'Ndrangheta, operazione "Nuovo Corso": 5 arresti per estorsione e associazione mafiosa

Reggio Calabria - È scattata all’alba di oggi un’operazione, denominata “Nuovo corso”, con la quale la polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha eseguito 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di elementi ritenuti affiliati o contigui alle potente cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano.

Gli indagati sono accusati a vario titolo, d’associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione, reati aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.

Le ordinanze sono state disposte alla luce dei risultati emersi nel corso di un’indagine, durante la quale i poliziotti della Questura reggina, con il coordinamento della locale Dda, hanno documentano l’operatività della cosca De Stefano nel capoluogo di provincia, soprattutto nel settore delle estorsioni consumate ai danni di imprenditori aggiudicatari di gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche.

In particolare, gli investigatori hanno fatto luce su gravi vicende estorsive che hanno interessato i lavori di rifacimento di corso Garibaldi e piazza Duomo, nella città dello Stretto.

Durante l’operazione - i cui dettagli saranno resi nella conferenza stampa che il Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri terrà alle 10.30 di oggi insieme al Questore Bruno Megale – i poliziotti hanno eseguito anche diverse perquisizioni domiciliari a carico degli indagati.

'Ndrangheta, sequestrati ad un imprenditore beni per 5 milioni di euro

Su disposizione dei magistrati della Sezione Misure di prevenzione, il personale della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ha sequestrato un patrimonio di cinque milioni di euro la cui proprietà è riconducibile al 64enne Domenico Passalacqua, imprenditore che si trovava già dietro le sbarre. E' sospettato di appartenere al clan della 'ndrangheta Bud-Imerti. A richiedere l'adozione del provvedimento eseguito stamane  è stato il Procuratore della Repubblica. L'elenco dei beni oggetto della misura preventiva comprende un totale di dodici immobili, fra appartamenti, attici e ville, oltre ad una lussuosa barca.  

"Mafia Capitale", la legge non è uguale per tutti

San Luca e Badolato e vari altri paesi meridionali e persino di altrove sono stati fatti oggetto di commissioni di accesso, e sciolti per mafia; e qualche volta è successo che il sindaco si sia rilevato solo partecipante a normalissime cene con tanta gente promiscua, e prosciolto… Tante altre volte le infiltrazioni mafiose e camorristiche eccetera erano vere, e ben venga lo scioglimento. San Luca d’Aspromonte, paese chiacchieratissimo, conta poco meno di quattromila anime; ha un territorio di 105,35 kmq, quindi una densità di 37 abitanti per kmq, molto meno di un’oasi del Sahara. Ammesso che i 105,35 siano campi fecondi come la California, e non, come sono, calanchi e boschi, che mafia volete che ci sia, a San Luca? A chi chiedono la tangente, i loschi figuri, ai boscaioli: un fungo ogni dieci? Lo stesso per Badolato, scrigno di tesori artistici e memorie storiche, però scarsissimamente utilizzate, perciò di modesto rendimento finanziario. Insomma, una mafia da quattro soldi. Però, ragazzi, dura legge ma legge! I Comuni infiltrati dalla mafia devono essere sciolti. Legge draconiana! E allora, che mi dite, che mi dite di Roma? Roma, sostiene la magistratura (la magistratura, non i pettegoli) è come quando Sallustio, nel I secolo aC, scrisse “Romae omnia venalia”, a Roma tutto è in vendita. C’è anche la mafia con la camorra, ma si aggiunge alla tavola imbandita, al mangia mangia a trecentosessanta gradi di politici e associativi, senza salvare né destra né sinistra né centro né sopra né sotto. Non serve la mafia, a giudicare Roma una cloaca massima di corruzione; ma c’è anche la mafia in senso letterale, se vogliamo essere pignoli. E allora, perché non sciolgono il Comune di Roma come quello di Badolato, di San Luca eccetera? Qualcuno balbetta spiegazioni formalistiche, sofismi avvocateschi, arrampicate sugli specchi… ma la verità, si sussurra, sarebbe più banale: non si scioglie Roma perché è la capitale, e l’Italia farebbe una brutta figura al cospetto dell’intero pianeta. Una in più! E che ragionamento è? Ci sono forse alcuni milioni di Italiani per cui la legge non vale per il solo fatto che stanno a Roma? A Roma si può rubare diversamente da Milano, Palermo, Sassari, Bari, Venezia, San Luca eccetera, e ciò per il solo essere Roma, ovvero la capitale? O Roma può indebitarsi più di Catania, Torino, Soverato; e non pagare i debiti perché è la capitale? Assurdo. Se una città capitale vuole dei privilegi, dovrebbe essere disposta a pagarli nella maniera più ovvia: rendendosi disponibile a rinunciare a consiglio comunale e sindaco, e venendo retta dal governo centrale proprio per la sua natura di centro della Nazione e dello Stato. Lo fece il fascismo istituendo il governatore di Roma di nomina ministeriale (lo fu il nostro conterraneo Edoardo Salerno); e non è solo un’invenzione mussoliniana: Parigi ha un sindaco solo dal 1975. Ma se Roma vuole un sindaco e un consiglio comunale come Brognaturo e Cardeto, allora il sindaco di Roma è uguale preciso a quello di Borgia: soggetto a commissione d’accesso e, se ricorrono gli estremi, a scioglimento per mafia, o a scioglimento e basta.  “Roma – scrive Tacito – dove confluisce tutto ciò che di peggio c’è nell’Impero”.

  • Published in Diorama
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