Olocausto, Tassone: “Dolore ancora vivo, mai più appannamento dell’umanità”

"Ci sono dei momenti che, più di altri, ci spingono a fermarci per riflettere sui comportamenti dell’uomo e sulla fragilità di un sistema sociale che – se non sorretto da una ferma memoria storica - rischia di crollare sotto i colpi dell’egoismo, dell’ignorante intolleranza, dell’incapacità di riconoscere come fratelli i propri simili".

E'quanto si legge in una nota del consigliere regionale, Luigi Tassone (Pd)

"Non è questione di esercizio retorico: semplicemente bisogna rendersi conto che il confine fra umanità e disumanità non è così solido e scontato come possa apparire.
Il triste ricordo - prosegue Tassone - che ogni anno rinnoviamo riguardo al genocidio degli ebrei compiuto durante la Seconda Guerra mondiale non può essere una celebrazione arida, senza emozioni, senza sentimenti.
Deve, invece, costituire un filo che ci lega con un passato contraddistinto anche da terrificanti eventi di cui è stato responsabile l’uomo che non possiamo dimenticare e che deve servirci per rendere solide le fondamenta della società partendo da quelli che sono fatti realmente accaduti. Ed è dai fatti, crudi, che occorre partire.
Fatti che ci parlano di uomini prima derisi e discriminati, poi umiliati, privati della loro dignità, internati, uccisi da altri uomini. Perché appartenevano ad un’altra razza. L’uomo si è reso responsabile del sangue versato a causa della sua malvagità, ha distinto fra uomo ed uomo. Fra ebrei ed ariani. Come se la comunità umana fosse qualcosa di esclusivo, a cui solo qualcuno può appartenere. Ha barbaramente stroncato l’esistenza di altri uomini, di suoi fratelli.
La Shoah è una macchia indelebile della storia dell’umanità: onorare la memoria di chi non c’è più è un gesto doveroso non solo nei confronti di chi ha perso la propria vita durante quel tragico periodo ma anche di chi ancora deve vivere il suo cammino su questa terra.
La conoscenza di ciò che è stato è infatti un mezzo imprescindibile per impedire il ripetersi di vergognosi orrori che hanno segnato l’appannamento della natura umana. E per capire che non c’è differenza fra persone appartenenti a razze diverse, che hanno un diverso colore della pelle, che praticano diverse religioni o che hanno convinzioni politiche o culture diverse. Semmai la diversità è un elemento da valorizzare per arricchirsi umanamente e crescere socialmente.
L’Olocausto - conclude la nota - assume dunque un significato chiaro per ogni singolo componente della comunità umana ed impone un rigetto forte e deciso di ogni forma di antisemitismo e violenza, stroncando subito ogni embrione di estremismo o fanatismo.
Allo stesso tempo, la Shoah è ancora oggi motivo di sofferenza e dolore. Un dolore vivo che il trascorrere del tempo non può attenuare".

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Serra: Scuola e Comune non dimenticano l’Olocausto, venerdì la presentazione del film documentario “Mio padre nel lager”

"Tenere viva la memoria per impedire che una tra le pagine più buie dell’umanità si riconfiguri in un futuro ciclo storico, anche sotto altre, più velate forme. Dall’esigenza di trasmettere i valori della fratellanza rifuggendo da ogni forma di discriminazione e persecuzione, è nata l’idea – condivisa dall’Amministrazione comunale e dall’Istituto d’Istruzione superiore “Luigi Einaudi” – di proporre alle nuove generazioni rappresentazioni e testimonianze di un periodo storico in cui le libertà della persona sono state cancellate ed, anzi, la cieca follia è sconfinata fino a tradursi nel tentativo di eliminazione fisica di un popolo. Interpretando questa volontà di sensibilizzazione delle coscienze e di lettura critica della storia è stata organizzata per venerdì, 25 Gennaio alle ore 10 a palazzo Chimirri, la presentazione del film-documentario “Mio padre nel lager” (tratto dal libro di Antonio Pugliese “1943-1945 Mio padre nel lager”). La manifestazione includerà i commenti, le riflessioni e le relazioni elaborate dal sindaco Luigi Tassone, dal dirigente dell’Istituto comprensivo “Azaria Tedeschi” Giovanni Valenzisi, dal dirigente dell’Istituto di Istruzione superiore “Luigi Einaudi” Antonino Ceravolo e dal regista Enzo Carone. Lo scrittore e professore dell’Università di Messina Antonio Pugliese, inoltre, offrirà ai presenti puntuali considerazioni. A corredo dell’evento ci saranno i canti degli alunni dell’Istituto comprensivo “Azaria Tedeschi” e le letture di brani degli studenti dell’Istituto di Istruzione superiore 'Luigi Einaudi'".

È quanto si legge in un comunicato dell'amministrazione comunale di Serra San Bruno.

"Giornata della memoria”: oltre Auschwitz, per non trasformare il ricordo in retorica

Sei mesi, sei mila giorni. La noia altera le proporzioni,  e i minuti non sono più frazioni d’ora, ma elementi d’eternità. Inginocchiato sulla sabbia, lavo le secchie della minestra e guardo le mie mani. Dove sono le mani d’un tempo? Livide e scarnite, scoprono un gioco iroso di tendini e vene gonfie e contorte. Sopra la pelle s’è appiccata una minuta ragnatela d’unto, e il pollice e l’indice della sinistra hanno le punte nere, abbrustolite dalle cicche disperate….Sei mesi, seimila giorni. Nel mio calendario si allineano i giorni morti:ogni giorno che passa lo cancello con una crocetta a lapis, e ripenso agli anni disperati del collegio, ai mesi cupi della scuola militare. Anche allora tracciavo una crocetta su ogni giorno che passava. Ma allora sapevo che dovevano essere cinque lunghi anni…Qui non so niente. Qui è come gettare secchie di cemento in una buca di terra. Quante secchie per colmarla? Soltanto una o ancora diecimila?...Nella luminosa fissità del mezzogiorno, sotto il cielo senza colore, in mezzo alla inflessibile geometria delle baracche e allo squallore della sabbia, la disperazione non è più della terra, ma incombe nell’aria e si espande nel vuoto di questa vita deserta. E gli uomini chiusi nel recinto la respirano tutti, e la disperazione di uno diventa incubo di tutti. Disperazione, non dolore, non angoscia.” È la testimonianza di Giovanni Guareschi nel suo Diario clandestino. Una delle tante, tantissime testimonianze che ci sono pervenute da laggiù, dall’inferno dei campi della lunga sofferenza degli internati ebrei, italiani, polacchi e altri nei campi di prigionia tedeschi dal 1943 al 1945. La lunga sofferenza e poi…anche l’atroce morte. Non dimentichiamola, anche noi che non l’abbiamo vissuta, per fortuna, ma solo letta. Perché richiamarsi alla memoria storica riconduce al cammino del proprio Io, al fine di verificare, quotidianamente, quello che vale la pena di vivere e utilizzare e quello che è da rigettare. Questo esige, giustamente, la cosiddetta “Giornata della memoria”, introdotta in Italia con la legge 211 del 20 luglio 2000, che, vista in questi termini, assume una connotazione più rispondente alle esigenze etiche della persona. Così, il ricordo degli ebrei sterminati dai nazisti nei campi di Auschwitz, di Treblinka, Sobibor e di altre località, prende la forma di una solennità corale, che finalizza il nostro quotidiano a respingere definitivamente la violenza, per immergerci nel tempo del perdono e della pace. È memoria storica, certo, ma non un tabù, un qualcosa di fermo per sempre su cui stendere il nostro pietoso velo di pietà. No, è dinamica, è il punto da cui discende la necessità di cambiare registro nei nostri comportamenti, modificare in meglio il nostro stile di vita, se si vuole essere protagonisti del tempo della pace. Tempo che pretende verità, giustizia, amore e libertà e non è facile. Infatti sono motivazioni che non hanno trovato  accoglienza dovuta nelle istituzioni e nelle sedi di consesso internazionale, quale l’ONU. Si fa fatica a farlo. Ci vuole di più. E allora celebrare la “Giornata della memoria” non può ridursi ad un atto di facciata, senza alcuna attenzione verso i problemi che ci accerchiano tragicamente ogni giorno e da ogni latitudine. È giusto riflettere sulla persecuzione degli ebrei dell’ultimo conflitto mondiale. Ma non basta, tant’è che proprio sui luoghi di Mosè, Gesù e Maometto l’olocausto è pratica continua e per gli ebrei, e per i palestinesi e per i cristiani, per i musulmani e per tutti gli uomini di buona volontà. E se si guarda, poi, all’Irak, alle Torri gemelle di New York, all’esodo dei Curdi, alle minacce della Corea del Nord, alla Somalia povera che più povera non si può, all’India, agli extracomunitari delle nostre coste e così via, allora si comprende che se la “Giornata della memoria” non dovesse andare oltre Auschwitz, resterebbe solo un giorno di fiumi di parole. Scriveva il poeta napitino Rosario Bevilacqua: “ È ora di voltare pagina. Il miglior  modo per le vittorie di quei morti è di certo il bene futuro dei vivi.

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