Operazione “Saggio compagno”: ordine carcerazione per otto imputati

I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, nei giorni scorsi, hanno dato esecuzione all’ordine per la carcerazione disposto dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti di otto imputati nell’operazione “Saggio compagno”, condotta dai carabinieri dalla Compagnia di Taurianova  tra il 2014 e 2015, finalizzata alla disarticolazione del “locale” di Cinquefrondi, cosca operante in tutta la piana di Gioia Tauro ed attiva nel traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di armi da sparo.

In particolare, l’indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, aveva portato all’esecuzione di tre provvedimenti restrittivi nei confronti di 84 persone, permettendo di documentare come i vertici delle famiglie “Foriglio” “Petullà” e “Ladini” fossero riuscite nel tempo, grazie alla forza di intimidazione scaturita dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà, ad imporre il loro volere sul territorio dei comuni di Cinquefrondi e Anoia, assicurandosi anche il controllo del fiorente settore degli appalti boschivi e di ogni attività ad esso strumentale.

A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di Rocco Francesco Ieranò, intraneo al sodalizio poi divenuto collaboratore di giustizia, che ha permesso di documentare la strategia e gli obiettivi di Giuseppe Ladini, ritenuto 'ndranghetista associato alla carica del "Vangelo" e indicato quale boss di Cinquefrondi. In pochi anni, quest’ultimo avrebbe scalato le gerarchie della ‘ndrangheta e, forte di un vero e proprio esercito di picciotti, avrebbe dato vita ad una sua ‘ndrina, destinata a guadagnarsi fama per la spudoratezza delle modalità di azione, come poi riscontrato dalle stesse indagini all’esito delle quali erano stati contestati capi d’accusa particolarmente gravi: estorsione, detenzione abusiva di armi, furto aggravato, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, violazioni delle disposizioni per il controllo delle armi, armi clandestine, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini hanno portato anche, al sequestro di beni mobili, immobili, attività commerciali e rapporti bancari per un valore di circa 500 mila euro.

Gli arrestati, riconosciuti colpevoli a seguito di rigetto del ricorso per Cassazione, del reato di associazione di tipo mafioso o, comunque, di reati aggravati dal metodo mafioso, escluso il periodo di reclusione già scontato nel corso del giudizio, sono stati condannati a pene comprese da uno a sei anni.

In particolare, Raffaele Petullà, ritenuto colpevole dei reati di estorsione commessa avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416bis e di furto aggravato, è stato condannato alla reclusione a sei anni e quattro mesi, di cui dovrà scontare i rimanenti due.

Saverio Napoli, condannato a otto anni e otto mesi di reclusione perché ritenuto componente attivo del “locale” di Cinquefrondi, dovrà scontare in carcere i due anni restanti.

Cinque anni e quattro mesi di reclusione, invece, per Michele Ierace, altro appartenente alla cosca disarticolata, essendo stato condannato in Appello a dieci anni e otto mesi.

Anche per Antonio Petullà non sono servite le rimostranze della difesa, che ritenuto colpevole di appartenere all’associazione di tipo mafioso, dovrà ora scontare una pena di sei anni e due mesi.

Quanto a Rocco Foriglio, il ricalcolo della pena effettuato dalla Procura Generale, ha comportato l’applicazione della reclusione per dieci mesi.  

Reclusione a nove anni e un mese per Nicodemo Lamari che dovrà adesso scontare i restanti tre anni.

Pena minore, invece, per Rocco Varacalli, riconosciuto colpevole dei reati aggravati dal metodo mafioso, di detenzione di armi da guerra e spaccio di sostanze stupefacenti, dovrà adesso scontare una reclusione per i restanti undici mesi, avendo già scontato buona parte dei cinque anni di pena stabiliti dai giudici dell’Appello.

Da ultimo, per Antonella Bruzzese, un residuo di pena pari a cinque anni e sei mesi.

Oltre alle pene detentive, per i condannati è stata disposta anche la libertà vigilata, nonché la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni e la revoca delle prestazioni previdenziali; provvedimenti di condanna che, unitamente a quelli già eseguiti dai carabinieri lo scorso novembre 2021 nei confronti di ulteriori 5 condannati, hanno portato alla conclusione dell’iter giudiziario relativamente all’operazione “Saggio compagno”.

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'Ndrangheta, operazione “Saggio compagno”, eseguiti 5 ordini di carcerazione

Nel corso della notte, i Carabinieri della Compagnia di Taurianova hanno dato esecuzione all’ordine per la carcerazione disposto dalla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti di 5 imputati dell’operazione “Saggio Compagno”, indagine che, fra il dicembre del 2014 ed il gennaio del 2015, aveva portato a due retate finalizzate alla disarticolazione della “locale” di Cinquefrondi, cosca operante in tutta la piana di Gioia Tauro ed attiva nel traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di armi da sparo.

I Carabinieri coordinati dalla Dda di Reggio Calabria, avevano infatti dato esecuzione a tre provvedimenti restrittivi nei confronti rispettivamente di 36, 29 e 19 persone, ad esito di un’attività investigativa che ha permesso di documentare come i vertici delle famiglie “Forigilio” “Petullà” e “Ladini” sarebbero riuscite, grazie alla forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà che ne derivavano, ad imporre il loro volere sul territorio dei comuni di Cinquefrondi e di Anoia, assicurandosi anche il controllo del fiorente settore degli appalti boschivi e di ogni attività ad esso strumentale. A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di un intraneo al sodalizio poi divenuto collaboratore di giustizia, che, grazie alle sue dichiarazioni, aveva permesso di dare luce sulla strategia e gli obiettivi di un presunto 'ndranghetista, associato alla carica del "Vangelo" e indicato quale boss di Cinquefrondi. In pochi anni, l’uomo avrebbe scalato le gerarchie della ‘ndrangheta e, forte di un vero e proprio esercito di picciotti, avrebbe dato vita ad una sua ‘ndrina, destinata a guadagnarsi fama per la spudoratezza delle modalità di azione, come poi riscontrato dalle stesse indagini dei carabinieri all’esito delle quali sono stati contestati reati particolarmente gravi, fra cui estorsione, detenzione abusiva di armi, furto aggravato, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, violazioni delle disposizioni per il controllo delle armi, armi clandestine, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti fatti aggravati dal metodo mafioso. L’operazione aveva anche portato al sequestro di beni mobili, immobili, attività commerciali e rapporti bancari per un valore di circa 500 mila euro.

Con l’odierno provvedimento, si è così giunti al capolinea dell'iter giudiziario. A nulla, infatti, è valso il ricorso in Cassazione avanzato a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Gli ermellini, infatti, si sono pronunciati il 12 novembre scorso, ritenendo insussistenti le doglianze avanzate dalle difese e perché venisse data esecuzione alla condanna definitiva: per i cinque arrestati si sono quindi aperte le porte del carcere di Palmi, dove dovranno ora scontare pene dai 3 ai 9 anni.

Gli arrestati

Costantino Tripodi, 76 anni, ritenuto il capo locale e imputato per essere talmente intraneo ai segreti della ‘ndrangheta da averne preso parte ai riti di affiliazione che sancivano l’ingresso dei nuovi picciotti nelle consorterie e che servivano a regolamentare i rapporti interni ed esterni alle ‘ndrine. Proprio in questa veste, gli sarebbe stato riconosciuto un posto di spicco nelle tradizionali riunioni della Provincia a Polsi. Fatti, per cui dovrà ora scontare 9 anni e 8 mesi di reclusione.

Antonio Zagari, 73 anni, ritenuto intraneo alla 'ndrangheta, rivestendone la carica di capo società e contabile della locale di Cinquefrondi. A lui, inoltre, era stata data la dote del Vangelo, il quale a seguito del ricalcolo della pena da parte della Procura Generale del periodo di detenzione “presofferto”, dovrà scontare la pena della reclusione per anni 7 e 6 mesi.

Ettore Crea, 49 anni, considerto il custode delle armi da guerra, dovrà scontare 4 anni e 4 mesi di reclusione, nonché provvedere al pagamento di una multa pari a 6 mila euro. Crea era stato già arrestato il 1° marzo 2014, poichè trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita.

Francesco Longordo, 42 anni, ritenuto colpevole del favoreggiamento personale del boss in ascesa, al quale avrebbe in più occasioni garantito l’elusione delle investigazioni dei Carabinieri, “bonificando” l’abitazione del capo ‘ndrina dalle telecamere installate dagli investigatori e suggerendogli le cautele ritenute più idonee a non essere intercettato. Dovrà ora permanere nell’istituto di pena per 6 mesi, avendo già scontato, fra custodia cautelare in carcere e arresti domiciliari, 4 anni e 5 mesi.

Antono Raco, 35 anni, unico dei cinque arrestati già in carcere, dovrà scontare 6 anni di reclusione essendo stato ritenuto responsabile dalla Corte di Appello di Reggio Calabria delle contestazioni mosse dalla Procura Generale. L’imputato, nel 2017 era già stato condannato definitivamente per aver condotto un fiorente traffico di sostanze stupefacente ed ora, alla pena irrogata per quei motivi è stata cumulata l’odierna condanna, scaturita dal suo coinvolgimento nelle dinamiche della ‘ndrina, per conto della quale avrebbe movimentato le armi .

Oltre alle pene detentive, per 3 dei 5 arresati, è stata disposta la misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni a partire dalla fine della detenzione. Per tutti è stata comunque disposta la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e la revoca delle prestazioni previdenziali.

Arresti e sequestri, ecco le operazioni dei carabinieri per sconfiggere la ‘ndrangheta

Nel 2015 sono state arrestate dia carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria 1353 persone (tra cui 13 latitanti comuni e 1 inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi), più di 72.000 sono stati i servizi di prevenzione effettuati (Pattuglie, Perlustrazioni, Carabiniere di Quartiere). Sono stati intensificati i servizi finalizzati al contrasto dell’immigrazione clandestina e all’individuazione e all’allontanamento dei cittadini stranieri (anche comunitari) che sono risultati pericolosi per la sicurezza pubblica. Significativi sono stati i risultati ottenuti con le indagini concluse: “Tnt 2”, “Reale 6”, “Confine”, “Jamaica”, “Eclissi 2”, “Rheinbrücke”, “Confisca Musolino”, “Gambling”, “Iamonte”, “Saggio compagno”, “Atalntide”. I provvedimenti restrittivi scaturiti dalle varie attività investigative condotte dai reparti dell’Arma dei Carabinieri, coordinati dalla D.D.A. di Reggio Calabria, hanno permesso di confermare e rafforzare le risultanze dell’operazione “Crimine” che ha delineato l’esistenza della organizzazione ‘ndrangheta avente base strategica nella provincia di Reggio Calabria, con attive ramificazioni sia nel nord Italia, in particolare in Lombardia, sia all’estero, dove è stato replicato il modello organizzativo calabrese da parte di quelle articolazioni che risultano dipendenti dai vertici decisionali presenti nel territorio reggino e che costituiscono centro propulsore dell’intero sodalizio mafioso. L’organizzazione ricomprende un vertice, denominato “Provincia”, riferimento dei responsabili dei tre “Mandamenti” (Tirrenico, del Centro e Jonico), all’interno dei quali risultano operative le “Locali” di ‘ndrangheta, organizzate sempre su base territoriale. L’ordine gerarchico all’interno della struttura mafiosa, che garantisce alle singole cosche anche ampi margini di autonomia, é assicurato dai tradizionali gradi e cariche operative nei diversi livelli dell’organizzazione. Le attività illecite sono riconducibili a tre filoni principali: le strutture e l’operatività dell’organizzazione mafiosa, l’illecito arricchimento e il riciclaggio di denaro e il condizionamento della vita economico-imprenditoriale nei territori di riferimento. Nell’ambito dell’attività di aggressione dei patrimoni illeciti, nell’anno 2015 è stato proposto il sequestro di beni per un valore complessivo di 40.192.600 euro, e si è proceduto all’effettivo sequestro per un valore complessivo di 19.532.100 euro. L’attualità investigativa conferma la struttura unitaria e della ‘ndrangheta e l’operatività di organismi di vertice.

Operazione “Saggio Compagno”, arrestato un 51enne per associazione mafiosa

I carabinieri hanno tratto in arresto un 51enne di Cinquefrondi, in esecuzione al provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria - Direzione Distrettuale Antimafia, per associazione di tipo mafioso. Il predetto era irreperibile dal 15 dicembre, quando si era sottratto all’esecuzione del provvedimento giudiziario emesso nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Saggio Compagno”.

'Ndrangheta, operazione "Saggio compagno": dettagli e nomi dei 36 arrestati

L’operazione "Saggio compagno" è stata così denominata in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Ladini, si rivolgeva a colui che gli inquirenti considerano il suo più fidato sodale, Leonardo Tigani.  L’indagine è stata avviata nel novembre 2013 dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova, sulla base di alcuni sviluppi dell’operazione "Vittorio Veneto" (conclusa nell’estate dello stesso anno), che già a suo tempo aveva permesso di trarre in arresto a Cinquefrondi 8 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi. Tra questi figurava infatti anche Rocco Francesco Ieranò, 43 anni, personaggio considerato dagli investigatori di indiscussa valenza nell’ambito della 'ndrangheta cinquefrondese (cui era attribuita la carica del "Vangelo"), che dopo aver inizialmente tentato invano di sottrarsi alla cattura nell’estate 2013, aveva poi intrapreso anche un percorso di collaborazione con la giustizia. L’attività investigativa ha quindi consentito di ricostruire e disarticolare la composizione (anche nella sua evoluzione a seguito della stessa operazione "Vittorio Veneto") della "locale" di Cinquefrondi, che storicamente imperversa nell’omonimo centro ed in quello limitrofo di Anoia, in provincia di Reggio Calabria; riscontrare le attività illecite del sodalizio che, dopo l’arresto di Ieranò, faceva capo, sostengono i Carabinieri, a Giuseppe Lidini,37 anni, già noto per i suoi precedenti penali e di polizia per associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ricettazione e riciclaggio. Primi riscontri dell'indagine erano già stati, tra marzo ed aprile 2014: l’arresto di  8 persone (Antonella Bruzzese, 33 anni, moglie di Giuseppe Ladini;  Lorenzo Bruzzese, 33 anni; Emanuele Papaluca, 24 anni; Leonardo Tigani, 32 anni; Antonio Raco, 29 anni e Antonio Valerioti, 51 anni), a carico delle quali erano già emerse presunte responsabilità in merito al traffico di armi: tra questi vi erano infatti anche lo stesso Giuseppe Ladini, che aveva manifestato la propria intenzione di rendersi irreperibile per il sospetto di essere monitorato dalle Forze di Polizia, oltre che Ettore Crea, 43 anni, personaggio sospettato di essere contiguo all’omonima cosca di 'ndrangheta operante a Rizziconi, che è stato trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita acquistato, affermano gli inquirenti, da Giuseppe Ladini; il sequestro di numerose armi e munizioni da guerra e comuni, oltre che di un chilogrammo di cocaina, rinvenuti in un rudere abbandonato prospiciente all’abitazione di Giuseppe Ladini, che quest’ultimo, unitamente ai suoi sodali, avrebbe utilizzato come deposito per tutto il materiale smerciato nel corso delle sue presunte contrattazione illecite. Le articolate attività tecniche compiute prima, durante e dopo gli arresti, unite poi agli innumerevoli riscontri eseguiti sul territorio ed agli approfondimenti investigativi del caso, hanno poi permesso di accertare, dichiarano i Carabinieri, che Giuseppe Ladini, benché sottoposto a detenzione domiciliare anche per reati in materia di criminalità organizzata, avvalendosi innanzitutto della stretta collaborazione morale e materiale di tutto il suo nucleo familiare, ed in particolare della moglie Antonella Bruzzese e del figlio minore: aveva costituito di fatto e stava consolidando a Cinquefrondi una nuova articolazione della 'ndrangheta sotto la sua guida, cui facevano capo gli appartenenti alle preesistenti cosche Ladini, Petullà e Foriglio; intratteneva presso la propria abitazione, con evidente disinvoltura e padronanza, tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale di Cinquefrondi, ma anche ad altre aree della province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua presunta caratura criminale e dell’importanza del sodalizio che faceva capo alla sua persona; nell’ambito di tali rapporti, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, esercitava, secondo quanto ricostruito dai militari dell'Arma, un vero e proprio controllo del territorio, sfruttando le risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi e stupefacenti, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, con riferimento anche al settore degli appalti boschivi. A conclusione di tale attività, alle prime luci dell’alba di oggi, nelle province di Reggio Calabria, Roma, Verbania e Vibo Valentia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con l’ausilio di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori, hanno quindi dato esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito del quale sono state: tratte in arresto 36 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, danneggiamento seguito da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso ( Costantino Tripodi, 70 anni, già presunto capo della locale di Cinquefrondi; Michele Ierace, 57 anni;  Antonio Petullà, 66 anni; Antonio Napoli, 58 anni; Saverio Napoli, 51 anni;  Rocco Iannizzi, 44 anni; Vincenzo Zangari,42 anni; Orazio Ierace, 37 anni; Michele Ierace, 24 anni; Raffaele Bruzzese, 63 anni; Domenico Ladini, 60 anni;  Renato Fonti, 51 anni; Fabio Ierace,47 anni; Girolamo Primerano, 41 anni;  Gaetano Migliaccio, 38 anni; Fabio Porcaro, 39 anni; Maurizio Monteleone, 39 anni; Rocco Petullà, 49 anni; Angelo Petullà, 24 anni; Raffaele Petullà, 23 anni, Maria Polsina Bruzzese, 22 anni; Saverio Foriglio, 52 anni; Rocco Foriglio, 20 anni; Salvatore Cuturello, 45 anni; Attilio Giorgi, 31 anni; Francesco Giorgi , 40 anni; Renato Iannone, 45 anni; Nicodemo Lamari, 57 anni;  Francesco Longordo, 36 anni;  Saverio Napoli, 30 anni;, Fabio Papaluca, 29 anni; Maurizio Pronestì, 40 anni; Rocco Varacalli, 28 anni; Giuseppe Vigliante, 29 anni; Michele Vomera, 24 anni; Pasquale Zaita, 24 anni; deferire ulteriori 41 persone, in stato di libertà o comunque già detenute a seguito delle risultanze investigative; sono stati sottoposti a sequestro un’impresa di rifornimento carburanti, un ristorante, otto beni immobili, tra terreni e fabbricati, ventuno tra conti correnti e rapporti bancari ed una quota societaria, relativa ad un’azienda di trasporti, riconducibili ad alcuni degli indagati per un valore stimato di oltre cinquecento mila euro; effettuate ulteriori 10 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati nel medesimo procedimento. Nella circostanza sono state rinvenute e sottoposte a sequestro 3 pistole, 2 fucili e 218 cartucce di vari calibri.

 

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Operazione "Saggio compagno": smantellate tre cosche di 'ndrangheta

Nelle prime ore di oggi nelle province di Reggio Calabria ed in quelle di Roma, Verbania e Vibo Valentia i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con l’ausilio di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori "Calabria", in esecuzione a decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, hanno tratto in arresto 36 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, danneggiamento seguito da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso. Nella circostanza sono state, altresì, effettuate 11 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati nel medesimo procedimento. Le indagini, avviate dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova sin dal novembre 2013, che si sono avvalse anche delle propalazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di delineare gli assetti nonché di acclarare l’appartenenza degli indagati, anche con ruoli di vertice, alle cosche Petullà, Ladini e Foriglio, quali articolazioni autonome dell’associazione per delinquere di tipo 'ndranghetistico nota come locale di Cinquefrondi, operante nel territorio dei Comuni di Cinquefrondi e Anoia con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province. L’attività della cosca, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, era finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in materia di commercio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento latitanti, nonché delitti volti ad acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore degli appalti boschivi, ed ogni altra attività illecita. Si procederà, inoltre, al sequestro di beni mobili ed immobili riconducibili ad alcuni degli indagati per un valore stimato in oltre cinquecento mila euro mentre l’attività ha permesso nel tempo di procedere già all’arresto di 8 persone, al sequestro di oltre un chilogrammo di cocaina ed al rinvenimento di numerose armi da guerra e comuni da sparo. I particolari dell’operazione "Saggio compagno" saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta presso il Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria alle ore 11:00 odierne.

 

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