Soverato, l'Interact Club racconta il territorio in un progetto distrettuale

I giovani dell'Interact Club di Soverato, guidati dal presidente Giulio Carchidi, hanno partecipato al progetto distrettuale “Paesaggi sensibili da raccontare”.

Scoprire monumenti, storia, luoghi del territorio, attraverso il resoconto di visite e percorsi guidati: questo l'obiettivo dell'iniziativa che ha coinvolto tanti ragazzi e ragazze di Calabria, Campania e Basilicata (per il solo territorio di Lauria).

L'Interact Club di Soverato ha presentato, attraverso delle slide, una bella giornata trascorsa alle tombe sicule di Poliporto, nella località “San Nicola”.

Un sito archeologico poco conosciuto che si colloca a pochi passi dalle più suggestive località balneari della costa jonica, nel cuore del Golfo di Squillace.

“Siamo stati particolarmente felici di raccontare questa nostra esperienza – spiega il presidente Carchidi – nella consapevolezza che un sito di così straordinaria importanza merita una grande e, forse, più adeguata attenzione. Speriamo che questa sia stata solo la prima tappa di un lungo percorso, mirato alla valorizzazione culturale e turistica della nostra zona!”.

L'evento raccontato per immagini si è svolto concretamente lo scorso anno, con la collaborazione del Rotary Club di Soverato, presieduto da Domenico Scopelliti, e il supporto del progetto culturale “Naturium”.

A fare da guida, lo storico Ulderico Nisticò.

Partecipando al progetto distrettuale “Paesaggi sensibili da raccontare” l'Interact Club di Soverato ha confermato la vitalità del sodalizio, non nuovo a iniziative di successo su scala locale, regionale e interregionale. 

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Soverato, con il Rotary alla scoperta dei Siculi e di Poliporto: grande successo di partecipazione

La storia e la protostoria di Soverato. Successo di partecipazione per la visita guidata alle tombe sicule di località “San Nicola” e a Poliporto.

Iniziativa organizzata dai giovani dell'Interact Club, guidati dal presidente Giulio Carchidi, e patrocinata dal Club Rotary e dal progetto culturale “Naturium”.

A condurre l'itinerario turistico-culturale, il prof. Ulderico Nisticò che ha arricchito la giornata con un approfondito inquadramento storico dell'intera area jonica. Per come spiegato da Nisticò, il popolo indoeuropeo dei Siculi ridiscese l'Italia, dalle Alpi fino all'isola cui diede il nome, ben prima dell'VIII secolo a. C. Anticipando, dunque, l'arrivo delle genti greche sulle coste dell'odierna Calabria. I fondatori di Locri, ad esempio, trovarono già i Siculi sull'Aspromonte e, dopo violenti scontri armati, si fusero con loro.

Giovanni Gnolfo, lo studioso salesiano che diede inizio agli interessi archeologici su Soverato, individuò insiediamenti siculi nell'area e, lungo la costa, alcune loro tombe. Resti di queste caratteristiche sepolture a grotticella artificiale, indizio di un probabile rito di incinerazione, sono ancora ben visibili in località “San Nicola” e si possono oggi visitare attraversando uno stretto passaggio pedonale che richiederebbe urgenti interventi di manutenzione.


Lo specchio d'acqua antistante questi eccezionali reperti protostorici custodisce la Poliporto greca e romana. Ruderi di un approdo, o di un probabile insediamento commerciale, che affiorano durante le mareggiate invernali, ovvero manufatti frammisti a scogli naturali.

Secondo le osservazioni della Sovrintendenza eseguite nel 1926, si tratterebbe di granai di età romana.

Ma una riflessione etimologica sul nome Poliporto autorizza a supporre una preesistenza in età greca. Non sono mancati, del resto, negli anni i ritrovamenti di monete, toponimi e probabili insediamenti ellenici (in tempi relativamente recenti, in località Santicelli).

Commenti positivi unanimi alla fine del tour guidato, con l'invito a ripetere periodicamente attività analoghe anche su altre zone. Un plauso è stato rivolto al Rotary Club, al presidente Domenico Scopelliti e alla delegata Interact Maria Abbruzzo, che hanno saputo valorizzare al meglio la bella intuizione del giovane e dinamico presidente Interact, Giulio Carchidi.  

 

 

Il Decreto sicurezza e la Corte costituzionale

Non vedo l’ora che qualcuno riesca (non è così semplice!) a raggiungere la Corte costituzionale, per sapere se la legge Salvini è costituzionale o meno.

 Qualche giurista della domenica, in testa Grasso, sostiene infatti che la legge violerebbe l’art. 10 della costituzione. Ebbene, leggiamo questo articolo. “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.

 Secondo qualcuno, la parola “lo straniero” eccetera, si applicherebbe a uno, dieci, cento, mille, diecimila, un milione, un miliardo e più miliardi di stranieri, i quali, agli effetti dell’art. 10, avrebbero diritto a venire in Italia, ed esservi ospitati e mantenuti. Vediamo se è vero, facendo un esempio ben noto: la Nigeria e gli stranieri che da là provengono.

 La costituzione è stata scritta da degli eletti in data 2 giugno 1946. Alla data del 2 giugno 1946, la Nigeria era una colonia della Gran Bretagna, quindi non vi si trovavano delle “libertà democratiche”, anzi, chi le avesse chieste sarebbe finito come minimo in galera. Alla stessa data, l’Italia, per effetto della guerra, era ancora occupata da truppe straniere, in buona parte britanniche. Era dunque impensabile non solo che un nigeriano, o milioni di nigeriani, fuggissero dalla Nigeria; e, caso mai, venissero proprio in Italia, cioè nella mani delle truppe britanniche qui stanziate.

 Lo stesso per Marocco, Algeria, Tunisia, francesi etc.

 Mi pare ovvio che chi scrisse l’art. 10 e chi lo approvò, non avevano la benché minima intenzione di consentire l’ingresso ad eventuali profughi di Marocco o Nigeria o una qualsiasi delle innumerevoli colonie britanniche, francesi, olandesi, belghe, spagnole, portoghesi…

 Tanto meno era immaginabile che “lo straniero” (aggettivo sostantivato di numero singolare) diventasse masse di stranieri (plurale). Si pensava, al massimo, a qualche dissidente sovietico o di dittature sparse qui e lì nelle Americhe.

 Comunque, se qualcuno riesce ad adire la Corte costituzionale, la Corte sta lì proprio per questo; e dia un responso.

 Una nota finale. L’unico che mostra di aver studiato diritto, secondo me, è De Magistris, il quale non sin sogna di dire che la legge Salvini viola la costituzione art. 10, e se la cava elegantemente con una formula che è carina a sentirsi, però giuridicamente non vuol dire niente: lo “spirito della costituzione”.

Comunque, anche così, staremo a vedere.

 

 

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I meridionali sono contro l’autonomia altrui, perché sono terrorizzati dall’autonomia del Meridione

Molti cadono dal pero, quando piangono alla notizia che il Veneto chiede, e otterrà, una qualche forma di autonomia regionale. E sì che cadono dal pero, fingendo di ignorare, se non ignorano davvero, che sono a Statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Val d’Aosta; e due sono le province autonome: Bolzano e Trento: un buon quarto dell’Italia! Ma gli scandalizzati precipitano dal pero.

A proposito, non sanno che la Sicilia ha uno statuto speciale dal 1946, firmato da Umberto di Savoia nella veste di luogotenente del Regno; quindi da un paio d’anni prima dell’attuale costituzione. Per fortuna della Patria, i Siciliani hanno usato l’autonomia solo per piluccare e sperperare soldi e assumere mari di passacarte; o, a ben leggerlo, quel fogliettino di carta consentirebbe alla Sicilia persino una sua politica estera.

Non ho dunque capito come mai dovremmo meravigliarci del Veneto, o di qualsiasi altra parte d’Italia che propugnasse una sua autonomia.
Lezioncina di storia: quasi tutti quelli che, nel XIX secolo, pensavano a un’Italia unita, la pensavano confederale o federale, e non certo centralista unitaria.
Al Congresso di Vienna del 1815, l’Austria propose una Confederazione Italiana sul modello della Confederazione Germanica; i Savoia e i Borbone respinsero la proposta per non aggiungere a Vienna altro potere; e la Chiesa non aderì alla Santa Alleanza.

Negli anni 1840 e seguenti, però, si diffusero due tesi federaliste: quella del Gioberti, che auspicava la presidenza del papa, e fu detta neoguelfa; e quella del Balbo, detta neoghibellina, e che proponeva il re di Sardegna.

Nel 1848 sembrò, per un momento, che la federazione (detta lega!) avesse vita, con la guerra all’Austria. Ferdinando II di Borbone per primo aveva concesso la costituzione, seguito da Carlo Alberto, Pio IX e Leopoldo II di Toscana. Ferdinando inviò Guglielmo Pepe con buona mano di truppe, e la flotta a proteggere Venezia contro l’Austria; il papa inviò truppe ai confini; dalla Toscana partirono volontari. Breve momento: la Sicilia si era ribellata; il 15 maggio a Napoli scoppiarono disordini; Ferdinando II ritirò le truppe e sospese la costituzione. A Roma i repubblicani uccisero il ministro costituzionale e costrinsero Pio IX a riparare a Gaeta sotto la protezione di Napoli; e a chiedere aiuto militare alla Francia.

Fallì così senza speranza il progetto federale, e non se ne riparlò più. Nel 1860-61, l’unificazione procedette per annessioni, cioè Milano, Parma, Modena, Bologna, Firenze; poi Marche e Umbria; poi l’intero Regno delle Due Sicilie; e, nel 1866, il Veneto divennero parte del Regno di Sardegna, dal 17 marzo 1861, Regno d’Italia; ma in maniera rigorosamente unitaria e centralista, con la sola eccezione, fino al 1890, del Codice Penale toscano.

Tutto il Regno veniva retto da un parlamento e un governo, ed era diviso in province con prefetti di nomina governativa. Le province attuavano sul territorio le disposizioni centrali. Le amministrazioni provinciali e comunali, elettive, erano strettamente controllate dai prefetti.

Tale situazione, a parte le suddette Regioni a Statuto speciale, rimase nella Repubblica fino al 1970, quando vennero istituite di fatto le Regioni a Statuto ordinario. Queste hanno, sulla carta, ampie autonomie; nei fatti, sono una copia locale dello Stato, con tutti i suoi difetti. Alcune sono pessime, come la Calabria, non a caso terzultima tra 360 regioni d’Europa! Altre sono state amministrate bene, e ora richiedono maggiori e più elastiche autonomie. Ne hanno le forze economiche, è palese; ma sarebbe ben poco, se non avessero, come hanno, una classe dirigente e una consapevolezza culturale e politica.

E il Meridione? Semplicemente, non ha consapevolezza e non ha classe dirigente. Non ne ebbe più una almeno dal 1850, quando i nipoti dei combattenti e pensatori degli anni 1798-1849 si ripiegarono in un misto di edonismo e depressione. Nel 1861, la maggioranza numerica della Camera era meridionale: ma quasi nessuno dei deputati prese mai seriamente la parola, anche per scarsezza di parole in lingua italiana! Avrebbero potuto discutere l’annessione, e invece sorrisero e basta. Quei mesi da maggio 1860 a marzo 1861 videro dunque due fallimenti: quello dei borbonici e quello degli antiborbonici!

Si può pensare, nel 2019 imminente, a un’autonomia del Meridione come del Veneto?

Ragazzi, scherziamo? Immaginateli, a dover governare davvero, ad assumere decisioni coraggiose e intelligenti, a comandare e farsi obbedire, immaginateli, uno di questi signori: A. Guarasci, A. Ferrara, P. Perugini, A. Ferrara di nuovo, B. Dominijanni, F. Principe, R. Olivo, G., Rhodio, D. Veraldi, L. Meduri, A. Loiero, M. Oliverio di centrosinistra, e G. Nisticò, B. Caligiuri, G. Chiaravalloti, G. Scopelliti e Stasi di centro(destra).

E immaginate gli intellettuali calabresi, i neofricoti, a proporre seriamente politiche del territorio, economiche, sociali… o, e qui lasciatemi ridere (ahahahahah) culturali!
Ecco perché tantissimi meridionali sono contro l’autonomia altrui: perché sono terrorizzati dall’autonomia del Meridione.

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Vibo ultima provincia d'Italia, ma nessuno ne parla

La provincia di Vibo è l’ultima d’Italia per qualità della vita. Attenti, per qualità della vita, non solo per soldi: ovvero, se un abitante di un qualsiasi centro è ricco come Creso, però per andare a teatro o al cinema deve farsi molti chilometri, quello è uno ricco con pessima qualità della vita; senza scordare che i chilometri li percorrerà su strade da percorso di guerra.

Ma come è arrivata tanto in basso, la provincia di Vibo? Non doveva essere messa così male, se consideriamo il suo passato: Monteleone, dal 1928 Vibo, era una città dignitosa e colta, con antica tradizione di studi e studiosi; Porto Venere, poi Vibo Marina, era un’attiva zona industriale; Tropea e Nicotera erano state sedi vescovili; navi di Tropea commerciavano con la Francia; Pizzo esportava conserve almeno dal XVI secolo, ed era il porto della Calabria Centrale; il Poro era produttivo di allevamento e di agricoltura; Serra, dal 1863 Serra San Bruno, era un importante centro di artigianato del ferro, del granito e del legno; Mongiana aveva avuto una storia industriale. E non bisogna nemmeno riportare alla memoria quello che tutti sanno: la costa da Pizzo a Nicotera è una delle più rinomate del turismo balneare italiano ed europeo.

Diamo un’occhiata al patrimonio storico:
- Filadelfia: area archeologica di Castelmonardo;
- Francavilla A.: area archeologica di Rocca Nicefora;
- Limbadi: frazione medioevale di Motta Filòcastro;
- Mileto: area archeologica normanna; Museo diocesano;
- Mongiana: ferriere; Villa della Vittoria;
- Nicotera: palazzi; area archeologica di Medma;
- Pizzo: castello aragonese; chiese; quartiere marinaro e tonnara;
- Serra S. Bruno: Certosa; chiese;
- Soriano: convento dei Domenicani;
- Tropea: palazzi; quartiere del Tao; cattedrale; chiesa dell’Isola;
- Vibo: area archeologica di Hipponion; castello federiciano con Museo archeologico; S. Leoluca; palazzi di Monteleone…
- Zungri: civiltà rupestre.

Come fa, questo interessante territorio, ad essere in fondo alla classifica nazionale? Beh, torniamo alla metafora di sopra: se mi regalano un aereo e io non lo so pilotare, l’aereo c’è, ma io non volo.

A mio avviso, le cause del crollo della provincia di Vibo, e vale per tutta la Calabria, sono:
1. Pessima classe dirigente politica;
2. Pessima classe burocratica;
3. Pessimo, più che pessimo ceto intellettuale, del tutto incapace di analisi della realtà e proposte per il suo miglioramento.

La prova? Che, letta la notizia della collocazione di Vibo nei bassifondi, nessuno ha commentato manco per sbaglio: né politici né dotti né ecclesiastici né passanti… Nella provincia regna il silenzio delle notti senza luna in un cimitero abbandonato.

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A ciascuno il suo Ulisse

 Il lungomare di Squillace si chiama Odisseo, tanto per far vedere che qualcuno sa il greco. Ora, ragazzi, qui bisogna mettersi d’accordo: o Ulisse è sbarcato dalle parti di Lamezia come vuole Wolf, oppure è sbarcato a Squillace; senza contare che per altro è sbarcato a Crotone, Amendolara, Copanello e Nardodipace. Insomma, Ulisse sbarcava da tutte le parti.

 Ripeto per l’ennesima volta che l’opinione di Wolf è completamente campata in aria; ma almeno lui sa il greco; gli altri, manco per sentito dire.

 Ma qui m’interessa Squillace. Per Squillace io ho creato questi spettacoli:

  • Matrimonio dei Borgia;
  • I parenti dei Borgia;
  • Il processo a Guglielmo Pepe;
  • I muri e le anime;
  • Cassiodoro;
  • Ai tempi dei fratelli Pepe…

 Senza dire di cose minori.

 Ho scritto parecchio. Ho tenuto conferenze etc. In qualche rara occasione, mi hanno offerto una cena. Altre volte me la son dovuta pagare da solo. Amen.

 Altro che cittadinanza onoraria. Ingrata città!

 Ma torniamo al nostro Ulisse, che non è minimamente sbarcato a Squillace. Nemmeno nell’antica Skylletion, che non fu fondata da Ulisse, bensì dagli Ateniesi, e, secondo il mito, dal loro re Menesteo.

 Atene? Mai sentita nominare, a Squillace. Lo stesso per Borgia.

 Eppure, ragazzi, gli abitanti di Squillace e Borgia e dintorni dovrebbero vantarsi di avere parenti illustri. Ve li elenco? Ma sì.

 Dracone, Pisistrato, Solone, Milziade, Temistocle, Aristide, Pericle, per dire i politici più importanti; e oratori e politici come Demostene, Isocrate etc.; storici come Tucidide e Senofonte; filosofi come Socrate, Platone e, per origine, Aristotele; artisti come Fidia, Ictino, Callicrate; poeti come Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Menadro… eccetera eccetera.

 Di tutti costoro e molti altri, a Squillace e Borgia non è mai giunta notizia.

 Se ne vogliono sapere qualcosa, mi chiamino: però, stavolta, a pagamento. Se no, si tengano la bufala di Ulisse.

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Chiaravalle Centrale, assegnati i premi Calabria Vera 2018

La consulente d'impresa Cinzia Corapi, il consigliere comunale e docente all'Accademia di Belle Arti Claudio Cosentino, il medico chirurgo e scrittore Giovanni De Giorgio, il presidente del Comitato “Madonna della Pietra in Svizzera e Liechtenstein” Giuseppe Gullì, l'imprenditore Vincenzo Iozzo, la presidente della società di pallamano femminile “Meta 2 Badolato” Anna La Rocca e il conduttore radiofonico Antonio Zaffino, cui si aggiunge la menzione speciale alla danzatrice di “Ballando con le Stelle” (RaiUno) Lelah Kaur. Sono i vincitori della seconda edizione del premio “Calabria Vera” conferito dall'omonimo progetto culturale a Chiaravalle Centrale nel corso di una manifestazione molto articolata che ha abbracciato l'intera giornata.

L'iniziativa, abilmente moderata da Teresa Tino, patrocinata dall'amministrazione comunale, dalla Consulta della Cultura e dalla rete dei Borghi della Salute, è stata introdotta, a Palazzo Staglianò, dal saluto del sindaco, Mimmo Donato, del vicesindaco, Pina Rizzo, e dalla presentazione del libro di Ulderico Nisticò “Controstoria delle Calabrie”.

Un testo - ha spiegato il promotore del premio, il giornalista Francesco Pungitore - “in sintonia” con i temi del progetto culturale “Calabria Vera”, ovvero con l'idea di proporre “un punto d'osservazione costruttivo sulla nostra regione, sganciato da banalità e stereotipi”.

È seguita la premiazione dei vincitori: “Uomini e donne che, con il loro impegno quotidiano nel mondo dell'impresa, dell'associazionismo e in campo culturale restituiscono valore alle loro comunità, operando in direzione del bene comune”.

La visita alla mostra delle pittrici Elena Rania Rossella Mascolo ha preceduto una piacevole passeggiata nel centro storico. “Itinerari del cuore e dello spirito”: seguendo questa traccia i tanti ospiti, chiaravallesi e non, hanno partecipato ad una suggestiva visita guidata lungo via Alloro e Rione Cona, condotta da Ulderico Nisticò, Caterina Menichini e Salvatore Donato, tra la festosa accoglienza dei residenti che hanno anche imbandito un rinfresco di benvenuto. La passeggiata è proseguita verso il Convento dei Padri Cappuccini, con il chiostro abbellito dalle opere di arte sacra e paesaggistica di Nando Catrambone e Paolo Macrì.

Nella chiesa del Convento si è tenuto l'atteso concerto “Musica per la Pace”. Una straordinaria occasione di dialogo interculturale, aperta dal saluto del guardiano fra Giovanni Loria e del provinciale fra Pietro Ammendola, con l'esibizione del coro degli “Amici di San  Francesco” e la performance del duo internazionale Sageer Khan e Rashmi Bhatt. Un concerto patrocinato dall'Ambasciata dell'India a Roma in occasione dei 70 anni dell'avvio delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Emozionante Caterina Menichini che ha recitato il Cantico delle Creature e una poesia dedicata a Chiaravalle scritta da Giovanni Sestito.

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A Chiaravalle la musica è pace con i maestri Sageer Khan e Rashmi Bhatt

La città di Chiaravalle Centrale (Cz) celebra i 70 anni delle relazioni diplomatiche tra India e Italia.
 
Una straordinaria esibizione dei maestri di sitar e tabla Sageer Khan e Rashmi Bhatt avrà luogo martedì prossimo, 14 agosto, alle ore 21.30 nella suggestiva cornice del Convento dei Padri Cappuccini di rione Cona.
 
“Musica per la Pace” il tema del concerto che sarà aperto dal coro degli Amici di San Francesco e dalla lettura recitata di brani del Cantico delle Creature, a cura di Caterina Menichini. L'iniziativa concluderà una intensa giornata di manifestazioni, denominata “Itinerari del cuore e dello spirito”, promossa dall'amministrazione comunale e dalla Consulta della Cultura, in collaborazione con la rete dei Borghi della Salute.
 
Il primo appuntamento del 14 agosto è fissato per le ore 18.30 presso Palazzo Staglianò. Nella sala convegni dell'edificio di piazza Dante, abbellita da una mostra di quadri della pittrice Elena Rania, verrà presentato il libro di Ulderico Nisticò “Controstoria delle Calabrie” (Rubbettino).
 
Seguirà la cerimonia di consegna dei premi “Calabria Vera 2018”. Una visita guidata nel centro storico, in collaborazione con il Comitato Rione Cona, anticiperà il concerto “Musica per la Pace” delle ore 21.30, nella chiesa del Convento. Sageer Khan vive da oltre venti anni in Italia ed è considerato uno dei più grandi maestri internazionali viventi di Sitar, lo strumento della musica classica indiana più conosciuto in Occidente anche per il suo utilizzo da parte di famose rock-band.
 
Rashmi Bhatt è famoso per le sue performance con i tamburi (tabla) al fianco di artisti del calibro di Shakira e Sting, oltre che per le sue numerose partecipazioni televisive. Il loro incontro musicale renderà unica e straordinaria l'atmosfera del 14 agosto a Chiaravalle Centrale.
 
Nel chiostro del Convento, Nando Catrambone e Paolo Macrì esporranno opere di arte sacra e paesaggistica. 
 

 

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