Fabrizia: il gruppo "Ramoscello d'ulivo" si mobilita contro la chiusura della banca

"Avendo appreso con rammarico l"imminente chiusura della filiale della Bper di Fabrizia, il gruppo "Ramoscello d'ulivo per Fabrizia" annuncia una vibrante protesta popolare atta a frenare una scellerata filosofia contabile dei vertici della Bper che porta alla chiusura di questa filiale. In un piccolo paese come quello di Fabrizia, il rapporto tra banca e popolazione è immediato: la banca come la posta sono elementi collanti per la comunità e la loro assenza minaccia una azione disgregativa.  Pertanto, il gruppo "Ramoscello d'ulivo per Fabrizia" si oppone con tutte le sue forze a questa assurda decisione  e chiederà un incontro urgente ed immediato con i vertici aziendali e la convocazione di un Consiglio comunale straordinario per affrontare la questione".
 
È quanto si legge in una nota vergata dal gruppo di minoranza in Consiglio comunale, "Ramoscello d'ulivo per Fabrizia"
 
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Aspettano l'ultimo dell'anno per svaligiare una banca, messi in fuga dai carabinieri

Hanno aspettato l’ultimo dell’anno per entrare in azione, ma il loro piano è stato vanificato da un imprevisto.

Cinque persone avrebbero voluto, infatti, mettere le mani sullo sportello bancomat della filiale della banca Credito cooperativo di Sellia Marina.

Per portare a segno il colpo, la banda si era procurata una pala meccanica, passamontagna e guanti.

A sventare il piano, è stato un carabiniere libero dal servizio che, dal balcone di casa, ha notato movimenti sospetti nel piazzale antistante l’istituto di credito ed ha allertato i colleghi.

Sul posto è giunta una “gazzella”, la cui sirena ha messo in fuga i ladri, che hanno fatto perdere le loro tracce.

I carabinieri sperano, ora, di dare un volto ai malviventi, grazie alle immagini immortalate dalle telecamere di videosorveglianza.

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Preparavano una rapina in banca nella Locride, 4 persone in manette

I carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Locri hanno dato esecuzione a un decreto di fermo del P.M. emesso nei confronti di quattro persone.

Si tratra di M.A., 55enne di Gioiosa Jonica, F.V. 55 anni, G.F. 50 anni, entrambi originari di Gioiosa Jonica ma domiciliati nel nord Italia e L.E., 63enne di Biella, tutti indagati a vario titolo del reato di tentata rapina aggravata.

Il provvedimento, emesso dalla Procura della Repubblica Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Reggio Calabria, che ha poi inoltrato gli atti per competenza alla Procura ordinaria presso il Tribunale di Locri, ha recepito le risultanze investigative dalle quali sarebbe emerso in maniera assolutamente chiara ed inequivocabile che i soggetti fermati stavano pianificando, fin nei minimi dettagli, una rapina a mano armata ai danni di un istituto bancario di Siderno.

In particolare, nel corso delle indagini svolte dai carabinieri, sarebbero emersi chiaramente i diversi ruoli delle persone fermate.

Nel corso della perquisizione presso, quello che gli investigatori considerano il "covo" della banda, sono state trovate parrucche, walki-talkie ed altri oggetti che avrebbero dovuto essere utilizzati nella rapina, tra cui una perfetta riproduzione di una pistola automatica.

Gli indizi raccolti sono stati sottoposti al vaglio del gip del Tribunale di Locri che, condividendo gli assunti investigativi e le tesi suffragate nel provvedimento pre-cautelare, ha emesso una ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere per M.A., F.V. e G.F. tutti ristretti presso la casa circondariale di Locri, mentre per il L.E. è stata disposta la misura degli arresti domiciliari.

Il materiale rinvenuto è stato tutto sottoposto a sequestro.

 

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Monte dei Paschi: Lorsignori mangiano e gli italiani pagano

 Si sono seduti a tavola e hanno ordinato ogni ben di Dio. Hanno divorato, fino in fondo, ogni singola portata del ricco e fastoso banchetto.

Quando non è rimasto più niente, si sono alzati e con l’ultima coppa di champagne in mano sono scappati via senza pagare. Il conto lo hanno lasciato a quelli che la festa non l’hanno vista neppure da fuori. La storia recente del Monte dei Paschi di Siena è andata esattamente così. Una vorace orda di cacicchi ha mangiato a sbafo, lasciando i debiti ai cittadini. Per tenere in vita la banca più antica del mondo, ogni italiano è stato costretto a scucire 105 euro. I soldi pubblici, ancora una volta, sono stati usati per pagare le nefandezze compiute dai privati.

La crisi dell’istituto senese è stata determinata, infatti, dai cosiddetti debiti deteriorati.  Un formula che vuol dire che qualcuno ha ricevuto soldi in prestito e non li ha restituiti.

In fila davanti alla cassa per pagare un debito non loro, chiacchierando del più e del meno, i cittadini si sono posti qualche domanda. Soprattutto coloro a cui la medesima banca non ha concesso neppure un misero mutuo per comprare un monolocale o aprire un negozio. Proprio loro, che si sono sentiti negare il prestito per mancanza o carenza di garanzie, erano i più curiosi. A pari merito con quanti, dopo aver ottenuto il prestito, si sono visti portare via tutto perché, a causa della crisi, non riuscivano ad onorare  puntualmente le scadenze. La prima domanda che costoro si sono posti è la seguente: perché sono stati dati soldi a chi non poteva restituirli? Una domanda, cui ne è seguita subito un’altra. A chi sono stati concessi i prestiti? Domande che, in realtà, non avrebbero dovuto neppure essere fatte.

Sarebbe stato doveroso dire agli italiani, quanto meno,  i nomi dei “pezzenti” cui hanno pagato il conto. Ma, a quanto pare, sembra piuttosto complicato. Far conoscere l’identità di chi è scappato senza pagare non è possibile. Dalla banca hanno fatto sapere che “al momento una serie di vincoli normativi non ne permettono la diffusione“.

Per superare i limiti imposti dal segreto bancario “serve un provvedimento ad hoc”. Una legge o un decreto legge per divulgare il nome delle persone cui sono stati saldati i debiti è già di per sé un’anomalia. Ancora più anomala, la circostanza che il provvedimento non sia stato inserito nel decreto con il quale lo Stato ha provveduto a sganciare i denari. Ma forse non è anomalo, è normale. Se la lista venisse resa nota, salterebbero fuori strani intrecci e commistioni. A rafforzare il dubbio, i nomi che circolano da qualche giorno.

Alcuni quotidiani hanno reso nota l’identità di alcuni dei personaggi coinvolti. Uno dei nomi che fa più rumore è sicuramente quello di Carlo De Benedetti. Come riportato da Il Sole 24 ore, nella lista nera “figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia”.  Alla società elettrica, Monte dei Paschi avrebbe concesso ben “Seicento milioni”. Quando l’azienda è andata in crisi, scrive Il Sole 24 Ore: “I De Benedetti capita l’antifona […] non si sono resi disponibili a ricapitalizzare […]. Alla fine il  «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l’esposizione creditizia in azioni”.

Si tratta di un vero e proprio caso da manuale. Un esempio di come non dovrebbe essere gestita una banca. Non avendo ricevuto indietro i soldi dati in prestito, in Monte dei Paschi hanno pensato bene di convertire i crediti in azioni. In altri termini, i vertici della banca hanno fatto l’esatto opposto di ciò che avrebbe suggerito il buon senso. Anziché mandare l’ufficiale giudiziario a cercare di riscuotere, almeno, una parte del credito, sono entrati in società con un’azienda insolvente. Il risultato, ovvio, è che l’istituto si è fatto carico della situazione debitoria dell’azienda. Al punto che – scrive ancora Il Sole 24 ore, “Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro”.

A ciò si aggiunga che, secondo le indiscrezioni pubblicate finora, nella lista di quanti non hanno onorato il debito, figurerebbero diverse cooperative contigue al Pd, ovvero il partito che, per anni, ha gestito la banca. Per non farsi mancare nulla, Monte dei Paschi avrebbe sostenuto anche le iniziative avviate da soggetti vicini a Forza italia.

In un contesto del genere, è facile immaginare come andrà a finire. S’intuisce, anche,  il motivo per cui, nei confronti dei debitori, non sia stato usato lo stesso criterio impiegato con i comuni mortali. Se un povero Cristo non è nella condizione di restituire il mutuo, la banca lo lascia in brache di tela. In questo caso, quindi, l’equità avrebbe imposto di spremere i debitori milionari fino all’ultimo quattrino. In tal senso, il Parlamento potrebbe ancora discutere il varo di una legge per espropriare i beni e mandare in galera chi ha dato e ricevuto il denaro.

Un provvedimento troppo forte, per una politica che non sa andare oltre l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. Una commissione che non si capisce bene cosa debba investigare. Per sapere tutto, basta aprire un cassetto. Ma, con tutta evidenza, piuttosto che mandare in galera i responsabili, si preferisce istituire una commissione parlamentare. Lo strumento più sicuro per insabbiare tutto!

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

 

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Da “Ubi Carime” un defibrillatore per le società sportive di Gerocarne

“Condivido l’iniziativa di un giovane di Gerocarne che, coinvolgendo il sottoscritto, il parroco della comunità, le istituzioni cittadine ed altre realtà sociali, con singolare sensibilità ha rivolto una richiesta a banca ‘Ubi Carime’, che ha donato un moderno defibrillatore per le società sportive del paese, dimostrando ancora una volta che la sinergia e la collaborazione tra i vari attori sociali riesce sempre a produrre effetti benefici”.

È quanto afferma il sindaco di Gerocarne Vitaliano Papillo che aggiunge: “si tratta di uno strumento indispensabile che, sperando di non doverlo mai usare, all’occorrenza permette d’intervenire tempestivamente e salvare una vita umana, circostanza, dicono le cronache, particolarmente frequente in ambito sportivo. Per tale ragione, convinto di interpretare il sentimento di tutti i miei concittadini, esprimo speciale gratitudine verso ‘Ubi Carime’, per un gesto di generosità che, soprattutto di questi tempi, è inaspettato da parte di un istituto bancario. Proprio per questo è maggiormente gradito, anche perché riguarda un settore, quello sportivo e calcistico, che interessa particolarmente i giovani, categoria a cui, da sempre, come amministrazione riserviamo particolari attenzioni, consci che nelle nuove generazioni si rispecchia il nostro futuro: il futuro di un paese che ha voglia di riscatto e di crescere, e che ha la possibilità di proseguire sulla via del cambiamento anche grazie a gesti come questo. Invito i responsabili dell’istituto di credito a venire a Gerocarne per tastare con mano questa voglia di cambiamento, auspicando che la loro sensibilità e benevolenza verso questo paese non finisca qui. L’occasione, inoltre, mi dà lo spunto per lanciare ancora una volta un messaggio. La sinergia – conclude il primo cittadino - è una forza motrice in grado di stimolare grandi risultati: sproniamola, sosteniamola, promuoviamola, incoraggiamola, diamole impulso. E lei ci darà sempre risultati concreti e positivi”.

Armati di taglierino rapinano la filiale della Bcc di Cosenza

Due persone, armate di taglierino e con il volto coperto da sciarpe, hanno rapinato, nel pomeriggio di oggi, la filiale della Banca di credito cooperativo Centro Calabria, in via Panebianco, a Cosenza.

I due sono entrati in azione intorno alle 15,30. Una volti riusciti ad entrare nei locali dell'istituto di credito hanno minacciato i presenti, dipendenti e clienti. Dopo essere rimasti, per circa un quarto d'ora, in attesa dell'apertura della casseforte temporizzata, i due malviventisi si sono impossessati dei contanti.

Messo a segno il colpo, si sono allontanati a piedi, facendo perdere le proprie tracce. Il bottino ammonta a 90 mila euro. Sul posto sono intervenuti polizia e carabinieri, che hanno iniziato le indagini e già visionato i filmati delle telecamere di sorveglianza, nel tentativo di risalire agli autori del colpo.

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Appropriazione indebita nel vibonese, avviso conclusione indagini per 16 persone

Appropriazione indebita e violazione del Testo unico del sistema bancario. Queste le accuse nei confronti di 16 persone cui la Procura della Repubblica vibonese ha comunicato l'avviso di conclusione delle indagini nell'ambito dell'inchiesta finalizzata ad accertare eventualità irregolarità nella gestione dell'ex Banca di credito cooperativo di  Maierato.

L'indagine è scattata nel 2015, in seguito agli accertamenti condotti dagli uomini del Nucleo polizia valutaria della Guardia di finanza di Reggio Calabria. I finanzieri avevano passato al setaccio atti e documenti al fine di verificare l'esistenza di presunte irregolarità emerse nel corso di un'ispezione della Banca d'Italia, i cui esiti erano stati trasmessi alla Procura di Vibo Valentia. 

L'indagine si riferisce al periodo antecedente la fusione della banca con la Bcc di San Calogero.

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Australia: la banca le accredita per errore 4 milioni di dollari e lei li spende

La banca le ha accreditato per errore 4 milioni di dollari australiani, circa 3 milioni di euro e lei ha iniziato a spenderli senza freni. L'insolita storia è accaduta nel Paese dei canguri, dove una studentessa di 21 anni ha trovato un'autentica fortuna sul suo conto corrente. Superata la sorpresa, la ragazza si è data alla bella vita. La pacchia è finita quando la giovane è stata arrestata all'aeroporto di Sydney, mentre stava cercando di imbarcarsi su un aereo che avrebbe dovuto condurla dai genitori che vivono in Malesia. "Perché non ho avvertito l'istituto di credito dell'errore? Mi sono dimenticata", si è giustificata la protagonista della storia che pare abbia speso la gran parte denaro per acquistare borse di lusso e abbigliamento firmato.

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