"Life": le istantanee di Raffaele Montepaone portano in Toscana l’essenza della Calabria

Life sono emozioni, un progetto, una mostra di fotografie artistiche, un libro, un modo di catturare per sempre l’essenza della parte più vera della Calabria. Il lavoro di Raffaele Montepaone è partito dalla ricerca sul territorio delle donne centenarie, capaci di rappresentare l’anima di una terra, quasi “oggetti archeologici”, come le ha definite il maestro Scianna. 

“Life” approda in Toscana, a Rocca Manenti (Sarteano, Siena), a seguito del premio ricevuto a marzo da Raffale Montepaone durante l’esposizione al MIA PhotoFair2017, la più grande fiera di fotografia italiana, diretta da Fabio Castelli, che si propone di far emergere e supportare nuove proposte artistiche capaci di contribuire “ allo sviluppo dell’Arte Contemporanea del nostro Paese”.

Un premio che parla doppiamente calabrese: calabrese è l'autore degli scatti e calabresi sono i volti, le mani, le rughe, la fatica e il movimento del progetto Life, capaci di racchiudere in ogni fermo immagine (perché le singole foto sono narrazioni in continuo movimento) la storia, la tradizione, la cultura e l’amore per la Calabria.

L'inaugurazione della mostra è in programma per domani, sabato 15 luglio.

Fino al 30 settembre, il percorso permetterà ai visitatori di ammirare le vegliarde calabresi, simbolo di bellezza e resilienza, i volti, le mani, le rughe, la fatica. Nelle immagini immortalate dal fotografo vibonese sono racchiuse: la storia, la tradizione, la cultura e l’amore per la Calabria.

Domani, Raffaele Montepaone presenterà, anche, il suo volume "Life - istantanee di Calabria",  con la prefazione di Ferdinando Scianna.

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Operazione "Gerry", disarticolata mega organizzazione criminale dedita all'importazione di cocaina dal sudamerica

L’operazione “GERRY”, con l’odierna esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. di Reggio Calabria, trova il suo epilogo.

La complessa attività investigativa, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata dalla Procura della Repubblica - D.D.A. di Reggio Calabria, si conclude oggi con l’arresto di tutti gli appartenenti ai due agguerriti sodalizi che meno di un mese fa, il 23 marzo scorso, avevano subito l’ennesimo duro colpo inferto con il fermo di 18 militanti.

Sono state eseguite tra Calabria, Campania, Sicilia, Toscana, Piemonte e Lombardia O.C.C. volte a neutralizzare in primis una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico, dai marcati profili internazionali, capace di pianificare l’importazione di oltre tre quintali di cocaina dal Sud America. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno consentito di disarticolare un sodalizio estremamente complesso, composto da soggetti vicini a diversi clan di ‘ndrangheta, dalle famiglie Bellocco di Rosarno, Molè - Piromalli di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova ai Paviglianiti, attivi sul versante jonico reggino.

Tra gli arrestati i fratelli BELLOCCO Michele e Giuseppe, coinvolti nell’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sudamerica, il pluripregiudicato rosarnese ARCURI Rosario classe 1953, vero e proprio collettore, specializzato nell’acquisto di cocaina per rifornire molteplici famiglie criminali, in grado di tessere fondamentali contatti utili per curare l’intero viaggio del narcotico, dal Paese produttore al porto di arrivo dove un équipe di “professionisti”, guidati da LENTINI Domenico, un calabrese da anni emigrato in Toscana, provvedeva sia al recupero del prezioso carico direttamente dal container che alla successiva consegna ai “grossisti” del settore. È così che i militari sono riusciti a sequestrare presso il porto di Livorno 300 kg di cocaina e circa 17 kg di codeina, ricostruendo, poi, un’ulteriore importazione di narcotico pari a 57 chilogrammi di cocaina e numerosi altri tentativi di importazione non andati a buon fine.

Oltre alla preziosa polvere bianca gli indagati si adoperavano per trarre lucro anche da altre sostanze. Le indagini hanno provato, infatti, come i sodali riuscivano ad ottenere lauti guadagni anche dalla compravendita di importanti partite di marijuana, hashish ed eroina. Sempre ARCURI Rosario, coadiuvato dal fratello e dal figlio, negli anni aveva stretto solidi rapporti di collaborazione con una consorteria di narcos napoletani, capeggiati da CAMPAGNA Maria Rosaria, pluripregiudicata e compagna del noto boss di Catania CAPPELLO Salvatore, attualmente detenuto in regime di carcere duro.

Calabresi e napoletani creano, così, una fitta rete di rapporti “d’affari” che, in prima battuta, vedono i partenopei al servizio dei calabresi per l’estrazione dello stupefacente dal porto di Napoli. Rapporti che, in seguito, si andranno ad arricchire con la compravendita di eroina e marijuana cedute dai fornitori calabresi ai clienti napoletani. L’operazione antidroga, condotta dalle Fiamme Gialle della Sezione G.O.A. del G.I.C.O. di Catanzaro, con il supporto del II Reparto del Comando Generale e della D.C.S.A., ha dimostrato come i trafficanti calabresi ricevevano disponibilità liquide anche da soggetti insospettabili, quali commercianti e professionisti, che non disdegnavano di fare affari mediante l’acquisto all’ingrosso della cocaina.

A tal proposito, i finanzieri, partiti dalla potente organizzazione di narcos operante tra Rosarno, Gioia Tauro, Melicucco e San Luca, hanno esteso il raggio d’azione nei confronti anche di un libero professionista, un pediatra, riuscendo a scoprire come anche questi ricopriva il ruolo di finanziatore, nonché acquirente di ingenti partite di sostanze stupefacenti, sempre provenienti dal Sudamerica.

L’inchiesta svolta dalle unità specializzate del Nucleo di Polizia Tributaria/G.I.C.O. di Catanzaro ha, così, consentito di identificare complessivamente 32 soggetti, 19 dei quali colpiti da ordinanza custodiale, ognuno con un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, a coloro che avevano il compito di ospitare gli emissari dei narcos colombiani, più volte giunti nel nostro Paese. Organizzazioni che curano le importazioni in ogni dettaglio, riducendo al minimo le comunicazioni e scegliendo accuratamente ove far giungere la cocaina.

L’intera operazione “Gerry” ha permesso di infliggere all’organizzazione delinquenziale rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni, e, con le operazioni odierne, di decapitare definitivamente i sodalizi. La droga complessivamente sequestrata, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato all’organizzazione oltre 100 milioni di euro una volta raggiunte le piazze di spaccio. Nel corso dell’indagine è stato sviluppato lo stretto coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Firenze.

Misura toscana e retorica calabrese

 Una rivista americana ha catalogato tra i cinquanta uomini più potenti e influenti del mondo il sindaco di Riace, Lucano: unico italiano. Siccome Draghi è il presidente della Banca Europea, ed è italiano, mi pare che questa rivista s’informi poco e male. Ma sorvoliamo. Il Lucano invita il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, il quale oggi, 26 aprile, è stato a Riace. Come mai? Intervistato a RAI3, sulla rivista americana ha fatto come me di sopra: ha sorvolato su Lucano, ben certo trattarsi di una svista. Ha però detto di essere curioso di vedere se il modello di un piccolissimo paese che inserisce pochi stranieri (questo è non altro è il caso Riace) può aiutarlo a fare dalle sue parti qualcosa di simile. Ma come, ci sono dei Riace nella ricca e civilissima Toscana? Uh, e quanti. Fatevi una passeggiata nell’Appennino del Pistoiese, o tra Arezzo e l’Umbria; ci sono quei comunelli… sì, quelli che i mattacchioni di Amici Miei vogliono demolire, e il parroco fa suonare le campane a martello come ai tempi dei lanzichenecchi. Quattro case dirute, agricoltura arretrata, strade arcaiche… Insomma, uguali a Riace eccetera. Chi lo sa, dice il Rossi, se qualche profugo… Deve saperlo, che nel Medioevo i ricchi fiorentini importarono schiavi asiatici… e se guardate bene il volto di Renzi, qualche antenato cinese deve avercelo… Niente di strano, abbiamo fatto così anche noi, e siamo zeppi di Neri, Mauro, Sgro, oppure di Russo e Biondo… Schiavi o prigionieri di guerra, ma dopo qualche anno li convertivano con delle carezze e dei pedatoni, e li mettevano in libertà. Insomma, non è tanto strano. Quando poi sperano che si stracci le vesti per il Brennero e per le elezioni austriache, il Rossi si esprime con misura, e dice che non è d’accordo, e fin qui, opinioni; ma poi aggiunge che i problemi ci sono, e non è “un prato di margherite”, la questione degli stranieri. Non dice “stranieri”, ma nemmeno “disperati”, né li chiama “dono”, né “risorse”: si esprime con misura, e mi piacerebbe averlo come interlocutore sui problemi e sulle soluzioni. Non potrei invece dialogare con chi usa il linguaggio della retorica o dell’ingiuria. Dove voglio arrivare? A una lezioncina di linguistica. Rossi è toscano, e, come Renzi, anche se parla in vernacolo è quasi come se parlasse italiano, e con dominio della lingua. Grazie a Dio, lo si può avere anche senza essere toscani; però troppi italiani di tutta Italia si vede troppo bene che sono dialettofoni nativi, e traducono faticosamente in italiano, e italiano scolastico. Perciò fanno irriflessivo uso di frasi fratte, per l’appunto retoriche. Ovvero, non è obbligatorio, parlando di questi forestieri, dover aggiungere ogni santa volta “che fuggono dalla guerra e dalla fame in cerca di una vita migliore”, anche perché molti appaiono belli in salute. Ma se io ho un vocabolario italiano scarso, riempio il mio vuoto di luoghi comuni. Rossi ha risposto in maniera analitica e articolata, come deve fare una persona seria che, di fronte a un problema, cerca di risolverlo, non finge che non sia un problema. E usa perciò l’italiano con le dovute sfumature. Scusate, ma facevo il professore; e i miei allievi parlavano in italiano anche per le barzellette e le battutacce. Se troverà di suo gradimento l’esperimento di Riace, Rossi magari lo adatterà a Chiesina Uzzanese. È un borgo sulle montagne, che oggi non so, ma quando nel 1972 lo visitai per caso, ritenni subito che Nardodipace al confronto fosse una metropoli. Già, se i Calabresi viaggiassero un poco, si accorgerebbero che noi siamo messi male, ma anche gli altri, a modo loro, non scherzano. Del resto, scusate, è mille volte più tranquillo passeggiare di notte nei dintorni di Platì, che in pieno giorno a Bruxelles! E anche i pochissimi forestieri che vivono stabilmente in Calabria sono quasi tutti persone per bene, mica seguaci di califfi.

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La Dia di Firenze sequestra beni per 3 milioni di euro ad imprenditore calabrese

Un ingente patrimonio mobiliare, immobliare e societario del valore stimato di oltre 3 milioni di euro, e` stato sequestrato dalla Direzione investigativa antimafia di Firenze. L'operazione rappresenta il culmine di una complessa attivita` investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze. Destinatario del provvedimento, un imprenditore calabrese operante da anni in Toscana. Dalle indagini, sarebbe emerso che grazie all'ausilio di un "prestanome", l'uomo sarebbe riuscito ad operare una serie di investimenti che gli avrebbero permesso di acquisire alcune attivita` commerciali come bar, pasticcerie, pizzerie e diversi appartamenti ubicati nei comuni di Firenze e Prato.

 

 

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