Tumori. Completato a Mongiana il posizionamento dei misuratori di gas radon

È stato completato il posizionamento degli esposimetri per la misura del gas radon negli ambienti di vita. 

Il comune di Mongiana, ed in particolare il sindaco Bruno Iorfida, hanno aderito alla progetto di monitoraggio proposto dall’Arpacal e inserito in un programma del Ministero della Salute e dell’Inail con l’intento di realizzare anche sui nostri territori attività di prevenzione. I tecnici  Pietro Capone e Salvatore Procopio dei dipartimenti congiunti dell’Arpacal di Vibo Valentia e Catanzaro hanno posizionato un numero rappresentativo di esposimetri per la valutazione della dose relativa al gas radon, un elemento naturale ma radioattivo che se presente in concentrazioni importanti può essere dannoso per la salute umana. Il radon viene classificato dall’organizzazione mondiale della Sanità come cancerogeno certo (Gruppo 1). Per non fumatori è il primo fattore di rischio per il tumore al polmone.

Gli esposimetri sono stati installati in particolare nell’edificio scolastico, all’interno del MuFar (Museo Fabbrica d’Armi Reali Ferriere Borboniche), nel palazzo municipale e in diverse abitazioni scelte a campione sul territorio.

“Con l’adesione a questo progetto – ha spiegato Iorfida - si vuole garantire sulla salute dei cittadini. La nostra attenzione sulla salubrità del territorio è a 360 gradi. Ringrazio i tecnici dell’Arpacal per il lavoro svolto”.

“Cantieri Aperti”, studenti seguono i lavori di scavo archeologico a Mongiana

Un’esperienza unica e straordinaria, quella fatta oggi dagli alunni delle scuole di Mongiana. Una visita sul cantiere delle Reali Ferriere Borboniche, dove, accompagnati dai professori, hanno potuto osservare, sotto la guida del sindaco Bruno Iorfida e la supervisione del responsabile della Sicurezza sul cantiere, ingegner Raffaele Campese, e il vicesindaco Antonio Primerano, lo svolgersi dei lavori di recupero e di scavo archeologico eseguiti dalla ditta Vet.Ta Costruzioni, che ha permesso di portare alla luce un altoforno in stile italiano, le fucine e il complesso siderurgico in genere, movimentando 7500 metri cubi di materiale.

Gli alunni delle scuole di Mongiana sono stati i primi a visitare il cantiere. 

I discenti hanno così potuto toccare con mano e vedere la maestosità di un’opera che da qui a qualche mese sarà resa fruibile ai visitatori.

Il progetto, denominato “Cantieri Aperti”, ha lo scopo di sensibilizzare i ragazzi alla valorizzazione di quanto di bello c’è nel territorio di Mongiana e farli prendere coscienza e confrontarsi con una realtà storica sconosciuta. 

La visita ha interessato l’intero sito siderurgico, culla dell’industria siderurgica meridionale, mettendo in evidenza l’impegno e il lavoro minuzioso fatto dagli archeologi, per portare alla luce un così importante sito di archeologia industriale. 

I bambini, dopo la visita, sono tornati nelle loro aule arricchiti e meravigliati dalle sorprese che un piccolo comune dell’entroterra ha riservato.

“Sono veramente contento – ha affermato Iorfida – perché oggi ho avuto il piacere di presentare ai ragazzi delle scuole elementari e medie  di Mongiana un cantiere in continua trasformazione, che sarà di impulso alla crescita di tutto il territorio. Mi ha colpito particolarmente la loro espressione stupita e meravigliata. Questo progetto, fortemente voluto dalla mia amministrazione, vuole avere lo scopo principale di far innamorare sempre di più i giovani alla storia di Mongiana, mettendo in luce tutti gli aspetti di un glorioso passato.

Credo inoltre che solo con una corretta propagandasi possa far sviluppare un paese. La cultura e la promozione culturale, soprattutto indirizzata ai più piccoli – ha aggiunto - rappresenta il punto di partenza e di svolta nella crescita di un paese; è dai più piccoli che bisogna partire per ottenere i risultati migliori, coinvolgendoli direttamente ed in prima persona. Infatti non ci può essere cultura senza sviluppo ma allo stesso tempo non ci può essere sviluppo senza cultura.

I giovani devono rendersi conto delle potenzialità che il Comune di Mongiana ha, in quanto il futuro di Mongiana è legato a loro, alla loro voglia di sapere e di fare, ed appartiene a loro. Un ringraziamento va alla ditta Vet.Ta Costruzioni che ha da subito abbracciato l’idea e promosso l’iniziativa e poi alle scuole di Mongiana che hanno accolto con entusiasmo l’idea. Invito le scuole e gli istituti scolastici, di qualsiasi ordine e grado – ha concluso - che vogliono venire a Mongiana a visitare il cantiere di contattare il Comune di Mongiana, per vivere un’esperienza unica e sorprendente a contatto con la storia”.

 

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Mongiana rinasce grazie alla sua storia e rilancia il turismo nel rispetto dell’ambiente

Mongiana è un piccolo borgo montano della provincia di Vibo Valentia, che sorge a circa 921 m di altitudine e che si caratterizza per la folta vegetazione, per le diverse specie di fauna e per la sua breve ma intensa storia. 

Fu fondata nel 1768 sul colle Cima per dare supporto e residenza agli operai, artigiani, impiegati, dirigenti e guarnigioni militari impegnati a svolgere attività produttiva nelle Reali Ferriere, costruite intorno ad essa e lungo il corso alto della fiumara Allaro. Ne ho parlato con il sindaco, Bruno Iorfida.

“Mongiana ha attraversato diversi periodi storici – ci spiega Bruno Iorfida - prima con il Regno di Napoli fino al 1805, poi con i Francesi di Napoleone III (1805 -1815), poi a seguito della Restaurazione con il Regno delle Due Sicilie (1816 – 1861) e, successivamente l’unità d’Italia, il periodo post unitario (1861 – 1881). Nel corso dei decenni si è sviluppata seguendo la crescita del proprio complesso industriale costituito da una fabbrica d'armi, dalle numerose ferriere e dalla grande fonderia contenente tre altiforni alti 11 metri”.

“Quando nel 1852 entra in funzione la grande fonderia, dove erano attivi 3 tra gli altiforni più grandi d’Europa, il Santa Barbara, il Sant’Antonio e il San Ferdinando - continua Iorfida - si produceva la ghisa che veniva lavorata, nelle diverse fasi nella Fabbrica d’Armi. Lavoravano a Mongiana circa 1200 operai. È a Mongiana che furono realizzati i binari della linea ferroviaria Napoli-Portici del 1839 e alcune parti dei primi ponti sospesi in ferro: il Real Ferdinandeo su fiume Garigliano 1832 e il Cristina sul fiume Calore 1834”. 

Continua a raccontare Iorfida che “il Progetto che si sta realizzando a Mongiana, grazie ad un finanziamento con fondi Europei di 2.400.000 euro, è stato suddiviso in una parte immateriale ed una parte materiale. La parte immateriale ha visto la nascita del MuFar, un museo multimediale che racconta la storia sconosciuta di Mongiana, con filmati, ricostruzioni 3d, video immersivi, nonché la scansione dei documenti contenuti nell’Archivio di Stato di Catanzaro. La parte materiale, invece, ha permesso di mettere in luce, grazie agli scavi archeologici, coordinati dalla sovrintendenza ai beni archeologici e culturali della Calabria, i resti della grande fonderia. Sono così stati scoperti le basi di due altiforni in stile inglese e un altoforno quasi integro in stile italiano”.

“La mia speranza, che è quasi una certezza, è quella che Mongiana possa essere un centro culturale non solo a livello regionale, ma anche nazionale e perché no, con il tempo anche internazionale. Le scoperte fatte, il processo di riqualificazione delle fonderie, il MuFar, fanno di Mongiana una meta ideale per chi vuole immergersi in un contesto storico unico, speciale e sconosciuto. Il motto ideato per queste opere è: ‘Mongiana rinasce grazie alla sua storia’, ed è proprio questo l’intento, far ripartire un paese partendo dal suo passato, guardando al futuro”.

Gli innumerevoli visitatori che dopo l’apertura del MuFar fanno tappa a Mongiana, stanno facendo crescere anche la consapevolezza delle potenzialità che le Calabria e questo luogo hanno, soprattutto perché Mongiana non è solo storia ma anche ambiente e natura, grazie alla presenza del Parco di Villa Vittoria, sede dell’Ufficio Territoriale per la Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato, ricco di sentieri e aree pic-nic, sempre nel rispetto dell’ambiente e della natura.

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Trasversale delle Serre: Il sindaco Tassone chiede la rimozione dei divieti al presidente della Provincia di Catanzaro

Il sindaco di Serra San Bruno, Luigi Tassone ha incontrato il presidente della Provincia di Catanzaro, Enzo Bruno. L’incontro è stato richiesto dal primo cittadino del borgo della Certosa - anche a nome dei colleghi di Fabrizia (Antonio Minniti), Spadola (Giuseppe Barbara), Brognaturo (Giuseppe Iennarella), Mongiana (Bruno Iorfida) e Simbario (Ovidio Romano) – per discutere di talune problematiche inerenti la viabilità di competenza della Provincia di Catanzaro. In particolare, i due rappresentanti istituzionali hanno parlato dell’impossibilità, per autobus e mezzi pesanti, di imboccare la “Trasversale delle Serre” nei pressi dello svincolo di Gagliato, a causa del divieto di transito posto al bivio di Satriano Marina. In virtù della prescrizione, i mezzi soggetti al divieto sono, infatti, costretti a percorrere la vecchia “Strada statale 182” che conduce in direzione di Campo Petrizzi. Il sindaco di Serra ha, quindi, chiesto la rimozione del divieto al fine consentire anche ad autobus e ai mezzi pesanti di poter fruire della “Trasversale delle Serre”. Dal canto suo, il presidente Bruno ha dato la sua disponibilità a valutare, con le autorità competenti, la convocazione di un incontro istituzionale finalizzato a trovare una soluzioni definitiva.

Serre: le ferriere itineranti in età moderna

Ricca di acqua e legno, con discrete risorse di minerale di ferro, la Calabria vanta un vecchio legame con l’estrazione e la lavorazione dei metalli. Nell’area delle Serre l’attività fusoria affonda le radici in un passato piuttosto remoto. Quanto le operazioni fossero diffuse lo si può intuire, ancora oggi, da una serie di toponimi che hanno conservato traccia dell’attività che vi si svolgeva. In ogni caso, a dare conferma di ciò che altrimenti potrebbe essere solamente una valutazione di carattere indiziario è Benedetto Tromby, il quale nella “Storia critico-cronologica-diplomatica del Patriarca San Brunone e del suo ordine cartesiano”, riporta l’atto di donazione con il quale, nel 1094, Bruno di Colonia riceve, da Ruggero il Normanno, le miniere ed i forni presenti nel circondario di Stilo ed Arena. La donazione si accresce nel 1173, quando Guglielmo re di Sicilia, aggiunge “[…] et liberartibus minerae aeris ed ferri […]”,  concedendo alla Certosa alcuni contadini ed un mulino “in pertiunentiis Stili”. La lavorazione del minerale si sviluppa con svevi, angioni ed aragonesi che fiutano il vantaggio economico ed iniziano ad istituire “fondachi” e dazi. Le miniere di Pazzano crescono d’importanza durante il periodo angioino, tanto che un documento nel 1333, nel citare il lavoro nelle gallerie di Monte Stella, fa riferimento ad una fonderia di proprietà della Certosa attiva nel territorio di Pazzano. Sia le miniere che le ferriere, non vengono gestite direttamente. A mandarle avanti ci pena l’ “arrendario” , un concessionario che le sfrutta, pagando una rendita in manufatti e in denaro, al re ed al convento. Il periodo d’oro della metallurgia itinerante vive il suo primo declino intorno al 1450, quando gli Aragonesi per favorire i più importanti finanziatori del loro debito, ovvero i ricchi mercanti fiorentini che risiedono a Napoli, favoriscono l’importazione di ferro toscano imponendo dazi proibitivi all’estrazione, lavorazione e commercio del ferro grezzo. “Nel 1520 la ferriera di Stilo risulta inattiva”, mentre le semi abbandonate miniere di Pazzano forniscono il poco materiale necessario ad alimentare le ferriere di Campoli, Trentatarì, Castel Vetere, Spadola e Furno. Quasi sicuramente, a Spadola la lavorazione del ferro avveniva in un luogo, ancora oggi chiamato località “Firrera”, situato lì dove oggi sorge il cimitero. Nel 1523, quale riconoscimento dei servigi ricevuti l’imperatore Carlo V dona a Cesare Fieramosca le miniere e successivamente i forni fusori ed i boschi.  Il fratello del celebre Ettore, più votato alle armi che agli affari non s’interessa granché delle sue nuove proprietà. Tuttavia, l’importanza dell’attivata estrattiva e della lavorazione del ferro è testimoniata da un documento redatto nel XVI secolo, nel quale incaricato dalla Serenissima di tracciare un “Descrizione di tutta l’Italia e isole pertinenti” il frate domenicano Leando Alberti, riferendosi alla vallata dello Stilaro scrive: “dalla marina, lontano quattro miglia, sopra un alto colle si dimostra Stilo, nobile Castello, dietro al quale a man sinistra son le miniere di ferro ove se ne cava assai”. Dopo una annosa vertenza tra gli eredi Fieramosca e Ravascheri che gestiscono per due anni la ferriera di Stilo, la “Regia Camera” al fine di non interrompere l’attività, incarica un ufficiale d’artiglieria, tale capitano Castiello, di dirigerle “in nome e per conto della corte”. Non deve risultare strano la scelta di affidare la gestione delle ferriere ad un uomo d’arme. Quella è l'epoca in cui l’arte di eliminare il prossimo si serve sempre più di un’arma potente e temibile, il cannone. Nonostante ciò, anche in ragione delle fiorenti miniere del Nuovo Mondo, durante il periodo dei vicereami spagnoli, l’industria estrattiva “subisce una lenta contrazione”. Sono gli anni in cui lo stato cede la proprietà delle ferriere, tenendo per se solamente quella di Stilo. Nuovo impulso all’ “industria” siderurgica viene dato dopo il 1734, in seguito alla rinascita del Regno di Napoli guidato da Carlo di Borbone. “La produzione nazionale di ferro si attesta intorno alle 10.000 cantaia, quella dell’acciaio intorno a 1.300. In Calabria se ne producono 2.400, di cui la metà a Stilo. […] tuttavia, l’antiquata tecnica di fusione  detta alla “catalana” non è più sostenibile dal momento che comporta un insostenibile dispendio di carbone. E’ la fine delle ferriere itinerante e l’inizio di una lunga incubazione che, nel 1771, porterà alla nascita del primo nucleo dello stabilimento proto-industriale di Mongiana.

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Storia vera delle "Reali ferriere ed officine di Mongiana"

La Calabria vanta un vecchio legame con l’estrazione e la lavorazione dei metalli. Una storia  ricostruita, nei primi anni settanta, da Gennaro Matacena e Brunello De Stefano Manno nel volume “Le reali ferriere ed officine di Mongiana”. L’insediamento mongianese ha rappresentato “l’ultima testimonianza di un’attività fusiva che in Calabria risale al tempo degli insediamenti commerciali fenici”. Un’attività, nata in ragione di un vantaggio competitivo determinato dalla disponibilità di tutte le materie prime necessarie. La presenza del ferro nelle miniere dei monti Stella e Cosolino che circondano il triangolo Stilo – Bivongi - Pazzano; i ricchi boschi di faggio di Monte Pecoraro e le inesauribili risorse idriche che solcano l’intero territorio. Mongiana, nasce, infatti, in tempi relativamente recenti ed è “una gemmazione” di precedenti piccole ferriere. Una gemmazione dettata da ragioni prettamente economiche. L’enorme consumo di carbone vegetale, “rendeva le ferriere industrie nomadi”, costrette ad inseguire i nuovi boschi dai quali ricavare il carbone necessario ad alimentare gli altiforni. Come ricordano gli autori delle “Reali ferriere ed officine di Mongiana”, “nel 1771, distrutto il bosco di Stilo, i forni giungono in località Cima, detta poi Mongiana dal nome di un ruscello che scorreva sulla Piana Stagliata-Micone”. Intorno al primo nucleo di forni si svilupperà il paese e con l’introduzione delle prime leggi di tutela forestale, la ferriere perderà il carattere itinerante e assumerà quello d’industria stabile. Un primo impulso alla siderurgia calabrese arriva a partire dal 1734, in seguito alla rinascita del Regno di Napoli guidato da Carlo di Borbone e dal suo dinamico primo ministro Bernardo Tanucci. In quel periodo, la “produzione nazionale di ferro si attesta intorno alle 10.000 cantaia, quella dell’acciaio intorno a 1.300. In Calabria se ne producono 2.400, di cui la metà a Stilo”. Si tratta di una produzione di qualità piuttosto scadente, tanto che il sovrano decide di far chiamare a Napoli “due drappelli di sassoni e Ungheri […] Uffiziali istrutti nella metallurgia sotterranea, minatori, fabbri per costruire macchine, uomini esperti nel preparar metalli avanti la fusione, e quanti altri mai potessero abbisognare alla impresa di investigare e scavare miniere”. La pattuglia sassone è guidata dal consigliere Hermann, professore presso l’Accademia mineraria di Freyberg, mentre a capo degli ungheresi c’è un non meglio identificato Fuchs. Ai tecnici viene affidato il compito, da una parte, di effettuare prospezioni del sottosuolo, dall’altra d’istruire le maestranze. “A Stilo prende dimora il sassone Bruno M. Schott” che dirige lo scavo di nuovi filoni. A capo delle ferriere, in qualità di amministratore, viene posto Giovanni Conty il quale, a causa delle difficoltà riscontrate, chiede di essere messo nella condizione di ristrutturare l’intero complesso o in alternativa di essere avvicendato. Con l’ultimatum, Conty trasmette a Napoli la proposta di varare una norma a tutela del bosco ed un dettagliato piano di sviluppo che contiene la proposta di trasferire l’attività in località Cima, alla confluenza dei fiumi Ninfo e Allaro, al centro di fitti boschi equidistanti dalle due coste. La proposta viene accolta ed il Ministero dà il via libera alla realizzazione della nuova manifattura che, secondo quanto riportato dal quarto e quinto direttore della ferriera, Vincenzo Ritucci e Michele Carascona, sorge a partire dall’8 marzo 1771. Il nucleo intorno al quale nasce l’insediamento che assume il toponimo di Mongiana, è composto da due altiforni, coperti da una rudimentale tettoia e quattro baraccamenti. Nel 1789, Ferdiando IV, che nel 1759 aveva preso il posto di Carlo divenuto re di Spagna, fa bandire un concorso per un viaggio di studio in Sassonia, Baviera, Austria, Francia ed Inghilterra. “Scopo del viaggio è studiare la composizione chimico fisica dei minerali, conoscere le nuove tecniche estrattive, avvicinarsi al mondo produttivo e, non ultimo, impadronirsi delle nuove tecniche adottate dall’industria europea”. Il viaggio dei sei vincitori, Carmine Lippi, Giovanni Faicchio, Giuseppe Melograni, Vincenzo Raimondi, Andrea Savaresi e Matteo Tondi si conclude, nel 1797. Ritornati in patria il Governo, determinato a far fruttare le conoscenza acquisite, spedisce in Calabria, Tondi, Melograni, Faicchio e Savaresi che stravolgono tutti i metodi di lavorazione. Le vicende del neonato “stabilimento” s’intrecciano con quelle della Rivoluzione Francese. I lavori per la realizzazione della ferriere non sono rapidissimi. Fino al 1790, Giovanni Conty annota solamente le produzione delle ferriere di Piano della Chiesa. Alla sua morte, l’amministrazione passa al figlio, Massimiliano. Le prime produzioni di un certo rilievo risalgono agli ultimi anni del Settecento, quando la ferriera produce 3.750 cantaia di ghisa, 1.870  cantaia di ferro fucinato, ovvero 337 tonnellate di ghisa e 168 di ferro. Alla lunga gestazione ed alla esigua produzione si aggiunge, nel 1796, il dato che l’artiglieria lamenta la pessima qualità del ferro, i difettosi calibri dei cannoni e l’approssimativa fattura dei proiettili. Al termine della riconquista ad opera del Cardinal Ruffo, nel 1799 Massimiliano Conty, che si era schierato con la Repubblica, viene estromesso dall’amministrazione. Al suo posto arriva Vincenzo Squillace, capomassa delle bande di Cardinale. Ristabilita la situazione, a Mongiana rimarranno solamente Faccio e Savarese, mentre Tondi e Melograni vengono allontanati dal Regno per aver sostenuto la Repubblica. Nel 1800 il Re sancisce il passaggio delle ferriere dal ministero delle Finanze a quello della Guerra e Marina. La direzione d’artiglieria invia i suoi ufficiali a sorvegliare. Sotto l’amministrazione Squillace, vengono perfezionati gli altiforni e diversificate le produzioni delle quattro ferriere (san Carlo, san Bruno, san Ferdinando, e Real Principe). Il prodotto annuale lordo sale a 4.100 cantaia di ghisa e 2.293 di ferro. L’amministrazione Squillace dura fino al 1807 quando, sul trono di Napoli, arriva Giuseppe Bonaparte. Dal 1 gennaio 1808 l’intero stabilimento passa al ministero della Guerra e Marina che lo gestirà per i successivi cinquant’anni. Viene nominato direttore Vincenzo Ritucci, mentre Squillace diventa cassiere. In pochi anni Ritucci ingrandisce e riorganizza lo stabilimento e pianifica la produzione. Intorno agli edifici di produzione sorgono le prime abitazioni destinate ai tecnici ed ai soldati. Nel 1811, Ritucci, la cui gestione aveva sfornato prodotti buoni ma non sempre economici, viene avvicendato dal capitano Michele Carascosa il cui compito è cercare di abbassare i costi di produzione. All’inizio del 1814 arriva alla direzione il capo squadrone d’artiglieria a cavallo Nicola Landi. Nel biennio successivo vengono prodotte 25.197 cantaia di ghisa e 5240 di ferro. Il risultato è notevole, tanto più che è stato raggiunto con 200 uomini in una fonderia di 31 metri per 15 da due malandati altiforni. Dopo la Restaurazione la produzione scende sotto le 4000 cantaia di ghisa, ma si specializza. Nel 1814 entrata in funzione la Fabbrica delle Canne ribattezzata dai Borbone Real Manifettura e Armeria. A partire dal 1815 le canne di fucile vengono spedite alla manifattura di Torre Annunziata. Dopo la Restaurazione, oltre alle armi, Mongiana entra nel mercato delle produzioni civili. Il successo dell’impresa induce il ministero ad inviare in Calabria un tecnico salernitano, Domenico Fortunato Savino che, in seguito all’alluvione del 1849 che danneggia pesantemente il complesso, rivoluziona la produzione e progetta, tra le altre cose, la nuova fabbrica d’armi e le fonderie. Savino aumenta e specializza ulteriormente la produzione, introducendo un nuovo metodo di fusione ed installando la “Tiraferri”, un laminatoio acquistato in Inghilterra. Intanto, dalla fabbrica d’armi, inaugurata nel 1852, partono i semilavorati destinati a Torre Annunziata e Poggioreale. Nel contempo, viene avviata la produzione di un fucile interamente costruito in loco, il modello “Mongiana”. In seguito ad un’inaspettata visita di Re Ferdinando II, nel 1852, il complesso diventa una colonia militare ed il direttore assume i poteri di sindaco. Nasce, così, il comune di Mongiana. A novembre del 1855, una nuova alluvione danneggia la fonderia. Dalla ricostruzione sorgeranno due altiforni gemelli, il san Ferdinando ed il san Francesco, i più grandi attivi in Italia. Grazie alle nuove infrastrutture ed ai 1550 addetti, nel 1857, la produzione, supera le 25 mila cantaia di ghisa. Il 28 agosto 1860, una colonna garibaldina, guidata dal capitano Antonio Garcea raggiunge Mongiana e ne assume il controllo. Ad appena un anno dall’Unità, la produzione si riduce drasticamente. Nonostante l’ottima qualità dei manufatti che, nel 1861, conquistano una medaglia ed un diploma all’esposizione universale di Firenze e nel 1862 una medaglia d’oro all’esposizione universale di Londra, con la legge n. 793, del 21 agosto 1862, Mongiana viene inserita tra i beni demaniali da alienare. Ad acquistarla, sarà un ex sarto catanzarese, un garibaldino giunto per la prima volta a Mongiana, con la colonna di Garcea, Achille Fazzari. La nuova proprietà riavvierà la produzione nel 1881, ma si tratterà di un fuoco di paglia. Dopo soli tre mesi, infatti, l’altoforno verrà spento. Con esso si spegnerà, anche, la speranza di una terra, ancora oggi, alla ricerca di se stessa.

 

 

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Museo della fabbrica d'armi di Mongiana, tutto pronto per l'inaugurazione

Uno sogno che sta per diventare realtà. E' tutto pronto, infatti, per l'inaugurazione del "Museo della fabbrica d'armi reali ferriere di Mongiana". La cerimonia inaugurale, cui prenderanno parte numerose autorità, si svolgerà a partire dalle 16,30 di sabato 24 settembre. L'evento, che rappresenta un momento storico per tutto il comprensorio delle Serre, sarà allietato dalla banda della Reale Accademia filarmonica di Gerace.

Apertura museo di Mongiana, martedì arriva Oliverio

Il presidente della Regione Mario Oliverio, martedì prossimo, sarà a Mongiana per visitare le "Reali Fonderie" e parteciperà ad una tavola rotonda sul tema del rilancio dell'importante sito proto-industriale. La visita del governatore avrà inizio, alle ore 16, con il sopralluogo al cantiere degli scavi archeologici, che hanno recentemente messo in luce interessanti elementi sugli altiforni dell'antico impianto siderurgico. Accompagnato dal sindaco di Mongiana Bruno Iorfida, dai tecnici e dalle autorità locali, Oliverio proseguirà con la visita alla fabbrica d'armi e, in anteprima, al nuovo museo, che verrà aperto al pubblico il prossimo 24 settembre. “Con la visita a Mongiana – viene affermato in una nota dell’ufficio stampa della Giunta regionale - si conferma l'attenzione della Regione verso il territorio delle Serre e verso quel sito culturale interessato da lavori di adeguamento anche con l'impiego di risorse regionali, nazionali e comunitarie”.

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