“Il Sud sta scomparendo da ogni strategia pubblica e privata di crescita”

“Spiace dover constatare, per l’ennesima volta, un’amara realtà: il Mezzogiorno è completamente estromesso dai programmi di sviluppo dello Stato e del sistema creditizio. Dunque, se il sostegno pubblico al Sud è latitante, altrettanto si può dire per le banche e gli istituti finanziari privati”. Lo dichiara il presidente del gruppo di Forza Italia alla Regione Alessandro Nicolò  che aggiunge: “dopo la drammatica fotografia di Demoskopika, giungono nuovi sconvolgenti dati da Bankitalia che rappresentano la cifra della distanza ormai siderale tra il Mezzogiorno e il Nord. Altro che ‘Questione Meridionale’, oggi potremmo parlare, a ragion veduta, della scomparsa del Sud da ogni strategia, pubblica e privata,  di crescita”. “Se le banche investono 6 miliardi in Calabria a fronte dei 216 in Lombardia – riflette Nicolò - è impossibile intravedere anche un solo spiraglio alla recessione in cui naviga la nostra Regione ormai orfana e abbandonata a se stessa. Dall’indagine di Bankitalia: gli impieghi nella sola Lombardia sono più del doppio di quelli che le banche hanno concesso a tutte le regioni meridionali e insulari insieme: in Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania e Puglia cittadini e imprese hanno ottenuto poco più di 90 miliardi. Una cifra pari a quanto ha ricevuto la sola Toscana. Nel picco di una crisi economica globale che colpisce con più durezza le aree deboli, si sarebbero dovute garantire, invece, maggiore liquidità finanziaria alle aziende e una maggiore certezza ai lavoratori”. Secondo Nicolò: “Se gli stanziamenti dello Stato si riducono; le risorse del Sud vanno a finanziare nuova occupazione al Centro Nord; e le Banche negano l’accesso al credito e l’erogazione dei finanziamenti a piccole e medie imprese, si boccia, nei fatti, qualsiasi flebile tentativo di ripresa. Eppure, le imprese del Mezzogiorno si confermano locomotive dello sviluppo di un Paese ingessato che predilige un approccio rigido e imbalsamato, incapace di intercettare le esigenze del mondo imprenditoriale e produttivo. Un circolo vizioso - stigmatizza Nicolò - in cui rimangono intrappolati idee, talento e creatività, che pur sono copiosi al Sud, visto il know how, le eccellenze e l’innovazione che siamo in grado di esportare”. Ad avviso dell’esponente politico di FI “tanti i virtuosi esempi di start up calabresi che camminano unicamente sulle gambe di giovani i quali con coraggio hanno scelto di rimanere nella loro terra per contribuire ad un progetto di crescita. Ma, su queste basi, qualsiasi valida idea imprenditoriale è senza futuro. Che senso ha poi in questo contesto stimolare i giovani in direzione dell’auto-imprenditorialità, scoraggiandoli sulla prospettiva del posto fisso?”. “Serve dunque - afferma Nicolò - una rigida presa di posizione ed un’assunzione di responsabilità da parte del presidente Oliverio e della Giunta regionale per scardinare meccanismi perversi e dannosi per l’economia e lo sviluppo calabrese, individuando, per mezzo di azioni partecipative ed inclusive di tutte le forze politiche, strumenti e metodi incentivanti e premiali per favorire la nascita ed il sostentamento di nuove attività imprenditoriali e per agevolare l’ordinario funzionamento di quelle esistenti, che a fatica stanno lottando per la propria sopravvivenza. Servirebbe, infine, da parte del governatore un impegno deciso e concreto ai fini di un utilizzo più produttivo dei fondi strutturali. Le risorse dell’Unione Europea rappresentano, infatti, in un quadro di compressione della spesa e di disimpegno generale rispetto alle questioni e problematiche emergenti - conclude il presidente del gruppo di Forza Italia alla Regione - la vera grande opportunità per la Calabria e per l’intero Mezzogiorno”.

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"Stop ai pregiudizi verso il Sud: ritardi dovuti a scelte sbagliate non ad antropologia"

“Sta passando l’idea, nel dibattito pubblico nazionale grazie anche all’autorevolezza di alcuni commentatori sulle pagine dei grandi quotidiani, che i ritardi del Sud siano dovuti all’antropologia piuttosto che alle scellerate scelte di politica economica. Purtroppo, a questi pregiudizi e rappresentazioni parziali della realtà, dà un forte assist la tesi secondo cui a risolvere i problemi del Sud debbano essere altri: lo Stato, il Nord, l’Europa. E che, in sostanza, la politica possa fare a meno del protagonismo dei soggetti dello sviluppo presenti nelle regioni meridionali e sia irrilevante il coinvolgimento del partenariato pubblico e privato nelle scelte per il riscatto economico e sociale”.  L’ha sostenuto la consigliera regionale di “Calabria in Rete” Flora Sculco, ieri pomeriggio a Catanzaro nel corso di un incontro con numerosi sostenitori del suo movimento in vista dell’apertura di una sede nel capoluogo. “La somma di queste due pessime logiche - ha aggiunto - che sommano antropologia e sfiducia nelle istanze del territorio quando si discute dei ritardi del Sud, se la politica non recupera una visione d’insieme e le classi dirigenti del Sud non si attrezzano con una progettualità per lo  sviluppo capace di dialogare attivamente con le strategie economiche del Governo e dell’Europa, rischia di condannare il Mezzogiorno e le sue aree più svantaggiate come la Calabria ad un destino di emarginazione di sottosviluppo permanente”. Ad avviso di Flora Sculco: “Con il Masterplan per il rilancio del Sud il Governo Renzi dimostra di voler recuperare la sua funzione di coordinamento delle politiche economiche, necessaria anche per impedire che i fondi comunitari siano persi o dissipati in centinaia di rivoli di spesa ad impatto zero sulla qualità della vita dei meridionali. Il Masterplan, offre ed indica obiettivi e occasioni reali di crescita. Per questo è uno strumento e una opportunità che costituisce una novità dopo i tanti silenzi sul Mezzogiorno ed una cornice d’insieme (linee guida, modalità, tempi, risorse, grandi aziende di Stato) che però ha bisogno, per poter dare risultati, di uno scatto d’orgoglio e di un protagonismo progettuale da parte dei soggetti dello sviluppo delle regioni del Sud. Ecco perché stiamo insistendo sul “Patto per la Calabria”, quale strumento propositivo che mentre interpella le singole realtà e ogni attore dello sviluppo, affinché si dia una mossa elaborando progetti innovativi, sia in grado nel contempo di proporre ai calabresi ed al Paese una visione ed un’idea del futuro che vogliamo per la Calabria. Continuare, invece, nelle solite liturgie dei Patti per lo sviluppo elaborati senza entusiasmo, magari su questioni settoriali e addirittura e senza il coinvolgimento della società civile, significherebbe sprecare un’opportunità che ci viene data dal Governo in un frangente in cui la Calabria vive una crisi sociale drammatica fatta di spopolamento, diseguaglianze e povertà”.  Ha concluso la consigliera regionale: “E’ giusto segnalare l’urgenza di colmare lacune infrastrutturali ed i richiami del presidente di Ance-Calabria in polemica col ministro Delrio vanno presi in considerazione, com’è giusto insistere perché su tanti altri settori l’attenzione del Governo sia coerente e incisiva, ma in Calabria le classi dirigenti, se intendono recuperare credibilità sui tavoli romani ed europei, debbono  bloccare la tendenza alla frammentazione ed elaborare una progettualità d’insieme che sia affidabile, sia in termini di sviluppo compatibile con le risorse disponibili che di realizzazione nel breve tempo per dare risposte ai cittadini e speranza alle nuove generazioni”.

Romeo: "Le Regioni del Sud uniscano strategie e risorse"

“Occorre porre fine a regole vecchie, metodi e politiche che non tengono in alcun conto delle esigenze dei 20 milioni di cittadini meridionali. Regioni come la Calabria stanno compiendo sforzi enormi per razionalizzare ogni intervento, dai fondi comunitari delittuosamente non utilizzati negli scorsi anni all’attenzione per ogni politica di welfare o riferita ai beni comuni; e vogliamo farlo insieme alle forze sociali e produttive, da qui l’alta valenza del Patto per la Calabria tra imprenditori, sindacati e Regione. Ma è decisivo che le Regioni del Mezzogiorno si parlino di più”. E’ quanto tra l’altro scrive, in un intervento pubblicato oggi dalla “Gazzetta del Mezzogiorno”, il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Sebi Romeo, secondo il quale “è decisivo che le Regioni del Mezzogiorno si incontrino. Uniscano strategie e risorse e si frappongano ad ogni scelta che tenta di tenere in disparte il Sud. Fermi non possiamo stare”. Romeo, nell’intervento, avverte che “se non mettiamo la Calabria e il Sud al passo con le altre aree europee più organizzate, se non dotiamo l’Italia di una strategia di sviluppo che sostenga la sua parte più fragile, il Paese, questo è il punto, acuirà le difficoltà sociali del Sud e, insieme, perderà opportunità preziose senza cui difficilmente uscirà dalla crisi. La Germania, in meno di un quarto di secolo, ha armonizzato l’Est con l’Ovest; noi, al contrario, abbiamo ridotto il Sud allo scantinato dell’Italia; e siamo qui a registrare tuttora dislivelli di crescita tra Nord e Sud che fanno accapponare la pelle. E’ la Banca d’Italia - conclude Romeo - a segnalare che negli ultimi anni la spesa pubblica è stata tagliata al Sud in maniera più intensa mentre la tassazione locale è aumentata di più al Sud. Altro che coesione territoriale”. 

Il Mezzogiorno in mezzo al guado

Dai tempi più remoti il meridionalismo oscilla pericolosamente tra i due estremi dell’esaltazione e dell’abiezione. Tranquilli, non ce l’ho solo con i gruppuscoli odierni, ma con anche con il sommo Platone che celebrava Crotone e Locri oltre il loro merito, e con tutti i poeti e viaggiatori di passaggio che hanno creato il mito della bellezza e prosperità della terra; e con tutti quelli che invece hanno pianto e piangono le miserie del Sud assai più che miserie non fossero. Il Sud è, tutto sommato, una storia e una realtà media. Veloci esempi: non ha grandissimi poeti e letterari, però ha sommi filosofi; ha una sola grandissima città, però una popolazione disseminata in moltissimi piccoli centri vivaci; accolse ondate immigratorie, però non fu mai spopolato, e la sua emigrazione è recentissima rispetto ad altri; non conobbe istituzioni rappresentative neanche nobiliari, ma i suoi paesi e le città ebbero da sempre istituzioni comunali; non fu mai ricchissimo neanche ai tempi della mitica Magna Grecia, però mai patì la fame; non vanta molte glorie militari, però potrei elencarvi un buon numero di condottieri e guerrieri… Insomma, una storia media.

Vedete, gentili lettori, la grande storia, che è storia di gloria e di sangue e mai di pace, avviene quando in una terra ci sono grandi ricchezze e grandi povertà, cosa mai accaduta tra gli Abruzzi e lo Stretto, terra media. La più grave carenza del Meridione è la politica, intendo dire non le astratte ideologie, di cui anzi abbonda, ma il senso del reale, del possibile, della scansione temporale dei procedimenti sociali. A questa dovremmo porre riparo, se vogliano fare qualcosa per il Sud.

Secondo me: Bisogna porre fine agli entusiasmi infantili e immotivati sul passato, che soddisfano le corde vocali degli strilli al Re e i palati delle cene, ma non producono nulla di concreto; a parte che non si fondano sul vero. La storia è meglio lasciarla agli storici, i quali sanno distinguere un documento da una patacca. Devono essere ugualmente vietati i piagnistei più o meno patriottardi. Lo stesso per gli entusiasmi immotivati e infantili per il futuro, magari da affidare a sogni d’indipendenza. Mi diverte pensare ai 666 gruppuscoli che dovessero indicare il futuro re, se già manco ci si mette d’accordo per celebrare una data assieme! Serve mobilitare le energie intellettuali non nei vaghi sogni di gloria, ma nello studio della natura delle cose e della possibile utilizzazione. Esempio, se parliamo di turismo, studiare il turismo del Sud e non “Rimini, Ibiza, Acapulco”: se no facciamo come nella mia città, che costruirono un acquario mai visitato da nessuno, e alla prima pioggia saltarono le macchine e, caso unico nella storia, i pesci morirono affogati: ma l’intento era fare concorrenza a Genova! Ergo, basta chiacchiere e superbia piccolo borghese fondata sul nulla.

Le parole dividono, i fatti uniscono. Bisogna dunque individuare qualche azione concreta, che obblighi i governi italiani e le loro diramazioni locali, e l’Europa, a considerare il Meridione come una realtà capace di esercitare pressione politica, elettorale, economica. Faccio questi discorsi da anni su riviste e in convegni: l’ultima volta, l’anno scorso a Gioia del Colle, e tutti giurano che faranno così. Ma, per dirla con i nostri cugini spagnoli, plumas y palabras el viento las lleva.

Ora qualcuno risponderà ingiurie generiche e bidet di Caserta: tutti gli altri, muti!

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