Redazione

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Pizzo, la figura di Corrado Alvaro al centro di un'incontro organizzato da Theotokos 

Ancora una splendida serata a Pizzo Calabro dove nei giorni scorsi il Centro studi Theotokos religiosità popolare ha aggiunto una nuova perla alle sue iniziative culturali.

Si tratta del secondo caffè letterario all’aperto, stavolta dedicato alla figura prestigiosa di Corrado Alvaro.

Tema della disquisizione, la vita e l’opera dello scrittore di San Luca che da uomo del Sud parte dalla Calabria alla conquista dell’Italia e dell’Europa.

Per l’occasione, oltre al saluto di Santina Belvedere, donna amante della cultura, gli interventi del dirigente scolastico dell’Ite Galilei di Vibo, Genesio Modesti, di Alessandra Siclari, collaboratrice del Centro Theotokos, di Anna Rotundo e Martino Michele Battaglia, ovvero i fondatori del Centro studi Theotokos e di Giuseppe Rando, ordinario di letteratura italiana all’Università di Messina e critico letterario.

Dopo il saluto di Santina Belvedere che ha voluto promuovere l’evento, l’artista napitino Massimo Marrella ha svelato una sua opera che ha esposto appositamente per l'occasione.” L’Angelo caduto” rappresenta infatti l’uomo nel suo complesso rapporto con la spiritualità e col divino, l’uomo che cade e si rialza per affrontare nuove sfide.

La moderatrice Anna Rotundo ha introdotto il tema dell’incontro soffermandosi su alcuni aspetti essenziali che riguardano il rapporto di Alvaro con la religiosità popolare (la prima prova d’autore Corrado Alvaro l’aveva fatta proprio raccontando in un libretto il pellegrinaggio al santuario di Polsi) e con le donne protagoniste nei suoi romanzi. Anna Rotundo inoltre ha sottolineato come, pur avendo Alvaro peregrinato in vari collegi laziali, ebbe la sua vera e profonda formazione a Catanzaro: qui prese parte a manifestazioni irredentiste e futuriste, e tenne conferenze. Del soggiorno a Catanzaro Alvaro ebbe dolci ricordi, come scrisse: “La vita era così bella che certe notti non dormivo aspettando il giorno seguente che sarebbe venuto a portarmi non so che cosa”.

Passando poi la parola al Dirigente scolastico dell’Ite Galilei di Vibo, Genesio Modesti, la discussione si è spostata sugli episodi più significativi relativi alla vita dello scrittore calabrese. Il suo rapporto controverso col suo paese natio, con la Calabria e la sua poliedricità di cronista che lo ha portato a cimentarsi con successo prima come giornalista, poi come romanziere e autore teatrale.

Alessandra Siclari ha quindi declamato l’incipit di “Gente in Aspromonte” e ha spiegato cosa c’entri Alvaro con Giuseppe Rando che all’autore calabrese ha dedicato diverse attenzioni nelle sue recensioni critiche che mostrano la grandezza dello scrittore sanluchese.

Giuseppe Rando sulla scia degli interventi precedenti ha posto in risalto oltre alla grandezza delle opere di Alvaro la capacità poliedrica del sanluchese ad adattarsi a qualsiasi situazione. Lo stile creativo che inizia spesso attraverso la raccolta di articoli di giornale per poi diventare romanzo. Il linguaggio asciutto e concreto oltre alla predisposizione al viaggio per raccontare e raccontarsi seguendo un itinerario che coinvolge e avvolge l’uomo, la vita e le problematiche perenni che riguardano il rapporto tra il passato e il presente. Non a caso, secondo Rando è stato Alvaro a inventare la figura giornalistica dell’inviato speciale. Inviato speciale che torna da Berlino con in tasca “Gente in Aspromonte”. Rando ha fatto comprendere il motivo per cui un siciliano verace come lui si sia innamorato dello scrittore calabrese ricordando che recentemente ha pubblicato una serie di racconti inediti col titolo “Gente che passa” per far conoscere ancora la bellezza dello stile alvariano e il suo aspetto profetico visto che i temi trattati dallo scrittore calabrese anticipano di parecchio le tematiche odierne.

Sulla stessa scia le conclusioni affidate a Martino Michele Battaglia, docente di Antropologia Culturale e direttore del Centro studi Theotokos Religiosità Popolare, elogiando Giuseppe Rando come maestro di color che sanno, sommo tra gli interpreti del pensiero alvariano, ha messo in evidenza proprio lo spirito profetico dell’autore calabrese. Battaglia ha citato al riguardo Karl Raimund Popper sull'impossibilità di creare una società perfetta, Michael Foucault e la storia della sessualità che ha molto a che vedere con questo aspetto trattato proprio da Alvaro nei suoi romanzi, Marc Augé e i suoi non luoghi in relazione all’aspetto antropologico che coinvolge Alvaro nel rapporto città-campagna, il mondo agropastorale e la società borghese, Michel Maffesoli e le idolatrie post-moderne e così via fino a invitare i presenti a rileggere Alvaro oggi sotto una nuova dimensione decisamente più complessa per il modo di affrontare le ansie i timori che da sempre angustiano l’uomo.

La serata si è quindi conclusa con una frase di Alvaro tratta da “Vent’anni” pronunciata dal direttore del Centro Theotokos e che recita: “Che ci resterà da fare domani, se torniamo nel modo? Temo che tutto ci parrà un gioco inutile. Bisognerà assumersi grandi responsabilità, altrimenti tutto ci parrà ozioso e misero”.

 

L'antica arte della ceramica calabrese esposta nel Museo di Seminara

Sabato 3 agosto, alle ore 18:00, si inaugura a Seminara il Museo delle Ceramiche di Calabria.

L’inaugurazione sarà preceduta da un incontro presso la sala consiliare, con l’intervento di Mario Panarello, presidente del Centro Studi Esperide, Domenico Pisani, ex direttore del Museo Civico di Rende, e Monica De Marco, responsabile dell’allestimento.

Fondato nel 2011 di concerto con il Centro Studi Esperide, ma allestito tra il 2018 e il 2019, anche grazie all’impegno profuso dal sindaco Carmelo Arfuso, il museo nasce per documentare le produzioni ceramiche regionali, molte delle quali oggi estinte, facendo ricorso, laddove ancora possibile, anche alle testimonianze degli artigiani che hanno svolto tali attività.

Oltre a una collezione di oltre 500 opere afferenti a 20 centri di produzione, il museo presenta al pubblico una ricca documentazione fotografica e audiovisiva. Il percorso museale, che si estrinseca in tre sale, si propone l’obiettivo di tracciare un quadro dei principali contesti produttivi della ceramica regionale: “principali” non soltanto per durata del fenomeno e quantità di artefici e manufatti, ma anche, e soprattutto, per i caratteri specifici che conferiscono una precisa fisionomia alla tradizione figulina di una determinata area.

«Più che le case in cui l’uomo abita, più che le armi con cui combatte, più che qualsiasi altro utensile o gioiello la ceramica ha uno stretto legame con la collettività che la crea e l’adopera, riflette anzi la sua personalità molto più fedelmente di qualsiasi espressione materiale della cultura di un popolo». Espresso da Martin Almagro, studioso di culture materiali primitive, questo concetto focalizza il ruolo che i documenti di “terra” plasmata, foggiata e cotta dall’uomo in ogni parte del globo ricoprono quali fonti primarie della storia e della cultura delle civiltà che li hanno prodotti. Per limitarsi ad un esempio alla portata di tutti, basti richiamare l’importanza dei reperti vascolari nell’ambito degli studi sulla Grecia antica.

Questa efficacia semantica dei manufatti ceramici, quale veicolo di un complesso di elementi frutto di stratificazione e sedimentazione storica che consente di penetrare le più profonde radici culturali di un popolo, si perpetua in tutte quelle espressioni, anche recenti e attuali, che si possono far ricadere nel campo delle produzioni artigianali d’impianto tradizionale. Laddove, cioè, l’apporto creativo del singolo artigiano viene sistematicamente riassorbito in un flusso plurisecolare che basa la propria identità su un sistema di codici – tecnologici, materici, linguistici, simbolici – trasmessi di generazione in generazione e che anche quando si evolvono e si arricchiscono di elementi nuovi continuano a fluire nel solco della tradizione conservando precisi caratteri di riconoscibilità che riflettono peraltro un profondo legame col territorio e con l’immaginario della collettività.

Tra le regioni italiane periferiche, la Calabria è quella che nel corso del Novecento, in particolare in alcune aree, ha mantenuto un tenace e irriflesso attaccamento ad usanze e pratiche che altrove la civiltà occidentale ha “superato” da secoli.

È così che alcuni contesti produttivi dai caratteri “ancestrali” si sono conservati fino ai nostri giorni, richiamando da un lato l’attenzione degli studiosi di etnografia e di etnoarcheologia e imponendosi dall’altro nelle loro valenze di risorsa culturale anche per le comunità locali, che, ci si augura, possano sempre più sviluppare la consapevolezza di detenere un patrimonio immateriale di inestimabile valore.

È noto al mondo come la ceramica di Horezu, annoverata tra i fenomeni più rappresentativi della cultura rumena, nel 2012 sia stata inclusa nel patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.

Si tratta di una produzione - prevalentemente scodelle - che rivisita tipologie e repertori decorativi medievali che dai Balcani si diffusero largamente anche nell'Italia meridionale e particolarmente in Calabria rappresentando quelle che gli archeologi chiamano invetriate policrome.

Ebbene in Calabria forse non tutti sanno che esiste un paese - Seminara - dove non solo i ceramisti locali portano avanti la tecnica di origini bizantine dell'ingobbio sotto vetrina ma dove inoltre sono tutt'oggi miracolosamente attive antiche fornaci a nocciolo di ulivo.

Quella di Seminara è una ceramica veramente dall’aura antica, che ormai da oltre un secolo ha varcato i confini regionali partecipando a importanti esposizioni nazionali e internazionali, ovunque trionfando per il suo schietto sapore popolaresco e i profondi significati simbolici sottesi ai tipici soggetti interpretati dai ceramisti: la maschera apotropaica, mostruosa ed eretica o ispirata a eleganti prototipi classici, ma sempre diretta a preservare la dimora dagli influssi malefici; il riccio, che pur irto di aculei si configura quale simbolo di fecondità; il pesce, che rinvia da un lato alla tradizione cristiana e dall'altro a quella marinara; e poi fiasche antropomorfe, boccali a segreto, calabriselle e babbuini, sirene e tutto ciò che la fervida fantasia del ceramista di volta in volta suggerisce alle mani e al cuore.

Alberi caduti e incendi, decine d'interventi dei vigili del fuoco

Giornata campale, quella di ieri, per i vigili del fuoco del Comando provinciale di Catanzaro chiamati ad intervenire a Montepaone, Montauro e Catanzaro per alberi pericolanti, tettoie, infissi e cartelloni pubblicitari divelti dal forte vento.
 
Numerose, inoltre, in tutta la provincia, le operazione di spegnimento di incendi che hanno interessato arbusti e macchia mediterranea.
 
In particolare, a Catanzaro Lido, presso il deposito e officine meccaniche delle Ferrovie dello Stato, un albero d'alto fusto, a causa del forte vento, si è abbattuto sulla linea ferroviaria bloccando quattro binari utilizzati per accedere ai locali di manutenzione dei treni.
 
La squadra del distaccamento vigili del fuoco di Sellia Marina ha dovuto lavorare diverse ore, prima di riuscire a mettere in sicurezza la zona ed a rimuovere l'albero.
 
Non si registrano danni a persone.

Sorpreso con 14 dosi di cocaina, 40enne finisce in manette

I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Petilia Policastro hanno tratto in arresto un 40enne del luogo, per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

In particolare i militari, dopo aver fermato l’uomo a bordo di un motorino durante un controllo alla circolazione stradale, lo hanno sottoposto a perquisizione personale e veicolare, rinvenendo 14 dosi di cocaina e circa tremila euro in contanti.

La sostanza stupefacente e il denaro sono stati sequestrati.

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