'Ndrangheta, operazione "ultimo atto" scatta il sequestro dei beni

Nei giorni scorsi, a Cirò Marina (Kr), i Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della locale Compagnia hanno dato esecuzione ai sequestri preventivi di beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie, riconducibili a sei persone coinvolte nell’operazione “Ultimo Atto”, che ha riguardato le cosche della ‘ndrangheta cirotane.

I sequestri preventivi hanno riguardato 3 magazzini, ubicati a Cirò Marina, e quanto in essi contenuto, tra cui svariate celle frigorifero del tipo industriale, 2 imbarcazioni per la pesca d’altura, ormeggiate nel locale porto turistico, 3 società operanti nel settore ittico, 2 furgoni per il trasporto del pescato, 3 conti correnti bancari e per un valore complessivo di circa 100 mila euro.

Si tratta di sequestri preventivi, disposti sulla base delle indagini svolte dai Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Cirò Marina.

Operazione “Krimata”: sequestrati beni per 1,5 milioni di euro, sette indagati

Questa mattina, la guardia di finanza ha eseguito, a Isola di Capo Rizzuto, Cutro e Crotone, un decreto di sequestro emesso dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, a carico di sette indagati.

Tre dei destinatari della misura erano già stati interessati da un’ordinanza di misura cautelare personale, emessa nell’ambito dell'operazione “Krimata” eseguita a gennaio scorso, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di frode fiscale, riciclaggio, impiego di utilità di provenienza illecita e trasferimento fraudolento di valori.

Il sequestro preventivo è stato emesso con riferimento alle ipotesi di reato di carattere tributario e di riciclaggio, a vario titolo contestati ai sette indagati e scaturisce all’esito di ulteriori approfondimenti investigativi di natura patrimoniale connessi all'operazione  “Krimata”.

Il sequestro, che ha interessato somme di denaro e beni per un valore di circa 1.5 milioni di euro, afferisce all’ipotizzato profitto illecito che sarebbe stato conseguito attraverso l’interposizione di imprese "cartiere" operanti nel settore edile, anche intestate a prestanome, le quali, mediante fatture per operazioni inesistenti, avrebbero consentito di generare, a vantaggio delle società utilizzatrici, un notevole risparmio d’imposta che sarebbe stato monetizzato al fine di celarne l’origine.

Il sequestro è stato eseguito su cinque immobili, due terreni, un’attività commerciale nel settore della somministrazione di alimenti e bevande e tutti i rapporti bancari intestati e/o riconducibili agli indagati.

Sequestrati beni a imprenditore vicino alla cosca Grande Aracri

Su delega della Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, i finanzieri dello Scico, con la collaborazione dei colleghi del Gico del Nucleo Pef di Bologna e dei Nuclei Pef di Reggio Emilia, Parma, Mantova, Crotone e La Spezia, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo di beni, emesso dal Tribunale di Bologna nei confronti di un imprenditore di origine calabrese, ritenuto attiguo alla cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri.

In particolare, sono stati sottoposti a sequestro beni e partecipazioni di nove società per un ammontare di oltre 300 mila euro. Le indagini sono scaturite in seguito a un’interdittiva antimafia, emanata dalla Prefettura di Reggio Emilia, nei confronti di una serie di società, operanti nel settore edile, riconducibili al destinatario del provvedimento, inserite, inizialmente, nel circuito delle imprese preposte all’opera di ricostruzione avviata in seguito al terremoto del 2012 che ha interessato le province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova e Reggio Emilia.

Alla luce del provvedimento interdittivo, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha delegato al Servizio centrale una serie di approfondimenti, anche sotto il profilo patrimoniale, al cui esito è emersa, da un lato, una evidente sproporzione patrimoniale rispetto alla capacità reddituale lecita; dall’altro, la presenza di elementi significativi circa la pericolosità sociale dell’imprenditore in relazione al presunto asservimento delle sue attività economiche, con l’emissione di false fatturazioni e con l’assunzione della qualità di presunto prestanome, agli interessi della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri, operante nella provincia di Crotone (Kr), con importanti ramificazioni anche in territorio emiliano così come testimoniato, tra le altre, dall’operazione “Aemilia” con la quale, nel 2015, sono state arrestate 160 persone tra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia, per i reati, tra gli altri, di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni e il cui iter giudiziario ha già avuto da parte della Corte di cassazione conferma della sentenza di condanna per oltre 70 posizioni.

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Associazione a delinquere dedita alla frode fiscale, sequestrati beni per 15 milioni di euro

I finanzieri della Compagnia di Corigliano - Rossano (Cs), facendo seguito all’attività già eseguita lo scorso 4 marzo con l’esecuzione di misure cautelari reali e l’arresto di 6 persone, hanno dato attuazione ad un’ordinanza emessa dal Tribunale di Cosenza che dispone il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di beni mobili ed immobili, fino a concorrenza di 15 milioni di euro, nei confronti di 2 società di capitali, di una persona fisica e dell’omonima ditta individuale.

Nei confronti delle società, operanti nel settore della raccolta dei rifiuti ed in quello edile, stando agli esiti delle indagini, sono stati riconosciuti gravi indizi di responsabilità per reati commessi nel loro interesse ed a proprio vantaggio ed è stata per questo disposta la nomina, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, di un commissario giudiziale che si occuperà dell’amministrazione delle stesse per un anno.

L’odierno provvedimento giunge all’esito del ricorso in appello promosso dalla Procura della Repubblica di Castrovillari dinanzi al Tribunale di Cosenza avverso l’ordinanza del gip di Castrovillari, con la quale erano state applicate misure cautelari personali e reali nei confronti di 25 persone fisiche e giuridiche coinvolte in un presunto meccanismo di frode all’Iva, al fine di far riconoscere anche la sussistenza, per alcuni degli indagati, dei gravi indizi del reato di associazione per delinquere.

Il collegio, accogliendo la tesi della Procura e ravvisando l’esistenza di una stabile struttura organizzativa composta da alcuni soggetti del medesimo nucleo familiare, ha riconosciuto il presupposto per l’applicazione dell’odierno provvedimento nei confronti delle due società di capitali, riconducibili di fatto ai principali indagati.

I nuovi soggetti giuridici coinvolti, alla luce degli elementi probatori allo stato raccolti, sono risultati creati ad hoc dagli indagati a seguito del fallimento di una società sottoposta a verifica da parte delle fiamme gialle della Compagnia di Corigliano-Rossano, distraendo i beni di quest’ultima al fine di compromettere le pretese dell’Erario e di tutti i creditori, nonché proseguire l’attività imprenditoriale sotto nuove insegne societarie.

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Operazione del Ros, ingente sequestrato di beni a presunto esponente cosca Piromalli

I carabinieri del Ros, coadiuvati dai colleghi dei Comandi provinciali di Reggio Calabria e Milano, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni emesso dal Tribunale reggino, su proposta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di Antonio Piromalli, di 50 anni.

L’attività condotta dal Ros è originata dagli esiti dell’operazione “Provvidenza”, conclusa nel 2017, a seguito della quale Piromalli ha riportato una condanna in appello a 19 anni e 4 mesi di reclusione in quanto ritenuto responsabile di associazione mafiosa, riciclaggio, intestazione fittizia di beni e truffa aggravata.

Le indagini patrimoniali hanno fatto luce, allo stato degli atti e salve le successive valutazioni fino al passaggio in giudicato della sentenza, sul controllo esercitato dalla cosca Piromalli di parte della filiera commerciale agricola reggina, condizionata tramite un consorzio colpito dal provvedimento ablativo, attraverso il quale ingenti quantitativi di agrumi venivano inviati al mercato ortofrutticolo di Milano.

Inoltre, dall’indagine è emersa l’operatività della cosca Piromalli all’interno del mercato ortofrutticolo di Milano, dove sarebbe stata riscontrata la riconducibilità all’organizzazione mafiosa di un’impresa che gestisce un posteggio di rivendita all’ingrosso di frutta e verdura.

Nell’hinterland milanese è stata inoltre individuata un’impresa di import-export formalmente di proprietà di una società con sede negli Stati Uniti, ma risultata riconducibile ad Antonio Piromalli.

Quest’ultima impresa, il cui ramo italiano è stata colpita dal decreto di sequestro, sarebbe stata  utilizzata, insieme ad altre società operative nel territorio statunitense, per perpetrare una frode alimentare ai danni di società americane che operano nel settore della grande distribuzione, attività illecita questa che avrebbe permesso alla cosca, secondo le risultanze allo stato degli accertamenti a fondamento del provvedimento in esecuzione, di realizzare un guadagno complessivo compreso tra i 1,5 ed i 2 milioni di euro.

Le società del gruppo operative negli Stati Uniti, infatti, avrebbero acquistato – tramite l’intermediazione fornita da Antonio Piromalli ed il supporto logistico prestato dalla impresa oggetto del sequestro – diversi container, spediti dal porto di Gioia Tauro, contenenti una miscela di olio di sansa d’oliva, poi rivenduta negli Stati Uniti ad operatori rilevanti della grande distribuzione come olio extra-vergine d’oliva.

Per aumentare l’operatività del sistema, Piromalli sarebbe intervenuto personalmente nell’affare illecito immettendo fondi di origine ignota che avrebbero consentito l’acquisto di ulteriori partite di olio di sansa dall’Italia, da rivendere sempre negli Stati Uniti come pregiato olio extra-vergine.

I beni sequestrati, che hanno un valore complessivo pari a circa un milione di euro, sono distribuiti nelle province di Reggio Calabria e Milano e sono costituiti da 3 complessi aziendali e varie disponibilità finanziarie.

Truffe seriali, sigilli ai beni della "Dottoressa Kramer"

Gli uomini della Squadra mobile della Questura di Vibo Valentia e del Nucleo di polizia economico-finanziaria della locale guardia di finanza, coadiuvati da personale della Sezione misure di prevenzione della Divisione anticrimine, hanno dato esecuzione ad un decreto che dispone il sequestro dei benri ai fini di confisca, nei confronti di Maria Merolla, 64enne di origini campane, meglio conosciuta come “Cristina Kramer”.

 Il provvedimento, emesso su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica e del Questore della provincia di Vibo Valentia, giunge al termine di un’indagine che ha permesso di riscontrare come l’indagata, a fronte della totale assenza di redditi dichiarati, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2017, abbia erogato ingenti somme di denaro al suo compagno – un vibonese di 49 anni - per l’acquisto di terreni e la costruzione di fabbricati che sono stati ceduti in donazione ai 3 figli avuti da quest’ultimo, ma successivamente non riconosciuti dalla donna.

Per gli investigatori, gli immobili sarebbero stati acquisiti grazie all’impiego di risorse economiche derivanti da numerose truffe e raggiri posti in essere dalla 64enne ai danni di persone “vulnerabili”.

Dalle indagini è emerso che la donna, qualificandosi, di volta in volta, come agente di stato, agente immobiliare, agente finanziario, medico, ovvero millantando di vantare importanti conoscenze nei ministeri o in magistratura, avrebbe circuito le vittime prospettando la possibilità e la speranza di fornire una soluzione ai loro problemi, previo versamento di cospicue somme di denaro in contanti o in assegni, per poi far perdere improvvisamente le proprie tracce.

Nel Vibonese, la donna avrebbe effettuato due truffe per un valore complessivo di circa 20 mila euro.

In particolare, Merolla si sarebbe proposta, nel primo caso, come consulente finanziario al fine di curare l’acquisto di una casa nel territorio di Tropea da parte di una coppia, facendosi consegnare la 2.400 euro.

Nel secondo caso, l’indagata, già amica di famiglia, venuta a conoscenza di problemi finanziari in cui versava la figlia della vittima, si sarebbe offerta di curare la rinegoziazione di un mutuo, riuscendo a farsi consegnare, in diverse tranche, quasi 18 mila euro. A fronte delle condotte palesemente reticenti della “Dottoressa Kramer”, le vittime hanno addirittura subito il pignoramento della loro casa.

Le dinamiche criminali emerse nel Vibonese si sono intrecciate con analoghe condotte riscontrate in altre città italiane.

Emblematico risulta il caso di una donna residente a Pistoia, ma proprietaria di un’azienda vinicola con sede nel Veronese, la quale aveva denunciato presso la Procura della Repubblica di Verona di essere stata vittima di una serie di truffe, per un totale di quasi un milione di euro, poste in essere dalla “Dottoressa Kramer”, dopo che questa era stata assunta presso la sua azienda per gestire gli affari.

Tale gestione avrebbe provocato una forte situazione debitoria con diversi istituti di credito, per un totale di 490 mila euro.

A fronte di tali ammanchi, la vittima ha effettuato un controllo dei propri conti correnti, accorgendosi che erano stati emessi una serie di assegni in favore di persone sconosciute, gravitanti in provincia di Vibo Valentia, intestatarie di ditte edili o di materiale per la costruzione di case.

Un’altra truffa che sarebbe stata posta in essere dall’indagata, è stata denunciata a Venezia dove Merolla, presentatasi come il medico “Cristina Kramer”, mediante raggiri ed artifizi avrebbe indotto le parti offese a consegnarle la 70 mia euro, in contanti ed assegni, millantando di adoperarsi al fine di risolvere una grave malattia neurodegenerativa da cui era affetto il figlio delle vittime.

Sempre nel circondario di Venezia, l’indagati facendo ancora ricorso all’alias di “Cristina Kramer” avrebbe circuito un uomo affinché le consegnasse, in diverse tranche, circa 100mila euro per risolvere problemi di salute riguardanti sua moglie.

Proprio in relazione a questi ultimi due episodi, Merolla è stata condannata in primo grado dal Tribunale di Venezia.

Pertanto, gli accertamenti patrimoniali - condotti attraverso l’acquisizione di atti e documenti presso l’Agenzia del territorio e l’interrogazione delle informazioni presenti nelle numerose banche dati in uso alla guardia di finanza – e l’analisi della documentazione rinvenuta nella disponibilità della donna nel corso di una perquisizione effettuata dalla Polizia, hanno permesso d’identificare ulteriori vittime, molte delle quali, tuttavia, hanno deciso di non denunciare alle autorità in quanto intimorite dalle paventate ritorsioni da parte della donna.

Alla luce di tali risultanze è scattato il sequestro dei beni che ha riguardato rapporti finanziari e immobili ubicati nelle provincie di Vibo Valentia, Cosenza e Crotone.

Il valore dei beni sequestrati ammonta, complessivamente, a circa 1,2 milioni di euro.

'Ndrangheta: sequestrati beni per un valore di 1,5 milioni di euro

Nell’ambito dell’operazione “Provvidenza bis” eseguita questa mattina, il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, coadiuvato dal Comando provinciale di Reggio Calabria, ha dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro beni, per un valore di circa un milione e mezzo di euro, emesso dal Tribunale della città dello Stretto, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, a carico di Girolamo Mazzaferro, 85anni, ritenuto esponente di spicco della cosca di ‘ndrangheta “Piromalli” di Gioia Tauro.

La misura, eseguita in provincia di Reggio Calabria e nella città di Roma, ha portato al sequestro di due imprese agricole e sei immobili.

Il provvedimento giunge in seguito alle indagini avviate dopo l’esecuzione dell’operazione “Provvidenza” che, tra gennaio e febbraio 2017, ha portato alla disarticolazione della cosca “Piromalli”.

'Ndrangheta, sequestro di beni per un milione di euro

I finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, per un importo complessivo di quasi 1 milione di euro, a carico di un 44enne ritenuto appartenente ad una cosca di ‘ndrangheta operante nel comune di Corigliano Calabro (CS).

Dopo essere stato coinvolto nel 2010, nell’operazione “Santa Tecla”, il destinatario della misura era stato condannato dalla Corte d’appello di Catanzaro a 5 anni e 4 mesi di reclusione, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

 Dagli accertamenti, eseguiti anche con l’ausilio di accertamenti bancari, è emerso che il  44enne, tra il 2016 ed il 2019, avrebbe omesso di comunicare alcune operazioni di cessione di fabbricati e ricavi per pignoramenti presso terzi, per un valore  di oltre 973 mila euro.

Al termine degli accertamenti, su disposizione dell’autorità giudiziaria, i finanzieri hanno quindi proceduto al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di: 17 terreni, 19 fabbricati, 2 automezzi ed i saldi attivi di 2 conti correnti bancari.

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