Il vuoto della politica e la supplenza della magistratura

La CEI dice una cosa che dovrebbe essere ovvia: i giudici dovrebbero fare i giudici, e i politici dovrebbero fare i politici; e non viceversa. Si riferisce, certo, all’ultima sentenza della Consulta sulla legge elettorale; ma dopo decenni in cui la magistratura è uscita dai limiti, occupando spazi lasciati vuoti dalla politica.

 La politica, intanto, non riesce a prevenire la corruzione, anzi se ne nutre; giornali e tv sono sempre troppo politicamente corretti, o blandiscono il potere; l’antimafia è palesemente un mestiere che frutta o soldi o notorietà o entrambe le cose; e l’opinione pubblica è acquiescente quando non connivente.

 La magistratura è divenuta così potere giudiziario, ma, se capita l’occasione, anche legislativo ed esecutivo. A loro volta, non è che i giudici siano esenti da critiche; a parte qualche mela marcia conclamata, è ben noto il discredito che circonda la pregevole categoria per i suoi secolari ritardi, rinvii e cavilli.

 Attenti, dunque, alla magistratura. E andatevi a leggere, in Erodoto, la storia di Deioce, com’è che da giudice dilettante divenne giudice professionale, poi dittatore armato, infine re dei Medi.

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Populismo: per fermarlo una legge elettorale non basta

Bisogna fermare il populismo. E’ questa la parola d’ordine dell’establishment europeo. Il dibattito sul come è piuttosto variegato.

Tuttavia, in Italia la soluzione sembra essere a portata di mano. Per arrestare il male assoluto del populismo si sta pensando ad una legge elettorale.

Le soluzioni auspicate sembrano essere due, il ritorno al “Mattarellum” o un salto all’indietro di un quarto di secolo per riportare in auge il proporzionale.

Eppure una soluzione più efficace ci sarebbe. Banalmente basterebbe occuparsi degli italiani, dei loro problemi e delle loro angustie. Basterebbe  agire con vigore sulle cause che spingono sempre più gli elettori a rifugiarsi nelle tiepide braccia dell’antipolitica. Braccia accoglienti ma incapaci, il più delle volte,  di costruire una soluzione accettabile ai tanti mali che affliggono il paese.

Un dato dovrebbe far riflettere. Se i cittadini sono disposti a compiere un salto nel vuoto, vuol dire che avvertono una minaccia più pericolosa.

I custodi dell’ortodossia hanno liquidato il fenomeno definendolo “invidia sociale”. Una  formula priva di significato, pronunciata da chi vive ad una distanza siderale dal pianeta popolato dalla gente comune.

Se gli italiani sono stanchi, avviliti e disillusi, la ragione non è dovuta alla “invidia”, piuttosto alle oggettive difficoltà. A partire dall’inarrestabile processo d’impoverimento fotografato da decine di studi e report.

Un processo che ovviamente non coinvolge tutti. Mentre alcune fasce della popolazione s’impoveriscono, altre continuano, invece, ad arricchirsi. Basti pensare che, le dieci persone più ricche, hanno una disponibilità economica all’incirca equivalente a quella dei tre milioni d’italiani più poveri. In altre parole, anche negli anni segnati dalla crisi economica, è continuato a crescere il divario tra ricchi e poveri. Un dato confortato dall’Ocse, secondo cui la disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei paesi avanzati.

A descrivere, inoltre, il processo d’impoverimento che ha investito le famiglie italiane ci sono i risultati pubblicati dalla fondazione Hume, nel dossier:  “Disuguaglianza economica in Italia e nel resto del Mondo“. Dal rapporto emerge che, fino all’anno 2000, il numero di chi  usava i risparmi o contraeva debiti non andava oltre il 10 per cento. A partire dal 2002, ovvero da quando è stato introdotto l’Euro, la percentuale di chi si è indebitato o è stato costretto ad usare i risparmi è aumentata progressivamente arrivando a toccare, nel 2013, il 33,5 per cento.

Contestualmente, dal 2000 al 2015, la povertà assoluta è passata dal 4,3 al 6,1 per cento. in altri termini, in poco meno di 15 anni oltre un milione e mezzo d’italiani è andato ad infoltire la schiera degli indigenti. A ciò si aggiunga che, secondo la Banca d’Italia, nel periodo compreso tra il 1987 ed il 2015, le famiglie operaie hanno registrato una caduta del livello di ricchezza media di ben 20 punti.

Una situazione analoga a quella delle famiglie giovani che, dal 2000, hanno visto progressivamente peggiorare la loro  condizione economica. Ad un quadro a tinte fosche bisogna, infine, aggiungere l’aberrante livello della disoccupazione giovanile che sfiora il 40 per cento. In un contesto del genere, il populismo può essere arginato solo trovando una soluzione ai problemi. 

Per farlo, però, è necessario attivare tutti i neuroni, ammesso che ce ne siano.

articolo pubblicato su: mirkotassone.it

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La Calabria e la finta opposizione del centrodestra che rappresenta il nulla

Al centro(destra) devono essere apparsi gli spiriti, e comunque la cosa ha del miracoloso: i consiglieri regionali del… ih, dei due gruppi ostili di oppos… ih, diciamo di minoranza, si sono incontrati per dire qualcosa su Oliverio. Qualcosa, piano piano, gentilmente, senza impegno; e, soprattutto, senza mai entrare nei particolari. Più o meno dei discorsi da pianerottolo, da scompartimento di seconda classe: mormorazione generica.

 Dicono che Oliverio non ha fatto niente, ed è vero, è proprio così; ma non c’è bisogno di beccarsi uno stipendione per ripetere quello che qualsiasi sfaccendato ciancia nella fila al supermercato. Da un consigliere regionale ci aspetteremmo riferimenti precisi a questo o quello.

 Dicono che Oliverio non spende i fondi europei: ma siccome sono di centro(destra), hanno una coda di paglia di dodici metri, perché Nisticò, Chiaravalloti, Scopelliti li hanno spesi come Oliverio, cioè niente.

 Dicono che il Consiglio non viene coinvolto: ma le due ultime riunioni sono durate un quarto d’ora, certo per ordine del giorno del presidente di sinistra; ma cosa vietava a un consigliere di centro(destra) di chiedere la parola e discutere due o tre ore? O era sera, e la cena impelleva? O non sapevano che dire?

 Insomma, i consiglieri dei due gruppi di centro(destra) stanno a scaldare i banchi e a riscuotere. Colpa loro, ovvio; ma c’è una causa politica profonda.

 I rappresentanti, infatti, per definizione rappresentano qualcosa; e se questo qualcosa non c’è, essi non possono rappresentare nulla. Non esiste, in questo momento, alcun centro(destra), e tanto meno centrodestra, in Italia; e in Calabria, ancora meno. Se ci fosse qualcosa di simile, ci sarebbero tessere, sezioni, riunioni, discussioni, critiche, proposte… Siccome non c’è niente da rappresentare, i rappresentanti stanno lì a rappresentare il niente.

 Intanto Oliverio canta vittoria, e la Calabria è l’ultima d’Europa.

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Rifiuti. Operazione “Ecosistema”: sequestro preventivo per 13.000.000 di euro. Gli intrecci ‘ndrangheta-politica

Personale del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione G.I.P. – G.U.P. su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, della società “Ased spa”, il cui titolare è Rosario Azzarà, tratto in arresto il 7 dicembre in esecuzione di provvedimento cautelare emesso nei confronti di 18 indagati (5 OCC in carcere – di cui 3 già detenuti – , 9 OCC agli AA.DD. e 4 obblighi di presentazione alla P.G.) localmente legati ad ambienti dell’imprenditoria, della politica e della ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali denominate “cosca Iamonte” e “cosca Paviglianiti”, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso (artt. 110, 416 bis. comma 1,2,3,4,5 e 6 c.p., 3 L. 146/06), turbata libertà degli incanti (artt. 110, 353 comma 1,2 c.p., 7 L. 203/91), violenza privata (art. 610 c.p., 7 L. 203/91), corruzione elettorale (artt. 86 comma 1 e 2 DPR 570/60, 7 L. 203/91),  estorsione (artt. 110, 629 comma 1 e 2, in relazione all’art. 628 comma 3 nr. 3 c.p. e 7 L. 203/91), illecita concorrenza con minaccia o violenza (artt. 81 cpv, 110, 513bis comma I e II c.p., 7 L.203/91), tutte ipotesi aggravate dall’aver agito con modalità mafiose e per agevolare la cosca di riferimento,  falsa testimonianza (artt. 110, 372 c.p.), corruzione per l’esercizio della funzione (artt. 110, 318 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (artt. 110, 319 c.p.), detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo (artt. 81 cpv. c.p., 2, 4 e 7, l. 895/1967).

In particolare, dalle indagini condotte dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Reggio Calabria sotto la direzione della locale Procura Distrettuale Antimafia, è emerso come Rosario Azzarà, imprenditore operante nel settore dei rifiuti, Carmelo Ciccone e Giuseppe Saverio Zoccoli, forti del sostegno derivante dalla criminalità organizzata locale e avvalendosi della collaborazione di liberi professionisti e della compiacenza di funzionari e amministratori pubblici, abbiano condizionato il regolare svolgimento delle gare d’appalto.

Proprio l’“Ased spa” di Rosario Azzarà – a cui si contesta il concorso esterno in associazione mafiosa – è stata individuata quale impresa di riferimento della cosca “Iamonte”, egemone nel comprensorio di Melito di Porto Salvo, e in tale qualità si è resa monopolista sul territorio dell’intera provincia reggina nel settore della raccolta e gestione dei rifiuti, accaparrandosi importanti commesse pubbliche, anche attraverso il ricorso a metodologie intimidatorie.

Il provvedimento di sequestro riguarda le quote sociali e l’intero patrimonio aziendale, tra cui numerosi beni immobili e mobili, oltre che conti correnti, beni strumentali e prodotti finanziari, affidati agli amministratori giudiziari, per un valore complessivo stimato in 13.000.000 di euro.

Nomina di Marco Minniti a ministro dell'Interno, la soddisfazione del Pd vibonese

"La nomina di Marco Minniti a Ministro degli Interni è per i dirigenti, i segretari di circolo, i sindaci, gli iscritti della Federazione Provinciale di Vibo Valentia, motivo di grande soddisfazione. 
Premia un grande servitore dello Stato ed un uomo politico di indiscusso rigore morale e di grande personalità. Ringraziamo altresi il Presidente del Consiglio Gentiloni per aver, per la prima volta, nominato un calabrese a questo importantissimo incarico, che vuole significare, in questo momento, la presenza ancora più forte dello Stato in Calabria,  nella lotta alle criminalità organizzate ed al malaffare. 
Gli auguriamo un buon lavoro, sicuri che per noi sarà un punto di riferimento per la soluzione dei tanti gravosi problemi che vive la nostra terra".
Così il segretario provinciale del Partito democratico di Vibo Valentia Enzo Insardà
 

Fabrizia. Considerazioni sui risultati del referendum: fra delusione, proteste e aspettative

Assorbita la delusione per le riforme mancate, mi sento di fare una riflessione sul significato vero di questo particolare ed eccezionale voto. È sotto gli occhi di tutti che si è trattato di una protesta. Eclatante protesta contro il “Governo” e, in primis, contro “chi” Governa. Pare altrettanto accertato il fatto che la protesta sia stata caldeggiata soprattutto dagli elettori più giovani, e ciò a buona ragione.

La gioventù degli ultimi decenni è stata fortemente penalizzata dall’esaurimento delle risorse e, di conseguenza, bastonata da una dilagante disoccupazione.

È assolutamente comprensibile la protesta, soprattutto contro i governanti (siano di destra o di sinistra poco importa, perché importano soltanto le conseguenze della loro inefficienza), ma la problematica questione dei poteri organizzativi dello Stato resta, e non è conveniente trattarla con pericolosa demagogia.

Lo Stato e i Governi non sono cattivi in sé, ma lo sono per come sono gestiti.

Allora, è vero che abbiamo il diritto e il dovere di cambiare i governanti per la scarsa produttività o non coerenza dell’azione politica o, peggio, per la disonestà, ma è altrettanto vero che sta a noi, quando ce ne viene data l’occasione, contribuire alla realizzazione degli strumenti necessari ad un buon governo.

I giovani, con somma ragione, hanno deciso di bocciare i riformatori insieme alle riforme, per la cattiva impressione che hanno dato nell’esercitare il potere con troppa lentezza rispetto alle promesse ed ai programmi sbandierati come di facile soluzione.

Ci si augura che la lezione serva per coloro i quali saranno chiamati a prendere il testimone di questo momento politico così difficile, drammatico soprattutto con riferimento alla devastatrice disattenzione nei confronti dei giovani ed alla dominante corruzione che depaupera senza pietà le scarse poche risorse ancora disponibili, non inghiottite dal sistema globalizzante delle multinazionali. Nell’augurata ipotesi che ci venga nuovamente concessa l’occasione di contribuire alle riforme, non tiriamoci indietro. Piangere sul latte versato non ha senso, ma se avessimo approvato questa riforma oggi avremmo uno strumento in più per pretendere: il Referendum propositivo inserito con la legge di riforma costituzionale appena bocciata.

Mi permetto, in conclusione, una breve riflessione paesana. A Fabrizia il risultato è stato fortemente controcorrente: il SI ha raggiunto la straordinaria cifra del 64.06%, mentre il NO si è fermato al 35,94%.

Vi è tuttavia la necessità di mettere l’accento sulla tipologia di votanti per comprendere il motivo della forte superiorità del dato riformista rispetto a quello conservatore.

Fabrizia è oramai un paese di quasi soli anziani, poiché la quasi totalità dei giovani, assolti gli impegni scolastici, partono per trovare lavoro. Pare che si stia attuando una nuova forte emigrazione giovanile soprattutto verso la Germania.

Allora, chi ha votato a Fabrizia dato che la gioventù è scarsa?

Soprattutto veterani, persone che hanno vissuto abbastanza per assistere all’auge e il successivo declino dell’economia e dell’industria italiana.

Persone che hanno capito che così non si può andare avanti e che occorre modificare le regole togliendo comodi alibi ai governanti, che si trincerano dietro i grandi numeri per far sì che nulla cambi.

Persone che, alla richiesta di un consenso per l’approvazione della riforma costituzionale, rispondevano tranquillamente e pacificamente: “Si, certamente, perché speriamo che cambi qualcosa per i giovani”.

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Appalti di rifiuti, mafia e politica: retata di amministratori pubblici. I DETTAGLI dell’operazione “Ecosistema”

Alle prime luci dell’alba, il personale del Comando provinciale carabinieri, nella provincia di Reggio Calabria, ha dato esecuzione al provvedimento cautelare emesso dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 indagati (5 OCC in carcere – di cui 3 già detenuti – , 9 OCC agli AA.DD. e 4 obblighi di presentazione alla P.G.) localmente legati ad ambienti dell’imprenditoria, della politica e della ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali denominate “cosca Iamonte” e “cosca Paviglianiti”, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, violenza privata, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutte ipotesi aggravate dall’aver agito con modalità mafiose e per agevolare la cosca di riferimento,  falsa testimonianza, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo.

L’odierna misura cautelare costituisce esito di un articolato impegno investigativo coordinato da questa Procura e condotto dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria, avviato nel 2014 quale approfondimento delle risultanze assunte nell’ambito delle operazioni cc.dd. “Ada” e “Ultima spiaggia” condotte nei confronti delle articolazioni territoriali della ‘ndrangheta facenti capo alle famiglie Iamonte e Paviglianiti, operanti nei comuni di Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri.

Il monitoraggio tecnico di amministratori locali ha indotto a focalizzare l’attenzione verso il settore dell’imprenditoria, in particolare all’indirizzo di Rosario Azzarà, imprenditore operante nel settore dei rifiuti con la passione per la politica, titolare della ditta “Ased srl” con sede a Melito Porto Salvo.

Il remunerativo settore della raccolta rifiuti è emerso fondarsi su un meccanismo di aggiudicazione degli appalti sulla scorta del quale alcune società, riunitesi in un cartello di imprese, sono riuscite a creare di fatto un regime di monopolio, forti del sostegno derivante dalla criminalità organizzata locale.

Ne sono prova i rapporti intrattenuti da Rosario Azzarà, a cui si contesta il concorso esterno in associazione mafiosa, con esponenti di primo piano della cosca “Iamonte”, egemone nel comprensorio di Melito Porto Salvo, che hanno reso possibile, nel corso degli anni, il consolidamento in posizione leaderistica della propria azienda.

L’Ased di Azzarà, inoltre, ormai affermatasi nel basso ionico reggino, avvalendosi della collaborazione di imprenditori di pari spessore criminale e spregiudicatezza, sarebbe riuscita ad affermarsi anche nei comuni dell’area tirrenica, forte dell’appoggio di Carmelo Ciccone, già amministratore unico della Ra.di. Srl,, e dell’alto ionio reggino, tramite la ZetaEmmesas di Maria Rosa Strati, società che è emerso essere riconducibile a Giuseppe Saverio Zoccoli.

Il regime di monopolio instaurato da Ased è risultato essere frutto dell’appoggio garantito dalle organizzazioni mafiose che condizionando l’azione amministrativa degli enti locali, sono riuscite a far aggiudicare gli appalti per il conferimento del servizio di raccolta e trasporto rifiuti all’azienda di Azzarà.

Di contro, Azzarà avrebbe ricompensato la cosca assumendo in azienda il personale segnalatogli oppure, come accertato in alcune circostanze, contribuendo alle spese legali cui i familiari degli affiliati detenuti devono far fronte. Nel corso dell’attività investigativa è emerso come Rosario Azzarà abbia dovuto giustificare la sottrazione di cinquemila euro dai fondi aziendali in quanto corrisposti alla cosca Iamonte: dall’analisi combinata di intercettazioni telefoniche e ambientali si è potuto acclarare come per giustificare la fuoriuscita della somma di denaro destinata agli affiliati detenuti, Azzarà abbia fatto ricorso alla complicità, più o meno consapevole, del personale dipendente. Dalle più recenti acquisizioni investigative si è appreso altresì che Azzarà, risultato essere diretta espressione imprenditoriale della cosca Iamonte, nel momento in cui si “insedia” nel territorio di competenza di un’altra cosca, segnatamente nello specifico la cosca Paviglianiti, sia comunque tenuto a pagare dazio. Azzarà, al pari degli altri imprenditori che intervengono nella realizzazione dello stabilimento Ased di contrada Agrifa di San Lorenzo, deve rendere conto alla cosca territorialmente egemone: l’azione estorsiva assume le forme più svariate, dall’imposizione delle forniture e delle assunzioni fino all’esplicita richiesta di esborso di denaro.

In sintesi, da un lato i patti corruttivi siglati con gli amministratori infedeli, sotto l’egida di significative entrature nel mondo politico, dall’altro le alleanze strette con le cosche mafiose rappresentano gli ingredienti del successo imprenditoriale di Rosario Azzarà, con importanti ricadute in termini di rafforzamento – economico e sociale – della cosca Iamonte.

Questa ambiziosa tesi investigativa si fonda, oltre che sul contenuto delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte nel presente procedimento, spesso sapientemente incrociate ed interpretate con quelle degli altri – e connessi – diversi procedimenti (Ada, Ultima spiaggia), soprattutto sulle dichiarazioni, specifiche, dettagliate e attendibili, rese sul punto da Salvatore Aiello, oggi collaboratore di giustizia e già direttore della Fata Morgana Spa, società a compartecipazione pubblica costituita per curare nella Provincia di Reggio Calabria lo svolgimento dei servizi di gestione e raccolta dei rifiuti. 

Aiello, in ragione dello specifico ruolo rivestito e dei rapporti di affari intrattenuti nel settore con i soggetti istituzionali ed i principali imprenditori (tra cui Azzarà), riversa nell’indagine un punto di vista conoscitivo privilegiato e qualificato di straordinario valore indiziario e di altissima efficacia dimostrativa rispetto ai fatti in contestazione.

Salvatore Aiello, come accennato, è riconducibile a Fata Morgana spa, società avente per oggetto sociale la gestione diretta dei servizi di raccolta, trasporto, recupero, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, e della quale Aiello ricopriva l’incarico di direttore tecnico. 

Aiello, le cui mire imprenditoriali non si sarebbero concretizzate a causa della ferma opposizione del primo cittadino dell’epoca, il sindaco Giuseppe Iaria, il quale, con il consenso della cosca Iamonte e la complicità di Francesco Maisano, avrebbe pilotato le gare a beneficio di Ased,  decide di intraprendere un percorso di collaborazione con la magistratura riferendo circostanze che vedono coinvolto Rosario Azzarà il quale, sulla scorta di quanto riferito da Aiello, è da ritenere imprenditore “espressione” della cosca Iamonte.

L’attività investigativa svolta ha permesso inoltre di documentare almeno due chiari episodi estorsivi, entrambi perpetrati dai Paviglianiti, uno ai danni di Azzarà, il quale su richiesta di Settimo Paviglianiti, sarebbe stato costretto ad assumere nella propria azienda Natale David Paviglianiti, figlio di Angelo Paviglianiti, a titolo di ricompensa per la “famiglia” e l’altro episodio che avrebbe visto come vittime Carmelo Tuscano e suo figlio Francesco, titolari di una ditta di movimento terra di Condofuri, i quali, durante l’esecuzione di alcuni lavori per la realizzazione della nuova sede Ased,  sarebbero stati avvicinati da emissari della cosca Paviglianiti ed avrebbero ricevuto una richiesta estorsiva, quantificata in quattromila euro, che hanno dovuto soddisfare su esplicita richiesta di Natale Paviglianiti, cl. 1970, al fine di regolarizzare la propria posizione con la cosca.

Nel corso dell’indagine è emerso altresì come i Paviglianiti abbiano esercitato la propria influenza anche sulle elezioni comunali del 2014 di San Lorenzo, inducendo anche Rosario Azzarà, che inizialmente aveva proposto la propria candidatura, alla rinuncia al progetto politico.

Nel corso dell’attività investigativa è stata documentata l’esistenza di una vera e propria organizzazione che annovera tra i propri fini le turbative d’asta, con particolare riferimento al remunerativo settore dei rifiuti, in cui Azzarà, forte del sostegno derivato dalle cosche mafiose e degli ottimi rapporti tessuti con gli amministratori pubblici, è in grado di condizionare il regolare svolgimento delle gare d’appalto.

I contenuti di alcune conversazioni intercettate confermano come Azzarà abbia fatto sistematicamente ricorso a più espedienti per ottenere il favore e la stima di alcuni amministratori comunali che, ricorrendo a somme urgenze o inserendo nel bando clausole ad hoc, hanno poi effettivamente affidato all’Ased srl i servizi di igiene ambientale.

Azzarà è risultato incline alla corresponsione di denaro e regalie di vario tipo, a beneficio di quanti, amministratori, dirigenti pubblici o liberi professionisti, gli possano risultare utili ai fini del perseguimento del proprio scopo. Nel corso di alcuni colloqui intercettati all’interno degli uffici dell’Ased è lo stesso Azzarà che confida di aver pagato una mazzetta per ricompensare un amministratore comunale al quale riconosceva il merito di aver fatto sì che si aggiudicasse un appalto. Le conversazioni telefoniche ed ambientali captate sono esplicative dell’esistenza di un meccanismo sulla base del quale gli imprenditori si spartiscono gli appalti spesso con il beneplacito delle amministrazioni comunali che gli imprenditori ottengono barattando qualche posto di lavoro.

Il sostegno di politici, dirigenti pubblici e liberi professionisti corrotti ha consentito a Azzarà di creare un canale privilegiato e di stringere rapporti rivelatisi molto proficui in particolare con l’amministrazione provinciale di Reggio Calabria in seno alla quale egli risulta che annoveri molte conoscenze influenti, non ultima quella dell’Ing. Carmelo Barbaro, già responsabile del Settore Ambiente dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria nonché abituale componente della commissione giudicatrice istituita presso la Stazione Unica Appaltante Provinciale, competente alla valutazione delle offerte presentate dalle ditte concorrenti alle gare d’appalto.

L’attività info-investigativa che ha interessato diversi comuni della provincia reggina ha permesso di addivenire ad alcune conclusioni, supportate da significativi dati oggettivi, in merito all’esistenza di una sorta di circolare rapporto “a tre” tra politica, imprenditoria e cosca mafiosa, in cui la prima in cambio di appoggio concede favori, la seconda cresce grazie all’influenza mafiosa ed alla politica collusa, e la terza rafforza il suo radicamento nel tessuto politico ed economico.

Ecco che in tale ottica diviene consuetudine che l’amministratore e/o il funzionario del Comune che garantisce l’affidamento del servizio all’Ased srl segnali ad Rosario Azzarà il personale da assumere: dette assunzioni sono da intendersi, alla stregua dell’elargizione di somme di denaro, come il compenso pattuito per l’affidamento del servizio.

Il monitoraggio di Rosario Azzarà ha evidenziato come l’iter di aggiudicazione degli appalti per la raccolta ed il trasporto rifiuti nei comuni della provincia reggina non sempre sia stato “cristallino” e come gli stessi amministratori comunali che interagiscono con Ased abbiano in più circostanze agito perseguendo interessi personali piuttosto che a tutela della collettività.

In tale contesto risultano destinatari di provvedimento cautelare il sindaco di Bova Marina Vincenzo Rosario Crupi (AA.DD.), il vicesindaco del Comune di Brancaleone Giuseppe  Benavoli (AA.DD.), l’assessore con delega a “Arredo urbano, ambiente e territorio” del Comune di Brancaleone Alfredo  Zappia (AA.DD.), l’ex sindaco del Comune di Melito Porto Salvo Giuseppe Iaria (AA.DD.), l’assessore con delega a “Sport, turismo, spettacolo, affari generali e legali, arredo urbano, rapporto con le associazioni e politiche per i gemellaggi” del Comune di Condofuri Salvatore Trapani (obbligo di presentazione alla P.G.).

In ordine ai rapporti stretti da Azzarà con le singole amministrazioni comunali, nei cui ambiti giurisdizionali l’Ased risulta essersi aggiudicato il servizio di raccolta e trasporto rifiuti, rilevano quelli instaurati rispettivamente presso:

- Comune di Bagaladi

Gli ottimi rapporti che Azzarà risulta aver instaurato con Carmelo Borrello, destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare che ha interessato la cosca Paviglianiti (“Ultima spiaggia”) da cui si evince essere al servizio della cosca e nei giorni scorsi condannato a 12 anni di reclusione, si sono rivelati determinanti nell’aggiudicazione di alcune commesse relativamente ai comuni di Brancaleone e Bagaladi, ove Borrello risulta aver svolto le mansioni di capo area tecnica.

L’Ased infatti risulterà aggiudicataria dell’appalto. 

- Comune di Palizzi

Dall’attività di intercettazione è emerso come Rosario Azzarà abbia concesso al sindaco Arturo Walter Scerbo – che la riceveva in ragione dell’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri - l’indebita utilità di poter indicare soggetti da assumere presso la Ased s.r.l., così garantendosi lo stabile asservimento del citato pubblico ufficiale agli interessi propri e della propria azienda, da realizzarsi attraverso l'impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata (quali ad esempio l’affidamento da parte del Comune di Palizzi di lavori e commesse alla Ased s.r.l.), accordo che non si concretizzava per la contraria volontà dell'Azzarà di assumere tale Foti di Palizzi, indicato da Scerbo, perché soggetto considerato non affidabile (la conseguente ipotesi delittuosa di tentata estorsione non consentiva richieste cautelari per i limitati margini edittali).

- Comune di Bova Marina

Vincenzo Rosario Crupi, sindaco del Comune di Bova Marina, sulla scorta delle risultanze investigative assunte è ritenuto pienamente inserito nell’eterogeneo sodalizio criminale, oggetto delle indagini, in cui coesistono imprenditori, amministratori comunali, funzionari pubblici ed appartenenti alla ‘ndrangheta con l’unico fine comune di trarre profitto dagli appalti pubblici.

Le conversazioni ambientali registrato che coinvolgono Crupi documentano come egli abbia contribuito attivamente alle turbative d’asta, barattando l’assunzione di parenti ed amici con l’affidamento dei servizi comunali.

Dal contenuto dei dialoghi captati all’interno degli uffici dell’Ased si evince come Vincenzo Crupi si sia adoperato, ancor prima che il bando di gara venisse pubblicato, affinché il servizio di spazzamento, raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti nel Comune di Bova Marina, venisse aggiudicato all’Ased srl.

Inoltre l’assunzione di tale Demetrio si sarebbe rivelata di primaria importanza in quanto da ricondursi ad un pacchetto di voti che il sindaco Crupi avrebbe ricevuto da elettori direttamente a lui riconducibili: alle rimostranze sollevate da Gabriele Familiari il quale era consapevole della scarsa produttività di Demetrio, Crupi avrebbe risposto richiamando, pur se non esplicitamente, il cospicuo numero di voti da lui garantiti.

- Comune di Rizziconi

Azzarà confessa di avere corrisposto la somma di cinque milioni di lire ad un assessore del comune di Rizziconi, successivamente all’aggiudicazione di una gara d’appalto.

- Comune di Condofuri

L’amministrazione comunale di Condofuri, affida il servizio di pulizia spiaggia ad Ased srl, il cui amministratore, esperto conoscitore delle logiche clientelari, invita Elio Familiari, suo dipendente,  a prendere contatti con l’avvocato Salvatore Trapani, assessore del Comune di Condofuri, ed invitarlo presso la loro sede con il pretesto di conoscerlo ed affinché possa indicare i nominativi del personale da assumere. Dall’attività di intercettazione è emerso come Rosario Azzarà avrebbe assicurato agli assessori del Comune di Condofuri, Barreca e Trapani l’assunzione di qualche loro amico a titolo di corrispettivo per l’affidamento del servizio di pulizia spiaggia.

- Comune di Brancaleone.

Giuseppe Benavoli e Alfredo Zappia, rispettivamente vicesindaco e assessore po tempore del comune di Brancaleone, risultano essere tra gli amministratori che hanno stretto un patto con Azzarà barattando l’affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto rifiuti con l’assunzione in azienda di parenti ed amici.

La procedura osservata si presenta, infatti, densa di aspetti oscuri e poco cristallina. Infatti, il servizio era inizialmente svolto dalla Locride Ambiente, società a partecipazione mista con sede legale a Siderno, che però, per ragioni non meglio potute accertare, nella seconda metà dell’anno 2013, avrebbe manifestato la propria intenzione di non voler proseguire il servizio, che viene affidato pertanto all’Ased srl a termine di una procedura che, per quanto in linea con il disposto del codice degli appalti, presenta molti lati oscuri.

Inoltre, in contemporanea con la determina che ha affidato il servizio all’Ased, la stessa azienda ha avviato una serie di procedure di assunzione a beneficio di alcuni residenti nel comune di Brancaleone.

È emerso altresì come Domenico Giuseppe Marino, assessore all’Ambiente ed al Territorio pro tempore del comune di Brancaleone, abbia esercitato delle pressioni su Rosario Azzarà al fine di favorire l’assunzione in Ased di un suo parente, Domenico Stellitano.

Dalle indagini, infine, è emerso che Azzarà costringeva gli operai ad accettare di percepire, a titolo di stipendio, somme di denaro nettamente inferiori rispetto a quanto indicato nella busta paga, sotto minaccia del licenziamento.

I tentacoli della ‘ndrangheta su politica e appalti: 46 arresti fra Catanzarese e Crotonese

Gli intrecci fra criminalità organizzata e politica sono stati svelati con un’inchiesta che ha fatto luce sulle relazioni esistenti nella parte Centrale della Calabria.

In esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip, su richiesta della Dda di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri, sono state arrestate 46 persone accusate di di associazione per delinquere di tipo mafioso. L’operazione è stata eseguita, in collaborazione con lo Sco, dalla Squadra mobile del capoluogo di regione.

In particolare, nella zona compresa fra le province di Catanzaro e Crotone avrebbe agito le cosche Trapasso e Tropea.

Spicca fra gli arrestati Francesco Greco, vicesindaco 53enne di Cropani, sulla cui testa pende l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’influenza della ‘ndrangheta sulle elezioni di Cropani sarebbe stata finalizzata all’assegnazione di appalti e servizi pubblici.

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