Ferrara (M5s): "L'Ue sta ancora aspettando l’aggiornamento del piano rifiuti della Calabria"

«La gestione dei rifiuti in Calabria continua ad essere caratterizzata da svariate criticità di programmazione, dall'eccessivo ricorso a interventi emergenziali e dalla mancanza di soluzioni strutturali. Tutte condizioni che avrebbero dovuto favorire la tempestiva nomina di un assessore regionale all’ambiente, ma così non è stato finora». 

L’eurodeputata Laura Ferrara ritorna sull’annosa tematica dell’emergenza rifiuti che attanaglia la Calabria, lo fa con una ennesima interrogazione alla Commissione europea anche in virtù della nuova nomina quale membro della Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo.

«Come più volte ribadito, da me e dalla stessa Commissione -  scrive in una nota Ferrara - una solida pianificazione della gestione dei rifiuti costituisce una pietra angolare della legislazione dell'Unione in materia di rifiuti oltre a rappresentare un passaggio chiave nel processo di transizione verso un'economia circolare.

A Bruxelles, tuttavia, sono ancora in attesa dell’aggiornamento del piano rifiuti della Calabria, così come riportato in una risposta ad una mia precedente interrogazione di settembre scorso, dal Commissario in materia, Virginijus Sinkevičius.

Risultava, infatti, che le autorità italiane competenti non avessero ancora notificato alla Commissione il piano regionale di gestione dei rifiuti e il programma per la prevenzione dei rifiuti rivisti in seguito all'adozione della direttiva quadro sui rifiuti (Direttiva (UE) 2018/851).

Nella mia ultima interrogazione chiedo quindi se tale aggiornamento sia stato finalmente notificato». 

«Il piano regionale di gestione dei rifiuti e il programma di prevenzione dei rifiuti aggiornati in conformità alle ultime normative europee - ribadisce l’europarlamentare del M5s - oltre a rispondere ad un requisito di natura giuridica previsto dall’articolo 28 della direttiva quadro sui rifiuti, risultano condizioni abilitanti per beneficiare degli investimenti sostenuti dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo di coesione.

Quali siano le intenzioni dell’attuale maggioranza in materia di gestione dei rifiuti non è ancora chiaro ai più, intanto la delega in materia, per quanto prioritaria, giace nelle mani del presidente della Giunta regionale, Roberto Occhiuto che fra le altre cose deve anche occuparsi del piano di rientro della sanità in qualità di Commissario. 

Quella della gestione dei rifiuti, al pari delle altre, è una partita assolutamente prioritaria per la nostra regione, non c’è più tempo da perdere. Continuare ad accumulare ritardi, non solo mette a rischio tutti quegli investimenti volti ad un virtuoso e sostenibile ciclo dei rifiuti, ma continuerà a favorire, attraverso il continuo ricorso ad ordinanze contingibili ed urgenti e una perpetua gestione emergenziale, costi lievitati oltre misura e non meno grave l’infiltrazione della criminalità organizzata» conclude.

 

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Forciniti (M5s) dice No al Mes: "Se l'Unione europea ha un senso, questa è l'ultima chiamata"

"Quarant'anni fa in Italia c'erano quasi il triplo dei posti letto di adesso, ma un po' tutta l'Europa è in difficoltà dal punto di vista della risposta all'emergenza sanitaria, perché le politiche di austerità e le privatizzazioni spinte degli ultimi anni hanno ridimensionato la sanità pubblica praticamente ovunque".

E' quanto si legge in una nota del deputato M5s Francesco Forciniti.

"Con una crisi economica alle porte di proporzioni spaventose; con gli Stati Uniti che si preparano - attraverso la loro banca centrale - ad un'iniezione di liquidità mai vista prima per proteggere l'economia reale; con la Cina che è già pronta a ripartire perché ha contenuto l'epidemia prima di noi, l'Europa non può pensare di rimanere a galla utilizzando gli stessi strumenti e facendo gli stessi errori del passato.

Oggi - prosegue Forciniti - bisogna cambiare completamente ricetta, e aprire una grande fase di investimenti pubblici che siano garantiti insieme da tutti gli Stati europei.

Se invece i Paesi del Nord Europa continuano a blaterare di Mes e altre sciocchezze, temo che affonderemo tutti.

Il Mes serve per "costringere" i Paesi a ridurre il debito pubblico e azzerare il ruolo dello Stato, lasciandolo in balia dei mercati.

Ora ci serve l'esatto contrario: più debito pubblico per superare la crisi, più intervento dello Stato a garanzia dei servizi essenziali.

"Se l'Unione europea - conclude la nota - ha un senso, ora è l'ultima chiamata per dimostrarlo".

Depurazione: Ferrara (M5s) scrive alla Commissione per le petizioni, sulle criticità calabresi

«Ho inteso aggiornare la Commissione per le petizioni dell’allarmante stato in cui versa il sistema depurativo calabrese anche alla luce della nuova procedura d’infrazione che coinvolge 48 agglomerati calabresi».
 
L’eurodeputata del MoVimento 5 stelle, Laura Ferrara, aggiorna il Parlamento europeo in merito alla Petizione 0398/2017, discussa ad aprile e diretta a sollecitare valide e urgenti misure dell’Ue per eliminare le criticità che riguardano il sistema depurativo in Calabria, al fine di garantire che le acque reflue urbane siano raccolte e sottoposte a trattamento appropriato in conformità alla Direttiva 91/271/Cee.
 
«L'allarmante stato in cui versa il sistema depurativo calabrese, ad oggi, non ha registrato alcun miglioramento, anzi, - continua Ferrara nella lettera indirizzata alla Commissione per le petizioni - paradossalmente, si è dovuto assistere addirittura ad un peggioramento del trattamento delle acque reflue urbane nella Regione Calabria».
 
«Infatti – scrive -, da pochi mesi, con una nuova procedura d'infrazione, la n.2017/2181, la Commissione europea si è costituita in mora nei confronti dell'Italia a causa di nuove violazioni della normativa europea (Direttiva 91/271/Cee) in materia di trattamento delle acque reflue urbane. Ebbene, dei 276 agglomerati coinvolti in questa nuova procedura, ben 48 sono calabresi. 
Per cui, sommando a questi ultimi i 13 agglomerati calabresi già condannati lo scorso 31 maggio 2018 dalla CGUE a seguito della causa C-251/17 e gli oltre cento agglomerati ancora coinvolti nella procedura d'infrazione 2015/2059, se ne ricava che il sistema depurativo calabrese stia attraversando una fase di piena emergenza che interessa oltre metà del territorio regionale con altissima probabilità di ricadute negative in termini di salute pubblica e tutela l'ambiente».
 
«La discussione di questa petizione e la volontà del Parlamento europeo di volerla lasciare aperta – spiega la portavoce del M5s - ha segnato un capitolo importante in materia di depurazione in Calabria. Sono state illustrate  tutte le carenze del comparto sottolineando a più riprese le gravi responsabilità politiche di chi, avendo a disposizione milioni di euro per sanare la situazione non lo ha fatto. La Regione Calabria è ora una sorvegliata speciale e dovrà dare soluzioni concrete per queste annose criticità non solo a noi cittadini, ma anche all’Europa. So bene che la Regione Calabria ha predisposto, come richiesto dalla Commissione europea, un cronoprogramma di interventi speciali, ma so altrettanto bene -conclude la Ferrara – che i primi risultati, se non ci saranno ulteriori ritardi, arriveranno alla fine del 2020».
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Depurazione, stangata per l'Italia dall'Ue. Ferrara e Bruno (M5s): “in Calabria ancora diversi Comuni coinvolti”

«L'Italia deve pagare 25 milioni di euro e una sanzione di oltre 30 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell'attuazione di misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012 ovvero per violazione della disciplina Ue in materia di trattamento delle acque reflue urbane».

E' quanto affermano in una nota, l'eurodeputata Laura Ferrara ed il consigliere comunale di Scalea Renato Bruno, entrambi del MoVimento 5 Stelle

«Arriva stamattina la stangata da parte dell'Ue per l'Italia – affermano i pentastellati - e non fa che confermare l'assoluta irresponsabilità dei nostri amministratori. Più volte abbiamo lanciato l'allarme circa la possibilità di questa pesante rivalsa in termini economici che va ad aggiungersi ai chiari danni ambientali derivanti da un sistema depurativo carente così come confermato dalla stessa Corte di Giustizia europea. In Italia permangono in situazione particolarmente grave ben 74 agglomerati dei 109 a cui si riferiva la sentenza di ben 6 anni fa».

«Di questi 74 ben 13 sono in Calabria – afferma Bruno - nonostante le numerose richieste da parte del Movimento 5 Stelle di garantire che le acque reflue urbane fossero definitivamente raccolte e sottoposte a trattamento appropriato in conformità alla Direttiva 91/271/Cee. La Regione ed i Comuni interessati hanno avuto a disposizione 6 anni e svariati milioni di euro stanziati proprio con l'obiettivo di risanamento. Abbiamo inviato tantissimi solleciti sul rischio di una pesante multa ma nulla è stato fatto».

«Ancora una volta l'inadeguatezza della nostra classe politica si riverserà sulle tasche dei cittadini. Quanto pagheranno i calabresi? - Rincara la dose Laura Ferrara che continua - lo Stato potrebbe applicare il diritto di rivalsa sui soggetti responsabili delle violazioni Ue, quindi nei confronti diretti della Regione Calabria o dei Comuni interessati dalla sentenza della Corte di Giustizia europea del 19 luglio 2012. Gli agglomerati calabresi con sistemi depurativi inadeguati e rientranti nella sentenza erano 18: Acri, Bagnara Calabra, Bianco, Castrovillari, Crotone, Lamezia Terme, Mesoraca, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rende, Rossano, Santa Maria del Cedro, Scalea, Sellia marina, Siderno, Soverato, Strongoli. A oltre 6 anni da quella sentenza 13 di questi, non solo continuano ad essere non in regola, ma non hanno ancora iniziato a svolgere alcuna attività necessaria ad un ripristino funzionale dei propri sistemi depurativi, negli altri “casi” la situazione non è migliore ed i vari iter procedurali vanno a rilento tra commissariamento degli interventi e ricorsi giudiziari».

«Bisogna ricordare che sulla Calabria ora pesa una seconda procedura d'infrazione, la 2014/2059 – dicono i due - in cui restano, per quanto ci è dato conoscere, 108 agglomerati a cui potrebbero aggiungersene altri 30. La Regione aveva annunciato un finanziamento di 260 milioni per sanare queste situazioni. Un finanziamento rimasto per ora solo un annuncio».

«Ho chiesto alla Commissione europea se è a conoscenza del cronoprogramma dettagliato dell'investimento - conclude la Ferrara - e se lo ritiene risolutivo delle problematiche depurative degli agglomerati calabresi coinvolti nella procedura 2014/2059».

 

La Brexit vista da un calabrese

Mi trovo a Londra e mi incuriosisce capire come i londinesi e più in generale gli inglesi vivano la "Brexit".

La prima impressione è che la vivano con distacco a conferma del naturale e famoso aplomb inglese.

Le misure di sicurezza ed i controlli all'aeroporto sono molto meticolosi ed accurati, niente viene lasciato al caso. Capillare ma discreto è lo spiegamento di poliziotti in tutti gli angoli dell'aeroporto e numerose sono le telecamere installate sui percorsi obbligati, a conferma delle misure eccezionali adottate, non solo per sventare eventuali attentati, ma per difendere l'integrità di una nazione. Al gate e al ritiro bagagli accettano indistintamente il passaporto o la carta d'identità, ma fa una certa impressione pensare che, passata la fase transitoria di adeguamento alla Brexit, che durera fino al 2019, occorrerà esibire solo il passaporto.

La moneta ufficiale è rimasta la sterlina ed i negozi di abbigliamento o i supermercati non espongono il corrispondente valore in euro della merce in vendita, nè è ammesso,salvo rari casi, pagare con l'euro.

Il costo della vita è molto elevato al confronto con quello italiano se penso che alcuni prodotti, soprattutto italiani, costano più del doppio. Basta provare a fare shopping per le vie del centro e rendersi conto del lusso dei negozi. In questo periodo le vie sono addobbate con luminarie di ogni genere ed ogni via è contraddistinta dalle proprie illuminazioni. Sono stato in Old Bond Street, una delle vie più frequentate del centro, e non ha confronto nè con via Condotti a Roma, nè con via Montenapoleone a Milano tanto è lo sfarzo dei negozi, anche se alcuni sono italiani.

È quasi usuale incontrare per strada e nei negozi facce diverse, gente di diversa nazionalità con la loro cultura e storia: arabi, cinesi, giapponesi, persone di colore. Parlano l'inglese, ma anche lingue diverse.

Le macchine che circolano sono quasi tutte di grossa cilindrata e appartengono a marchi prestigiosi, come Porsche, Mercedes, Volkswagen, BMW.

Probabilmente i salari e gli stipendi sono adeguati al tenore della vita abbastanza alto, anche se non mancano persone meno abbienti. Nonostante l'Inghilterra abbia aderito alla Comunita Europea da anni, ti accorgi da tante cose che non vi è mai stata una completa integrazione. Alcune norme tecniche europee quali quelle riguardanti gli impianti elettrici sono state recepite solo in parte. Le prese elettriche , di tipo "G", ad esempio, sono diverse dalle classiche bipolari, tripolari o shuko adottate nel resto d'Europa.

Colpisce invece l'enorme attenzione e scrupolo riservati alle norme sulla sicurezza. Non ho mai visto allestire ponteggi con tanta cura ed attenzione. Sulla cartellonistica c'è scritto che la sicurezza è come se fosse la seconda natura. È improbablie sentire dagli inglesi la frase tante volte sentita da noi: " ce lo chiede l'Europa".

E qui potremmo o dovremmo discettare a lungo sul valore dell'unità europea e sull'operato della nostra classe politica, che sta facendo di tutto per diffondere un sentinento antieuropeista anche tra i più convinti europeisti.

Sicuramente l'uscita dell'Inghilterra dall' Unione europea segna il fallimento dell'Europa cosi concepita e deve indurre ad una riflessione generale e ad una revisione dei trattati europei per evitare altre spinte disgregatrici ed un ritorno al nazionalismo piu esasperato.

Ma al di là dei probabili errori imputabili ai politici, Londra, come il resto dell'Inghilterra, rimane una città multietnica e multiculturale con vocazione internazionale più che europea.

Una scultura bronzea raffigurante una panchina sulla quale stanno seduti, da una parte, Whiston Churchill e, dall'altra, Roosevelt, posta su una strada del centro, sembra il paradigma che, a mio parere, rappresenta la vera vocazione inglese: essere essenzialmente anglo - americani.

In fondo nessuno paese europeo, come Germania e Francia, ha rinunciato davvero alla sua identità ed alla storia millenaria che l'ha reso protagonista e padrone del mondo.

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L'unilateralismo di Trump e l'inanità dell'Onu

Non so cosa succederà in Terra Santa, dopo la decisione di Trump circa Gerusalemme; quello che so per certo è che finora non è successo un bel niente per mano di Europa e Onu, e nemmeno di quella diplomazia vaticana che in tante altre occasioni è stata all’altezza del compito. Ma lì no, nessuno ha mai cavato un ragno dal buco, e tanto meno l’Onu.

 Ma cos’è, quest’Onu, da quando nacque, come Società delle Nazioni, quando, secondo il suo ideatore Wilson, doveva salvare il mondo? È stata ed è un immane e costosissimo apparato burocratico che ottiene molto di meno di quanto spende; e che non ha mai impedito o rinviato alcun conflitto; e che, con spregio del ridicolo, riserva dal 1945 il diritto di veto a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna; e a una Cina che era tutt’altra; e a un’Unione Sovietica che non c’è più, e il veto lo ha la Russia.

 Nel caso in parola, l’Onu, e in buona compagnia l’Europa e lo stesso Vaticano, hanno totalizzato infiniti fallimenti dal 1947 a oggi, senza sapere né proporre saggiamente né imporre con autorevolezza e forza. Il motivo è che a comandare, oggi, è sempre il politicamente corretto, il che produce questa paradossale situazione: quasi tutti sono contro lo Stato d’Israele, ma tutti, proprio tutti, sono dalla parte degli Ebrei; e nessuno ha il benché minimo coraggio di chiarire che gli Ebrei sono un popolo sparso nel mondo e con molte e varie cittadinanze, e manco tutti di religione israelitica, o, più esattamente, giudaistica; e lo Stato d’Israele è uno Stato come la Danimarca e come la Nuova Zelanda e il Perù, e dovrebbe avere gli stessi doveri e diritti, e venire trattato come gli altri.

 E quando in chiesa ci fanno recitare o cantare qualcosa con la parola Israele, ciò non ha un bel niente a che vedere con lo Stato d’Israele, anzi con gli Ebrei, ed è una purissima omonimia con ben diversi significati.

 Ma l’Onu deve, nella stessa seduta, parlare bene di Israele e male dello Stato d’Israele; e volere bene ai Palestinesi, però senza toccare lo Stato d’Israele.

 Ed è solo un esempio di come quest’Onu non serva a niente. Se Trump riduce i soldi americani, sarà solo la riduzione di qualche sperpero di denaro.

 Ma se le sedicenti istituzioni sovranazionali non valgono, non è che al loro posto ci sia una qualche diplomazia che agisca meglio. E tutti giocano a rimpiattino: per prima l’Italia, che dalla mattina alla sera inneggia ad Europa e Onu, e poi – ed è un’ottima idea – manda per conto suo soldati nel Niger, come li ha mandati, sempre per conto suo, in Libano. Certo che ha chiesto il permesso all’Onu, e l’Onu paga; ma anche le guerre in Iraq e Serbia e Libia eccetera sono state decise altrove… con il permesso del “Palazzo di vetro”.

 Ma se per fare cose serie bisogna gabbare l’Onu, l’Onu, che ci sta a fare?

 E ripeto che, se non possiamo sapere che risultato otterrà, se l’otterrà, Trump, diciamo che finora Onu, Europa e gli stessi Stati Uniti ne hanno ottenuti zero.

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Precari del Cnr, Laura Ferrara (M5s) interroga la Commissione europea

Continua l'attenzione dell'europarlamentare del MoVimento 5 Stelle, Laura Ferrara, verso il mondo del precariato.

In particolare, l'eurodeputata calabrese ha appena presentato interrogazione alla Commissione europea sulla situazione che da anni vivono migliaia di lavoratori precari della Ricerca.

«Sono tantissimi i ricercatori che vivono da anni il disagio di una condizione lavorativa appesa sul filo del precariato, nel solo CNR 4500 dipendenti su oltre 11500 in servizio, prestano la propria attività lavorativa attraverso il reiterato ricorso a contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti part-time e assegni di ricerca. Entrano nel Centro come giovani ricercatori e vi rimangono come professionisti affermati ma ancora precari.

Nulla di definito e stabile. In Italia gli Enti pubblici vocati alla ricerca, abusano di queste tipologie contrattuali in pieno contrasto con quanto previsto con la direttiva 1999/70/CE, specificatamente alle clausole 4 (Principio di non discriminazione) e 5 (Misure di prevenzione degli abusi) dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Lo Stato italiano si tappa occhi e bocca rispetto a questa forte discriminazione in termini di tutela previdenziale, assistenziale ed economica fra dipendenti a tempo indeterminato e determinato che a tutti gli effetti svolgono le stesse mansioni dei primi. È ora che la Commissione europea chiarisca se per questa situazione è già attiva una procedura d'infrazione per l'Italia o se intende avviarne una specifica. Il contrasto a queste forme di abusivismo di contratti flessibili negli enti pubblici di Ricerca deve essere anche preoccupazione dell'Europa, visto che in Italia nessun Governo si è preoccupato della problematica. Esistono dei diritti sanciti in normative europee che permettono di mettere fine a questa disparità di trattamento – conclude Ferrara –, è ora di sanare questa situazione. Ci sono casi in cui si superano addirittura i venti anni di precariato. Questa situazione costituisce sicuramente un forte limite per la qualità della Ricerca nel nostro Paese».

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Finisce ai domiciliari per frode all'Unione europea

I finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, con contestuale sequestro preventivo di conti correnti postali ed autovetture, fino alla concorrenza della somma di 40 mila euro, nei confronti di una persona residente a Bagnara Calabra gravemente indiziata per aver indebitamente percepito contributi relativi al fondo europeo per la pesca (Fep).

L’attività d’indagine iniziata nell’anno 2016, condotta dalla compagnia di Villa San Giovanni sotto la direzione del settore ordinario della procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, ha permesso di verificare come l'uomo avrebbe usato false attestazioni e pubblici sigilli contraffatti al fine di accedere al fondo comunitario.

Da qui la provvisoria imputazione per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e contraffazione e uso di sigilli e strumenti contraffatti.

 

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