Renzi chiedeva un programma, ma si è accontentato di un nome

Chi ama la coerenza, si sa, non deve cercarla nei politici, soprattutto italici.

Per fugare qualunque dubbio, basta scorrere la cronaca politica di questi giorni.

Renzi ad esempio, ha ripetuto ossessivamente che per lui i nomi non hanno nessuna importanza, quel che conta sono i programmi.

Infatti, appena ha sentito il nome di Draghi ha smesso di parlare di programmi.

Mai più con Renzi, anzi sì. Cosa non si fa per il bene del Paese

Dal “mai più con Renzi”, alla disponibilità a rifarci un governo insieme, per il reggente del Movimento 5 stelle Vito Crimi, è stato un attimo.

Un’inversione ad “U” arrivata dopo il naufragio dell’operazione con la quale si è cercato di trasformate i voltagabbana in costruttori.

Nella settimana in cui i sostenitori di Conte pensavano di potersi procacciare i numeri per mandare avanti l’esecutivo, sull’ex sindaco di Firenze sono piovute le peggiori nefandezze.

Nel volgere di poche ore, però, lo spartito è radicalmente mutato. Ovviamente, non per bramosia di potere o per quei 340 mila euro che ogni parlamentare vedrebbe andare in fumo se la legislatura dovesse concludersi anzitempo?

No, la riapertura a Renzi è motivata da uno scopo nobile: salvare l’Italia.

"Il Paese non può aspettare e non è accettabile perdere tempo. L'Italia deve avere un governo nel più breve tempo possibile e che possa adottare ogni misura utile e necessaria", ha detto Crimi dopo l’incontro con Mattarella.

La dichiarazione non farebbe una piega se, a noi comuni mortali dotati di un pizzico di  memoria a breve termine, non venisse in mente il contenuto di una nota diramata all’indomani della risicata fiducia incassata al Senato, nella quale 5 Stelle e Pd manifestavano il desiderio di “Accelerare in quella parte di attività di governo che è stata rallentata dagli steccati, spesso pretestuosi, alzati dalle ministre di IV”.  Un'accelerazione che l'esecutivo avrebbe potuto finalmente “mettere in campo”, con il venir meno “dell'ostruzionismo interno di Renzi".

Vista l’autorevolezza di chi le ha pronunciate, non possiamo non credere a quelle parole pesanti come macigni che hanno rivelato al Paese l’identità dei sabotatori.

Ora, però, come si possa immaginare di dare un’accelerata all’azione di governo, facendo affidamento sugli stessi sabotatori che hanno  minato il cammino del Conte bis, è un vero mistero.

Inoltre, sarebbe interessante, capire come, alla luce del precedente, Pd e 5 Stelle possano pensare di affrontare il mare in burrasca con ai remi alleati felloni.

A ciò si aggiunga un dato evidente: la crisi ha rafforzato Renzi, trasformandolo in un novello Ghino di Tacco, con potere di vita o di morte sull’esecutivo.

Dopo aver vinto il braccio di ferro con Conte, il senatore di Rignano è consapevole della sua forza, pertanto, quando ce ne sarà bisogno, gli basterà agitare lo stiletto con il quale li ha già accomodati una volta, per ridurre gli alleati all’ubbidienza.

Una certezza, colta da Alessandro Di Battista, il quale, non vivendo nelle nebbie di chi ha l’esigenza vitale di conservare lo scranno parlamentare, con lucidità, ha notato: “Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico. Significa mettersi nelle mani di un ‘accoltellatore’ professionista che, sentendosi addirittura più potente di prima, aumenterà il numero di coltellate. E ogni coltellata sarà, un veto, un ostacolo al programma del Movimento”.

Come se non bastasse, per Dibba, le “coltellate” di Renzi avranno il potere di “indirizzare i fondi del Recovery verso le lobbies che da sempre rappresenta”.

Una prospettiva poco edificante per un Paese che, con buona pace di Crimi e dei suoi dante causa, non può attraversare la tempesta con al timone una guida posticcia, rancorosa e minata da insanabili diffidenze.

In una situazione del genere, sembra del tutto evidente che le uniche strade percorribili siano un governo di unità nazionale o le elezioni. Tertium non datur!

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Tutta colpa di Renzi

Finalmente abbiamo il responsabile!

La cassa integrazione non pagata, i ristori insufficienti, la mancanza di un piano pandemico per affrontare il Covid, lo spreco dei banchi a rotelle, quello del bonus monopattini, i ritardi nella gestione dell’emergenza. Tutta colpa di Renzi e dei parlamentari d’Italia viva.

Sì proprio lui, l’artefice della nascita del Conte bis, è il responsabile del disastro in cui si barcamena il Paese.

A certificarlo, sono i suoi ex alleati in una nota unitaria nella quale – come riporta l’Ansa – si parla della necessità di “Accelerare in quella parte di attività di governo che è stata rallentata dagli steccati, spesso pretestuosi, alzati dalle ministre di IV per dare risposte ancor più efficaci al Paese".

A tenere il governo con il freno a mano tirato sono stati, quindi, i ministri Teresa Bellanova ed Elena Bonetti.

Sono state loro - evidentemente eterodirette da Renzi - che, pur occupandosi rispettivamente d'Agricoltura e Famiglia, hanno tenuto in ostaggio i colleghi con delega alla Salute, alla Scuola, all’Economia ai Trasporti; impedendo loro di agire tempestivamente per affrontare al meglio l’emergenza provocata dal coronavirus.

A questo punto, viene da chiedersi per quale motivo, anziché aspettare che fossero loro a dimettersi, Conte non le abbia espulse, o meglio allontanate dal governo a calci nelle terga.

Come se non bastasse, durante il dibattito sulla fiducia, ascoltando le dichiarazioni del premier e dei partiti che lo sostengono, avevamo avuto l’impressione che non ci fosse stato alcun ritardo, che l’Italia avesse avuto la ventura di avere il miglior governo che si potesse desiderare e che l’esecutivo avesse fatto tutto ed anche più.

Anzi, in un passaggio del suo discorso, il presidente del Consiglio ha anche riconosciuto l’apporto costruttivo del partito di Renzi nella modifica del Recovery plan.

Oggi, in virtù della repentina inversione ad “U”, scopriamo, invece, che tutto non è andato per il verso giusto, che l’azione di governo ha subito ritardi e che l’esecutivo era tutt’altro che il migliore del mondo.

Preso atto di ciò, le forze che sostengono la maggioranza hanno deciso di recuperare il tempo perso, tanto più che ora, secondo fonti di primo piano del Movimento 5  stelle, " non c'è più il peso dell'ostruzionismo interno di Renzi".

Pertanto, nelle prossime settimane, grazie al sostegno di Mastella e Ciampolillo, il governo conta di  recuperare i ritardi accumulati nei mesi in cui godeva di un solido consenso in  entrambi i rami del Parlamento. Per farlo, però, vista l’assenza di una maggioranza assoluta al Senato, dovrà confidare nel voto favorevole delle opposizioni. In alternativa, dovrà sperare in un allargamento del perimetro della maggioranza, nel quale potrebbero rientrare dalla finestra alcuni parlamentari di Italia viva, ovvero gli stessi che avrebbero tenuto in ostaggio il Conte bis impedendogli di fare ciò di cui il Paese avrebbe avuto bisogno.

Per citare il sempre attuale Flaiano, “la situazione è grave, ma non è seria”

 

 

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Tallini (Gruppo misto): " Il viaggio di Renzi in Calabria è solo una presa in giro"

 “Parafrasando Agatha Christie, ‘un viaggio è un viaggio, due viaggi sono una coincidenza, ma tre viaggi fanno una prova’. E la prova - afferma il consigliere regionale d’opposizione Mimmo Tallini - ci dice che Renzi, saltando anche in questo viaggio il capoluogo della Calabria, ha paura di Catanzaro. Decisamente non sbaglia, visto il fallimento del Pd in città, ma c’è da domandarsi se  un politico che ha l’ambizione di governare il Paese possa fare sosta (senza alcuna ragione plausibile!)  persino in una località prossima a Catanzaro e, al tempo stesso, disdegnare smaccatamente il capoluogo di una regione. Queste scelte - sottolinea Tallini -  svelano non solo miopia politica, ma anche una certa dose di cattivo gusto che, francamente, lascia perplessi. Per la Calabria, poi,  sempre più emarginata dai governi Renzi-Gentiloni, quest’altro viaggio del leader del Pd è un’altra presa in giro. Non c’è popolo ad accoglierlo, come si evince dalle immagini, segno che Renzi non suscita appeal né emozioni, mentre i pendolari calabresi che ogni giorno imprecano contro le inefficienze dei treni, si guardano bene dal credere ai suoi ‘state sereni’ per i quali è universalmente noto”.  

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Ripepi (FdI-An): Renzi a Reggio sfugge il confronto e il PD continua la “saga delle vacche di Fanfani”

Riceviamo e pubblichiamo

"Oggi possiamo ufficialmente decretare la morte della democrazia. Di democratico è rimasto solo il nome di un partito che qui, a Reggio Calabria, sta lasciando dietro di sé terra bruciata. Avremmo tanto voluto dire la nostra a Matteo Renzi che oggi con il suo “Destinazione Italia” ha fatto tappa per pochi minuti nella nostra stazione, giusto il tempo di un paio di salamelecchi facendo finta che fuori, oltre le mura della stazione, non ci fosse nessuno. Noi di Fratelli d’Italia lo attendevamo all’entrata principale ma la cortina di sicurezza ha impedito di avvicinarsi ai treni: di cosa hanno paura lui e i suoi cortigiani? Li aspettavamo, con le mani alzate su ordine di Polizia e Carabinieri (che egregiamente svolgevano il loro lavoro e rispondevano a degli ordini). Pacifici, “armati” di bandiere e di domande, soprattutto domande sulla politica fallimentare piddina riproposta in chiave locale qui in riva allo Stretto. In stazione, stamattina, erano ammessi solo quelli muniti di tessera del PD: gli altri tutti fuori,  cittadini di serie B che, a quanto pare, non meritano risposte e possono continuare benissimo a subire il mesto destino di colonia sfruttata come bacino elettorale e nulla più. Una terra a cui è stata tolta anche la dignità del confronto e la possibilità di far sentire il dissenso.

Avremmo voluto ricordare al “beniamino” Renzi che era stato proprio lui a dirci nell’aprile 2016, firmando i Patti per il Sud al cospetto dei Bronzi, che “dobbiamo impegnarci per creare collegamenti a questo Museo e le strutture necessarie per incrementare i visitatori”, mentre i fatti lo smentiscono spudoratamente non è il suo Governo che ha deliberato strategico l’Aeroporto Firenze Pisa e declassato quello dello Stretto cioè di Reggio e Messina a scalo nazionale con i risultati oggi sotto gli occhi di tutti ? Non è lui che è venuto alle Omeca promettendo mari e monti e poi le ha vendute ai giapponesi ?

Avremmo voluto ricordare a Renzi (lui che aveva detto che “siamo in prima fila con i giudici e con le forze dell'ordine per sconfiggere ogni forma di criminalità”) che la presenza dello Stato, efficace contro il malaffare, la si mantiene anche con delle strutture come l’Agenzia dei Beni Confiscati, declassata e diventata di second’ordine, nel totale silenzio di chi, anziché lottare e “battere i pugni sul tavolo” in difesa del territorio, ha piegato la schiena. Non ci piace questa politica tutta slogan, promesse e niente sostanza, che nel caso reggino ha visto un partito, il PD, farsi una guerra intestina sulla pelle dei cittadini: un sindaco impegnato in una campagna referendaria, giusto dieci mesi fa, che gli aveva fatto sperare di arrivare ai piani alti mentre la giunta era stata azzerata e la città era priva di azione politica, una guida scialba anche dopo la nomina dei nuovi assessori ed una nuova guerra tra Falcomatà e Marcianò per meri interessi carrieristici. Oggi la stessa Angela Marcianò era alla stazione per consegnare il suo documento programmatico per la regione. Quale è lo spessore e la competenza della Marcianò ? Forse molta visibilità! Non si può continuare a mandare avanti persone che non hanno ne arte e parte come lo stesso Renzi se non una dialettica da guitto. Noi volevamo dire al segretario nazionale del PD come lo diciamo ai suoi rappresentanti territoriali che se oggi lo si vuole il PD che governa l’Italia può risolvere la situazione di Reggio e della Calabria colmando il grande gap economico che ci vede ultima regione e ultima città metropolitana d’Italia per esempio facendo insediare nella nostra città metropolitana aziende che di fatto sono di proprietà dello Stato essendo partecipate dalla cassa depositi e prestiti.

Solo i vigliacchi si sottraggono al giudizio degli elettori e preferiscono le porte secondarie e gli escamotage per salvare la reputazione. Oggi, oltre alla morte della democrazia e del sano confronto, ci è stata data una dura lezione di vigliaccheria. Prima o poi bisognerà che i responsabili ne diano conto ai reggini e a tutti: nel frattempo il caro Renzi continui pure a muoversi nelle ombre".

Massimo Ripepi - Consigliere comunale Fratelli d'Italia Reggio Calabria

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Renzi a Capo Vaticano, il sindaco di Serra San Bruno: "Riacquistare la credibilità delle persone ascoltando le loro esigenze"

Tappa vibonese per il segretario nazionale del Partito democratico, Matteo Renzi, il quale oggi è stato a Capo Vaticano, ridente località turistica della costa tirrenica, per incontrare sindaci, amministratori e gente comune nell’ambito del tour “Destinazione Italia”.

L’iniziativa voluta da Renzi ha lo scopo di ascoltare e toccare con mano le esigenze dei territori, parlando e dialogando con le persone che, quotidianamente, sono costrette a far fronte a problematiche di varia natura. Complessivamente sono oltre 100 le tappe in tutta Italia, nelle quali il segretario del Pd cercherà in qualche modo di fare politica in mezzo alla gente, tra le persone vere.

La scelta di Renzi di approdare nel Vibonese è stata accolta positivamente dal sindaco di Serra San Bruno Luigi Tassone: «Non possiamo che essere grati al nostro leader per aver coinvolto anche la provincia di Vibo Valentia nella sua campagna di ascolto. È questa la vera politica e per riacquistare la credibilità della gente dobbiamo partire proprio da un tema fondamentale: ascoltare i territori, farsi carico dei problemi delle persone e cercare di risolverli».

L’approdo di Renzi a Capo Vaticano – dove il segretario democrat è stato accolto, tra gli altri, dal deputato Bruno Censore, dal consigliere regionale Michele Mirabello e da diversi sindaci e amministratori del Pd – rappresenta a giudizio di Tassone «il giusto riconoscimento per l’importante lavoro svolto dalla classe politica in questo territorio e un segnale di attenzione verso il Vibonese. La strada – conclude Tassone - è quella giusta e punta ad un’unica direzione: quella di portare nuovamente il Pd al governo del Paese».

 

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Matteo Renzi a Ricadi, la soddisfazione della federazione del Partito democratico e dei Giovani democratici di Vibo Valentia

"Siamo lieti della presenza del segretario nazionale Matteo Renzi in visita nella nostra provincia. La tappa di Ricadi conferma l’attenzione del Partito Democratico ai territori e al Sud in particolare. Gli impegni presi dal Governo, ai quali sono seguiti investimenti importanti per la Calabria, finalmente al centro di una visione complessiva per sviluppo del Paese. I democratici vibonesi saranno a Ricadi per chiedere ancora maggiore attenzione nei confronti della nostra regione, in modo particolare per l’istruzione e la formazione, l’occupazione e le infrastrutture. Questioni importanti che possono fare della Calabria il fulcro di una nuova fase di crescita per il Sud e per l’Italia".

E' quanto scrivono in una nota congiunta la Federazione del Partito democratico e dei Giovani democratici di Vibo Valentia.

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Renzi tour in Calabria, Ferrara (M5S): prenda gli stessi treni che frequentano i calabresi

“Qualcuno dica a Matteo Renzi che se proprio deve copiare il Movimento 5 stelle lo faccia alla lettera”.

Così Laura Ferrara, eurodeputata calabrese del Movimento 5 stelle sul tour del segretario dei democrat che toccherà anche la Calabria nei prossimi giorni.

“Il povero Matteo, già premier delle promesse e mai dei fatti, Segretario nazionale del partito più indebitato d’Italia,  sarà costretto a scendere dal suo lussuoso vagone privato per cui chiede donazioni agli italiani, e viaggiare in bus. La Calabria non è più terra di treni ed il suo governo non ha certo lavorato per migliorare la situazione del sistema dei trasporti calabrese. Provi a prendere un interregionale, uno di quelli che i numerosi pendolari calabresi sono costretti a frequentare quotidianamente. Capirà cosa vuol dire vivere in una regione che viaggia su treni della speranza in clamoroso ritardo in termini di sviluppo della rete ferroviaria. Non sarà questa ennesima passerella politica a distrarre i cittadini calabresi dalla completa assenza del Governo targato PD, artefice di una legge elettorale vergognosa nata dall’accoppiata Renzi-Berlusconi. Una riforma elettorale che darà all’Italia l’ennesimo parlamento di nominati, gli stessi che già eletti nelle passate elezioni non hanno fatto nulla per questa regione. Se ai calabresi venisse data la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, allora sì che il PD dovrebbe prendere un treno, quello verso la ricerca di un lavoro vero”.

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