Ponte sullo Stretto, Santelli favorevole: "Se non ora, quando?"

"Sto seguendo con grande attenzione il dibattito nazionale sulla eventuale realizzazione del Ponte sullo Stretto. La mia posizione non è mai cambiata nel corso degli anni: sono favorevole alla costruzione di una straordinaria infrastruttura pubblica, che – oltre a dimostrare al mondo le grandi capacità progettuali e ingegneristiche del nostro Paese e a collegare, finalmente in modo efficiente, la Calabria e la Sicilia – avrebbe il merito di ridare fiato all'economia nazionale in un momento di grave crisi e di creare migliaia di nuovi posti di lavoro.La domanda che tutti dobbiamo porci non è se realizzare o meno il Ponte sullo Stretto, ma questa: se non ora, quando?".

Lo afferma il presidente della Regione Calabria, Jole Santelli.

Migranti e Ponte: dura la vita di dottor Falcomatà e mister Giuseppe (non Peppe)

Non serve un eccessivo sforzo di fantasia per immaginarli lì, placidi e tronfi al tempo stesso, mentre trascorrevano ore in via Possidonea prima e sul Corso Garibaldi poi, a disegnare le mosse che avrebbero spalancato loro le porte di Palazzo San Giorgio. Non che per alcuni di loro, negli anni dell'"esecrato impero scopellitiano", il portone del Municipio fosse stato invalicabile, tutt'altro, ma ora stava per arrivare l'agognato momento di "andare a comandare". Farlo in prima persona, o in seconda per essere più precisi; assumersi l'onere, da molti scambiato per onore e nulla più, di condurre per mano la città ed accompagnarla sulla strada, accidentata e ricca di insidie, della crescita consapevole e dello sviluppo adatto alle sue peculiari caratteristiche. Perché ciò si concretizzasse era, però, necessario armarsi di quelle competenze, amministrative, politiche e caratteriali di cui è impossibile rintracciare anche solo l'ombra. E non sorprende, pertanto, che, due anni dopo l'insediamento, Giuseppe Falcomatà e gran parte della sua squadra appaiano ancora, incredibilmente, in una fase di rodaggio ormai ingiustificabile. La cartina di tornasole, dall'esito oggettivo e non adatto ad interpretazioni di comodo, è rappresentata dall'assenza, assoluta, di manutenzione in ogni angolo della città. E' questo aspetto, assai poco decoroso, a rendere indifendibile l'Amministrazione. Uno sciatto stato di abbandono spadroneggia in centro come in periferia, sul Lungomare e ad Arghillà. Nel presunto "salotto buono" del Corso Garibaldi e nella traversa più distante dai luccichii del tempo che fu. Più volte questo giornale ha puntato l'indice sulle gravissime responsabilità del sindaco e dei suoi sodali, alcuni dei quali, se consci dell'inesorabile avvicinarsi del baratro in cui, giorno dopo giorno, sono trascinati, per forza d'inerzia e loro debolezza, dal Primo Cittadino di Reggio Calabria, farebbero bene ad alzare la testa e pretendere un cambio di marcia da imprimere rapidamente prima che il buio oscuri per sempre la città. Quel che è peggio, tuttavia, è la cieca navigazione a vista su un canotto perforato dai buchi del più bieco opportunismo. Nel brevissimo arco temporale di pochi giorni, infatti, Falcomatà ha trovato il modo per salire due volte sulla nave dentro cui trovano posto coloro che, approfittando della massima secondo cui "la coerenza è la virtù degli imbecilli", si tuffano nelle perigliose acque del vuoto pneumatico di idee, mettendosi così nelle condizioni di pescare spunti di piccolo cabotaggio validi solo per incipriare programmi elettorali da essi stessi trattati come inservibile carta straccia. Primum non affondare le proprie ambizioni di carriera: è questo il mantra che seguono i tanti adepti del "nuovismo" oltranzista. Spogliati di qualsiasi riferimento ideologico, si agitano, insieme timorosi ed arroganti,  tra tutto ed il contrario di tutto, barcollando sotto i durissimi colpi inferti loro dall'ostinazione dei fatti. Una vita politica palesemente virtuale che tentano disperatamente di costruirsi a spese della loro stessa serietà, della loro stessa dignità. Convinzioni di ieri talmente salde da potersi trasformare oggi nel loro  esatto contrario. Per esempio, di fronte al dramma epocale del terzo millennio, il sindaco di Reggio Calabria, in piena campagna elettorale, storia dell'estate di due anni addietro, banalizzò la terribile tragedia dell'immigrazione, proponendo di "ripopolare l'entroterra" con i profughi che sbarcano sulle coste reggine. Considerazioni buttate a casaccio per rimpinguare un documento in altre parti copiaincollato da quello stilato da Matteo Renzi all'epoca in cui l'attuale presidente del Consiglio ricopriva l'incarico di sindaco di Firenze. Vero è che solo le vie del Signore sono infinite, mentre quelle della politica rimangono dentro i confini del volere del Sovrano cui i sudditi, senza forzature di sorta, si piegano per natura ed indole, ma  piagnucolare adesso lamentando l'esistenza del problema "migranti" è indicativo del valore che il Primo Cittadino di Reggio nutre, lui per primo, nei confronti dei suoi pensieri e delle sue parole. E, a porre il sigillo all'assunto di cui sopra ci sta pensando in queste ore lo stesso Falcomata a proposito della secolare querelle legata alla costruzione del Ponte sullo Stretto. E' bastato che il premier, al pari di quasi tutti gli ex inquilini di Palazzo Chigi, ritirasse fuori dal cilindro lo stesso coniglio di sempre, per convincere il "giovin signore" di Palazzo San Giorgio a rinnegare, ancora una volta, i suoi convincimenti evidentemente poco convinti. Perché, quel "no secco" alla realizzazione della grande opera messo nero su bianco nel famoso programma elettorale si è prontamente tramutato in un comico "dobbiamo essere visionari". Peso piuma dal pensiero debole, il sindaco Metropolitano surfa sulle onde delle contraddizioni fino ad annegare nell'acqua profonda dei vaneggiamenti. Sulla riva, nel frattempo, il "cerchietto magico" si spella le mani applaudendo le acrobazie dialettiche del "capo" e, quando non applaude emettendo gridolini di fanatico giubilo, si diverte a costruire castelli di sabbia. 

 

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Il Ponte sullo Stretto ed i prigionieri del passato immaginario

Prendo spunto dal Ponte, cui sono istintivamente e razionalmente favorevolissimo; ma rifletto, più in generale, sul misoneismo accanito che dilaga soprattutto nel Meridione. Misoneisti (dal greco misos, odio; e neos, nuovo) sono quelli affetti da una palese turba psichica di conservazione di qualsiasi cosa e rifiuto di ogni innovazione e ammodernamento di qualsiasi vecchiume.  Nulla a che vedere con la Tradizione, la quale è eterna, e perciò non datata e mai vecchia. I misoneisti vivono sempre e solo ai tempi del nonno, il quale, ovviamente, viveva ai tempi di suo nonno, il quale aveva pure lui un nonno… Ciò vale soprattutto per la Calabria. Attenti a questa lezioncina di greco. Nella Calabria Centromeridionale si parla sempre e solo così: “iu ficia”, “iu dissa”, anche se riferito a un attimo fa. Non è dunque un passato remoto, e tanto meno un perfetto latino, ma un aoristo greco (aoristo: tempo verbale senza determinazioni), che indica l’azione verbale come tale e non quando si verifica. Solo all’indicativo, tale tempo può essere narrativo. In Calabria, perciò, è tutto sempre lo stesso, non cambia mai. Aggiungete poi che il “nonno” non è il nonno reale, cioè il padre del padre o della madre, è un nonno simbolico, mitico, che, in genere, ha le seguenti caratteristiche: 1.era nobile (meglio se nobbbbbbbbile); 2.visse quasi cent’anni; 3.lo stimavano tutti per la sua saggezza; 4.era un donnaiolo e si mangiò almeno uno o due immensi patrimoni: segue risata idiota; 4.amava svisceratamente la famiglia, cui si sacrificò fino alla fine; 5.voleva partire volontario in guerra ma la mamma glielo vietò; 6.eccetera, a fantasia. Il nonno così evidentemente contraddittorio e inventato era così bello e santo e perfetto, che non c’è alcuna necessità di cambiare niente. Il Ponte sullo Stretto? Ma dai: il nonno andava a Messina a nuoto! Il computer? Ma dai, il nonno “non firma perché nobile”, cioè analfabeta, non aveva il computer, eppure visse lo stesso cent’anni, e le donne… Eccetera.  È ora di finirla, amici del Sud, con questa invenzione del passato e speranza del futuro; un futuro, ovviamente, uguale al passato.  Ecco la ragione psicanalitica se non psichiatrica del rifiuto di qualsiasi progresso: e nemmeno lo negano, i misoneisti, che è paura! Paura di un terremoto, della mafia, della spesa? Ma no, paura dell’ignoto. In Danimarca c’è un ponte che poi diventa tunnel subacqueo ed esce in Svezia; spettacolare: si vede che nessuno ha avuto paura! Corollario storico. Nel 1839, Ferdinando II tracciò la prima ferrovia d’Italia. Erano tre chilometri, ma, come si dice, chi bene inizia è alla metà dell’opera… Macchè, nel 1860 c’erano, in tutto, 99 km da Salerno a Capua; più enormi faldoni di progetti a bei disegnini. Vedete cos’è il misoneismo meridionale?

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Ponte sullo Stretto, Renzi: "può creare 100 mila posti di lavoro"

Ritorna d'attualità il Ponte sullo Stretto. A rilanciare l'idea di costruire l'infrastruttura che dovrebbere collegare la Sicilia alla Calabria è stato Matteo Renzi. Nel corso dell'assemblea che ha celebrato i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, il presidente del Consiglio ha parlato della necessità di "togliere la Calabria dall'isolamento e far sì che la Sicilia sia più vicina" . Il Ponte sullo Stretto di Messina può creare "centomila posti di lavoro". Renzi ha indicato l'infrastruttura come parte del completamento della "Napoli-Palermo". "Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni - ha detto rivolgendosi a Pietro Salini, numero uno del Gruppo - noi ci siamo". Quello che chiedo a voi è che, finita la parte delle riforme, si possa tornare a progettare il futuro", ha aggiunto Renzi. "Bisogna sbloccare i cantieri e serve la banda larga perché la rete di domani non sarà una diga in Italia né l'autostrada del Sole, ma la banda larga, la gigabyte society, la velocità". "Bisogna poi continuare le grandi opere - ha scandito - dalla Bari-Lecce alla Napoli-Palermo, con il Ponte sullo Stretto, in un'operazione che sia utile, crei posti di lavoro e ci metta nelle condizioni di togliere l'isolamento della Calabria e avere la Sicilia più vicina". "Noi siamo pronti", ha detto citando anche la Variante di Valico ed il Terzo valico tra Liguria e Piemonte. "La Salerno Reggio Calabria il 22 dicembre sarà percorribile senza alcun cantiere". Lo ha ribadito il premier. "La mia è una sfida in positivo - ha aggiunto -. Rispetto chi dice che l'Italia è finita, ma penso che il compito di chi fa politica sia di indicare una direzione".

“Inutile il Ponte sullo Stretto senza il completamento della Salerno-Reggio Calabria”

“Sono meridionale, ma fare il Ponte di Messina non avrebbe senso senza un impianto infrastrutturale nella zona, con la Salerno-Reggio Calabria che non è finita”. Parole del n. 1 dell’Authority anticorruzione Raffaele Cantone, trasmesse da Sky durante “L’intervista di Maria Latella". Cantone aveva in precedenza asserito che la costruzione del Ponte “è una scelta politica” sottolineando che “non si possono non fare le opere pubbliche per paura del rischio di infiltrazioni della criminalità. Non saremmo uno Stato credibile. Mi chiedo – aveva aggiunto - però se sia utile”.

Renzi: "Il 10 marzo sarò in Calabria per l'apertura dell'ultima galleria della Sa- RC"

" A Natale gli automobilisti staranno tranquilli: il 22 dicembre inauguriamo la Salerno-Reggio Calabria. Mi ridono tutti dietro quando dico che la finiremo, ma il 10 marzo sarò in Calabria a verificare l'abbattimento dell'ultimo diaframma dell'ultima galleria". E’ quanto ha dichiarato in un’intervista ad Isoradio il presidente del consiglio  Matteo Renzi. "Costi quel che costi, noi vogliamo che sia un'autostrada seria a quattro corsie. Forse non sarà bellissima tutta ma deve essere messa in sicurezza perché lo si deve alla civiltà dell'Italia e alla sua credibilità all'estero". Per quanto riguarda, invece, il Ponte sullo Stretto, il capo del governo ha affermato che prima o poi “verrà fatto”. “L'importante – ha concluso - è che prima portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci son solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici".

Ponte sullo Stretto: si, lo voglio

Appena arrivato al governo, il ministro Costa ha affermato che il ponte sullo Stretto "si deve fare". Se non è il solito proclama, mi sta bene, e per una buona serie di motivi:

1.       L’intenzione è antichissima, ce l’aveva già Dionisio il Vecchio.

2.       Gettare ponti è un atto politico e sacro, se i Romani chiamavano il loro sacerdote “pontifex”.

3.       A differenza della natura, che è come è, un’opera umana può essere bella o brutta secondo chi e come la progetti.

4.       Il ponte non guasta un panorama naturale, giacché Messina e Reggio non sono spuntate come i funghi, bensì sono state fondate e costruite e ricostruire dagli uomini.

5.       Il mondo è collegato da ponti. Quando uno ammira quel volo di fantasia che è il ponte e tunnel tra Copenhagen e Stoccolma, resta solo a bocca aperta! Si vede che lì non ci sono ecologisti e furbetti.

6.       Ecologisti che passino lo Stretto a nuoto e nudi io non ne ho ancora visti! So bene che sta dilagando una ventata di passatismo e antiumanesimo tipo Rousseau, ma è quello che da Rousseau portò dritto dritto a Robespierre e alla ghigliottina di massa: alla larga! Da buon reazionario, io sono modernista accanito.

7.       L’utilità è evidente, rendendo più sicuri i collegamenti, oggi aleatori per condizioni di mare.

8.       La zona è sismica, ma se dovesse passare questo principio non dovremmo costruire niente in due terzi del pianeta, tra cui la California e il Giappone, e almeno mezza Italia. Ci sono, entro i limiti umani, espedienti per ridurre il rischio.

9.       Costruire qualcosa è un bene in sé, perché mette in moto e l’economia direttamente interessata, e tutto un vasto indotto. La Calabria vedrebbe arrivare denaro che si trasformerebbe in lavoro. Lavoro, non bidelli, quello che si suda!

10.   Ce la mafia? Con i lestofanti non mafiosi e con quelli mafiosi basta una normale attività di magistratura e forze di polizia.

 Ah, ovviamente io ritengo che il solo modo per dar sul serio vita al ponte sia una gestione commissariale con pienissimi poteri: immaginate, se no, ogni meschino comune di cento anime, quanti ostacoli, quante carte… e se non gli fate una piscina olimpionica (antimafia, è banale, per sottrarre i giovani alle cosche!) non dà l’autorizzazione.

 Sì, voglio il ponte.

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"Lo sviluppo del Sud passa dalla costruzione del Ponte sullo Stretto"

"La realizzazione del Ponte sullo Stretto si inserisce nell'ambito della questione meridionale. Il tema della costruzione del Ponte deve essere inquadrata nel panorama geopolitico internazionale". Ad affermarlo è il senatore Nico D' Ascola, responsabile giustizia Area popolare nel corso del convegno promosso da Rete Civica "Per le infrastrutture nel Mezzogiorno". "Le merci che dovrebbero fermarsi al porto di Gioia Tauro o Augusta si dirigono invece, verso i porti di Rotterdam e Amburgo per un asservimento agli interessi tedeschi, penalizzando i due importanti scali del Mezzogiorno. I porti di Rotterdam e Amburgo soddisfano la collocazione delle merci che vengono poi trasferite verso i mercati dell'Europa centrale e meridionale. In tale contesto è necessaria una redistribuzione del peso politico del nostro Paese all'interno dell'Europa". "Tale soluzione - prosegue D' Ascola - costituisce la condizione preliminare senza la quale non si può pensare che i porti di Gioia Tauro e Augusta possano avere uno sviluppo. Il Ponte sullo Stretto non è solo un'occasione di lavoro per il periodo di costruzione, ma costituisce la realizzazione di una infrastruttura strategica nel corridoio Helsinki-Palermo che è una direttrice fondamentale nelle rotte commerciali. La realizzazione del Ponte inoltre, renderebbe da un lato i porti di Gioia Tauro e Augusta funzionali dal punto di vista commerciale, dall'altro renderebbe disponibili sul territorio meridionale le attività commerciali, con carattere di permanenza. Il modello industriale è ormai declinante dunque, è necessario vedere nei servizi e nelle attività commerciali una reale possibilità di sviluppo. Il porto di Gioia Tauro è uno scalo di trasbordo che per avere un reale sviluppo dovrebbe diventare uno scalo commerciale, in cui le merci vengano scaricate sul territorio". "Lo sviluppo del Mezzogiorno - conclude D' Ascola - è legato alla realizzazione di queste opere. In tale contesto è importante pensare anche ai vantaggi che l'aeroporto dello Stretto può rappresentare per le due aree, calabrese e siciliana. L' aeroporto di Reggio Calabria, con la costruzione del Ponte e la metropolitana per i collegamenti, potrebbe costituire uno strumento di grande comunicazione". 

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