Deioce e certi giudici di oggi

Nel X secolo circa a. C., il popolo dei Medi (Nord attuale Iran) era messo malissimo, in pieno disordine statale. Il vuoto venne riempito, narra Erodoto, da un uomo saggio e autorevole, tale Deioce, cui i Medi si rivolgevano per ottenere giustizia.

Un bel giorno, Deioce disse ai Medi che, a forza di esercitare tale funzione, aveva trascurato i suoi affari; e i Medi gli assegnarono uno stipendio.

Un altro bel giorno, Deioce disse ai Medi che, nella medesima funzione, si era fatto più di un nemico, e rischiava la vita; e i Medi gli assegnarono una scorta armata.

Un terzo bel giorno, Deioce, con la scorta armata, fece un golpe, e divenne re assoluto. Ecco un chiaro esempio di dicastocrazia, ovvero potere politico dei giudici.

Ne potremmo addurre altri.

Nella Sardegna bizantina, c’erano quattro arconti con poteri anche giudiziari. Poi l’Impero si scordò dell’isola, e gli arconti divennero sovrani ereditari. La parola arconte venne tradotta in latino come giudice, e giudice fu un titolo esageratamente pari a re. Ricordiamo Nino Visconti (Purg. VIII), giudice di Gallura; e la giudicissa Eleonora d’Arborea, autrice del codice Carta de logu.

Insomma, nel vuoto dello Stato, i giudici divengono portatori di potere politico.

Successe lo stesso in Italia dagli anni 1970, per due motivi:
- Vuoto dello Stato, quando cadevano i governi Dc, Psi etc, ogni tre mesi e con caduta concordata;
- Ideologia giustizialista, cioè illusione democratica che la legge possa sostituire i valori religiosi, morali, etici e nazionali.

Sono stati però rari i casi di giudici esplicitamente passati alla politica; e, generalmente, fallimentari: Grasso, Ingroia, de Magistris, la Lo Moro…

Il potere di cui parlo non è che un giudice sia passato a fare l’assessore o il ministro; è che il potere giudiziario ha travalicato i suoi limiti, grazie alla facoltà di interpretare le leggi, invece di contentarsi di applicarle e basta.

Così abbiamo il giudice che, per sue buoniste convinzioni, libera lo spacciatore straniero clandestino, e di fatto gli permette di spacciare come “fonte di sostentamento”; e magari spera che il mascalzone si presenti micio micio a farsi processare quando, tra un secolo, ci sarà l’udienza! Ripiglialo! Cucù, sèttete!

Urge la riforma della Giustizia, cioè ricondurre i giudici a fare i giudici e basta; se no, aspettatevi un Deioce.

 

 

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Il vuoto della politica e la supplenza della magistratura

La CEI dice una cosa che dovrebbe essere ovvia: i giudici dovrebbero fare i giudici, e i politici dovrebbero fare i politici; e non viceversa. Si riferisce, certo, all’ultima sentenza della Consulta sulla legge elettorale; ma dopo decenni in cui la magistratura è uscita dai limiti, occupando spazi lasciati vuoti dalla politica.

 La politica, intanto, non riesce a prevenire la corruzione, anzi se ne nutre; giornali e tv sono sempre troppo politicamente corretti, o blandiscono il potere; l’antimafia è palesemente un mestiere che frutta o soldi o notorietà o entrambe le cose; e l’opinione pubblica è acquiescente quando non connivente.

 La magistratura è divenuta così potere giudiziario, ma, se capita l’occasione, anche legislativo ed esecutivo. A loro volta, non è che i giudici siano esenti da critiche; a parte qualche mela marcia conclamata, è ben noto il discredito che circonda la pregevole categoria per i suoi secolari ritardi, rinvii e cavilli.

 Attenti, dunque, alla magistratura. E andatevi a leggere, in Erodoto, la storia di Deioce, com’è che da giudice dilettante divenne giudice professionale, poi dittatore armato, infine re dei Medi.

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