Governo Conte, la senatrice Vono (M5s): "Oggi i cittadini scrivono la storia"

"Finalmente i cittadini scrivono la Storia. Finalmente abbiamo un governo votato dal popolo. La nomina del presidente del consiglio Giuseppe Conte è una vittoria della democrazia, dei liberi e degli onesti che, con coraggio, hanno creduto nel sogno di poter governare l'Italia, restituendo credibilità e forza alle Istituzioni. Adesso, per tutti noi parlamentari di maggioranza è il momento della responsabilità, della conferma piena degli impegni indicati nel Contratto del Governo del Cambiamento. Ci aspetta un grande lavoro, con l'obiettivo prioritario di ridare speranza e fiducia al Paese, al Sud come al Nord. Comincia così la Terza Repubblica: la Repubblica dei cittadini, per i cittadini".

È quanto di legge in una nota della senatrice del Movimento 5 stelle, Silvia Vono

 

 

Wanda Ferro: Fratelli d'Italia non darà fiducia a Cottarelli

“I cittadini fanno davvero fatica a comprendere le ragioni per cui è stato impedito prima alle forze politiche che hanno vinto le elezioni, e poi ad una maggioranza formatasi in Parlamento, di provare a dare un governo politico al Paese. La sensazione è che la democrazia sia ridotta ad un mero esercizio formale, un gioco della politica che però non può in alcun modo travalicare il confine dettato non dalla Costituzione, ma da interessi e poteri sovranazionali che non vogliono cambiamenti strutturali nell’economia e nei rapporti tra l’economia, la politica e le istituzioni. Non è democrazia quella che non concede spazio a proposte politiche alternative ai modelli che hanno portato al disfacimento politico dell’Europa e trascinato in gravi situazioni di crisi le comunità nazionali.  Fratelli d’Italia vuole che agli Italiani vengano restituite la sovranità sul proprio Paese e la possibilità di difendere i propri interessi nazionali. Come ha già anticipato il presidente Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia non voterà la fiducia a Cottarelli, che è espressione di politiche di governo sonoramente bocciate dagli Italiani. È davvero fuori da ogni logica che venga data l’opportunità di formare un esecutivo a chi ha perso le elezioni, e non a chi il 4 marzo ha avuto la fiducia dei cittadini. Sono certa che l’intero centrodestra sarà unito contro questo tentativo che sembra avere proprio l’obiettivo di mettere alla prova i rapporti tra le forza politiche che hanno vinto le elezioni”.

È quanto afferma il deputato di Fratelli d’Italia Wanda Ferro.

 

 

Decreto Sud, c'è il si della camera. Massima soddisfazione da parte di Luigi Tassone

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa in cui Luigi Tassone, sindaco di Serra San Bruno, esprime tutta la propria soddisfazione per l'ok ricevuto dal "Decreto Sud" da parte della Camera dei Deputati.

Apprendo con soddisfazione la notizia riguardante l'ok definitivo, da parte della Camera dei Deputati, del decreto Sud, fortemente voluto dal governo Gentiloni, che introduce diverse misure in favore del Mezzogiorno e, in particolare, della nostra regione.

Tra i provvedimenti previsti nel decreto, un finanziamento di 50 milioni euro che mira a favorire gli imprenditori agricoli under 40; un altro finanziamento, fino a 1.250 milioni di euro, dedicato ai nuovi giovani imprenditori under 35, con la misura “Resto al Sud”. Previsti, inoltre, circa 200 milioni di euro per le Zone Economiche Speciali (Zes) e 40 milioni di euro per favorire le politiche attive del lavoro nel Mezzogiorno. Questo governo, sulla scia di quanto fatto in passato dal precedente esecutivo con a capo Matteo Renzi, dimostra nei fatti di volersi occupare seriamente del Sud e dei giovani, ai quali è stata dedicata una specifica misura per dare la possibilità, a coloro i quali hanno buone e positive idee imprenditoriali, di mettersi in gioco per costruire il proprio futuro.

Chi, tra questi giovani, poi non dispone di mezzi per avviare un'attività, avrà a disposizione una potenziale dotazione di 50mila euro (estensibile fino a 200 mila euro, nel caso di un progetto presentato da 5 giovani imprenditori), di cui il 35% a fondo perduto ed il restante 65% con un prestito a tasso zero. Il governo guidato dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha dato una risposta seria e diretta anche nei confronti della nostra regione, tramite una serie di misure che, finalmente, daranno inizio ad un periodo di crescita per l'intera Calabria. Penso sia necessario cogliere al volo queste opportunità e fare tesoro di quanto di buono l'esecutivo sta facendo nei riguardi della Calabria. Dare un'occasione ai giovani che, quotidianamente, devono loro malgrado fare i conti i problemi legati al mondo del lavoro vuol dire ridare a quegli stessi giovani la speranza che qualcosa può finalmente cambiare. E di questo cambiamento si sta finalmente rendendo artefice un governo che ha a cuore le sorti del Sud e della Calabria.

Questo, però, è solo un primo passo. Per il Mezzogiorno bisognerà ancora fare tanto, ma il decreto Sud ritengo vada nella direzione giusta, vale a dire di un governo che ha messo in cima ai propri impegni il Meridione, la Calabria e i calabresi, dando loro una chance. Solo così, soltanto investendo sui giovani e sul loro futuro si potrà finalmente attuare quel cambiamento radicale di cui una regione straordinariamente bella come la Calabria necessita.

Wanda Ferro, Governo e Regione si assumano le proprie responsabilità

“Se si vogliono dare ai cittadini informazioni corrette e rispettose della realtà dei fatti rispetto alla questione del riordino delle Province, evitando sterili polemiche - dichiara la consigliera regionale Wanda Ferro - bisogna innanzitutto porre fine alla consuetudine di scaricare le responsabilità sulle eredità del passato, tenuto conto che Oliverio è alla guida della Regione Calabria da più di due anni.

In questo periodo la Regione ha solo alimentato lo stato di confusione producendo una legge monca, la LR 14/15, che, lungi dal tracciare una riforma risolutiva della materia, ha introdotto soltanto qualche disposizione urgente, rinviando, per il resto, ad un successivo provvedimento legislativo da adottare entro il termine perentorio del 31 dicembre 2015, ad oggi non approvato né sottoposto all’esame del Consiglio regionale. Spiace dover prendere atto - prosegue Ferro - che a distanza di quasi due anni dalla legge regionale, approvata sulla base di un disegno di legge della Giunta regionale, si ammetta candidamente che il trasferimento delle risorse finanziarie, strumentali e patrimoniali è ancora in corso di completamento con i tavoli tecnici bilaterali.

La politica - stigmatizza la consigliera - non può scaricare le responsabilità sui dirigenti. Rimane la magra consolazione che anche la Giunta regionale condivide che il Governo ha legiferato in maniera irresponsabile, dando per scontato il successo della riforma costituzionale che prevedeva l’abrogazione delle Province, e la necessità che, a livello nazionale - sottolinea l’esponente politico - il Governo dovrà dire cosa si vuole fare delle Province dopo l’esito negativo del referendum costituzionale.

Se è vero che le Regioni italiane hanno intenzione di aprire a livello nazionale un contenzioso con il Governo per ottenere le risorse finanziarie che prima venivano date alle Province e che oggi sarebbero trattenute a Roma, la Giunta regionale adotti ogni provvedimento utile e necessario perché, una volta tanto, la Calabria si distingua per essere la prima Regione italiana ad aprire un contenzioso con il Governo nazionale affinché le risorse finanziarie siano riversate a beneficio delle Regioni che sono state chiamate a svolgere le funzioni delle Province” - rilancia Wanda Ferro.

 

“Noi ci saremo, responsabilmente e nell’interesse dei cittadini calabresi. Saremo a fianco della Giunta regionale in una battaglia di civiltà finalizzata ad ottenere le risorse finanziarie per garantire i servizi essenziali ai cittadini calabresi. Ma non vorrei essere costretta a prendere atto che, invece, a tirarsi indietro - conclude Wanda Ferro - sarà proprio la Giunta regionale guidata dal presidente Oliverio, che continua ad esercitarsi nell’attività di equilibrista nella guerra del PD contro il PD”. 

Monte dei Paschi: Lorsignori mangiano e gli italiani pagano

 Si sono seduti a tavola e hanno ordinato ogni ben di Dio. Hanno divorato, fino in fondo, ogni singola portata del ricco e fastoso banchetto.

Quando non è rimasto più niente, si sono alzati e con l’ultima coppa di champagne in mano sono scappati via senza pagare. Il conto lo hanno lasciato a quelli che la festa non l’hanno vista neppure da fuori. La storia recente del Monte dei Paschi di Siena è andata esattamente così. Una vorace orda di cacicchi ha mangiato a sbafo, lasciando i debiti ai cittadini. Per tenere in vita la banca più antica del mondo, ogni italiano è stato costretto a scucire 105 euro. I soldi pubblici, ancora una volta, sono stati usati per pagare le nefandezze compiute dai privati.

La crisi dell’istituto senese è stata determinata, infatti, dai cosiddetti debiti deteriorati.  Un formula che vuol dire che qualcuno ha ricevuto soldi in prestito e non li ha restituiti.

In fila davanti alla cassa per pagare un debito non loro, chiacchierando del più e del meno, i cittadini si sono posti qualche domanda. Soprattutto coloro a cui la medesima banca non ha concesso neppure un misero mutuo per comprare un monolocale o aprire un negozio. Proprio loro, che si sono sentiti negare il prestito per mancanza o carenza di garanzie, erano i più curiosi. A pari merito con quanti, dopo aver ottenuto il prestito, si sono visti portare via tutto perché, a causa della crisi, non riuscivano ad onorare  puntualmente le scadenze. La prima domanda che costoro si sono posti è la seguente: perché sono stati dati soldi a chi non poteva restituirli? Una domanda, cui ne è seguita subito un’altra. A chi sono stati concessi i prestiti? Domande che, in realtà, non avrebbero dovuto neppure essere fatte.

Sarebbe stato doveroso dire agli italiani, quanto meno,  i nomi dei “pezzenti” cui hanno pagato il conto. Ma, a quanto pare, sembra piuttosto complicato. Far conoscere l’identità di chi è scappato senza pagare non è possibile. Dalla banca hanno fatto sapere che “al momento una serie di vincoli normativi non ne permettono la diffusione“.

Per superare i limiti imposti dal segreto bancario “serve un provvedimento ad hoc”. Una legge o un decreto legge per divulgare il nome delle persone cui sono stati saldati i debiti è già di per sé un’anomalia. Ancora più anomala, la circostanza che il provvedimento non sia stato inserito nel decreto con il quale lo Stato ha provveduto a sganciare i denari. Ma forse non è anomalo, è normale. Se la lista venisse resa nota, salterebbero fuori strani intrecci e commistioni. A rafforzare il dubbio, i nomi che circolano da qualche giorno.

Alcuni quotidiani hanno reso nota l’identità di alcuni dei personaggi coinvolti. Uno dei nomi che fa più rumore è sicuramente quello di Carlo De Benedetti. Come riportato da Il Sole 24 ore, nella lista nera “figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia”.  Alla società elettrica, Monte dei Paschi avrebbe concesso ben “Seicento milioni”. Quando l’azienda è andata in crisi, scrive Il Sole 24 Ore: “I De Benedetti capita l’antifona […] non si sono resi disponibili a ricapitalizzare […]. Alla fine il  «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l’esposizione creditizia in azioni”.

Si tratta di un vero e proprio caso da manuale. Un esempio di come non dovrebbe essere gestita una banca. Non avendo ricevuto indietro i soldi dati in prestito, in Monte dei Paschi hanno pensato bene di convertire i crediti in azioni. In altri termini, i vertici della banca hanno fatto l’esatto opposto di ciò che avrebbe suggerito il buon senso. Anziché mandare l’ufficiale giudiziario a cercare di riscuotere, almeno, una parte del credito, sono entrati in società con un’azienda insolvente. Il risultato, ovvio, è che l’istituto si è fatto carico della situazione debitoria dell’azienda. Al punto che – scrive ancora Il Sole 24 ore, “Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro”.

A ciò si aggiunga che, secondo le indiscrezioni pubblicate finora, nella lista di quanti non hanno onorato il debito, figurerebbero diverse cooperative contigue al Pd, ovvero il partito che, per anni, ha gestito la banca. Per non farsi mancare nulla, Monte dei Paschi avrebbe sostenuto anche le iniziative avviate da soggetti vicini a Forza italia.

In un contesto del genere, è facile immaginare come andrà a finire. S’intuisce, anche,  il motivo per cui, nei confronti dei debitori, non sia stato usato lo stesso criterio impiegato con i comuni mortali. Se un povero Cristo non è nella condizione di restituire il mutuo, la banca lo lascia in brache di tela. In questo caso, quindi, l’equità avrebbe imposto di spremere i debitori milionari fino all’ultimo quattrino. In tal senso, il Parlamento potrebbe ancora discutere il varo di una legge per espropriare i beni e mandare in galera chi ha dato e ricevuto il denaro.

Un provvedimento troppo forte, per una politica che non sa andare oltre l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. Una commissione che non si capisce bene cosa debba investigare. Per sapere tutto, basta aprire un cassetto. Ma, con tutta evidenza, piuttosto che mandare in galera i responsabili, si preferisce istituire una commissione parlamentare. Lo strumento più sicuro per insabbiare tutto!

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

 

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Governo: l'orgoglio di Renzi, la continuità di Gentiloni e le lacrime degli italiani

Orgoglio e Continuità. L’orgoglio è quello di Matteo Renzi che si è detto soddisfatto del lavoro svolto nei 1024 giorni trascorsi al governo. La continuità, invece, è la parola d’ordine di Paolo Gentiloni. Ad ogni piè sospinto, il nuovo presidente del Consiglio manifesta l’intenzione di seguire la scia tracciata dal suo predecessore.

Non si comprende, però, da cosa nasca tale l’entusiasmo.  L’orgoglio fa a pugni con i numeri. I dati fotografano, infatti, una realtà della quale c’è poco d’andar fieri. La declamata continuità fa pensare, invece, che il nuovo inquilino di Palazzo Chigi non abbia letto i dati pubblicati da Eurostat. Diversamente cercherebbe d’intraprendere un sentiero diverso.

Secondo l’ufficio statistico dell’Unione europea, tra il 2014 ed il primo trimestre del 2016 il Pil italiano è cresciuto di 1,8 punti.  Un dato positivo, se non rapportato con quanto accaduto in Europa nello stesso periodo.

Negli anni presi in esame, il Pil dell’Eurozona è, infatti, cresciuto di 4,1 punti.

La crescita italiana non è, quindi  lontanamente comparabile con quella registrata nei maggiori paesi europei. Nel periodo considerato, in Spagna il Pil ha fatto segnare un + 7,5 punti, in Gran Bretagna + 5,9 ed in Germania +3,6.

La situazione non migliora se si prendono in considerazione le politiche di risanamento.  Negli anni del governo Renzi, il rapporto debito pubblico/Pil è cresciuto del 3,9 per cento.

Quando l’ex sindaco di Firenze arrivò a Palazzo Chigi, il rapporto debito pubblico/Pil era al 131,6 per cento. A fine settembre scorso, il rapporto era salito al 135,5 per cento. Quanto la performance italiana sia negativa lo si evince comparando il dato con la media europea. Nello stesso periodo nella Ue il rapporto è diminutito in media del 2 per cento.

A ciò si aggiunga la crescita del debito in valore assoluto. Secondo Bankitalia, tra marzo 2014 e settembre 2016, il debito pubblico è passato da 2.121 miliardi a 2.212 miliardi. Un dato negativo, a fronte della drastica diminuzione della spesa per interessi. Tra il  2013 ed il 2015 il minor costo del denaro ha fatto risparmare alle casse italiane ben 9 miliardi di euro. Una cifra, con tutta evidenza, non impiegata per ridurre il debito.

La situazione non migliora sul fronte della giustizia fiscale. Durante il governo Renzi, le entrate derivanti dalle imposte indirette, ovvero quelle che colpiscono soprattutto i ceti più deboli, sono passate da 238 a 249 miliardi.

Se i dati macroenomici non sono esaltanti, quelli che riguardano l’economia reale sono anche peggiori.

In un  contesto del genere non si comprende quali possano essere i motivi d’orgoglio. Ancor meno, poi, si capisce su cosa poggi il desiderio di Gentiloni di percorre lo stesso sentiero seguito finora. Un sentiero che, con tutta evidenza, sta conducendo il Paese diritto in un baratro.

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

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"La nomina di Marco Minniti a ministro degli Interni premia l'espressione della Calabria migliore"

"La nomina di Marco Minniti a ministro degli Interni premia l'espressione della Calabria migliore.

Il Presidente del Consiglio on. Paolo Gentiloni si potrà avvalere, così, in uno dei dicasteri più importanti del suo esecutivo, della collaborazione di un ministro dotato di una indubbia competenza.

Il Ministro Minniti, oltre ad esprimere una consolidata esperienza per aver svolto egregiamente importanti funzioni nella salvaguardia della sicurezza nazionale, è anche espressione di un pensiero meridionalista moderno ed avanzato.

Sono sicura che con Minniti ministro sarà la Calabria intera ad essere valorizzata"

E' quanto ha dichiarato in una nota stampa la deputata del Partito democratico Enza Bruno Bossio.

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Il calabrese Marco Minniti, sarà il nuovo ministro dell'Interno

Il calabrese Marco Minniti sarà il nuovo ministro dell'Interno. L'ex sottosegretario reggino fa parte della lista dei ministri che il Capo del governo incaricato Paolo Gentiloni sottoporrà, domani e dopodomani, alle Camere per il voto di fiducia.

 Marco Minniti: biografia

Nato a Reggio Calabria nel 1956, si è laureato in filosofia. Vicino alle posizioni di Massimo D'Alema, Minniti, ha ricoperto la funzione di sottosegretario alla difesa nel governo Amato e con delega ai servizi segreti nei governi Letta e Renzi. Nel 1992 è diventato segretario regionale del Pds calabrese prima di lasciare l’incarico per occuparsi del dipartimento problemi del partito. Nel 1996 è diventato coordinatore del Pds, due anni dopo, invece, è stato investito del ruolo di segretario organizzativo dei Ds. Entrato, per la prima volta, in parlamento nel 2001, con i Ds è stato riconfermato nel 2006 con l'Ulivo diventando viceministro dell'Interno nel governo Prodi. In seguito alla nascita del Pd, è diventato segretario regionale della Calabria, incarico che manterrà fino al 2009. Presidente del forum nazionale sicurezza con la segreteria di Dario Franceschini, in quella di Bersani è stato responsabile nazionale del Pd per la verifica dell'attuazione del programma del governo Monti. Nel 2009 ha partecipato alla nascita della Fondazione Icsa, che si occupa di sicurezza, difesa e intelligence, di cui è stato presidente, mentre Francesco Cossiga ne era presidente onorario.

Marco Minniti entrerà, quindi, a far parte della squadra di governo che affiancherà il neo presidente del consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni.

I ministri del governo Genitloni

Questi i nomi dei ministri che comporranno il nuovo governo: Anna Finocchiaro (Rapporti col Parlamento), Marianna Madia (Pubblica amministrazione), Enrico Costa (Affari regionali), Claudio De Vincenti (Coesione territoriale), Luca Lotti (Sport), Angelino Alfano (Esteri), Marco Minniti (Interno), Roberta Pinotti (Difesa), Orlando (Giustizia), Pier Carlo Padoan (Economia), Carlo Calenda (Sviluppo economico), Maurizio Martina (Agricoltura), Gianluca Galletti (Ambiente), Delrio (Infrastrutture), Beatrice Lorenzin (Salute), Maria Elena Boschi (Sottosegretario alla Presidenza), Dario Franceschini (Beni culturali), Valeria Fedeli (Istruzione), Giuliano Poletti (Lavoro).

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