Inquinamento, doppio sequestro nel Vibonese

Gli uomini della sezione di polizia giudiziaria – aliquota carabinieri e Capitaneria di porto, in forza presso la Procura della Repubblica di Vibo Valentia e i militari della locale Stazione, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso d’urgenza su due aree ubicate nel Comune di Maierato.

La misura cautelare scaturisce da un’indagine durante  la quale sarebbe emerso lo stato di notevole degrado, di un’area in cui è ubicato uno stabilimento che si occupa della “messa in riserva e recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi derivanti principalmente dal settore edilizio”.

Nel sito di stoccaggio sarebbe stata realizzata una discarica, nella quale sarebbe stata accumulata una quantità di materiale che supera, di gran lunga, i limiti concessi dalla Regione Calabria.

Situazione analoga sarebbe stata riscontrata in un’altra  area ubicata a ridosso di un’azienda agricola di Maierato, dove sarebbero stati individuati: fresato d’asfalto misto a terreno e scarti di demolizione.

Per poter classificare con esattezza l’entità dei rifiuti accatastati, i militari hanno dovuto impiegare un drone e chiedere supporto ai tecnici Arpacal di Vibo Valentia.

Le ipotesi di reato al vaglio dei magistrati sono quelle di inquinamento ambientale e discarica abusiva.

Inquinamento nell'ex Cgr di Vibo Valentia, due indagati

Vibo Valentia - Inquinamento ambientale e realizzazione di discarica abusiva in concorso. Sono i reati ipotizzati dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia in ordine agli ingenti sversamenti illeciti di rifiuti nell’area della dismessa Compagnia generale resine Sud di Porto Salvo di Vibo, con conseguenti profili di responsabilità ricondotti a Francesco Mirigliani e ad Adolfo Domenico Monteresso, imprenditore nel settore della raccolta dei rifiuti ferrosi. 

In particolare, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria, nelle scorse ore, hanno notificato agli interessati un avviso di garanzia, all’esito di un’inchiesta partita a maggio del 2020. In questo ambito, significativo è stato il sequestro, operato con una decretazione d’urgenza della Procura, di un’area di oltre 100 mila mq, sulla quale le verifiche condotte da una squadra  specializzata di vigili del fuoco di Vibo Valentia hanno evidenziato allarmanti livelli di inquinamento, con sospetti valori di radioattività.

La vicenda ha destato particolare allarme nella popolazione e ha richiamato l’attenzione del ministro dell’Ambiente, che – attraverso il suo staff – si era complimentato con i magistrati vibonesi.

L'indagine ha fatto luce sul notevole degrado dell’area dove aveva sede la dismessa società Cgr, a suo tempo impegnata nella produzione, lavorazione e applicazione di resine sintetiche e nella costruzione di impianti di industria chimica. All’interno del sito, è stato scoperto un ingente quantitativo di rifiuti speciali, anche pericolosi (pneumatici fuori uso, eternit, materiale ferroso), nonché un cospicuo numero di “ecoballe”, stoccate nei capannoni.

L’esame radiometrico eseguito sul luogo, con l’ausilio dei tecnici del Dipartimento Arpacal di Vibo Valentia e Catanzaro aveva permesso di accertare un livello elevato di radioattività all’interno del sito, fatti tuttavia non risultati ascrivibili agli odierni indagati.

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Inquinamento fognario, concluse le indagine preliminari nei confronti di quattro tecnici comunali

Si è conclusa, con il provvedimento di “avviso di conclusione delle indagini preliminari”, l’indagine nei confronti di quattro tecnici del Comune di Scilla (Rc), avvicendatesi dal 2013 al 2018 come responsabili del servizio tecnico, ed accusati di omissione di atti di ufficio e abbandono ed immissione di rifiuti liquidi sul suolo.

L’indagine, condotta dai carabinieri forestali di San Roberto su disposizioni della Procura della città capoluogo, ha preso avvio da un esposto da parte di alcuni cittadini in cui si segnalavano situazioni di degrado ambientale ed inquinamento causato dal reiterato malfunzionamento di un impianto di sollevamento delle acque fognarie ubicato in contrada “Buzzurro-Strada Selle” della frazione Melia del Comune di Scilla.

L’attività investigativa ha svelato che i tecnici comunali responsabili dell’impianto, avvicendatisi negli anni quali responsabili del servizio pubblico, non eseguivano atti del loro ufficio che, per ragioni di igiene, sanità e sicurezza pubblica, dovevano essere svolti senza ritardo.

Nello specifico omettevano, ciascuno per i periodi di propria competenza, di compiere i necessari periodici provvedimenti di adeguamento, potenziamento, manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché la riparazione delle pompe di sollevamento delle acque reflue.

Tale inspiegabile condotta omissiva avrebbe causato, nel tempo, il continuo malfunzionamento dell’impianto, con il conseguente sversamento e ruscellamento dei liquami nei terreni limitrofi sui quali ristagnavano, con tutte le conseguenze che è facile immaginare e che prefigurano il reato, per il tecnico responsabile nel periodo di propria competenza, di “attività di raccolta, abbandono ed immissione di rifiuti liquidi sul suolo in assenza di autorizzazione”.

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Depuratore scarica direttamente nel fiume, denunciate tre persone

Tre persone, tra amministratori e tecnici del Comune di Crosia e gestori dell’impianto di depurazione comunale, sono state denunciate a vario titolo dai carabinieri forestale di Rossano, per inquinamento ambientale, scarico abusivo, deturpamento di bellezze naturali e distruzione di habitat.

La denuncia è scattata in seguito ad un controllo lungo gli argini del fiume Trionto, nel corso del quale i militari hanno riscontrato la presenza d'ingenti quantitiativi di reflui maleodoranti i quali, dopo aver percorso quasi due chilometri si riversavano direttamente nel mar Ionio all’altezza della località “Pantano Martucci” nel Comune di Corigliano-Rossano.

La fonte d'inquinamento è stata individuata nello scarico proveniente dal vicino depuratore del Comune di Crosia.

 

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Soverato, Nicolò Carnimeo racconta i veleni che minacciano il nostro mare

Nei nostri oceani galleggiano cinque, immensi continenti di plastica. Rifiuti che entrano direttamente nella catena alimentare, arrivando all'uomo.

E il nostro Mediterraneo non sta meglio. In particolare l'Adriatico, dove le dotazioni belliche che hanno fatto parte degli scenari militari più o meno recenti giacciono proprio lì, in fondo al mare, facendo defluire sostanze venefiche. Il prof. Nicolò Carnimeo (docente universitario a Bari e scrittore) noto al grande pubblico per i suoi libri e per le apparizioni televisive a Linea Blu, su Rai Uno, ha descritto a Soverato la fotografia del “veleno” che minaccia il pianeta e noi tutti.

Ospite del Rotary Club presso il teatro comunale, Carnimeo ha spiegato la situazione in tutta la sua crudezza: “Stiamo creando un inquinamento che non sarà più reversibile”.

Introdotto dalla presidente del Rotary, Anna Sia, e dal saluto del sindaco, Ernesto Alecci, il relatore ha raccontato i suoi reportage, scritti navigando oltre le rotte convenzionali, nel mare di plastica, nel mare di mercurio e nel mare di tritolo: una enorme discarica, fotografia e conseguenza del modo in cui abbiamo scelto di vivere. Il mondo dell'usa e getta, che ci fa perdere il valore degli oggetti che buttiamo: bicchieri, bottiglie, piatti e tanto altro ancora che finisce “sotto il tappeto”, ovvero in quel mare che è la nostra principale fonte di vita e che abbiamo avuto la capacità di portare sull'orlo di una catastrofe ambientale senza precedenti.

Ma Carnimeo non fa solo denuncia.

Ci consegna anche una speranza: il coraggio di reagire. Ci sono, infatti, uomini e donne che non ci stanno a lasciare questo pesante fardello alle generazioni future e cercano di mutare il corso degli eventi.

“Quello che serve è un cambiamento sociale, nuovi valori di riferimento” ha affermato lo scrittore nel corso del successivo dibattito che ha registrato, tra gli altri, gli interventi di Valentina Mazza, presidente Wwf di Catanzaro, Francesco Papucci, direttore della Eco Management, Natale Naso, Past Governor Rotary, Luigi Aloisio, sindaco di San Sostene e Ulderico Nisticò, storico e pubblicista. 

 

 

Soverato: no a plastica e inquinamento, se ne discuterà in un convegno

Domani, venerdì 22 giugno, alle ore 17,30, presso il teatro comunale di Soverato, si terrà un incontro sul tema dell'inquinamento del mare dalla plastica.

Organizzato dal Rotary Club di Soverato, con il patrocinio del Comune di Soverato, lʼevento potrà essere unʼoccasione di riflessione su nuovi stili di vita, nuovi modelli di produzione, di consumo e di gestione dei rifiuti.

Dopo i saluti di Anna Sia, presidente del Rotary di Soverato e del sindaco di Soverato, Ernesto Alecci, ospite dʼonore sarà Nicolò Carnimeo – docente universitario, scrittore e collaboratore del programma Linea Blu (Rai 1) – che parlerà della sua esperienza di navigatore fra le isole di plastica, «nella più grande discarica del pianeta», racchiusa nel libro «Comʼè profondo il mare. La plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo», edito da Chiarelettere (Milano) nel 2014, giunto in questi giorni alla settima ristampa.

Parteciperanno al dibattito Aldo Perrotta, di Legambiente circolo di Catanzaro -Soverato, Valentina Mazza del Wwf di Catanzaro, Francesco Papucci direttore della Eco Management S.p.A.

 

Inquinamento elettromagnetico, i comuni tutelino la salute dei cittadini

Il decreto Gasparri D.L. 259/2003 ha di fatto liberalizzato il mercato delle telecomunicazioni consentendo cosi a tutti i gestori di telefonia mobile d’installare le proprie antenne previa presentazione del progetto al Comune di riferimento.

Pertanto, in quasi in tutte le città italiane e non solo, le antenne SRB (stazioni radio base) per telefonia mobile e quelle per le trasmissioni radiotelevisive vengono installate ovunque e soprattutto sui tetti dei nostri condomini con grande disappunto degli stessi condomini e di quelli dei palazzi vicini.

Le antenne direttive SRB, infatti, oltre ad avere un impatto ambientale negativo, svalutano il valore degli immobili e raggiungono valori di campo elevati fino a 70 metri dal punto d’installazione.

I valori minimi delle emissioni delle onde elettromagnetiche per un determinato range di frequenza entro i quali un soggetto sano può essere esposto senza conseguenze sono fissati dal decreto interministeriale n°381 del 10 settembre 1998 (campo elettrico pari a 6 V/m; campo magnetico 0,2 A/m; potenza pari a 0,1 W/m2,).

E’ ormai prevalente la convinzione se non la certezza, supportata anche un’ampia bibliografia, che il superamento di tali valori minimi comporti gravi danni alla salute dell’uomo con disturbi quali cefalee, astenia, insonnia,tumori.

In definitiva è evidente la correlazione tra le emissioni di onde elettromagnetiche e la salute delle persone. Non è un caso che a Vibo Valentia ,soprattutto nella zona di viale Accademie, dove notoriamente sono installati le antenne delle principali emittenti radiotelevisive nazionali e quelle per telefonia mobile (SRB), si registrino numerosi decessi (circa 18 in alcuni condomini del quartiere) per malattie tumorali.

Anche negli altri comuni della Provincia si registrano numerosi e frequenti casi di decesso per tumori dovuti anche alle emissioni elettromagnetiche.

In virtù di questi dati allarmanti, penso sia giunto il momento che si applichino tutte le procedure previste dalle normative nazionali e regionali .

La legge approvata dalla Regione Calabria sulle emissioni elettromagnetiche non ha inteso adottare in via cautelativa valori minimi di emissione diversi di quelli previsti dalle leggi nazionali ed ha demandato ai comuni ed alle Province compiti di vigilanza e controllo dell’installazione delle antenne.

Il Comune di Vibo e tutti i comuni della Provincia, dunque, adottino criteri di esposizione cautelativi, pianifichino le installazioni redigendo un proprio piano o regolamento in contradditorio con i gestori ed i comitati dei cittadini che preveda il divieto di un eccessivo proliferare di antenne nello stesso quartiere come succede attualmente nel quartiere di viale Accademie Vibonesi, nominino una commissione di esperti con il compito di eseguire un controllo puntuale sui progetti presentati a corredo delle domande di nuove installazioni.

Predispongano prontamente controlli periodici delle emissioni delle installazioni esistenti e delle nuove installazioni per evitare , come spesso accade, che le potenze di esercizio siano superiori a quelle normalmente dichiarate dai gestori.

I cittadini sono stanchi dell’inerzia delle Istituzioni. Non si possono e non si devono anteporre gli interessi dei gestori alla salute dei cittadini che va tutelata e garantita sempre e comunque.

Un’analisi approfondita di tutti i rischi esistenti, anche in virtù della legge 81/2008, consente di adottare tutti gli opportuni atti e sistemi di prevenzione e protezione.

 

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Il Giro d'Italia, la nave dei veleni ed il senso di colpa dei politici calabresi

Leggo di una “vibrata” e “vibrante” protesta da parte della classe politica calabrese con il presidente della giunta regionale, Oliverio, in testa nei confronti di un cronista Rai, che durante la tappa Pizzo-Praia a Mare del Giro d'Italia ha osato ricordare la cosiddetta nave dei veleni che sarebbe stata fatta affondare al largo di Cetraro.

Tutti i nostri politici hanno in modi diversi ribadito che le indagini esperite in seguito alla denuncia di un pentito di mafia hanno sortito esito negativo, che le dichiarazioni del pentito erano destituite da ogni fondamento, che la successiva pronuncia della magistratura aveva confermato l'infondatezza delle affermazioni fatte dal pentito.

Nessuna nave dei veleni, Il cronista Rai ha, dunque, infangato la Calabria con una ricaduta d'immagine talmente negativa da compromettere seriamente lo sviluppo turistico della zona allontanando i turisti che volessero recarsi in vacanza al mare di Cetraro che ,guarda caso, quest'anno aveva ricevuto la bandiera Blu.

Aldilà delle dichiarazioni dei politici, rimane tuttavia un dato incontrovertibile basato su statistiche e numeri : il numero dei morti in Calabria per tumori è altissimo e supera di gran lunga le percentuali delle altre regioni.

Le cause più comuni sono quelle su cui ormai quasi tutti gli studiosi concordano: presenza incontrollata di amianto sui fabbricati e sui capannoni industriali, inquinamento acustico, elettromagnetico ed ambientale.

Ma queste da sole non giustificano tantissimi decessi. Evidentemente il dubbio che possano esserci altre fonti d'inquinamento è sacrosanto. Tempo addietro un articolo su una testata locale tracciava una mappa molto circostanziata dei possibili siti inquinati da depositi e materiali inquinanti provenienti da altre regioni e da altri luoghi.

È del tutto evidente che manca il controllo del territorio, che gli accertamenti degli organi preposti regionali, provinciali e comunali (Asl, Arpacal, ecc.) sono insufficienti ,carenti, inadeguati o del tutto assenti.

La legge sulla bonifica dell'amianto non è stata mai applicata per mancanza di fondi, il personale delle strutture atte al controllo è insufficiente, le varie Asl hanno istituito da poco un registro tumori per il monitoraggio dei vari tipi di tumori. Insomma un quadro desolante che riconduce all’assenza di una classe politica accorta , previgente e dedita al bene comune.

Le rimostranze alla Rai sono solo una foglia di fico per nascondere colpe più gravi, che non si emendato con semplici dichiarazioni poco credibili di protesta.

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