Traffico internazionale di stupefacenti, confiscati beni per oltre 1,3 milioni di euro

Al termine delle indagini eseguite nell’ambito dell’operazione denominata “Puerto Connection”, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica della città dello Stretto, i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un decreto di confisca, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del locale Tribunale, di beni immobili, autovetture e disponibilità finanziarie per oltre 1,3 milioni di euro.

Destinatario del provvedimento è il 36enne Antonio Femia, già indagato nell’ambito dell’operazione “Puerto Liberado” volta al contrasto del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, ed arrestato a gennaio del 2015 dopo una latitanza di oltre sei mesi.

Ritenuto affiliato con i ruoli, nel tempo, di “picciotto”, “sgarrista” e  “camorrista” alla cosca di ‘ndrangheta Ursino egemone nel territorio del comune di Gioiosa Ionica, Femia è considerato dagli inquirenti uno dei promotori di un' associazione per delinquere dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il 36enne, mediante continui viaggi in Sud America, era in grado di interfacciarsi con una serie di sodali e fornitori di cocaina al fine di far arrivare al porto di Gioia Tauro ingenti quantità di sostanze stupefacenti.

In ragione delle evidenze investigative, confermate nel giudizio di primo grado, i finanzieri hanno avviato, in sinergia con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, l’approfondimento dei profili patrimoniali e finanziari dell’attività illecita, al fine di far emergere eventuali ricchezze non giustificate, alla luce dei redditi dichiarati e dell’attività economica svolta.

Le attività hanno, quindi, permesso alle fiamme gialle d' individuare: una villa con finiture di pregio, un appartamento, tre terreni, un' impresa, due autovetture, cinque rapporti finanziari (oltre a 128 mila euro in contanti). I patrimonio, del valore di 1.348.567 euro, era nell’effettiva disponibilità di Femia.

Pertanto, dopo essere stati sottoposti a sequestro, i beni sono stati confiscati.

Salgono, così, a 5.681.258,98 euro i valori dei beni mobili, immobili e finanziari complessivamente confiscati alle persone coinvolte dell' operazione “Puerto Connection” 

'Ndrangheta, sequestrati beni per mezzo milione di euro

Beni immobili e prodotti finanziari intestati al 29enne Giovanni Siclari ed al suo nucleo familiare, sono stati confiscati dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.

In virtù del provvedimento, l’uomo è stato sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di tre anni.

In particolare, Siclari è ritenuto affiliato alla cosca reggina dei “Serraino”, una delle consorterie criminali più agguerrite che esercita la propria egemonia sui territori di Cardeto, Gambarie e, nel capoluogo reggino, nei quartieri San Sperato, Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa.

Il 29enne è stato incaricato da sodalizio mafioso di eseguire, assieme ad altri consociati, vari danneggiamenti a scopo intimidatorio ed estorsivo nel centro cittadino e nella zona di Modena San Sperato-Cataforio. Per il ruolo rivestito e per la responsabilità accertate nei singoli episodi, Siclari è stato condannato in via definitiva a 10 anni di reclusione.

A conclusione del procedimento di prevenzione, è scattata, pertanto, la confisca di un appartamento, due garage, un conto corrente e due polizze vita, il tutto  per un valore di circa 410 mila euro.

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'Ndrangheta: maxi confisca da oltre 5 milioni di euro

La Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un decreto di confisca beni emesso nei confronti di Domenico Passalacqua, 66enne nativo di Reggio Calabria, operante nel settore della ristorazione, ritenuto imprenditore di riferimento della cosca Buda-Imerti, egemone a Villa San Giovanni e Fiumara di Muro (RC).

Già destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nel giugno 2010 dal Gip di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Meta”, il 66enne, nel maggio 2014, è stato condannato alla pena di 16 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso e turbativa d’asta.

Pena ridotta ad 11 anni, nell’aprile scorso, dalla Corte d' Appello di Reggio Calabria.

Con decreti emessi nel 2015, il Tribunale di Reggio Calabria aveva già disposto il sequestro di beni personali ed aziendali di Passalacqua, per un valore di circa 5 milioni e 315.000 euro.

Nel provvedimento di confisca, il Tribunale, a seguito del contraddittorio con le parti, ha rigettato le argomentazioni difensive del 66enne e si è espresso testualmente: “gli elementi  rappresentati non lasciano dubbi circa l’appartenenza di Passalacqua Domenico alla criminalità organizzata ai sensi dell’art.4 del D.Lgs n.159/2011 dato il suo ruolo d’imprenditore di riferimento della cosca Buda-Imerti…omissis…E’ evidente difatti come il proposto si sia relazionato con soggetti appartenenti alla cosca Buda e con elementi di vertice della stessa quali Imerti Antonino e ciò anche al fine di potere conseguire quale imprenditore vantaggi personali da tali relazioni e ciò non lascia dubbi in ordine alla sua appartenenza alla suddetta consorteria…”.

Le indagini patrimoniali eseguite dalla Dia, hanno consentito, in particolare, di acclarare una evidente sproporzione tra i redditi dichiarati dall'imprenditore ed i beni nella sua disponibilità. Ne è quindi conseguito il provvedimento di confisca di un patrimonio di circa  5 milioni e 315.000 euro, costituito da:

-   quote di partecipazione relative a 2 società di capitali (ubicate a Villa San  Giovanni(RC)) operanti ,rispettivamente nel settore della somministrazione di alimenti e bevande (Bar-Gastronomia) e della ristorazione anche a bordo delle navi di una società preposta all’attività di traghettamento privato nello Stretto di Messina;

- un panificio di Villa San Giovanni (RC);

-   13 beni immobili tra ville, appartamenti, attici e terreni, ubicati a Villa San  Giovanni (RC);

-   un'autovettura di lusso modello Porsche Carrera 911;

- un'imbarcazione da diporto a motore, Coverline Cabin 8.30, della lunghezza di circa 8 metri;

-   disponibilità finanziarie.

A Passalacqua è stata inflitta, inoltre, la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 3 anni e 6 mesi.

 

'Ndrangheta, beni per un milione di euro confiscati al figlio del boss Crea

Al termine di un’articolata attività investigativa di natura patrimoniale coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, la Polizia di Stato ha messo a segno un ulteriore attacco agli interessi criminali della ‘ndrangheta.

Su proposta del Questore della Provincia di Reggio Calabria, effettuata sulla scorta degli accertamenti di natura patrimoniale eseguiti dalla Divisione polizia anticrimine, il locale Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto la confisca dei beni immobili nella disponibilità di Giuseppe Crea di 39 anni, figlio di Teodoro, 78enne boss indiscusso dell’omonima cosca, arrestato il 29 gennaio 2016, dopo dieci anni di latitanza.

La misura rappresenta la naturale evoluzione delle indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e coordinate dalla Dda reggina nell’ambito dell’operazione “Deus”, a conclusione delle quali, nel 2014, era stata data esecuzione a un’ordinanza con cui erano state disposte, nei confronti di 16 persone, le misure della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari per i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni e truffe all'Unione europea.

In particolare, l’attività investigativa aveva evidenziato l’assoluta egemonia della cosca Crea, esplicata sul territorio come una vera e propria “signoria”, sia nell’esercizio delle tradizionali attività criminali, che nel totale condizionamento della vita pubblica, tanto da determinare, nel 2011, lo scioglimento del consiglio comunale di Rizziconi.

Nel corso delle indagini, era emerso, inoltre, che nonostante fosse latitante dal 2006, attestando falsamente di essere un imprenditore agricolo, Giuseppe Crea era riuscito ad ottenere dall’Agea, contributi comunitari relativi al Piano di sviluppo rurale per, 180 mila.

Le indagini patrimoniali hanno dimostrato la sproporzione tra i redditi percepiti ed il patrimonio direttamente o indirettamente riconducibile a Crea.

Accogliendo le risultanze delle investigazioni patrimoniali, il Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Reggio Calabria, ha pertanto disposto la confisca dei seguenti beni ubicati nel Comune di Rizziconi:

  • 1 unità immobiliare adibita ad abitazione a piano terra con ampia corte;
  • 6 fabbricati adibiti a stalle;
  • 1 unità immobiliare adibita a caseificio, completo di attrezzature;
  • 5 appezzamenti di terreno di vaste dimensioni.

 Il valore dei beni confiscati ammonta complessivamente a circa 1 milione di euro.

Beni per 8,5 milioni di euro confiscati ad imprenditore calabrese

Beni mobili ed immobili per un valore superiore agli 8,5 milioni di euro sono stati confiscati dal Gruppo della guardia di finanza di Lamezia Terme.

Destinatario del provvedimento, disposto dal Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica, un imprenditore lametino, che avrebbe accumulato una fortuna, soprattutto con i proventi derivanti dall’usura.

La confisca rappresenta l'esito delle indagini, grazie alle quali, le fiamme gialle sono riuscite a dimostrare la sproporzione tra i beni confiscati ed i redditi dichiarati dall’imprenditore.

Il provvedimento ha interessato una molteplicità di beni tra i quali:

- due ville ubicate in un residence turistico della riviera tirrenica;

- un fabbricato adibito ad uffici ed un magazzino ad uso commerciale ubicati nel centro cittadino;

- una lussuosa villa collocata nella zona montana di Lamezia Terme, con annessa piazzola di atterraggio per elicotteri;

- una grande struttura adibita ad hotel e ristorante ubicata nell'hinterland lametino;

- una grande struttura adibita ad attività commerciale ubicata nella periferia lametina;

- 15 appezzamenti di terreni – agricoli ed edificabili;

- una ditta individuale operante nel settore dell'edilizia;

- quote societarie ed intero compendio aziendale di due società operanti rispettivamente nel

settore della ristorazione e della compravendita di immobili;

- quote societarie ed intero compendio aziendale di due s.r.l. Operanti nel settore edile;

- quote societarie ed intero compendio aziendale di una società di persone operante nel settore del commercio di preziosi ed immobiliare;

- quote societarie di una s.r.l. Operante nella ristorazione e caffetterie;

- quote societarie di una s.r.l. Operante nel settore delle scommesse.

Alcuni dei beni sottoposti a sequestro sono risultati intestati anche a presunti prestanome.

Infatti, nell'ambito di un parallelo procedimento penale, istruito sempre dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, risulta già indagato per intestazione fittizia di beni un uomo che si era intestato le quote societarie di una s.r.l., secondo gli investigatori, al fine di nascondere la reale riconducibilità delle stesse al destinatario della confisca.

 

'Ndrangheta: beni per 2 milioni di euro confiscati ad un 57enne

Beni per un valore superiore ai 2 milioni di euro sono stati confiscati dalla Dia di Reggio Calabria ad un imprenditore di 57 anni.

Destinatario del provvedimento è Vitaliano Grillo Brancati, di Villa San Giovanni, ritenuto "collettore degli interessi economici" della cosca di 'ndrangheta Buda-Imerti.

Arrestato nel giugno del 2010 nell'ambito dell'operazione "Meta" assieme ad altre 41 persone, l'uomo è stato condannato, per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d'asta, a 9 anni e 8 mesi in primo grado, pena poi ridotta a 5 anni e 6 mesi in appello, ed infine assolto nel febbraio di quest'anno dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria, dopo l'annullamento con rinvio della Corte di Cassazione.

La sezione Misure di prevenzione del Tribunale reggino, ritenendolo socialmente pericoloso "per appartenenza alla 'ndrangheta, nell'accezione valida nel giudizio di prevenzione, con un ruolo defilato ma prezioso negli interessi della cosca legati al settore delle aste immobiliari", ha disposto la confisca del suo patrimonio.

Tra i beni oggetto del provvedimento: 7 immobili, tra cui 6 appartamenti di pregio ed un locale commerciale, un'imbarcazione da diporto e varie disponibilità finanziarie.

'Ndrangheta: beni per 350 mila euro confiscati alla moglie di un boss

La guardia di finanza di Crotone ha dato esecuzione alla confisca, emessa dalla Corte d'appello di Catanzaro - Sezione Misure di Prevenzione, di un patrimonio di circa 350 mila euro, costituito da una lussuosa villa e 17 terreni ubicati nei comuni di Petilia Policastro e Mesoraca.

Il provvedimento ha interessato Paola Ceraudo, moglie di Vincenzo Comberiati, ritenuto a capo della cosca di ‘ndrangheta di Petilia Policastro.

I sigilli sono stati apposti in seguito alle complesse indagini patrimoniali coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dall’Aggiunto alla Dda Vincenzo Luberto e dal Sostituto Domenico Guarascio.

La misura è stata emessa dopo il ricorso presentato dalla Direzione distrettuale antimafia, contro il decreto del Tribunale di Crotone che, nell’ottobre 2015, aveva rigettato la misura di prevenzione patrimoniale.

 

'Ndrangheta: confiscati beni per 2,5 milioni di euro

A seguito di indagini patrimoniali, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal Procuratore aggiunto presso la Dda, Vincenzo Luberto e dal Sostituto Procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, la guardia di finanza di Crotone ha sottoposto a confisca un patrimonio di circa 2,5 milioni di euro, nei confronti di vari esponenti della cosca di ‘ndrangheta della famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto, già oggetto di sequestro anticipato nel dicembre 2016.

La misura di prevenzione sia personale ché patrimoniale, richiesta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha colpito Nicola Arena (80 anni), Massimo Arena (52), Pasquale Arena (50), Salvatore Arena (16), Francesco Ponissa (57) e Luigi Tarasi (54); tutti condannati a vario titolo, ad esclusione di Pasquale Aren - per turbata libertà degli incanti, estorsione e usura, reati aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso.

L’esecuzione del provvedimento da parte delle fiamme gialle ha portato sia all’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, nei confronti di 6 persone ritenute organiche alla cosca Arena, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, sia alla confisca, quale epilogo dell’illecito arricchimento di numerosi beni immobili ubicati nelle provincie di Crotone e Pavia, diverse aziende operanti nei settori della coltivazione mista di cereali ed ortaggi e del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari e bevande, nonché polizze assicurative.

 

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