'Ndrangheta in Veneto, un arresto nell'ambito dell'operazione "Ermes"

Alle prime luci dell’alba di oggi, i Finanzieri del Comando provinciale di Padova, con la collaborazione dei colleghi di Catanzaro, Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, a conclusione di un’operazione, denominata “Ermes”, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale della stessa sede, nei confronti di un trentenne calabrese, ritenuto contiguo alle cosche di Reggio Calabria “Tegano” e Condello, accusato di reati contro la persona e il patrimonio, aggravati dal metodo mafioso, perpetrati ai danni di una donna residente nel padovano.

Contestualmente sono state eseguite diverse perquisizioni presso abitazioni e attività commerciali nelle province di Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza.
Sulla base del quadro accusatorio sinora delineatosi, le ipotesi investigative allo stato contestate a sei indagati di origine calabrese, di cui uno sottoposto alla misura restrittiva della libertà personale, vanno, a vario titolo, dalla violenza privata alle lesioni personali e  agli atti persecutori, dalla detenzione e porto abusivo di arma da fuoco con munizioni all’estorsione, dalla ricettazione al tentativo di rapina e al furto in abitazione, fino a un episodio di danneggiamento seguito da incendio, reati perpetrati, con l’aggravante del metodo mafioso, nella Provincia di Padova.

L’attività investigativa trae origine dalla denuncia sporta da una persona, nel dicembre 2019, per presunti atti di violenza subiti dall’ex compagno, imprenditore calabrese operante da diversi anni nel catanzarese nel settore del commercio della carne.

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Blitz contro la 'ndrangheta, arresti e sequestri

I carabinieri del Ros di Padova, con il supporto dell’Arma territoriale hanno eseguito, in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale di Venezia su richiesta della locale Dda, nei confronti di 33 indagati per associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, rapina, usura, ricettazione, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, furto aggravato, favoreggiamento, violazione delle leggi sulle armi, con le aggravanti mafiose.

Nel corso dell’operazione gli uomini dell’Arma hanno notificato oltre 100 informazioni di garanzia ed eseguito numerose perquisizioni e sequestri di beni, mobili e immobili, per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.

I meridionali sono contro l’autonomia altrui, perché sono terrorizzati dall’autonomia del Meridione

Molti cadono dal pero, quando piangono alla notizia che il Veneto chiede, e otterrà, una qualche forma di autonomia regionale. E sì che cadono dal pero, fingendo di ignorare, se non ignorano davvero, che sono a Statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Val d’Aosta; e due sono le province autonome: Bolzano e Trento: un buon quarto dell’Italia! Ma gli scandalizzati precipitano dal pero.

A proposito, non sanno che la Sicilia ha uno statuto speciale dal 1946, firmato da Umberto di Savoia nella veste di luogotenente del Regno; quindi da un paio d’anni prima dell’attuale costituzione. Per fortuna della Patria, i Siciliani hanno usato l’autonomia solo per piluccare e sperperare soldi e assumere mari di passacarte; o, a ben leggerlo, quel fogliettino di carta consentirebbe alla Sicilia persino una sua politica estera.

Non ho dunque capito come mai dovremmo meravigliarci del Veneto, o di qualsiasi altra parte d’Italia che propugnasse una sua autonomia.
Lezioncina di storia: quasi tutti quelli che, nel XIX secolo, pensavano a un’Italia unita, la pensavano confederale o federale, e non certo centralista unitaria.
Al Congresso di Vienna del 1815, l’Austria propose una Confederazione Italiana sul modello della Confederazione Germanica; i Savoia e i Borbone respinsero la proposta per non aggiungere a Vienna altro potere; e la Chiesa non aderì alla Santa Alleanza.

Negli anni 1840 e seguenti, però, si diffusero due tesi federaliste: quella del Gioberti, che auspicava la presidenza del papa, e fu detta neoguelfa; e quella del Balbo, detta neoghibellina, e che proponeva il re di Sardegna.

Nel 1848 sembrò, per un momento, che la federazione (detta lega!) avesse vita, con la guerra all’Austria. Ferdinando II di Borbone per primo aveva concesso la costituzione, seguito da Carlo Alberto, Pio IX e Leopoldo II di Toscana. Ferdinando inviò Guglielmo Pepe con buona mano di truppe, e la flotta a proteggere Venezia contro l’Austria; il papa inviò truppe ai confini; dalla Toscana partirono volontari. Breve momento: la Sicilia si era ribellata; il 15 maggio a Napoli scoppiarono disordini; Ferdinando II ritirò le truppe e sospese la costituzione. A Roma i repubblicani uccisero il ministro costituzionale e costrinsero Pio IX a riparare a Gaeta sotto la protezione di Napoli; e a chiedere aiuto militare alla Francia.

Fallì così senza speranza il progetto federale, e non se ne riparlò più. Nel 1860-61, l’unificazione procedette per annessioni, cioè Milano, Parma, Modena, Bologna, Firenze; poi Marche e Umbria; poi l’intero Regno delle Due Sicilie; e, nel 1866, il Veneto divennero parte del Regno di Sardegna, dal 17 marzo 1861, Regno d’Italia; ma in maniera rigorosamente unitaria e centralista, con la sola eccezione, fino al 1890, del Codice Penale toscano.

Tutto il Regno veniva retto da un parlamento e un governo, ed era diviso in province con prefetti di nomina governativa. Le province attuavano sul territorio le disposizioni centrali. Le amministrazioni provinciali e comunali, elettive, erano strettamente controllate dai prefetti.

Tale situazione, a parte le suddette Regioni a Statuto speciale, rimase nella Repubblica fino al 1970, quando vennero istituite di fatto le Regioni a Statuto ordinario. Queste hanno, sulla carta, ampie autonomie; nei fatti, sono una copia locale dello Stato, con tutti i suoi difetti. Alcune sono pessime, come la Calabria, non a caso terzultima tra 360 regioni d’Europa! Altre sono state amministrate bene, e ora richiedono maggiori e più elastiche autonomie. Ne hanno le forze economiche, è palese; ma sarebbe ben poco, se non avessero, come hanno, una classe dirigente e una consapevolezza culturale e politica.

E il Meridione? Semplicemente, non ha consapevolezza e non ha classe dirigente. Non ne ebbe più una almeno dal 1850, quando i nipoti dei combattenti e pensatori degli anni 1798-1849 si ripiegarono in un misto di edonismo e depressione. Nel 1861, la maggioranza numerica della Camera era meridionale: ma quasi nessuno dei deputati prese mai seriamente la parola, anche per scarsezza di parole in lingua italiana! Avrebbero potuto discutere l’annessione, e invece sorrisero e basta. Quei mesi da maggio 1860 a marzo 1861 videro dunque due fallimenti: quello dei borbonici e quello degli antiborbonici!

Si può pensare, nel 2019 imminente, a un’autonomia del Meridione come del Veneto?

Ragazzi, scherziamo? Immaginateli, a dover governare davvero, ad assumere decisioni coraggiose e intelligenti, a comandare e farsi obbedire, immaginateli, uno di questi signori: A. Guarasci, A. Ferrara, P. Perugini, A. Ferrara di nuovo, B. Dominijanni, F. Principe, R. Olivo, G., Rhodio, D. Veraldi, L. Meduri, A. Loiero, M. Oliverio di centrosinistra, e G. Nisticò, B. Caligiuri, G. Chiaravalloti, G. Scopelliti e Stasi di centro(destra).

E immaginate gli intellettuali calabresi, i neofricoti, a proporre seriamente politiche del territorio, economiche, sociali… o, e qui lasciatemi ridere (ahahahahah) culturali!
Ecco perché tantissimi meridionali sono contro l’autonomia altrui: perché sono terrorizzati dall’autonomia del Meridione.

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