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La Calabria e la finta opposizione del centrodestra che rappresenta il nulla

Al centro(destra) devono essere apparsi gli spiriti, e comunque la cosa ha del miracoloso: i consiglieri regionali del… ih, dei due gruppi ostili di oppos… ih, diciamo di minoranza, si sono incontrati per dire qualcosa su Oliverio. Qualcosa, piano piano, gentilmente, senza impegno; e, soprattutto, senza mai entrare nei particolari. Più o meno dei discorsi da pianerottolo, da scompartimento di seconda classe: mormorazione generica.

 Dicono che Oliverio non ha fatto niente, ed è vero, è proprio così; ma non c’è bisogno di beccarsi uno stipendione per ripetere quello che qualsiasi sfaccendato ciancia nella fila al supermercato. Da un consigliere regionale ci aspetteremmo riferimenti precisi a questo o quello.

 Dicono che Oliverio non spende i fondi europei: ma siccome sono di centro(destra), hanno una coda di paglia di dodici metri, perché Nisticò, Chiaravalloti, Scopelliti li hanno spesi come Oliverio, cioè niente.

 Dicono che il Consiglio non viene coinvolto: ma le due ultime riunioni sono durate un quarto d’ora, certo per ordine del giorno del presidente di sinistra; ma cosa vietava a un consigliere di centro(destra) di chiedere la parola e discutere due o tre ore? O era sera, e la cena impelleva? O non sapevano che dire?

 Insomma, i consiglieri dei due gruppi di centro(destra) stanno a scaldare i banchi e a riscuotere. Colpa loro, ovvio; ma c’è una causa politica profonda.

 I rappresentanti, infatti, per definizione rappresentano qualcosa; e se questo qualcosa non c’è, essi non possono rappresentare nulla. Non esiste, in questo momento, alcun centro(destra), e tanto meno centrodestra, in Italia; e in Calabria, ancora meno. Se ci fosse qualcosa di simile, ci sarebbero tessere, sezioni, riunioni, discussioni, critiche, proposte… Siccome non c’è niente da rappresentare, i rappresentanti stanno lì a rappresentare il niente.

 Intanto Oliverio canta vittoria, e la Calabria è l’ultima d’Europa.

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Elezioni provinciali Vibo. I NOMI dei consiglieri eletti

Gli esiti delle urne ridisegnano la composizione del Consiglio provinciale e indicano gli equilibri politici sul territorio. Il Partito Democratico ha vinto di misura sulla lista Provincia Unica, mentre abbastanza attardato è rimasto il Centrodestra.

Questo i consiglieri eletti:

1. Giuseppe Pellegrino (PD)

2. Giuseppe Cutrullà (PD)

3. Antonio Schiavello (PD)

4. Anna Grillo (PD)

5. Alfredo Lo Bianco (Provincia Unica)

6. Tiziana De Nardo (Provincia Unica)

7. Francesco Gugliotta (Provincia Unica)

8. Pasquale Fera (Provincia Unica)

9. Gianfranco Ranieli (Centrodestra Vibonese)

10. Giuseppe Rombolà (Centrodestra Vibonese).

In morte del centrodestra reggino: l'elezione del Consiglio Metropolitano ne ha constatato il decesso

Il voto di Palazzo Madama e, a stretto giro di posta, l'ingresso a Rebibbia di Antonio Caridi, oltre ad aver segnato una svolta sul piano squisitamente giudiziario, ha imposto lo stop alla scalata, ormai in fase avanzata, di un esponente del centrodestra reggino le cui mosse negli ultimi due anni erano state tutte volte alla conquista della supremazia in città e provincia. Fermo ai box Giuseppe Scopelliti, anch'egli per vicissitudini penali, il vice coordinatore regionale di Forza Italia aveva fatto man bassa di eletti sia a Palazzo San Giorgio che altrove, fino ai Consigli Comunali più piccoli dell'entroterra. Tutti sotto l'ala protettiva di colui che, agli occhi dei rappresentanti di un'area politica sconquassata come mai accaduto nella storia recente, sembrava essere il nuovo "uomo forte" da sostenere per mettere sotto vetro le proprie rispettive ambizioni. I piani, però, sono stati smantellati dalle recenti inchieste sulle quali sarà, come si recita in questi casi, la magistratura a doversi pronunciare. Al momento la chiave di lettura , dunque, non può che riguardare lo stato di salute del centrodestra a queste latitudini. Una prima conferma di questo assunto è piombata sulle macerie della coalizione con lo scrutinio del voto per il Consiglio Metropolitano. Le elezioni, celebratesi domenica, hanno sancito un ulteriore smottamento di credibilità e forza per coloro che, staccatosi il collante del potere e smarrita la guida dell'ex presidente della Regione, si sono mossi in ordine sparso e, perseverando nell'errore, continuano colpevolmente a farlo. Troppi i rancori, anche di natura personale, esplosi con il "liberi tutti", troppo ampie le distanze tra i vari movimenti e partiti che compongono, in linea puramente astratta, la sedicente alleanza. L'assenza di figure di peso in grado di esercitare una leadership autorevole si sta rivelando un ostacolo impossibile da sormontare proseguendo lungo la via fin qui percorsa con gli occhi bassi ed un diario povero di visioni o, al limite, anche di idee. A fronte di un centrosinistra più volte tacciato, anche da chi scrive, di inadeguatezza strutturale, gli avversari (per modo di dire) brillano per i loro incomprensibili silenzi. Iniziative estemporanee che non sono tenute assieme dal filo rosso della logica, recriminazioni sterili sui social network ed una velenosa nostalgia per un passato consegnato definitivamente agli archivi: è questo il mix diabolico che viene confuso con una linea politica coerente ed efficace. Tra i "Falcomatà boys" ed il centrodestra permane, a conti fatti, una condizione statica di equilibrio fra debolezze: due differenti fragilità che si tengono assieme l'una con l'altra regalando l'illusione ad entrambe le parti di godere di una solidità in realtà inesistente. I nodi sono venuti al pettine nella tarda serata di domenica. Il Partito Democratico che, sebbene gracile, gestisce l'intera filiera del potere, dal Governo nazionale all'Amministrazione Comunale, passando per la Giunta regionale, ha sfruttato l'inesistenza di competitori sull'altro fronte della barricata, stravincendo la consultazione ed accaparrandosi nove delle quattordici poltrone in lizza. Due sono state conquistate dai Socialisti, una dalla lista "Locride Metropolitana". Una vera e propria "Caporetto"  per il centrodestra che, portando a casa due seggi, ha messo la firma sul proprio certificato di morte. Eduardo Lamberti Castronuovo, che ha raccattato il maggior numero di preferenze ponderate nella compagine sconfitta, si è comunque fermato ad una soglia inferiore a quella raggiunta dall'ultimo degli eletti dei "Democratici insieme per Reggio Metropolitana". Una plastica rappresentazione dell'irrilevanza, sociale e culturale prima ancora che politica, di un mondo, quello del centrodestra di Reggio Calabria, ridotto ai minimi termini. Sarà, se mai dovesse iniziare, un processo di ricostruzione lungo ed accidentato perché, prima di tutto, non si è ancora fatta strada nemmeno la presa di coscienza di un fallimento che risiede nell'ostinazione di fatti e numeri. Operazioni di bassissimo cabotaggio che, nei pensieri di qualcuno, dovrebbero costituire le basi per una ripartenza ancora ben al di là da venire. All'orizzonte, tuttavia, non si scorgono, soggetti che abbiano le qualità necessarie per rimettere assieme i tasselli di un mosaico andato in frantumi. Già il 6 settembre dello scorso anno scrivemmo che "a Reggio  i fermenti dell'opposizione germogliano all'esterno del Palazzo". Da allora nulla è cambiato, anzi, tutt'altro. Il quadro clinico del centrodestra è diventato sempre più preoccupante e, al netto del perpetuo "movimentismo" messo in atto da Enzo Vacalebre, presidente di Alleanza Calabrese, si fa fatica ad individuare un impegno organico che abbia come obiettivo il concepimento e la crescita di un'alternativa al centrosinistra. Basta andare a guardare la catastrofe emersa dalle urne aperte per la costituzione del Consiglio Metropolitano. Deludente, oltre ogni pessimistica previsione, la performance dei consiglieri comunali che siedono sui banchi dell'opposizione a Palazzo San Giorgio. Un campanello d'allarme, l'ennesimo a dire la verità, che dovrebbe scuotere sia chi era candidato sia chi non ha direttamente partecipato alla competizione. Le carte, nella composizione della lista "Centrodestra metropolitano", sono state distribuite dal capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale, Alessandro Nicolò, e dal collega Francesco Cannizzaro. Il peso della sconfitta bruciante grava, dunque, sulle loro spalle, oltre che su quelle degli iscritti alla corsa. Un elemento di cui tutti i rappresentanti della coalizione dovrebbero tenere conto se sono davvero intenzionati a buttare in campo le energie migliori a disposizione ed a coinvolgere forze fresche da lanciare nella mischia. Insistere sui personaggi che da troppo occupano la scena sarebbe un errore irrimediabile. Non è il desiderio di "nuovismo" a tutti i costi che dovrebbe indirizzare le scelte, ma il coraggio di affidare le chiavi a chi sarebbe percepito dall'opinione pubblica come una reale opzione verso cui catalizzare il consenso in virtù di un disegno capace di tratteggiare i contorni della Città Metropolitana del futuro. Non rileva, ai fini del ragionamento, che tali soggetti siano pescati dalla società civile o appartengano già alla dimensione pubblica della politica propriamente detta. E' il momento che anche chi è già dentro i Palazzi si eserciti in uno scatto di coraggio per proporsi non ai livelli gerarchicamente più elevati della catena di comando, ma, senza filtri di alcun genere, all'intera comunità. Agendo in autonomia e slegati da vincoli di qualsivoglia natura, è l'ora, per chiunque ritenga di possedere idee forti e le caratteristiche necessarie per assolvere al ruolo, di lanciarsi in mare aperto. Solo a titolo esemplificativo e confinando il ragionamento all'attuale rappresentanza istituzionale, una donna come Mary Caracciolo, per come ha interpretato fin qui la funzione di rappresentante in Consiglio Comunale a Reggio Calabria, sarebbe una delle personalità su cui puntare, assieme ad altre da scovare nell'alveo della Città Metropolitana, per dare un nuovo volto ad un centrodestra che necessita, oggi più di ieri, di ricucire il rapporto quotidiano con i vari pezzi della società reggina sordi al richiamo della Politica e disposti, semmai, a lanciarsi fra le braccia del pigro disincanto. Tanti altri, nascosti e silenti, o attivi esclusivamente dietro un pc, hanno adesso l'obbligo, non più rinviabile, di fare dieci passi avanti per dimostrare, in modo visibile e non astrattamente autocompiacente, che un altro modo di condurre la macchina amministrativa è possibile.  

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Il declino del centrodestra e l'ascesa dei cacicchi

In principio c’erano il Polo (poi divenuto Casa) delle Libertà e il Polo del Buon Governo. Un grande  tetto comune dove, con qualche incidente di percorso, tutti andavano d’accordo. Una convivenza che portò al matrimonio e alla nascita del Pdl. Ma, come in tutte le famiglie, arrivarono i problemi e, alla fine, anche il divorzio. Di case non se ne parlò più, se non per associarle a Scajola o alle cosiddette “Olgettine” o per additare quella di Montecarlo. Da allora solo liti, sconfitte, gente che sbatte la porta, che fa di testa sua perché “se no che fai, mi cacci?”. L’ex alleato Udc è in via d’estinzione, Forza Italia tocca il minimo storico, la destra vera e propria, incarnata da FdI-An, stenta a raggiungere il 4%, come Ncd che di nuovo e di centrodestra ha davvero poco. La Lega, invece, dopo essere caduta negli errori che prima addossava a “Roma ladrona”, adesso ritorna in auge. Di quel 46,8% (37,4% Pdl, 8,3% Lega Nord e 1,1% Movimento Autonomie per il Sud) del 2008 restano le briciole. Di fatto, la coalizione non esiste più, vittima di antiche contraddizioni e nuove aspirazioni. Berlusconi, con o senza “agibilità politica”, non è più il leader di un tempo e dell’erede non ci sono ancora tracce. 

E se Roma piange, Catanzaro non ride. In Consiglio regionale non è presente FdI, l’Ncd gentiliano, dopo aver affossato Scopelliti, strizza l’occhio ad Oliverio. Forza Italia è un capitolo a parte. Flagellata da lotte intestine e dubbiosa circa la guida insicura della Santelli, la compagine dell’ex Cavaliere non riesce a trovare una posizione unitaria a palazzo Campanella, dove l’opposizione del trio Nicolò-Salerno-Morrone ha caratteristiche assai diverse rispetto a quella del duo Tallini-Orsomarso. Divisi su tutte le scelte, da quella del capogruppo a quella sul vicepresidente del consiglio (poi scippato da Ncd). Addirittura fra Morrone e Tallini siamo alle carte bollate. E la Ferro bussa alla porta del Tar per entrare a palazzo Campanella. Forza Italia di partito ha conservato solo il nome, mentre gli azzurri della Cdl ragionano spesso per conto loro. Non c’è nessun collante, nessuna prospettiva, nessun obiettivo comune. Quella che è stata l’originaria Casa della libertà sembra essere diventata una casa d’appuntamento. Gente che va, gente che viene. Tramontato Scopelliti ed in assenza di un leader riconosciuto, anche i gregari si sono elevati al rango di feroci cacicchi più propensi a battersi tra di loro che a fare la guerra agli avversari. Parlamentari, Consiglieri regionali e dirigenti, ogni giorno che passa, assomigliano sempre più ai rinascimentali generali di ventura, pronti a schierare le loro truppe, non già per servire un regno o un sovrano, ma solo per ottenere il “soldo” con il quale campare. Certo al servizio dei generali di ventura c’erano, il più delle volte, soldati generosi e valorosi. Al seguito dei piccoli ed effimeri ras di quel che fu il centrodestra c’é, invece, un esercito di clientes e postulanti, specializzati nel soccorso al vincitore.

A Vibo, poi, ci sono le amministrative e di coalizione di centrodestra non se ne parla proprio. Per evitare di fare la fine dell’Armata Brancaleone ci si avvicina a Costa, ma al momento non si tratta di niente di definitivo. A Serra l’amministrazione comunale è in panne e domani, quando sarà ufficializzato il rimpasto, con ogni probabilità, i berluscones dovranno fare i conti con il mal di pancia di Carmine Franzè, estromesso dalla giunta per aver abiurato la fede salerniana.

Problemi a tutti i livelli. E pensare che quelli divisi e senza leadership prima stavano dall’altra parte. 

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