Attenzione
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 983

Bova (Democratici progressisti) presenta una mozione per riaprire la casa circondariale di Lamezia Terme

“Il Consiglio regionale della Calabria, per il tramite del Presidente della Giunta ponga in essere ogni iniziativa, azione e provvedimento utile affinché il Governo nazionale disponga l’immediata riapertura della casa circondariale di Lamezia Terme/Nicastro assicurandole piena e migliore funzionalità”.E’ quanto chiede il consigliere regionale Arturo Bova (Democratici Progressisti) che, sulla questione ha presentato un’apposita mozione. “Inspiegabile - commenta Bova - il provvedimento di chiusura dentro la cornice storica di un’emergenza carceraria insostenibile che fotografa condizioni di vita impietose e che testimonia il grave disagio umano della popolazione carceraria. Dinanzi alle condanne ad ai richiami della Corte europea di Strasburgo, il nostro Paese è chiamato a dare risposte sociali ed organizzative concrete nel rispetto della dignità della persona”. Nel documento, il consigliere regionale “richiama il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13.1.2010 con cui è stato approvato il  ‘Piano Carceri’ per risolvere l’annoso problema del sovraffollamento degli Istituti Penitenziari italiani. Successivamente, con sentenza dell’8 gennaio 2013 (c.d. sentenza Torreggiani) - ricorda Bova - la Corte Europea dei Diritti Umani, adita da Torreggiani e da altri 4.000 detenuti, ha condannato lo Stato Italiano per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (trattamento disumano dei detenuti). Assegnandogli contestualmente - in quanto sentenza pilota - il termine di un anno per adeguarsi alla normativa internazionale e agli standard richiesti da Strasburgo (che prevedono il criterio base di mq. 3 per ogni detenuto ospitato in ciascuna struttura carceraria). Dopo il monitoraggio effettuato nel maggio del 2014 - dunque a distanza di un anno dalla sentenza sopra citata - i detenuti italiani risultavano 59.683, a fronte di una capienza regolamentare dell’intero panorama carcerario italiano di 49.091 posti”. L’esponente politico ricorda che “è stata disposta la chiusura di tutte le strutture carcerarie nella quali non veniva rispettato il suddetto requisito di 3 mq/detenuto, facendo inopinatamente rientrare tra queste strutture anche la Casa Circondariale di Lamezia Terme / Nicastro”. “Dopo un incontro avuto il 15 maggio 2014 con il Segretario Particolare del Ministro di Giustizia e con una delegazione degli Agenti di Polizia Penitenziaria di Lamezia - del quale venne dato ampio risalto dai mass-media locali - fu dimostrato che la Casa Circondariale di Lamezia Terme, contrariamente ai dati forniti al Ministero, rispettava pienamente il requisito della Sentenza Torreggiani per almeno 90 detenuti - stante la superficie della struttura di 302 mq. Dato, questo, che si può ricavare dalla sezione ‘monitoraggi’ del sito ‘dap.giustizia.it’ oppure dalla planimetria dell’Istituto. La delegazione aveva indicato altresì, la possibilità concreta e a quasi costo zero, di ricavare ulteriore disponibilità di accoglienza e, pertanto, di superare il numero di 100 detenuti ospitabili secondo e nel pieno rispetto dei parametri europei. Sul sito del Ministero della Giustizia, inoltre, è stato pubblicato un documento ufficiale in cui sono elencati oltre 30 Istituti Penitenziari, molti dei quali a tutt'oggi aperti, che hanno una capienza di molto inferiore ai 100 detenuti (vedi la casa Circondariale di Lauro in Campania, con capienza regolamentare di 38 detenuti e presenza effettiva di soli 11 detenuti o Empoli, in Toscana, con capienza regolamentare di 18 detenuti e presenza effettiva di 24 detenuti)”. “La questione dell’affollamento delle carceri, che vede la Calabria tra le Regioni con il più alto tasso - afferma Bova -  è di attualità sempre più drammatica, segnata da lentezze processuali e da strutture fatiscenti. Alla luce di questi motivi, la struttura carceraria di Lamezia, potrebbe essere eventualmente riconvertita in una casa circondariale a custodia attenuata, oppure destinata ad ospitare i detenuti cd. ‘promiscui’ (ex collaboratori di giustizia; appartenenti a forze di polizia; familiari di ex collaboratori di giustizia e familiari di personale della Polizia Penitenziaria) e/o detenuti cd. ‘protetti’ ( sex offender, imputati e/o condannati per violenza sessuale). Si potrebbe immaginare di collocare in una sezione i detenuti cd. promiscui, in un’altra, i detenuti cd. ‘protetti’ e nell’ultima sezione allocare i detenuti associati dalla libertà a disposizione del locale Tribunale. In Calabria le sezioni inframurarie destinate alle suddette particolari tipologie di detenuti, sono presenti solo presso le Case Circondariali di Castrovillari e di Vibo Valentia. Strutture queste ultime che, in caso di chiusura del Carcere di Lamezia, si vedrebbero aumentare i posti disponibili al regime ordinario, con conseguente aggravamento del problema del sovraffollamento. La chiusura del carcere di Lamezia comporterebbe, o comunque potrebbe essere percepito infine - conclude Arturo Bova - come un palese e inammissibile, oltre che inopportuno, abbassamento della guardia nella lotta alla criminalità organizzata in un territorio martoriato dalla presenza di potentissime e spregiudicate cosche mafiose”.

Imu sui terreni agricoli, mozione di Bova

Una mozione con cui  “il Consiglio regionale impegni il presidente della Giunta  ad intervenire presso il Governo nazionale affinché venga tempestivamente sospeso il Decreto Interministeriale del 28 novembre 2014 che ridefinisce l’elenco dei Comuni che beneficiano dell’esenzione dall’IMU sui terreni agricoli”. A presentarla agli uffici della segreteria d’Assemblea di Palazzo Campanella è stato il consigliere regionale Arturo Bova (Democratici e Progressisti). Fra gli altri obiettivi del documento quello di “costituire un Tavolo Stato-Regioni al fine di concordare nuovi e più equi criteri di individuazione e classificazione delle zone montane e collinari esenti IMU; e comunque, di porre in essere ogni più opportuna e necessaria azione al fine di tutelare il settore agricolo, particolarmente vessato nel nostro Paese, specialmente nelle aree montane e ancor di più nell’entroterra calabrese”. Nel documento, il consigliere ricostruisce l’iter della vicenda. “Con l’ordinanza del 21 gennaio 2015, il TAR del Lazio, ha rinviato al 17 giugno 2015 la data dell’udienza pubblica per la trattazione nel merito del ricorso promosso da alcune ANCI regionali (Umbria, Liguria, Veneto, Abruzzo e Lazio) sulla legittimità del Decreto Interministeriale del 28 novembre 2014, disponendo che 'le esigenze della parte ricorrente appaiono adeguatamente tutelabili con la sollecita definizione del giudizio nel merito’. Con la stessa decisione - prosegue Bova -  il Tar Lazio non ha confermato la sospensione degli effetti del provvedimento, già disposta, fino all’udienza del 21.1.2015, dal decreto del Presidente della seconda sezione del Tar in data 22 dicembre 2014. Pertanto, nell’ambito di questo giudizio - sottolinea  l’esponente politico - riacquistano validità i criteri di imponibilità dei terreni montani indicati dal decreto del 28 novembre scorso. Sullo stesso tema, tuttavia, il Tar Lazio si e’ pronunciato con un ulteriore decreto cautelare emanato in data 14 gennaio 2015, con riferimento ad un altro ricorso, promosso da alcuni Comuni siciliani che aveva effetto fino alla trattazione in Camera di Consiglio, fissata per il 4 febbraio 2015 e, dunque, per una data evidentemente successiva al termine per il pagamento dell’IMU sui terreni agricoli montani. Termine che, come noto, e’ fissato al 26 gennaio 2015 (comma 692 della Legge di Stabilità 2015)”. Al contempo, Bova fa presente che “l’udienza del 4 febbraio 2015 è stata rinviata”. “Alla luce di tutto questo - sostiene il consigliere regionale -  il regime fiscale dei terreni agricoli montani resta caratterizzato da confusione normativa ed incertezza giurisprudenziale, con gravi ripercussioni sia sui Comuni che sui contribuenti coinvolti. I Comuni, inoltre, si trovano nella condizione di aver subito tagli, complessivamente pari a 359 milioni di euro, a fronte di un gettito potenziale già dubbio in ordine al quantum, e più in generale discutibile in ordine ai criteri previsti, ed ora ancora più incerto”. Fra le altre motivazioni addotte da Bova vi è la seguente: “I contribuenti sono in oggettive condizioni di incertezza circa il pagamento e si ricorda che, per effetto di consolidati principi di affidamento e buona fede, non sono applicabili sanzioni ai contribuenti qualora sussistano ‘obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria’”. “A fronte della situazione prospettata, e come più volte sollecitato anche dall’ANCI  - conclude Arturo Bova - appare indispensabile abbandonare il proposito di ottenere gettito aggiuntivo dai territori montani con riferimento al 2014 ed abolire i tagli in corso di effettuazione nei confronti di oltre 4 mila comuni. I criteri di imponibilità, come indicato anche da recenti pronunciamenti parlamentari, potranno poi essere profondamente innovati attraverso una necessaria condivisione con le parti sociali e con i Comuni”.

Subscribe to this RSS feed