collettivo del proletariato della Ddr, la vetturina rappresentava la libertà. Possederne una, voleva dire potersi muovere, affrancarsi dal trasporto collettivo, portare la ragazza a fare una gita fuori porta ed altre amenità facilmente immaginabili. Il sogno, però, nella gran parte dei casi, era destinato a rimanere tale, perché i tempi di consegna dell’auto erano lunghissimi. Prima di mettersi al volante, l’operaio di Berlino est doveva aspettare da dieci ai dodici anni. In altre parole, herr Jürgen ordinava la sua auto al compimento dei 20 anni e la riceveva quando ne aveva 32. Intanto, la fidanzata che avrebbe voluto portare a fare una scampagnata, era diventata una moglie sfiorita che gli faceva trascorrere la domenica ad accudire i figli. La piccola Trabant rimaneva, quindi, in sosta sotto casa senza aver mai assolto lo scopo per la quale era stata comprata. E’ esattamente ciò che è accaduto alla “Trasversale delle Serre”. L’opera, di cui si fa ancora un gran parlare, è una strada nata vecchia, pensata addirittura nel 1966, quando al Quirinale c’era Giuseppe Saragat ed a Palazzo Chigi Aldo Moro. Quanto sia anacronistica, lo testimonia un documento dal titolo “Asse di riequilibrio territoriale”, redatto il 30 marzo 1968, dall’Amministrazione provinciale di Catanzaro, nel quale si dice che la strada ha lo scopo di: “[…] infittire gli assi di drenaggio del traffico mediante un’adeguata infrastrutturazione di recupero trasversale che valga anche all’insensata usura del patrimonio naturale costiero dovuto all’insediamento longitudinale di bordo. A questo punto si pone il problema della trasversale Tirreno – Serre – Jonio, volta a collegare la zona industriale (Vibo Valentia) e quella turistica (Capo Vaticano) con l’altipiano delle Serre ed il versante jonico integrando così il mare ai monti e le aree in via di sviluppo con quelle anemiche del retroterra”. Quando venne prodotta la relazione, tra l’altro, era da poco stato riconosciuto il Nucleo industriale di Vibo Valentia. La “Trasversale” avrebbe dovuto, pertanto, rappresentare un’opera strategica per agevolare l’integrazione economica e nel contempo favorire l’interscambio commerciale. Tanto più che, secondo la valutazione fatta in quello scorcio di anni Sessanta, “un mezzo di trasporto in un’ora di viaggio ed alla velocità di 60 Km/h, partendo dalla metà del percorso” avrebbe potuto “raggiungere ben 84 comuni calabresi (73 catanzaresi e 11 reggini). Un territorio in cui gravitano: una popolazione di 270.000 abitanti; 47.000 aziende agricole”. Il documento, elaborato, dall’allora provincia di Catanzaro non si limitava a proporre una semplice analisi di contesto, al contrario, prospettava, dal un punto di vista economico, tutti i benefici derivanti dalla realizzazione dell’opera. E’ del tutto evidente, quindi, che gli scopi per cui la “Trasversale” è stata pensata non potranno mai essere raggiunti, tanto più che degli insediamenti produttivi menzionati nel documento non è rimasto praticamente nulla. Fosse stata realizzata in tempi celeri, forse, la condizione economica del territorio interessato oggi sarebbe stata differente, ma così non è stato. A ciò si aggiunga che, negli anni Sessanta, quando la Fiat produceva la 600, la “Trasversale sarebbe stata poco meno di un’autostrada, oggi altro non è (sarà), che una semplice strada più o meno dritta che non porterà nessuno sviluppo. Allo stato, la sua unica utilità potrebbe essere legata al comparto turistico, nel senso che si potrebbero organizzare delle visite guidate lungo tutto il tracciato. I vacanzieri avrebbero, così, l’opportunità di vedere un pezzo di storia nata ieri, ma non del tutto. Certo, ben venga il suo completamento, ma pensare che con la “Trasversale” arriverà il benessere sarebbe un’illusione, forse l’ultima legata ad un’opera che in tanti, come i possessori della Trabant, hanno immaginato di utilizzare per portare la fidanzata al mare e che oggi, invece, la percorrono seduti dal lato passeggero, con il nipote al volante, per andare a farsi curare Germaneto.

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Serra. Vigili del Fuoco salvano un cavallo caduto in un ruscello

Intorno alle 8 di oggi i Vigili del Fuoco del Distaccamento di Serra San Bruno sono intervenuti in località "Croce Ferrata" per recuperare un cavallo che era caduto in un ruscello. Giunti sul posto i Vigili del Fuoco hanno rinvenuto riverso nel ruscello un cavallo che era scivolato lungo la scarpata. L’animale era in avanzato stato di ipotermia a causa della temperatura dell’acqua che ne bagnava tutto il corpo. Per recuperare l’animale è stato necessario l’intervento della gru dislocata presso il Comando Provinciale di Vibo Valentia, grazie alla quale il cavallo è stato imbracato e adagiato su un carrello e successivamente trasportato nella propria stalla.

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Delegazione rumena di professionisti e personalità della cultura in Calabria

Una delegazione formata da professionisti e personalità della cultura rumena accompagnata dal professor Saverio Orfanò noto oncologo di origine calabrese (Direttore dell’Euroistituto di Ricerca Scientifica Biomedica, nonché Centro Internazionale di Formazione e Aggiornamento Medico-Professionale "Humanitas" di Torino), si è portata in visita in Italia con tappa in Calabria. La visita, organizzata dal Circolo culturale "Valle dell’Ancinale" di Soverato con la collaborazione dello stesso professor Orfanò, ha avuto luogo nei giorni scorsi per uno scambio culturale con personalità della cultura e dell’arte della nostra regione.  Domenica 12 giugno la delegazione ha visitato Serra San Bruno accompagnata, oltre che dal professor Orfanò, dal dottor Domenico Scarfone, che ha anche collaborato per la fattiva riuscita dell’evento, dal presidente del Circolo culturale "Valle dell’Ancinale" Alessandro Carellario, da alcuni soci dello stesso Circolo, tra i quali il dottor Giuseppe Messina, l’avvocato Gianfranco Procopio, gli artisti Marco Carellario, Anna Manna. Nel Centro serrese la delegazione ha visitato il Museo della Certosa di San Bruno, soffermandosi in colloquio con il Priore Padre Basilio Trivellato, che ha fatto omaggio agli amici rumeni di un libricino sulla storia del convento e dei monaci certosini. Nella tarda mattinata la delegazione è stata ricevuta nel palazzo comunale dal neo sindaco Luigi Tassone, per un breve saluto rivolto all’intera comunità serrese, tramite il suo Primo cittadino. Durante l’incontro è stata espressa una reciproca dichiarazione d’intenti per eventuali futuri scambi culturali. Gli amici rumeni, oltre a fare omaggio al sindaco di un libro sulla storia e leggende di alcune città della Romania, hanno espresso apprezzamento per la ricchezza culturale, religiosa, architettonica e storica di Serra San Bruno, ringraziando l’intera comunità serrese per l’accoglienza dimostrata verso la comunità rumena che risiede e lavora nella cittadina della Certosa. Dopo aver consumato il pranzo in un noto ristorante locale, manifestando gradimento per i sapori della cucina calabrese, gli amici rumeni, si sono portati nella cittadina turistica di Tropea, dove sono stati accolti dai responsabili della Pro Loco e dall’assessore alla Cultura, per una escursione turistica con visita al centro storico, al Museo diocesano, alla Cattedrale. Il giorno prima la delegazione ha partecipato, nei locali del Circolo "Valle dell’Ancinale" a Soverato, con diversi interventi ad un convegno sulla libertà, considerata "il dono più prezioso che l’uomo possiede, un raggio così luminoso che nessun potere ha il diritto di spegnere o di offuscare», «dono intangibile e sacrosanto» . Lo aveva scritto già il sommo poeta Dante Alighieri (1265-1321): «Lo maggior don che Dio per sua larghezza/ Fesse creando, ed alla sua bontate/ Più conformato, e quel ch'Ei più apprezza/ Fu della volontà la libertate/ Di che le creature intelligenti/ E tutte e sole, fuoro e son dotate» («Il più grande dono che Dio, per sua generosità, fece creando l'uomo, e quello più conforme alla sua bontà, e quello che Lui più apprezza, fu la libera volontà; di essa tutte le creature intelligenti, e solo loro, sono dotate.).  Nel prosieguo del dibattito si è posto l’accento sulla crescita culturale, anche attraverso il dialogo e lo scambio tra i popoli, "che costituisce l’obiettivo primario per l’acquisizione di una libertà interiore, prima ancora che sociale e politica, per il riscatto sociale e morale”. La conoscenza del valore della “libertà dell’individuo eleva la propria coscienza, rinsalda i principi morali, e abitua l’uomo progressivamente alla tolleranza, al rispetto degli altri, all’ascolto delle opinioni altrui, con piena disponibilità a rivedere le proprie, all’accettazione delle diversità, nel rispetto della vera uguaglianza tra i popoli". In tale prospettiva l’uomo si adopera per “diffondere nel mondo principi di tolleranza, di libertà, di uguaglianza, di collaborazione, che debbono essere alla base della convivenza civile e democratica".                                                            

 

Alta mortalità nelle Serre, al via la fase operativa: a breve un tavolo tecnico

Può considerarsi un primo passo in avanti, l’incontro tenutosi nella mattinata di oggi, mercoledì 22 giugno, nella sala Giunta del Comune di Serra San Bruno, con oggetto le criticità – riguardanti i Comuni di Serra, Mongiana e Fabrizia – emerse a seguito della pubblicazione dello “Studio epidemiologico dei siti contaminati della Calabria: obiettivi, metodologia, fattibilità”.  Il dossier, frutto di un lungo percorso di collaborazione fra l’Istituto Superiore di Sanità e la Regione Calabria, ha reso noti dati concreti rispetto alla quantità e alle cause di morte sul territorio regionale. L’Iss, in particolare il Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, ha definito dei criteri e delle linee guida di riferimento per un utilizzo ottimale delle procedure di Analisi di Rischio da effettuare nel contesto dei siti contaminati che richiedono interventi di bonifica, analizzando nel rapporto diversi territori considerati critici. Attenzione particolare, nel dossier, è stata attribuita al “Caso studio delle Serre Calabre”, a cui è stato dedicato un apposito capitolo poiché nel territorio in questione – si legge nel documento – «appare ben documentata una sovra mortalità rispetto alla Regione Calabria alla quale concorrono in modo particolare i tumori totali e specialmente quelli gastrici». Su impulso del Comitato civico Pro Serre e dei primi cittadini di Serra San Bruno, Fabrizia e Mongiana, l’Arpacal ha dunque convocato un primo incontro preliminare al quale hanno preso parte Angelo Rocca e Francesco Nicolace (Centro Epidemiologico Regionale Ambientale dell’Arpacal); Salvatore Procopio (referente del Laboratorio fisico “Ettore Majorana” Dipartimento provinciale Arpacal di Catanzaro); Angela Diano (Direttore del Dipartimento provinciale Arpacal di Vibo Valentia); Turi Scillia (referente amministrativo SPP Dipartimento di Vibo Valentia Arpacal); Anna Bifolchi (medico del Distretto sanitario di Serra San Bruno); Beatrice Grasso (responsabile RenCaM e referente Registro Tumori dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia); Giuseppe Zaffino (Tecnico ambientale); Salvatore Albanese (presidente del Comitato civico Pro Serre); Luigi Tassone e Walter Lagrotteria (rispettivamente sindaco e vicesindaco del Comune di Serra San Bruno); Antonio Minniti (sindaco di Fabrizia) e Bruno Iorfida (sindaco di Mongiana). Al termine di questo primo incontro, i vari soggetti coinvolti si sono ritrovati su una posizione unanime: è necessario approfondire, senza generare allarmismo ma tenendo ben alta l’attenzione, le eventuali correlazioni tra potenziali fonti di contaminazione ambientale nel territorio delle Serre Calabre e l’alta mortalità documentata dall’Iss. A tal fine, già nei prossimi giorni si procederà alla convocazione di un tavolo tecnico operativo, da tenere ancora nel Comune di Serra San Bruno, ed al quale saranno invitati a prendere parte anche il prefetto di Vibo Valentia, Carmelo Casabona; il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, Angela Caligiuri; i vertici del Comando provinciale del Corpo Forestale dello Stato. L’obiettivo, secondo quanto emerso oggi, è quello di avviare fin da subito le fasi preliminari per la messa in atto di uno screening approfondito sul territorio dei tre Comuni citati del dossier dell’Iss, e più in generale su parte del comprensorio delle Serre, partendo proprio dall’analisi e dal monitoraggio ambientale di potenziali fonti di inquinamento.

 

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Sentenza Tar su decreto Scura, il Comitato: "Ora riporteremo la nostra battaglia nelle piazze"

"Con sentenza dell’11 maggio scorso, depositata in segreteria il 20 giugno, il Tar Calabria ha rigettato il ricorso che il Comitato civico Pro Serre, assieme agli altri comitati sorti in difesa degli altri tre ospedali di montagna calabresi (Soveria Mannelli, Acri e San Giovanni in Fiore), aveva presentato contro il decreto 9 emanato il 2 aprile 2015 dal commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario, Massimo Scura, riguardante - ricorda in una nota lo stesso Comitato - la riorganizzazione della rete ospedaliera calabrese. Come si ricorderà, il Comitato aveva in un primo momento presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, atto che invece è poi passato nelle competenze del Tar grazie alla richiesta avanzata dall’amministrazione comunale di Arena, che ringraziamo per il sostegno alla nostra battaglia civica. Nonostante l’impegno costante del nostro legale, l’avvocato Angelo Calzone, e il sostegno ricevuto dalle centinaia di serresi che hanno contribuito volontariamente a sostenere le spese legali, i giudici amministrativi hanno rigettato il nostro ricorso, dichiarandolo in parte improcedibile perché, successivamente, sulla stessa materia è intervenuto con alcune modifiche un ulteriore decreto (il numero 30 del 3 marzo 2016).  Al di là degli aspetti tecnici e delle possibili ulteriori azioni legali, che nei prossimi giorni saranno valutati dai nostri avvocati, intendiamo innanzitutto ringraziare i tantissimi cittadini che, in maniera disinteressata e in piena coscienza della battaglia civica in atto, hanno garantito e garantiscono il loro appoggio alle iniziative politiche del Comitato". Ai serresi, oltre a un sentito ringraziamento per il contributo concreto ricevuto, garantiamo inoltre - è annunciato nel documento - che la nostra lotta, nonostante questa battuta d’arresto, non conoscerà sosta e andrà avanti con maggiore determinazione di prima. Quella che si combatte nelle aule dei tribunali a colpi di carta bollata non è la nostra battaglia, ne siamo consapevoli, ma abbiamo comunque cercato di far valere in sede di giustizia amministrativa le ragioni di migliaia di persone che continuano a subire, con tutti i governi che si sono alternati negli ultimi anni sia a Catanzaro che a Roma, tagli indiscriminati a servizi essenziali per la sopravvivenza di intere comunità già emarginate sotto tutti i punti di vista.  Ci abbiamo provato, soprattutto perché nessun soggetto politico presente sul territorio, al di là delle belle parole e degli annunci da campagna elettorale, ha mai avanzato alcun atto concreto contro questa riorganizzazione sanitaria che finisce per colpire sempre i più deboli. Finora a queste latitudini solo il Comitato ha impugnato un decreto del tanto contestato (a parole) commissario Scura, mentre la Regione Calabria ha pensato bene di costituirsi in giudizio contro il Comitato e a favore di Scura. Sappiano, i mandanti e i sudditi politici di quest’ultimo, che non ci fermeremo certo qui, anche perché rimane in piedi nei decreti di Scura la clausola che prevede la chiusura dell’ospedale di Serra San Bruno nel momento in cui entrerà in funzione il nuovo ospedale di Vibo. Nonostante quella del nuovo ospedale sia già diventata l’ennesima vicenda tragicomica che questo territorio è costretto a subire, non possiamo certo accettare di sperare che la nuova struttura non vada mai a regime per mantenere in vita il presidio ospedaliero di Serra". "Per questi motivi - assicura il Comitato - riporteremo molto presto la nostra battaglia nelle strade e nelle piazze, nella convinzione che il ruolo di lotta del Comitato sia sempre più necessario per contrastare le nefandezze della politica nostrana e riscattare un territorio che, al di là delle decisioni della giustizia penale e amministrativa, ha estremo bisogno di almeno un minimo di giustizia sociale".

 

Auguri del sindaco per la vittoria del Liceo di Serra al concorso su Cassiodoro

L’Amministrazione comunale di Serra San Bruno si congratula con l’Istituto d’Istruzione Superiore "Luigi Einaudi" per il nuovo ed importante risultato conseguito durante la manifestazione conclusiva del Concorso "Vivarium – Conoscere Cassiodoro", promosso dall’Associazione Centro Culturale Cassiodoro. La classe V A del Liceo, guidata dal professor Giuseppe Morrone, insegnante di lettere presso il liceo serrese, si è distinta conseguendo il primo premio tra le scuole secondarie di secondo grado nella provincia di Vibo Valentia.  I partner istituzionali del progetto quali l’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria (ente finanziatore) e l’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria (ente patrocinante) danno l’idea dell’importanza dell’evento durante il quale gli studenti e di riflesso i docenti dell’Istituto serrese hanno dimostrato tutta la loro competenza. «Agli studenti, al corpo docente e al dirigente scolastico Tonino Ceravolo vanno gli auguri miei e dell’amministrazione comunale – ha dichiarato il sindaco di Serra San Bruno Luigi Tassone -. L’elaborato, che i ragazzi hanno prodotto, (una relazione scritta dal titolo Tradizione classica e pensiero cristiano antico nel De anima di M. A. Cassiodoro), ha dimostrato la capacità degli studenti serresi di mettersi in gioco e confrontarsi  con studenti di altri Istituti scolastici regionali. Gli studenti dell’Einaudi – ha sottolineato il Primo cittadino serrese - si sono dimostrati preparati, motivati e consapevoli delle proprie capacità in quanto supportati da un corpo docente e da un  dirigente scolastico di prim’ordine che costituiscono un’eccellenza in ambito scolastico e culturale del territorio. L’amministrazione comunale avvierà con l’Istituto Einaudi un costante rapporto di dialogo al fine di contribuire al progresso culturale e sociale del nostro comprensorio».

 

 

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