Serre: l'Arsac riprende la lotta al Cinipede del castagno

Nei prossimi giorni, il Centro Arsac di Serra San Bruno sarà, nuovamente, impegnato, nel programma di controllo biologico del Cinipide galligeno del Castagno. Il temibile parassita che determina la comparsa di vistose galle sui germogli e sulle foglie, provoca uno sviluppo stentato della vegetazione e un calo, spesso evidente, della produzione di castagne.  Il cinipide galligeno, nella forma adulta  si presenta come una piccola vespa, di colore nero,  lunga circa 3 millimetri.  Innocuo per l’uomo e per gli animali, il parassita è , invece, estremamente dannoso per il castagno.

Attualmente, l'unica forma efficace di contrasto è rappresentata dal Torymus sinensis, un piccolissimo insetto che si nutre delle larve del Cinipide.

In particolare, nel comprensorio delle Serre i primi “lanci” dell’antagonista sono stati effettuati nella tarda primavera del 2012 .

Quest’anno, l’immissione del Torymus  interesserà  vari siti castanicoli del comprensorio serrese, nonché  alcune aree  dell’Altopiano del Poro. In particolare, è prevista la realizzazione di quaranta “lanci” in una ventina di Comuni del vibonese.

“Per favorire la diffusione del Torymus e limitare i danni prodotti dal Cinipede – si legge in una nota del centro Arsac di Serra San Bruno - è necessario che anche  i castanicoltori e gli operatori forestali facciano la loro parte. A partire dalle zone vicine alle 'aree di lancio', occorre adottare alcune pratiche colturali, tenendo presenti i seguenti aspetti: il Cinipide Galligeno sverna nelle gemme dove ha deposto le uova;  il Torymus sinensis sverna nelle galle dove ha deposto le uova (dalle quali  sono nate le larve che hanno distrutto quelle del Cinipide)  e sfarfalla a fine aprile - inizio maggio.

Le galle, una volta disseccate, in parte rimangono sulla pianta ed in parte cadono a terra in autunno. Quindi, è buona pratica  non distruggere o asportare il fogliame e gli scarti della potatura almeno per tutta la primavera, in modo da favorire la diffusione del Torymus. Considerato che, alcune popolazioni di questo utile insetto possono sfarfallare nel secondo anno, la  soluzione ottimale è quella di eliminare i residui colturali dopo 16-18 mesi dal taglio, a fine estate/inizio autunno. Poiché, in questo  periodo, il Torymus  sarà  già fuoriuscito dalle vecchie galle ed avrà già parassitizzato quelle formatesi nell'anno corrente.

Nelle zone dove la presenza del Cinipide è ancora agli inizi, allo scopo di rallentarne la diffusione, si può praticare utilmente la potatura verde, ovvero nel periodo precedente lo sfarfallamento delle femmine (entro il mese di giugno), si procede al taglio dei rametti dove sono presenti le galle e alla loro distruzione.

Dopo la fine di giugno, è importante non asportare più le galle, in quanto il Cinipide è già fuoriuscito, ma potrebbero ancora esserci all’interno altri insetti utili, nemici del Cinipide.

La pratica risulta tanto più efficace quanto più giovani sono le piante, essendo  ovviamente più facile individuare ed asportare le galle.

Dopo il mese di luglio, è possibile procedere all'eliminazione dei polloni di ceppaia dal momento che il Cinipide che attacca, inizialmente, le parti basse della pianta.

Le pratiche della potatura verde e dello spollonamento delle ceppaie non hanno effetti apprezzabili dove il Cinipide è già ampiamente insediato.

Infine, occorre evidenziare come nessun prodotto antiparassitario risulta realmente efficace contro il Cinipide galligeno del Castagno”.

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L'Arsac di Serra ha concluso l'indagine sulla multifunzionalità dei castaneti

Il Centro ARSAC (Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese) di Serra San Bruno, nell’ambito di un Progetto di Ricerca coordinato dal Ministero delle Politiche Agricole-Alimentari-Forestali, ha svolto un’indagine campionaria nel comprensorio delle Serre vibonesi, riguardante i servizi ecosistemici forniti dai castaneti,  nelle diverse forme di gestione. Lo studio, che  interessa tutto il territorio nazionale (e finanche la Svizzera italiana), vede la partecipazione di importanti istituzioni tecnico-scientifiche;  in particolare: la Libera Università di Bolzano, il WSL di Caldonazzo (TN), la Fondazione E.Mach di San Michele all’Adige (TN), l’Università degli Studi di Bologna,  l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Torino, l’Università degli Studi della Tuscia, l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli,  il Centro di Ricerca per la Selvicoltura di Arezzo ed, appunto, l’ARSAC in Calabria. L’indagine è stata realizzata attraverso la somministrazione di un questionario,  elaborato  in modo tale da evidenziare l’importanza attribuita, dalle varie categorie di soggetti interessati (istituzioni, amministrazioni locali ed operatori a vario titolo del comparto),  alle diverse funzioni che il castaneto svolge/potrebbe svolgere nei diversi ambienti. Lo scopo è quello di ottenere dei dati sufficientemente rappresentativi  in merito al valore  attribuito alle diverse funzioni svolte  ed ai servizi fruibili, rispetto al benessere economico e sociale delle comunità interessate. Nello specifico, sono messe a confronto e valutate le varie tipologie di prodotti e sottoprodotti traibili dal castaneto, nonché  le diverse funzioni che lo stesso svolge ed i servizi forniti nell’ambito del territorio (protezione  idrogeologica,  stoccaggio di carbonio, caratteri del paesaggio, attività turistiche/ricreative) In questo comprensorio, sono stati contattati una cinquantina di soggetti, tra "pubblici" e "privati", ricevendo un riscontro al questionario da una trentina.  La maggiore attenzione, verso questo sondaggio, si è rilevata tra gli operatori del comparto boschivo,  mentre, si legge in una nota, "dispiace sottolineare lo scarso interesse da parte dei rappresentanti delle istituzioni locali". Da un primo esame delle risposte ricevute, emerge, come era prevedibile, il valore preponderante delle produzioni  legnose ed, inoltre,  la particolare importanza attribuita ai prodotti "derivati" (primo fra tutti, il miele); soprattutto nelle aree più interne del comprensorio,  risulta degno di nota  il significato "culturale" conferito a questa specie. 

 

"Non convince la riforma degli enti strumentali calabresi"

"Non faccio alcuna fatica a ritenere che sia urgente un processo di riduzione e di modernizzazione di tutti gli enti strumentali della Regione Calabria. Soprattutto gli enti che non hanno più ragione di esistere, perché hanno esaurito le loro finalità e perché creano solo confusione e rischiano di essere all’infinito fonte di sprechi e di cattivo uso delle risorse, senza alcun vantaggio per la Calabria e per i calabresi, come purtroppo è stato per tanti di questi enti e per troppi lunghi anni". L’ha sostenuto la consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco nel corso del dibattito sul provvedimento di modifica della legge regionale n66/2010 "che dispone la gestione stralcio ARSSA in ARSAC". La consigliera regionale sulla proposta di legge si è astenuta ed ha spiegato: “Sono del parere che ci sia bisogno di un appropriato riordino che serve a dare efficacia ed efficienza alle funzioni degli enti. Tuttavia, bisogna stare particolarmente attenti a non realizzare qualche papocchio. A non fare operazione che 'sembrano' muoversi sotto il segno della riforma ed invece potrebbero addirittura aggravare la situazione preesistente. Dico questo, perché non mi convince come si sta realizzando l’operazione d’incardinamento dell’ARSSA in ARSAC. Un’operazione che lascia tante perplessità e vedo rischi che noi non possiamo in alcun modo correre. Quando questo disegno di legge è stato affrontato in Commissione, avevo espresso dubbi e preoccupazioni che, fra l’altro, sono stati condivisi dall’Ufficio legislativo del Consiglio regionale che in quel momento supportava egregiamente il lavoro della Commissione". Nello specifico Sculco rileva che "Tale proposta che modifica la legge 66 del 2012 dispone la gestione stralcio ARSSA in ARSAC con l’evidente implicazione che il soggetto ARSSA perde la propria soggettività giuridica e viene incardinato nel nuovo ente ARSAC. Il dato meramente formale che ne deriva è di aver soppresso un ente in liquidazione. E lo definisco meramente formale perché si abolisce l’ARSSA, ma non il suo stato passivo, che, invece, resta; con evidenti conseguenze e ripercussioni in termini di rischi di aggressione del patrimonio di ARSAC. Per spiegare meglio: qualsiasi creditore di ARSSA potrà aggredire il patrimonio di ARSAC; eventuali plusvalenze derivanti dalle dismissioni rimarrebbero in capo all’ARSAC. E queste sono solo alcune delle criticità e dei rischi in cui certamente l’ARSAC potrebbe incorrere". 

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