Gli italiani diventano più poveri, il Governo pensa a nuove tasse

Come nella migliore tradizione italica, i nodi stanno venendo al pettine. Il tappeto non riesce più a contenere la tanta polvere che la politica ha cercato di nascondere. Dopo sei anni di democrazia bloccata, governi non eletti da nessuno e misure lacrime e sangue, gli italiani sono sempre più poveri.

Mentre il rovello del Governo è come raccattare i soldi necessari ad evitare le clausole di salvaguardia, aumenta il numero dei cittadini indigenti.

Ad evidenziare il livello di povertà presente in Italia, è stata l’Istat con il dossier sul Def. Il documento, presentato alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha fotografato una realtà sconcertante.

Una realtà che si cerca di nascondere con banali espedienti linguistici. Il ricorso all’espressione “grave deprivazione materiale”, non alleggerisce affatto lo stato di miseria in cui versa quasi il 12 per cento della popolazione italiana.

Nonostante la reiterata narrazione che vuole il Paese, ciclicamente, fuori dalla crisi, negli ultimi tre lustri, è cresciuto il numero delle famiglie che vivono di stenti.

Secondo il rapporto Istat, i nuclei familiari indigenti superano i 3 milioni. Complessivamente, gli italiani sotto la soglia di povertà sono 7 milioni  209 mila.

La crisi economica ha colpito pesantemente gli over 65 che, tra il 2015 ed il 2016, hanno subito un vistoso processo d’impoverimento. In poco meno di un anno, gli anziani indigenti sono passati dall’8,4  all’11, 1 per cento. Un dato sul quale pesa anche l’assenza di opportunità occupazionali. Sono sempre più numerosi, infatti, i genitori costretti a dividere la magra pensione con i figli senza lavoro.

La situazione peggiore, ovviamene, riguarda il Mezzogiorno dove la povertà è tre volte superiore a quella registrata nell’Italia Settentrionale.

I dati dimostrano come (per continuare la lettura clicca qui)

     

]Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

Il caso Minzolini e la sfiducia nei partiti

La vicenda che, nei giorni scorsi, in Senato ha visto protagonista Augusto Minzolini è solo l’ultimo di una lunga serie di esempi in cui la “casta” interviene per preservare se stessa. Nel caso dell’ ex direttore del Tg1 condannato, a due anni e sei mesi, per aver speso 65 mila euro con la carta di credito della Rai, la macchina del trasversale soccorso parlamentare ha dimostrato la sua proverbiale efficienza.

Un’efficienza sconosciuta in altri ambiti.

Ma quando c’è da salvare la cadrega, deputati e senatori si distinguono per la generosa solidarietà.  Una generosità determinata dall’assenza di diaframma tra la gran parte dei partiti presenti in Parlamento. In molti casi, sono l’uno la fotocopia dell’altro. Comitati il cui centro di gravità è rappresentato da interessi, spesso in conflitto con quelli dei cittadini.

Episodi sui quali, in altri tempi, i partiti avrebbero alzato barricate, oggi vengono affrontati all’insegna del “volemose bene”.

Capita, quindi che, un giorno, i senatori di Forza Italia non votino la sfiducia al ministro Lotti e il giorno successivo, quelli del Partito democratico si sentano in dovere di soccorrere il collega azzurro.

La volontà democrat d’inviare un manipolo di truppe cammellate a difendere il ridotto Minzolini, lo si deduce da una circostanza. Nell’occasione, al Largo del Nazareno è stata lasciata libertà di coscienza. Cosa c’entri con la coscienza un voto in cui si delibera l’applicazione di una legge (Severino) che stabilisce la decadenza del parlamentare condannato a più di due anni, è un mistero piuttosto buffo.

La vicenda rappresenta, piuttosto, il paradigma di quanto la politica sia arroccata nella propria torre d’avorio. I partiti sono sempre più alieni rispetto al Paese che pretendono di rappresentare.  Deputati e senatori, come i passeggeri del treno senza macchinista lanciato a folle velocità, descritto da Zola nella “Bestia umana”, continuano a fare tranquillamente i loro comodi.

Il treno, però, prima o poi si schianterà.

Tanto più che il “teatrino della politica” risulta sempre più indigesto. Gli italiani ne hanno le tasche piene di cacicchi,  incapaci, non solo di risolvere i problemi, ma anche di capirli.

Nulla di più normale, quindi, se i cittadini non hanno alcuna fiducia nei partiti.

La cifra di quanto la diffidenza sia radicata, è stata fotografata da un sondaggio condotto dall’Istituto Demopolis.

L’indagine, effettuata dal 5 al 7 marzo, ha rilevato che solo cinque persone su cento nutrono fiducia nei partiti.

Un dato dovrebbe far suonare, non uno, ma mille campanelli d’allarme:

la percentuale di chi si fida dei partiti è scesa di  20 punti rispetto al 1992, l’anno di Mani Pulite.

*articolo pubblicato su mirkotassone.it

Catanzaro, una via per Sergio Ramelli: il plauso della Fiamma tricolore

Riceviamo e Pubblichiamo

"La segreteria cittadina del MSI-Fiamma Tricolore era convocata per esaminare la situazione preelettorale della Città, molto confusa e ondivaga, ma si è trovata a dover affrontare alcuni accadimenti di attualità che ne hanno stravolto l’OdG.

          Due fatti di violenza, uno locale ed uno di ambito nazionale, hanno infatti monopolizzato la discussione tra i militanti missini. La reazione violenta, l’ennesima, degli extracomunitari che presidiano le strade attorno all’Ospedale Civile cittadino contro le Forze dell’Ordine che tentavano di operare il loro riconoscimento. Ormai siamo quasi abituati a questi episodi ed alle prepotenze di questa gente verso la cittadinanza, ma ciò non ci impedisce di indignarci ogni volta per come siamo ridotti e, comunque, intendiamo esprimere un plauso ai vertici istituzionali delle Forze dell’Ordine, che stanno facendo di tutto per cercare di arginare questa che è divenuta ormai piaga sociale, ed al personale che opera in una situazione di disagio e di debolezza legislativa cui sarebbe il caso di dare termine con dotazione e protezione adeguata. Ma questo auspicio si infrange contro l’assurdo e partigiano comportamento di un sindaco, eletto da una infima minoranza di napoletani e che fu anche magistrato di questa Repubblica, che anziché battersi per far rispettare le leggi e garantire la Democrazia, si schiera alla testa di gruppi di facinorosi violenti e compie danni inenarrabili con dichiarazioni che, a nostro parere, vanno ben oltre i confini dell’istigazione a delinquere e del vilipendio per lo Stato ed i suoi rappresentanti. Comportamenti questi che noi censuriamo e che vorremmo fossero perseguiti con esemplare durezza.

          Certo ben altra caratura democratica dobbiamo attribuire oggi alla decisione della Giunta Comunale di intitolare, tra le altre, una Via a Sergio Ramelli – giovane diciottenne, militante del Fronte della Gioventù milanese, ucciso negli anni ’70 dal cieco odio degli epigoni dell’epoca di chi oggi è sostenuto dall’ex-magistrato De Magistris – e tanto rispondendo alle pressanti richieste fatte in tal senso da tanti catanzaresi che si riconoscono nelle Idee che il giovane martire portava avanti come, soprattutto, noi della Fiamma ed i giovani di Identità Tradizionale (i quali hanno dedicato a Lui una bellissima manifestazione tenutasi alla fine dell’estate a Catanzaro Lido), e per il tramite del consigliere Riccio".

Movimento sociale itliano - Fiamma tricolore - Catanzaro 

Serra, Liberamente: "Dall'amministrazione Tassone tanto fumo e niente arrosto"

“Visti gli orari proibitivi dei consigli comunali e la mancata approvazione da parte della maggioranza della nostra mozione sulla trasmissione in diretta streaming delle adunanze consiliari, riteniamo opportuno informare i cittadini circa i lavori del Consiglio comunale odierno che si è svolto, ancora una volta, in una sala semideserta”.

E’ quanto scrivono in una nota i consiglieri comunali del gruppo LiberaMente, Alfredo Barillari, Rosanna Federico e Cosimo Polito.

“Già al secondo punto dell’ordine del giorno – prosegue la nota -  è emersa  un’amministrazione che, dinanzi all’approvazione del progetto HUB Cultura -  la cui forza al momento si basa su € 260.000,00 da ripartire per 63 comuni, non ha ancora idea di quale sia il proprio ruolo e di come operare per conseguire  reali benefici.

Un’amministrazione alla quale abbiamo dovuto ricordare che non bastano i tanti annunci per conseguire risultati concreti se manca una seria e consapevole programmazione.

Ne è un esempio l’enorme diffusione mediatica riguardo la candidatura per la Bandiera Arancione dal momento che a conclusione dell’iter previsto dal Touring Club Italiano tale riconoscimento è stato assegnato ai soli comuni di Oriolo e Taverna con la purtroppo conseguente bocciatura di Serra.

La (non )risposta – continuano i consiglieri- dell’assessore Giancotti interrogata, quale responsabile del progetto, riguardo alle criticità che hanno impedito il raggiungimento dell’obiettivo ed in merito alle azioni programmate al fine di superarle in vista di un futuro riconoscimento, ci hanno indotti a constatare che, esposizione dell’iter per la candidatura a parte, le idee per ottenere il risultato sperato sono ad oggi inesistenti.

 Come sono ancora inesistenti:  il tanto reclamizzato piano virtuoso per la raccolta differenziata;  l’annunciato tavolo tecnico per approfondire le cause dell’ elevata mortalità nella zona delle Serre; l’incisiva azione preannunciata per il rispetto degli impegni assunti dai vertici Asp e  per l’attuazione del decreto Scura ; il piano per il distacco da Sorical, presentato con tanto di fanfara e la lista potrebbe continuare… (basti pensare al problema del randagismo, ancora irrisolto)...

Così – concludono gli esponenti di LiberaMente - anche il punto all’ordine del giorno relativo al regolamento per conferire la cittadinanza onoraria si muove sull’orizzonte del “tanto fumo e niente arrosto”: a cosa servono queste iniziative, come la nomenclatura di “Città”, se poi non si fa nulla per garantire e potenziare servizi per la cittadinanza? (Vicenda INPS docet!).

Quindi, ancora una volta, ribadiamo che tra l’amministrazione degli annunci e della propaganda e quella del fare c’è un’enorme differenza.

Un anno è quasi trascorso ma di presunte “rinascite” non abbiamo visto nemmeno l’ombra”.

Chiaravalle Centrale, l'assessore Sergio Garieri replica alla segretaria del Pd: il dissesto? Chieda ai suoi vicini di banco

Riceviamo e pubblichiamo
 
"Scrivo in qualità di consigliere e assessore del Comune di Chiaravalle Centrale. Premetto di non condividere i continui ping pong di comunicati stampa che stanno caratterizzando l'attuale dibattito politico nel nostro paese e che non fanno altro che tediare i nostri concittadini. I problemi seri da affrontare, in questo periodo, sono ben altri. Ciononostante, mi sento in dovere di fornire le mie repliche rispetto alla nota diramata dalla segretaria locale del Pd lo scorso 19 febbraio 2017. Ebbene, le elezioni amministrative del 2016 hanno dato un esito ben definito e chiaro. Chi ha vinto deve governare, anche se con mille difficoltà, e chi, invece, ha perso deve svolgere il suo ruolo di minoranza. Deve, cioè, vigilare sull'operato della maggioranza, proporre una opposizione costruttiva e, quando si discute di una problematica che interessa il bene collettivo, dovrebbe essere unita con l'amministrazione in carica ed affiancarla. Proprio ciò che, allo stato attuale, sta mancando: vedi le varie interrogazioni giornaliere. E' chiaro che ai cittadini interessa più il presente e una precisa programmazione futura, che dia uno spiraglio di luce ai nostri giovani, rispetto a ciò che le passate amministrazioni non hanno mai attuato. Ma, nello stesso tempo, penso non si debba nemmeno dimenticare la storia, ovvero ciò che è successo, negli anni, a partire da Alternativa Democratica 93. Tant'è vero che sembra proprio di essere ritornati indietro nel tempo. Alcuni amministratori dell'epoca, che poi hanno sempre ricoperto ruoli di massimo livello politico (sindaco, vice sindaco, assessore alle Finanze) oggi si sono ritrovati coalizzati nella minoranza. Dunque, se oggi ci ritroviamo con il Comune in dissesto, con la Commissione di liquidazione e con circa 13 milioni di euro di debiti, forse sarebbe il caso che la segretaria del Pd rivolgesse qualche domande proprio ai suoi attuali vicini di banco, e non ad altri. Per quanto riguarda gli eventi degli ultimi anni, mi rendo conto che è stata informata male o che non ha seguito le varie vicende con particolare interesse. E' certamente vero che l'attuale sindaco, persona corretta e onesta, ha avuto, in passato, l'incarico di assessore. Però a me risulta che non abbia terminato il suo mandato, decidendo di dimettersi circa un anno prima perché non condivideva alcune decisioni assunte dall'amministrazione dell'epoca. Per quanto riguarda il sottoscritto, dal 2011 ho sostenuto l'amministrazione Tino, ricoprendo fino al 2014 il ruolo di consigliere delegato. Dal 2014 al 2015 ho ricoperto il ruolo di assessore. La segretaria del Pd deve sapere che vi era un progetto politico ben definito che si era deciso di portare avanti per un completo cambiamento del nostro paese. Ma, nel momento in cui tutto ciò non è stato condiviso dal sindaco dell'epoca e da vari componenti dell'amministrazione, anzi si insisteva su una strada che portava verso il baratro, il sottoscritto non ha esitato, pur essendo di maggioranza e pur percependo l'indennizzo dalla legge stabilito, a interrompere un percorso deleterio per la collettività, andando a presentare le dimissioni insieme ad altri sei consiglieri, con atto notarile datato 16 aprile 2015, anticipando, quindi, di un anno la fine del mandato. Mi sento, quindi, di dare un suggerimento conclusivo alla segretaria del Pd: prima di rilasciare delle dichiarazioni dovrebbe, quantomeno, documentarsi e analizzare con maggiore lucidità gli eventi politici della nostra comunità".
 
Sergio Garieri - assessore comunale di Chiaravalle Centrale  (Ncd)
  • Published in Politica

Cento anni fa moriva il ministro serrese Bruno Chimirri

La Calabria ha perduto un illustre figlio, il Senato un esimio,[…]  Dal foro portò alla tribuna parlamentare il fiorente ingegno, gli ampi studi, l’animo patrio e liberale, la facoltà oratoria. Notabili furono i suoi discorsi e le sue relazioni, che forman volumi. Si ricorda  massimamente ascoltato sulla legge per le Opere pie, sulla riforma elettorale, e nella commemorazione di Silvio Spaventa, intorno alle questioni sociali, su vari trattati di commercio e sulle convenzioni pei servizi marittimi[…] Ma come’è giusto e doveroso ricordare e onorare i gloriosi caduti per la patria, così dobbiamo ricordare e onorare coloro che con l’opera e col senno contribuirono alla sua grandezza, e fra questi senza dubbio fu Bruno Chimirri, rapito all’affetto e all’ammirazione di tutti quando ancora la sua mente altissima e l’infaticabile attività sua non cessarono per un istante dall’intenso lavoro che fu guida costante della sua esistenza.” (dagli Atti Parlamentari. Commemorazione)

Bruno Chimirri morì il 28 ottobre 1917, giusto cent’anni orsono, un secolo. Era nato a Serra San Bruno il 24 gennaio 1842 e cessò la sua intensa vita terrena nella sua villa di Amato nel catanzarese.

Chimirri, tre volte ministro in diversi dicasteri, dalla periferia di Serra San Buno alla Capitale ebbe modo di dimostrare, con umiltà perché no, tutta la versatilità di ingegno e d’ impegno: dall’arte all’economia, alle scienze sociali passando per le opere di beneficenza. Ricoprì innumerevoli e prestigiosi incarichi, tra i tanti: Presidente onorario del "Circolo Goldoni" di Davoli ; Socio onorario dell' "Associazione agricola Principe di Napoli" di Noto; Presidente onorario della Società operaia "Figli del Lavoro" di Galatro; Membro della "Settima conferenza interparlamentare" di Budapest; Socio effettivo della "Società agricola" in Italia; Vicepresidente della Società di mutuo soccorso di Catanzaro; Commissario governativo per la gestione del patrimonio e l'esercizio della tutela degli orfani del terremoto.

Al Chimirri si deve il programma del famoso Istituto internazionale di agricoltura del 1908. Fu promotore di leggi e provvedimenti speciali quale la legge speciale del 1906 a favore della Calabria e altri provvedimenti post terremoto 1908. Sarebbe ardua impresa ricordare la sua intensa attività di temuto e invidiato avvocato del Foro di Catanzaro e di parlamentare.  Ai posteri il compito di studiare e approfondire la prestigiosa figura di Bruno Chimirri.

Amò di un amore viscerale la sua Serra, anche da lontano, il suo pensiero costante era la Certosa. Quando tornava a Serra, e lo faceva spesso,non disdegnava fermarsi e parlare con la sua gente, quella di lu Zaccanu e di Schicciu che amabilmente lo distraeva con fatti e aneddoti dalle fatiche parlamentari.

Amico particolare gli fu quel poeta-scalpellino, Mastro Bruno Pelaggi, che andava fiero della sua amicizia. Mi piace riportare, qui, alcuni versi tratti dalla lirica “Don Bruninu Chimirri e li Sirrisi” che il poeta dedicò all’illustre uomo di governo: “ È pi lu mundu truoppu mintugatu/ di tutti li putienzi di la terra/ sulu carchi giagantaru futtutu/ di ‘sti quattru muccusi di la Serra/ chi ci cumbinia miegghiu mu sta mutu/ Cà cu vulia m’acchiappa e cu’ m’afferra/ beni ‘ndi ficia truoppu assai e non puocu/ a Serra Catanzaru e ogni luocu/….Chi cazzu pritindienu a’ stu’ paisi/ ancora non lu puotti immaginari/ forsi vulienu mi ‘nci fa li spisi/ e mu c’inchia li casci di dinari?/...Don Bruninu Chimirri è galantuomo,/ cà di nuddu giammai si vindicau./ Vui lu sapiti tutti quant’è buonu/ e quant’offesi si dimenticau/ e lu sapiti c’allu sulu nuomu/ l’Italia tutta lu frunti ‘nchianàu./… Jio pi lu beni vuostru vi lu dicu/ cà già non aju chi cazzu mu pigghiu,/ facitivilu miegghiu pi d’amicu,/ c’avimu aiutu, riparu e cunsigghiu…”
“Ma come’è giusto e doveroso ricordare e onorare i gloriosi caduti per la patria, così dobbiamo ricordare e onorare coloro che con l’opera e col senno contribuirono alla sua grandezza”.

Da qui al prossimo mese di ottobre il tempo che intercorre non è molto ma neanche poco per preparare degnamente le celebrazioni del centenario del nostro illustre figlio. O sarà un’altra occasione mancata?!

  • Published in Cultura

Chiaravalle, Tino: "Il sindaco venga a rispondere in consiglio"

Riceviamo e pubblichiamo

"Per tutta risposta, come un novello Tafazzi, il Sindaco, evitando accuratamente di dare riscontri formali alle richieste di atti e documenti, si porta al centro della scena e, senza motivi apparenti, inizia a randellarsi violentemente offrendo uno spettacolo tragicomico, a sprazzi triste, comunque indecoroso. Nel patetico, gratuito, tentativo di replica (a chi, a che cosa?) attacca maldestramente due dei quattro consiglieri firmatari riproponendo di fatto il solito stanco copione dell'offesa gratuita, della calunnia, della diffamazione; il tutto per tentare disperatamente di sfuggire al confronto e per cercare di sottrarsi al preciso dovere istituzionale previsto dalla norma di convocare il Consiglio Comunale che, alla luce delle dichiarazioni contenute nel delirante. documento di replica, diviene urgente ed indifferibile. Appuriamo infatti dal sindaco che la colpa del disagio e dell'allarme della popolazione per la salubrità dell'acqua è dell'ASP di Catanzaro che avrebbe, sempre a dire del Sindaco, effettuato campionamenti palesemente sbagliati alterando di fatto l'esito delle analisi; appare dunque evidente la gravità ditale affermazione soprattutto se si considera che arriva dalla massima Autorità Sanitaria Locale che, peraltro, essendo dipendente della stessa Azienda Sanitaria, meglio di altri, dovrebbe conoscere e testimoniare la professionalità, la serietà, la correttezza e la scrupolosità delle attività svolte per la tutela e la salvaguardia della salute dei cittadini; in ogni caso noi vogliamo sapere ed abbiamo il dovere di intervenire per fermare l'improvvisazione e l'arroganza!

Consiglio Comunale dunque anche per analizzare la situazione economica del nostro comune, chiarire i fatti e le cause che hanno portato alla condizione attuale e comprendere, speriamo una volta per tutte, che è stata nominata dal Presidente della Repubblica una Commissione  Straordinaria di Liquidazione che si deve occupare del risanamento e rilevare eventuali responsabilità e che a lui e alla sua maggioranza è demandato il compito di gestire il presente e programmare il futuro, sempre se ne è capace; Consiglio Comunale per parlare del presente, del passato e del trapassato remoto e per verificare, ad esempio, che chi vorrebbe oggi spacciarsi per nuovo ha invece un trascorso carico di responsabilità. E' in quella sede che il Sindaco, sempre se ne è capace, potrà sostenere le cose "simpatiche" che ha dichiarato nel documento autolesionistico. Affidato alla stampa; dovrà, sempre in Consiglio, rispondere ai quesiti posti nel nostro documento del 29 gennaio scorso, a tutt'oggi non riscontrato, relativi allo sfascio lasciato dall'amministrazione di cui ha fatto parte e censurata sistematicamente dalla Corte dei Conti che, proprio per quella  gestione, ha avviato il dissesto guidato per il nostro comune.

Intanto, però, per portarsi avanti con il lavoro, inizi gentilmente, in forma pubblica, a chiarire a cosa allude quando parla di 30.000 Euro per lavori e forniture al Teatro Impero effettivamente eseguiti e realizzati come emerge dagli atti adottati dagli Organi amministrativi dell'Ente e riscontrabili oggettivamente. Chiarisca all'opinione pubblica quando e come, con quale atto, il sottoscritto avrebbe bloccato le attività di controllo agli acquedotti comunali; chiarisca anche che cosa voleva insinuare quando, in una delle "brillanti" conferenze stampa, nell'irrefrenabile foga di infangare il sottoscritto addebitandogli ogni nefandezza, agitava i polsi facendo il gesto delle manette. Fino ad oggi abbiamo compreso e compatito i problemi di incontinenza legati alla gioia e all'entusiasmo puerile, Ora basta! Con le legittime ed opportune richieste i Consiglieri di minoranza intendono esercitare un diritto-dovere sancito dal nostro Ordinamento. La reazione violenta e scomposta del Sindaco mette, ancora una volta, in evidenza il profilo inquietante di chi ritiene di non dover rispondere a nessuno, di chi non intende subire controlli manifestando reiteratamente una concezione privatistica degli spazi democratici ed istituzionali. E' soprattutto in queste ragioni che l'azione intrapresa dalle opposizioni trova legittimazione, prosegue incessantemente e prende sempre più vigore".

Gregorio Tino, Consigliere comunale Chiaravalle Centrale

  • Published in Politica

Il lavoro non produce più occupazione, in futuro sarà peggio

Dalle rilevazioni Istat, pubblicate pochi giorni fa, è emerso che oltre il 40 % dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni non ha un lavoro. Il dato, in aumento, è il più alto da giugno 2015. Complessivamente, il tasso di disoccupazione continua ad attestarsi intorno al 12 %.

Ovviamente, da più parti, sono piovute le consuete frasi di circostanza. La politica, parolaia ed inconcludente, ha detto la sua a seconda della collocazione in Parlamento. Stessa cosa dicasi per il sindacato che, nel caso della Cgil, ha chiesto un piano straordinario per l’occupazione giovanile.

Nessuno ha pensato, però, di aprire una discussione seria. Nonostante si tratti di una vera e propria emergenza, la questione è stata rapidamente archiviata. Eppure, non dovrebbe essere indifferente la circostanza che quasi la metà dei giovani non riesca a costruirsi un futuro.

Per tracciare una possibile via d’uscita servirebbe un’analisi di contesto. Bisognerebbe capire il motivo per cui l’indice di disoccupazione non accenna a diminuire. La crisi economica rappresenta, infatti, solo uno dei problemi.

Mentre il mondo cambiava, nel corso degli ultimi 20-25 anni, l’Italia è rimasta a guardare. I poli estremi dello sforzo messo in campo per affrontare mutamenti epocali, sono rappresentati da due idiozie. Da un parte, quella delle famigerate tre “I”  di berlusconiana memoria; dall’altra quella supponente e deficiente, distillata nelle espressioni “bamboccioni” e “choosy”, usate dagli ex ministri Padoa-Schioppa e Fornero per definire i giovani senza lavoro.

Si tratta di due posizioni che esprimono la comune mancanza di un approccio rispetto alle sfide poste dalla modernità. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

In questi anni, i due fattori che hanno determinato il depauperamento delle opportunità lavorative sono rappresentati dalla globalizzazione e dall’imponente automazione dei processi produttivi.

Il primo fattore è abbastanza noto. Approfittando dei bassi costi della manodopera e dei trasporti marittimi, le aziende hanno portato le produzioni in Estremo Oriente.

Il secondo fattore, quello di cui si parla meno, ha avuto ed avrà l’impatto più significativo. La quarta rivoluzione industriale è stata determinata dalla fusione dell’elettronica con l’informatica. La combinazione di questi due elementi ha permesso di automatizzare massicciamente la produzione.

Con la completa digitalizzazione dei processi si entrerà definitivamente nell’ era dell’industria 4.0. Le innovazioni permetteranno, sempre più, di realizzare prodotti di alta precisione a basso costo. Ovviamente, la gran parte delle fasi di lavorazione sarà eseguita dalle “macchine”.

Si tratta di un processo destinato a durare e a stravolgere i rapporti economici. Il mondo del lavoro che abbiamo conosciuto sparirà per sempre. Nel corso dei prossimi anni, quindi, la disponibilità di posti di lavoro è destinata a contrarsi ulteriormente.

In una ricerca, ” The Futures of the Job“, presentata al World Economic Forum è strato disegnato uno scenario tutt’altro che rassicurante. Da qui al 2020, infatti, in 15 dei maggiori Paesi al mondo, Italia compresa,  la diffusione delle nuove tecnologia porterà alla creazione di due milioni di posti di lavoro. Contemporaneamente, però, se ne perderanno sette milioni.

Tra le figure lavorative destinate a sparire non ci sono solo quelle manuali. Giusto per fare qualche esempio, esistono già robot in grado di eseguire interventi chirurgici, metropolitane senza macchinista e algoritmi capaci di scrivere un articolo di giornale.

E’ facile intuire, quindi, quali possano essere i futuri sviluppi della “robotica”. Sono destinate a venir meno o ad essere profondamente ridimensionate tutta una serie di professioni.  Nel prossimo futuro, i lavori più richiesti saranno quelli legati all’area finanziaria, al mangement, all’informatica e all’ingegneria. Accanto ai profili “alti”, sopravviveranno i mestieri più umili, dal giardiniere all’imbianchino, per i quali il ricorso alla macchina potrebbe rivelarsi antieconomico.

In uno scenario del genere, il mondo deve ripensare se stesso. In vista delle prossime sfide è necessario riscoprire l’umanesimo del lavoro. Al centro dei processi economici ci deve essere l’uomo. L’economia non può continuare ad essere concepita come una divinità azteca da alimentare compiendo continui sacrifici umani.

La politica deve, innanzititto, togliere ai tecnici ed agli economisti le chiavi del potere. In seconda battuta deve riscoprire la fonte del sapere umanistico, tanto più che il mondo che verrà non può essere determinato da grafici ed algoritmi.

A dare colore al futuro non possono che  essere i pensatori visionari, gli unici cui la storia ha consegnato le chiavi del futuro.

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

  • Published in Diorama
Subscribe to this RSS feed