Spiritualità e Anno Santo: il 27 febbraio a Serra il convegno "Santuari Mariani di Calabria"

Con la preziosa collaborazione fornita dalla Certosa di Serra San Bruno, il 27 febbraio si svolgerà un convegno dedicato ai "Santuari Mariani di Calabria. Percorsi di spiritualità per l'Anno Santo della Misericordia". Dopo il saluto istituzionale del sindaco Bruno Rosi, sono previsti gli interventi di Domenico Naccari, Anna Romeo e Marco Primerano, membri della Consulta Tecnica di Settore. La relazione è affidata ad Angela Busacca, docente universitario. Concluderà il consigliere regionale Nazzareno Salerno. L'appuntamento è fissato alle 16 di sabato 27 febbraio presso la Sala Convegni del Museo della Certosa, a Serra San Bruno.

Lo spettacolare paesaggio della Certosa e di Santa Maria sotto la neve: LE FOTO

Il fascino dei luoghi sacri diventa maggiore grazie allo splendore dei paesaggi innevati. Cliccando sulla gallery potete ammirare la Certosa e località Santa Maria del Bosco sotto la coltre bianca.

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Esce il film “Saint Bruno, Père des Chartreux”: la vita del fondatore dell’ordine certosino

È dal sito certosini.info che viene annunciata l’uscita del film “Saint Bruno, Père des Chartreux” del regista francese Marc Jeanson. Si tratta del primo documentario, della durata di 50 minuti e prodotto dalla Grande Chartreuse, realizzato nella storia e dedicato interamente a San Bruno. “L’origine – viene specificato -  ne è stata la celebrazione nel 2014 del 5° centenario della sua canonizzazione: in quest’occasione una grande esposizione è stata organizzata dai monaci certosini nel museo della Grande Chartreuse. Vi erano esposte 80 opere antiche e moderne, dal 1615 al 2014, con l’intento di scoprire l’anima di San Bruno e di mostrare come la sua paternità rimane straordinariamente presente ancora oggi”. “Il film – viene sottolineato - utilizza molto questa magnifica base iconografica, di cui gran parte non era mai stata prima presentata al pubblico. Nel documentario tutta la vita di San Bruno viene raccontata quasi unicamente attraverso le antiche cronache, illustrate con delle riprese fatte nei luoghi dove Bruno ha vissuto, in Francia e in Calabria. Vi si ascoltano anche importanti testimonianze dei suoi contemporanei, fra i quali Pietro il Venerabile, come anche brani delle Consuetudini di Certosa la primissima regola dei Certosini scritta da Guigo quinto priore di Chartreuse”. Centrale è il percorso spirituale del Santo di Colonia che, dopo essere stato uno dei più eminenti studiosi di teologia del suo tempo, attratto dalla vita eremitica dei primi Padri del deserto, decise di lasciare l’agitazione del mondo e abbandonare “le ombre fugaci del secolo” per mettersi alla ricerca del “Dio vivente”. Giunto nel 1084 nella valle di Chartreuse con sei compagni vi inizia, nell’austerità delle montagne, una forma di vita monastica, interamente votata a Dio, unica in Occidente per il suo equilibrio di solitudine e di comunione. “Il film – viene ancora rilevato - rende molto bene l’itinerario affascinante della vita di quest’uomo che ha attraversato l’Europa (Colonia, Reims, Chartreuse, Roma, Calabria), spinto sempre più dal desiderio di una vita umile e solitaria nascosta in Dio e trascinando con sé una gran moltitudine di monaci e monache nel corso dei secoli: l’Ordine Certosino. Nella seconda parte del documentario viene quindi evocata quella vita monastica che da lui è stata iniziata e che, dopo più di nove secoli, si svolge immutata, ancora oggi in questi monasteri di silenzio. Gustando questo film – è l’anticipazione per i devoti - si comprende come sia possibile cogliere un’analogia tra la bellezza sensibile espressa dalle opere d’arte o dai luoghi in cui Bruno ha vissuto e la bellezza spirituale che irradia dalla sua santità. Segno di contraddizione per la nostra epoca, splendida avventura umana e spirituale di ogni tempo e di oggi in particolare, il silenzio e la sete di contemplazione che hanno preso San Bruno ci parlano ancora e ci attirano”.

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Bruno Maria Tedeschi, il vescovo che riportò i certosini a Serra

 Serra vanta una lunga tradizione di uomini fede. Tra i tantissimi sacerdoti che la cittadina fondata da san Bruno ha donato alla Chiesa, ben cinque ( per leggerne i nomi clicca qui)  sono assurti al rango di vescovi. Del primo, Domenico Antonio Peronaci, vescovo di Umbriatico dal 17 novembre 1732 al il 5 febbraio 1775, ce ne siamo occupati qui. Dopo la morte di Peronaci, Serra dovette  aspettare il novembre del 1834 prima che un altro suo figlio, Bruno Maria Tedeschi, assumesse la guida di un’importante diocesi come quella di Rossano. Come riportato nella “Platea”, la  cronistoria redatta da i cappellani della chiesa Matrice di cui Tedeschi era stato per lungo tempo arciprete, si trattò di una nomina del tutto “inaspettata” anche perché “non era uomo di rapporti”. La carenza di una rete di buone relazioni fu però compensata dalla grande “dottrina”. “Cultore appassionato delle lingue classiche predicatore e conferenziere acclamato e richiesto perfino dalla accademie napoletane si distingueva particolarmente come studioso di questioni teologiche. Capace di sostenere lunghi ed eleganti conversazioni anche in latino e in ebraico dava immediata all’interlocutore la misura del proprio sapere, unito  ad una assai intensa spiritualità”. Tutte doti che indussero papa Gregorio XVI a nominarlo arcivescovo di Rossano. Preso possesso della sua diocesi il 30 aprile, Tedeschi si segnalò fin da subito per lo spiccato dinamismo e per la determinazione con la quale cercò di riformare i rilassati costumi dei suoi nuovi fedeli. Consapevole che il migliore insegnamento si trasmette con l’esempio, pensò fosse necessario formare una nuova generazione di sacerdoti più attenti alla vita spirituale che a quella materiale. Ad offrirgli l’opportunità di mettere in pratica la sue idee, fu un evento nefasto, il terremoto del 1836 che danneggiò pesantemente l’episcopio. In quell’occasione mise in moto la macchina della ricostruzione che portò, tra le altre cose, all’edificazione di un seminario con lo “scopo di evitare che durante le vacanze i seminaristi, soggiornando in famiglia, si allontanassero dall’ambiente nel quale dovevano formarsi”. Lo zelo con cui attese al suo ufficio, non lo distrasse del tutto dalle vicende che riguardavano il suo paese natale. La sua attenzione fu rivolta in via prioritaria alla riapertura della Certosa, chiusa dopo il terremoto del 1873. A tale scopo avviò una lunga opera “diplomatica” che produsse gli effetti sperati. Come riportato da Taccone e Gallucci nelle Memorie storiche della Certosa de’ Santi Stefano e Brunone in Calabria “l’ egregio Arcivescovo accompagnò egli stesso in Serra il P.D. Paolo m. Gerard, Priore della Certosa di S. M. degli Angeli in Roma e Procuratore Generale dell’Ordine, nonché i suoi compagni Fr. Domenico Terzuoli e Fr. Alessio Moschettini. Qual delegato Pontificio per Regio, diede il Tedeschi ai 29 marzo 1840 solenne e legale possesso della Certosa di S. Stefano, con grande consolazione generale approvazione”. Fu una delle sue ultime visite a Serra, tre anni dopo, il 19 gennaio 1843, nel corso di un viaggio, intrapreso per raggiungere Napoli, venne colpito da “idropisia toracica”, ovvero un accumulo di liquidi a livello polmonare, mentre si trovava a Salerno. I suoi resti mortali vennero deposti nella cappella delle Reliquie del duomo di san Matteo, il Santo patrono della città campana. Dieci anni dopo, nel 1853, un suo illustre estimatore, il conte archeologo Vito Capialbi, dettò e fece deporre una lapide con il seguente epitaffio: “ Alla memoria di Bruno Maria Tedeschi, arcivescovo di Rossano, illustrissimo per eloquenza e scritti, caro a tutti per virtù e cortesia, che mentre intendeva andare a Napoli morì a Salerno 14 giorni prima delle Calende di febbraio  1843. Visse anni 63 mesi 9 giorni 14. Il conte Vito Capialbi cavaliere di San Gregorio Magno e San Luigi, cubiculario di SS papa Pio IX, affinché il sepolcro dell’amico benemerito non cadesse privo del titolo nell’anno della Beata Salvezza 1853".

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Un Centro studi bruniani per Serra

Un Centro Studi Bruniani a Serra? Perché no! Si avvicina, ormai, dirompente il tempo ( aprile 2016) delle celebrazioni per il IX centenario della morte del Beato Lanuino, l’immediato successore del Santo Patriarca Brunone di Colonia ed è come rinnovare lo spirito e l’ansia di conoscere e studiare ancor di più. Beh, per questo importante appuntamento storico – religioso, perché non regalare ai Certosini, ai Serresi, ai Calabresi, al mondo intero un Centro di divulgazione del pensiero e della figura del nostro Santo e di Lanuino e approfondimento di mille anni di storia certosina e serrese insieme. È tanta e qualificata, ormai, la letteratura attorno alla Certosa che necessiterebbe maggiori studi e più propriamente un regesto di tutte le opere anche di quelle archeologiche già in nostro possesso e di quelle future. Appunto, un Centro Studi Bruniani. Per la verità, l’idea era stata già avanzata durante i giorni dell’ “Anno Bruniano” del 2001-02 e il sindaco del tempo ebbe a dire che era giunto il tempo di “cominciare a riflettere seriamente sulla possibilità di valorizzare la nostra cultura, promuovendo tutte le iniziative necessarie”, tradotto, “istituire nel nostro comune un centro di studi bruniani capace di aggregare quanti intendono seriamente dedicarsi alla ricerca sul Santo di Colonia.” In modo permanente. L’idea era stata accolta con entusiasmo anche dal comitato scientifico nazionale coordinato dal prof. Pietro De Leo. Ma a quanto pare è intervenuto il dimenticatoio! Orsù, riprendiamo il discorso, rimettiamo in moto l’iter cominciando a coinvolgere anche e soprattutto l’Università della Calabria e i tanti soggetti iniziatori. Non se ne dimentichi quel sindaco del tempo che oggi siede in Parlamento e riprenda il cammino! Che non vada perduto quanto fin qui realizzato e studiato, perché il tutto è un prezioso scrigno per la cultura calabrese altrimenti si rischia che mai “si po’ vidiri l’arva!”

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Il miracolo della "Manna" e il ritorno dei certosini

Non è un rapporto temporalmente lineare quello tra la Certosa e Serra. Ci sono state, infatti, fasi storiche in cui i discepoli di san Bruno sono stati costretti dagli eventi avversi a lasciare la “cittadella dello spirito” eretta dal fondatore del loro ordine. Dopo il passaggio ai cistercensi, nel 1192, i certosini dovettero, per la seconda volta, lasciare le Serre in seguito al decreto di Giuseppe Bonaparte del 13 febbraio 1807 con il quale, tra l’altro, erano stati chiusi i conventi con meno di 12 frati. Già minata dalla terribili e disastrose conseguenze del terremoto del 1783, la Certosa rimarrà disabitata fino a quando, l’Arcivescovo di Rossano, il serrese Bruno Maria Tedeschi, non attiverà tutte le sue conoscenze per agevolarne la riapertura. L’iniziativa, come riportato da Taccone e Gallucci nelle Memorie storiche della Certosa de’ Santi Stefano e Brunone in Calabria, trova il favore del “gran Priore Generale della Certosa di Grenoble P.D. Giov. Battista Mortaiz e del Capitolo Generale Certosino. Laonde stabilite le relative pratiche, finalmente l'egregio Arcivescovo accompagnò egli stesso in Serra il P.D. Paolo m. Gerard, Priore della Certosa di S. M. degli Angeli in Roma e Procuratore Generale dell’Ordine, nonché i suoi compagni Fr. Domenico Terzuoli e Fr. Alessio Moschettini. Qual delegato Pontificio per Regio, diede il Tedeschi ai 29 marzo 1840 solenne e legale possesso della Certosa di S. Stefano, con grande consolazione generale approvazione”. Nel maggio dello stesso anno, il capitolo generale, elegge Stefano Franchet nuovo priore della Certosa. Nelle more dell’insediamento la casa religiosa viene gestita da un certosino francese, padre Taddeo Supries. L’anno successivo, accompagnato da due oblati, Maurizio Gabrielli ed Arsenio Compain, arriva a Serra anche il nuovo priore che avvia, immediatamente, una frenetica opera di recupero delle strutture danneggiate dal terremoto. Tuttavia, l’avversità delle condizioni generali e le ristrettezze economiche inducono Franchet e Gabrielli a lasciare Serra. A presidiare la Certosa, rimane, quindi, soltanto padre Compain che non si scoraggia e cerca, con pervicacia, di recuperare il patrimonio artistico sottratto alla Certosa dopo il terremoto del 1783. Uno zelo che pagherà con la vita, dal momento che verrà assassinato il 21 ottobre 1844. Morto l’unico inquilino, la Certosa ritorna ad essere desolatamente disabitata. Quando pare, ormai, destinata al definito abbandono, nel 1852, il sindaco di Serra, Vincenzo Scrivo, trasmette alla corte di Napoli una petizione nella quale chiede la concessione di una rendita destinata a sostenere il ritorno dei certosini. Nell’attesa dell’espletamento delle formalità burocratiche, un evento prodigioso preannuncia l’imminente ritorno dei “monaci”. Nel giugno 1856 si manifesta quello che i serresi considerano un inequivocabile segno divino. Ogni mattina, infatti, sugli alberi che circondano la chiesa di Santa Maria del Bosco si forma una specie di brina di colore bianco, lo stesso della cocolla dei certosini. Per i fedeli si tratta di un prodigio, tanto più che la “brina”, una volta svanita al sorgere del sole, lascia una pellicola bianca dal gusto dolcissimo che i bambini leccano con cupidigia. Il segnale celeste non tradisce le attese ed il 4 ottobre 1856 dom Vittore Nabatino prende possesso della certosa Serrese. Il 17 aprile del 1857, il nuovo priore, dopo un breve viaggio a Napoli, ritorna a Serra con cinque fratelli che lo coadiuvano nell’opera di ripristino della Certosa. La rinascita a nuova vita del monastero viene suggellata il 30 maggio con la traslazione delle “Sacre Reliquie” cui concorrerà una folla di fedeli proveniente da ogni dove. Passeranno meno di due lustri e nel 1866 in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, la presenza dei Certosini verrà messa nuovamente in discussione, ma questa è un’altra storia.

 

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Vecchi e nuovi scavi archeologici a Santa Maria del Bosco

Il primo decennio del ‘900, è risaputo, è stato il felice periodo di un’imponente campagna di scavi archeologici e buona parte della Calabria bruzia, magnogreca e romana ne è stata interessata. Da Crotone a Sibari, da Cirò a Caulonia e tante altre località sono state teatro di interesse per il famoso archeologo Paolo Orsi. A lui il merito di aver scoperto, tra le altre bellezze, l’acrolito di Apollo Aleo a Cirò Marina e il “mosaico dei delfini” a Capo Colonna. Però inspiegabilmente quella campagna non si affacciò sull’entroterra delle Serre, se non solo a Stilo. A Paolo Orsi è possibile che sfuggisse l’architettura normanna? Non sapesse della fondazione cenobitica nel bel mezzo delle montagne tra Stilo e Arena? O forse c’è stato dell’altro: difficoltà logistiche, carenza di risorse o cos’altro? O forse più semplicemente l’area montana delle Serre vibonesi non è stata mai pensata come area archeologica, ignota nelle carte degli studiosi? Non è possibile che ci si è sbagliati a fermare l’indagine archeologica solo sulla storia e sui siti prima del Mille? Sta di fatto che la campagna di scavi dell’Orsi non toccò il primo nucleo cenobitico di Santa Maria del Bosco, l’antico eremo dove visse e morì il patriarca Bruno di Colonia, fondatore della Certosa di Serra San Bruno. Un primo tentativo di ricerca, seppur molto approssimativo in termini tecnico-scientifici, si è operato negli anni che vanno dal 1968 al 1973, voluto dal Priore del tempo Willibrando Pnemburg.  L’esito non è stato, come si potrebbe pensare, povero, anzi: rinvenuti frammenti di pavimento e un gruppo di ossa umane, oggi visibili nella chiesetta di Santa Maria. Scrive il serrese Silvano Onda in “L’Eremo di Santa Maria della Torre” ( Ed. Pellegrini, Cosenza 1992) che: “i pochi resti archeologici rinvenuti a Santa Maria sono molto preziosi poiché costituiscono dei campioni su cui, in futuro, dovranno, visto che non è stato ancora fatto, essere studiati in tutte le loro eventuali componenti.” E non solo.  Onda stimola a fermare l’attenzione  sul frammento di pavimento “ nella sua tipologia, struttura, decorazione, tipo di materiale, sistema di costruzione del pavimento stesso e suo inserimento in un possibile arredamento generale con la chiesa…”. Di questo passo chissà che non si potrebbe arrivare alle tecniche costruttive dell’antica Certosa e ai suoi misteriosi edifici dentro e appena fuori. E allora ben venga un ulteriore tentativo di scavo archeologico come anticipato, in esclusiva dal nostro giornale, ilredattore.it, nei giorni scorsi. Nei prossimi mesi, con rilievi geo-topografici, dovrebbero (quanto mi piacerebbe non dover usare il condizionale), iniziare le operazioni di scavo alle direttive dell’archeologo medievalista Francesco Cuteri, di origini serresi. Anche questa volta l’iniziativa è generata dalla Certosa col suo Priore dom Basilio Tribellato con la collaborazione del Parco Naturale Regionale delle Serre.  Una cosa è certa: questa campagna di scavi non si mostrerà approssimativa e affidata a volontari perché, come ammonisce Silvano Onda, “tutta l’area cenobitica di Serra, in quanto ‘zona sacra’, ha bisogno di un’indagine sistematica artistico monumentale e storica promossa da un ‘centro’ o dalla stessa certosa purché in stretto collegamento con la soprintendenza al fine di giungere a delineare con maggior sicurezza il fenomeno del monachesimo certosino…”.

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Riqualificati Certosa di Serra San Bruno e Santuario di Santa Maria del Bosco

Il Parco Naturale Regionale delle Serre ha concluso l’imponente operazione di riqualificazione mirata dei punti più importanti della Certosa di Serra San Bruno e del Santuario mariano di Santa Maria del Bosco. L’intervento straordinario è stato messo campo in occasione della seconda giornata del X Cammino regionale delle Confraternite della Calabria che si terrà domani 19 settembre 2015 a Serra San Bruno nell’Arcidiocesi di Catanzaro - Squillace dove è previsto un cammino penitenziale in abiti fraterni e la concelebrazione di una Santa Messa  davanti al Santuario nella atmosfera dell’antico Eremo di Bruno di Colonia; e in occasione dei festeggiamenti in onore di San Bruno, fondatore dell’Ordine dei certosini, la cui ricorrenza del dies natalis è il 6 ottobre prossimo. I lavori – eseguiti in pieno accordo col Padre Priore Dom Basilio Trivellato - hanno impegnato diverse squadre di lavoratori e hanno riguardato  sia l’interno che l’esterno del millenario monastero certosino. Gli interventi del personale del Parco unitamente a quello del progetto “Natura e turismo” voluto da Calabria Lavoro, si sono occupati dell’invasione di edera delle mura della cinta turrita, sia della pulizia straordinaria di prati e aiuole, della pavimentazione di scheggiano di granito a schiena d’asino che porta alla chiesa conventuale, della pulizia del cimitero certosino, di porzione del manto stradale antistante al monastero, del percorso interessato dal cammino penitenziale e da quello del busto reliquiario di Bruno di Colonia che verrà portato in processione, del laghetto nel quale il Santo di Colonia faceva penitenza immerso nelle gelide acque e della cura generale del Santuario.  «L’operazione che si è appena conclusa – ha detto il Commissario straordinario del Parco delle Serre Antonio Errigo - rientra in un più ampio progetto che la gestione del Parco ha messo in campo con l’intenzione di compiere la riqualificazione dei luoghi più importanti e maggiormente rappresentativi del territorio ricompreso nel perimetro dell’Area protetta. La strada intrapresa, quella della collaborazione con il monastero certosino e con il Priore della Certosa, Dom Basilio Trivellato, porterà ad un protocollo d’intesa attraverso il quale l’Ente di tutela ambientale si occuperà, in alcuni periodi dell’anno attraverso mezzi e personale proprio, della cura dell’antico Eremo di Bruno di Colonia e della Certosa di Santo Stefano».

 

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