Saccomanno (Lega): "Disastro occupazione Calabria, sempre negli ultimi posti!"

"Continua il trend negativo! Per occupazione, secondo gli ultimi dati riferentesi al 2021, la nostra regione si trova collocata negli ultimi posti, con un divario rilevante nei confronti degli altri territori. In sostanza tra le persone aventi età tra i 15 e 64 anni l’occupazione complessiva è di poco superiore al 40% rispetto alla media europea del 68%! Un pesante divario esiste, poi, tra le regioni del Sud e quelle del Nord Italia che hanno e creano un distacco difficilmente recuperabile".

Lo scrive in una nota, il commissario regionale della Lega in Calabria, Francesco Saccomanno.

"Poi, nel settore femminile - aggiunge l'esponente leghista - tale distanza aumenta sensibilmente. Infatti, mentre al sud il tasso di occupazione è del 32% circa, la media italiana è del 49,4%. In sostanza una “Caporetto” che non si riesce a migliorare e che continua a mietere vittime, specialmente nel settore dei laureati che per poter trovare adeguata sistemazione lavorativa devono scappare dalla Calabria. Una mancanza di adeguata politica sul lavoro che penalizza i calabresi e che impoverisce sempre più la nostra terra, con l’allontanamento delle migliori risorse. 

Non sembra che, allo stato, vi siano idee chiare su cosa si debba fare. Certamente, per come gridato da Luigi Sbarra nell’incontro di Roma, organizzato dalla Lega, è indispensabile formare adeguatamente i lavoratori ed investire sulla loro preparazione e sulla indispensabile sicurezza. Vi è una forte denuncia sulla mancanza di lavoratori stagionali (circa 350 mila), così come mancano gli specializzati su diversi settori. Ci chiediamo perché non si sostengono quelle scuole di alta specializzazione come le Its che, essendo strutture di eccellenza e di alta valenza post diploma, potrebbero permettere di conseguire il titolo di tecnico superiore.

Queste sono espressione, infatti, di una strategia fondata sulla connessione delle politiche d'istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali. La corretta formazione di tanti giovani - conclude Saccomanno - potrebbe far diminuire il divario esistente e qualificare l’offerta creando una rete di efficienza e concretezza".    

"Il 42% dei giovani calabresi non lavora, non studia e non segue un percorso di formazione"

"Commentando il rapporto Bankitalia sull’economia della Calabria nel novembre del 2015, il presidente Oliverio esultava, esaltando il lavoro della giunta regionale. Già all’epoca avevamo contestato la capacità del governatore di cogliere i reali contenuti di quel rapporto, che evidenziava solo un rallentamento della caduta dell’attività economica, ed una timida ripresa comunque più debole rispetto al resto del Paese. Tutt’altro che un’inversione di tendenza, ma gli effetti di una congiuntura positiva che si è confermata nel 2016, secondo quanto spiegano gli esperti della Banca d’Italia, con un andamento del Pil che ha beneficiato dell’annata particolarmente positiva del settore primario e dell’afflusso di fondi pubblici legato alla chiusura del ciclo di programmazione comunitaria 2007-2013. Insomma, una Calabria che si era appena messa sulla giusta rotta, mentre le altre regioni già veleggiavano lontano dalla crisi".

E' quanto scrive in una nota il consigliere regionale del Gruppo misto, Wanda Ferro

 "L’ultimo rapporto - prosegue  il comunicato - evidenzia un rallentamento dell’economia regionale, che mantiene ampi i 'divari negativi rispetto ai livelli pre-crisi'. Rilevano il continuo calo nel settore delle costruzioni e la diminuzione nel 2016 degli investimenti pubblici dopo il picco registrato nella fase di chiusura del ciclo di programmazione comunitaria 2007-2013. Cala anche un settore trainante dell’economia regionale quale quello dell’agricoltura, mentre la crescita delle presenze turistiche non sembra comunque evidenziare la capacità di cogliere in pieno le potenzialità del territorio.  Ma soprattutto è allarmante la situazione occupazionale, con un lavoro che diventa sempre più precario e a tempo parziale, e che esclude in maniera sempre più grave giovani e donne dal mercato. Non si può ignorare il dato dei 'neet': sono quasi 42 su cento i giovani calabresi che non lavorano, non studiano e non seguono un percorso di formazione per il lavoro, certificando così il fallimento delle politiche regionali dedicate, a partire dal programma Garanzia Giovani.  E’ naturale - conclude Wanda Ferro - una considerazione: se il governo Oliverio ha avuto, un anno e mezzo fa, il merito di una ripartenza dell’economia, oggi deve assumersi, allo stesso modo, le responsabilità di questa brusca frenata. Uno stop certificato da Bankitalia, ma certamente percepito dai cittadini e da tutti gli attori economici del territorio.  Ma tutto va bene per chi abita i piani alti della Cittadella".

Cosenza, la Camera di Commercio offre un aiuto concreto alle imprese

In questo particolare momento di disaccordo nel Governo per quanto riguarda la reintroduzione dei voucher, si assiste anche a qualche misura davvero volta a tendere una mano alle aziende, che, soprattutto al sud, versano in condizioni di grandi difficoltà.

 Il panorama economico generale

 Su tutto il territorio, in quest’ultimo anno, sono state diverse le aziende che hanno dovuto chiudere i battenti. Il trend, possiamo affermarlo con dati Istat alla mano è negativo, vale a dire che sono state più le aziende che hanno chiuso rispetto a quelle che si sono registrate alla Camera di commercio.

 Un trend che però, per quanto riguarda la Calabria, non viene confermato, dato che quì sono più le nuove aziende rispetto a quelle chiuse. Ci si potrebbe illudere che questo dato sia assolutamente positivo, ma così non è, purtroppo. La spiegazione di questa tendenza sta nel fatto che il livello di disoccupazione, ancora alto nonostante le numerose rassicurazioni da parte del Governo, ha generato diverse “vie secondarie”.

 Chi non ha trovato lavoro, ma ha avuto comunque la caparbietà di cercare una fonte di guadagno ha percorso delle strade alternative. Per esempio basti pensare a quanti italiani hanno scelto di andare alla ricerca di un lavoro all’estero, abbandonando quindi la propria famiglia e il proprio paese. Ci sono poi disoccupati che, invece, hanno cercato di guadagnare qualcosa con dei lavori sul web. Si trovano diverse opportunità in questo ambito, da alcuni sondaggi a cui si deve rispondere per guadagnare qualche decina di euro,  fino al trading online che invece, su piattaforme come plus500 (vedi http://www.migliorcontocorrente.org/plus500.htm) consente di guadagnare cifre anche interessanti. Una terza via è quella di aprire una partita iva e provare a fare impresa, cosa non semplice dati i tempi, ma che per alcuni si è rivelata essere la soluzione vincente a uno stato di disoccupazione.

 Gli aiuti in concreto

 Le difficoltà per le piccole e medie imprese sono davvero tante e per dare una mano concreta, la Camera di Commercio di Cosenza ha approvato tre nuovi bandi che offrono un reale sostegno alle micro, piccole e medie imprese. Nello specifico quindi cosa accade? Vengono erogati contributi per le seguenti ipotesi:

  •  investimenti già effettuati e che possano essere rendicontati;
  •  riconoscimento di voucher per gli investimenti da realizzare successivamente e che saranno quindi rendicontati in un futuro.

 Verranno stanziati complessivamente 700 mila euro, di questi, 200 mila verranno divisi equamente per due precise categorie: per le imprese giovanili e per le pmi  femminili. I voucher, invece, potranno arrivare fino a 5 mila euro e per la copertura, fino al 50% delle spese sostenute o ancora da sostenere. E’ possibile richiedere il contributo presentando l’apposita domanda telematicamente fino all’ 1 Giugno.

 Una possibilità da non sottovalutare

 Si tratta quindi di una possibilità concreta che permette non solo di riavviare un’attività, ma di aiutare le piccole e medie imprese attualmente in sofferenza, in modo che proprio da queste possa partire un impulso di ripresa per l’economia calabrese.

 

Il Comune di Briatico assumerà 15 disoccupati

Il progetto presentato dal Comune di Briatico per l’impiego semestrale dei disoccupati percettori della mobilità in deroga ha ricevuto il disco verde della Regione Calabria.

Il finanziamento di 72 mila euro consentirà all’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Andrea Niglia, di erogare, per cinque mesi, uno stipendio mensile di 800 euro a 15 lavoratori.

«È con viva soddisfazione che come Amministrazione comunale prendiamo atto della concreta opportunità di dare finalmente un minimo di sollievo economico, per 6 mesi, a 15 famiglie del nostro territorio, cosa non di poco conto in un periodo di profonda crisi economica e  occupazionale - ha affermato, a riguardo, il primo cittadino di Briatico, Andrea Niglia. Sono sicuro che i neo lavoratori del Comune - ha aggiunto, infine, Niglia - daranno il massimo per contribuire a migliorare i servizi ai cittadini della nostra comunità e, quindi, ai turisti che giungono numerosi nel nostro centro, soprattutto nella stagione estiva».

Le attività principali che i lavoratori saranno chiamati svolgere, da maggio a ottobre 2017, riguarderanno: la manutenzione ordinaria di strade, edifici e strutture di proprietà del Comune; la pulizia di spiagge, arenili e aree verdi attrezzate; i servizi turistico-culturali e socio assistenziali; il supporto amministrativo agli uffici; la guardiania e il portierato.

Il lavoro non produce più occupazione, in futuro sarà peggio

Dalle rilevazioni Istat, pubblicate pochi giorni fa, è emerso che oltre il 40 % dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni non ha un lavoro. Il dato, in aumento, è il più alto da giugno 2015. Complessivamente, il tasso di disoccupazione continua ad attestarsi intorno al 12 %.

Ovviamente, da più parti, sono piovute le consuete frasi di circostanza. La politica, parolaia ed inconcludente, ha detto la sua a seconda della collocazione in Parlamento. Stessa cosa dicasi per il sindacato che, nel caso della Cgil, ha chiesto un piano straordinario per l’occupazione giovanile.

Nessuno ha pensato, però, di aprire una discussione seria. Nonostante si tratti di una vera e propria emergenza, la questione è stata rapidamente archiviata. Eppure, non dovrebbe essere indifferente la circostanza che quasi la metà dei giovani non riesca a costruirsi un futuro.

Per tracciare una possibile via d’uscita servirebbe un’analisi di contesto. Bisognerebbe capire il motivo per cui l’indice di disoccupazione non accenna a diminuire. La crisi economica rappresenta, infatti, solo uno dei problemi.

Mentre il mondo cambiava, nel corso degli ultimi 20-25 anni, l’Italia è rimasta a guardare. I poli estremi dello sforzo messo in campo per affrontare mutamenti epocali, sono rappresentati da due idiozie. Da un parte, quella delle famigerate tre “I”  di berlusconiana memoria; dall’altra quella supponente e deficiente, distillata nelle espressioni “bamboccioni” e “choosy”, usate dagli ex ministri Padoa-Schioppa e Fornero per definire i giovani senza lavoro.

Si tratta di due posizioni che esprimono la comune mancanza di un approccio rispetto alle sfide poste dalla modernità. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

In questi anni, i due fattori che hanno determinato il depauperamento delle opportunità lavorative sono rappresentati dalla globalizzazione e dall’imponente automazione dei processi produttivi.

Il primo fattore è abbastanza noto. Approfittando dei bassi costi della manodopera e dei trasporti marittimi, le aziende hanno portato le produzioni in Estremo Oriente.

Il secondo fattore, quello di cui si parla meno, ha avuto ed avrà l’impatto più significativo. La quarta rivoluzione industriale è stata determinata dalla fusione dell’elettronica con l’informatica. La combinazione di questi due elementi ha permesso di automatizzare massicciamente la produzione.

Con la completa digitalizzazione dei processi si entrerà definitivamente nell’ era dell’industria 4.0. Le innovazioni permetteranno, sempre più, di realizzare prodotti di alta precisione a basso costo. Ovviamente, la gran parte delle fasi di lavorazione sarà eseguita dalle “macchine”.

Si tratta di un processo destinato a durare e a stravolgere i rapporti economici. Il mondo del lavoro che abbiamo conosciuto sparirà per sempre. Nel corso dei prossimi anni, quindi, la disponibilità di posti di lavoro è destinata a contrarsi ulteriormente.

In una ricerca, ” The Futures of the Job“, presentata al World Economic Forum è strato disegnato uno scenario tutt’altro che rassicurante. Da qui al 2020, infatti, in 15 dei maggiori Paesi al mondo, Italia compresa,  la diffusione delle nuove tecnologia porterà alla creazione di due milioni di posti di lavoro. Contemporaneamente, però, se ne perderanno sette milioni.

Tra le figure lavorative destinate a sparire non ci sono solo quelle manuali. Giusto per fare qualche esempio, esistono già robot in grado di eseguire interventi chirurgici, metropolitane senza macchinista e algoritmi capaci di scrivere un articolo di giornale.

E’ facile intuire, quindi, quali possano essere i futuri sviluppi della “robotica”. Sono destinate a venir meno o ad essere profondamente ridimensionate tutta una serie di professioni.  Nel prossimo futuro, i lavori più richiesti saranno quelli legati all’area finanziaria, al mangement, all’informatica e all’ingegneria. Accanto ai profili “alti”, sopravviveranno i mestieri più umili, dal giardiniere all’imbianchino, per i quali il ricorso alla macchina potrebbe rivelarsi antieconomico.

In uno scenario del genere, il mondo deve ripensare se stesso. In vista delle prossime sfide è necessario riscoprire l’umanesimo del lavoro. Al centro dei processi economici ci deve essere l’uomo. L’economia non può continuare ad essere concepita come una divinità azteca da alimentare compiendo continui sacrifici umani.

La politica deve, innanzititto, togliere ai tecnici ed agli economisti le chiavi del potere. In seconda battuta deve riscoprire la fonte del sapere umanistico, tanto più che il mondo che verrà non può essere determinato da grafici ed algoritmi.

A dare colore al futuro non possono che  essere i pensatori visionari, gli unici cui la storia ha consegnato le chiavi del futuro.

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

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Populismo: per fermarlo una legge elettorale non basta

Bisogna fermare il populismo. E’ questa la parola d’ordine dell’establishment europeo. Il dibattito sul come è piuttosto variegato.

Tuttavia, in Italia la soluzione sembra essere a portata di mano. Per arrestare il male assoluto del populismo si sta pensando ad una legge elettorale.

Le soluzioni auspicate sembrano essere due, il ritorno al “Mattarellum” o un salto all’indietro di un quarto di secolo per riportare in auge il proporzionale.

Eppure una soluzione più efficace ci sarebbe. Banalmente basterebbe occuparsi degli italiani, dei loro problemi e delle loro angustie. Basterebbe  agire con vigore sulle cause che spingono sempre più gli elettori a rifugiarsi nelle tiepide braccia dell’antipolitica. Braccia accoglienti ma incapaci, il più delle volte,  di costruire una soluzione accettabile ai tanti mali che affliggono il paese.

Un dato dovrebbe far riflettere. Se i cittadini sono disposti a compiere un salto nel vuoto, vuol dire che avvertono una minaccia più pericolosa.

I custodi dell’ortodossia hanno liquidato il fenomeno definendolo “invidia sociale”. Una  formula priva di significato, pronunciata da chi vive ad una distanza siderale dal pianeta popolato dalla gente comune.

Se gli italiani sono stanchi, avviliti e disillusi, la ragione non è dovuta alla “invidia”, piuttosto alle oggettive difficoltà. A partire dall’inarrestabile processo d’impoverimento fotografato da decine di studi e report.

Un processo che ovviamente non coinvolge tutti. Mentre alcune fasce della popolazione s’impoveriscono, altre continuano, invece, ad arricchirsi. Basti pensare che, le dieci persone più ricche, hanno una disponibilità economica all’incirca equivalente a quella dei tre milioni d’italiani più poveri. In altre parole, anche negli anni segnati dalla crisi economica, è continuato a crescere il divario tra ricchi e poveri. Un dato confortato dall’Ocse, secondo cui la disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei paesi avanzati.

A descrivere, inoltre, il processo d’impoverimento che ha investito le famiglie italiane ci sono i risultati pubblicati dalla fondazione Hume, nel dossier:  “Disuguaglianza economica in Italia e nel resto del Mondo“. Dal rapporto emerge che, fino all’anno 2000, il numero di chi  usava i risparmi o contraeva debiti non andava oltre il 10 per cento. A partire dal 2002, ovvero da quando è stato introdotto l’Euro, la percentuale di chi si è indebitato o è stato costretto ad usare i risparmi è aumentata progressivamente arrivando a toccare, nel 2013, il 33,5 per cento.

Contestualmente, dal 2000 al 2015, la povertà assoluta è passata dal 4,3 al 6,1 per cento. in altri termini, in poco meno di 15 anni oltre un milione e mezzo d’italiani è andato ad infoltire la schiera degli indigenti. A ciò si aggiunga che, secondo la Banca d’Italia, nel periodo compreso tra il 1987 ed il 2015, le famiglie operaie hanno registrato una caduta del livello di ricchezza media di ben 20 punti.

Una situazione analoga a quella delle famiglie giovani che, dal 2000, hanno visto progressivamente peggiorare la loro  condizione economica. Ad un quadro a tinte fosche bisogna, infine, aggiungere l’aberrante livello della disoccupazione giovanile che sfiora il 40 per cento. In un contesto del genere, il populismo può essere arginato solo trovando una soluzione ai problemi. 

Per farlo, però, è necessario attivare tutti i neuroni, ammesso che ce ne siano.

articolo pubblicato su: mirkotassone.it

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Calabria: 33enne si toglie la vita perché non trova lavoro

Dramma della disoccupazione a Platania, in provincia di Catanzaro dove, ieri sera, un 33enne si è tolto la vita impiccandosi ad una trave. L'uomo, sposato con due bambini di uno e tre anni, era disoccupato da mesi. Secondo i primi riscontri, pare che ad indurre il giovane a compiere l'insano gesto sia stata proprio l'impossibilità di trovare un'occupazione. A rinvenire il corpo è stata la moglie del 33enne che non vedendolo rientrare è andata a cercarlo nei luoghi che frequentava abitualmente. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della locale Stazione.

 

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“Mancanza di lavoro e povertà sono spie di un’emergenza allarmante”

“Dinanzi al malessere sociale diffuso, la proposta di approvare misure di sostegno al reddito e di elaborare un piano per l’occupazione, su cui si sono soffermati i colleghi Guccione e Tallini, mi vede perfettamente d’accordo. D’altronde - afferma la consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco -  in Consiglio c’è, ferma da un anno, la proposta del collega Nucera sul reddito minimo che è aperta ad ogni contributo migliorativo. Si parta da quell’iniziativa legislativa. Dinanzi agli indicatori socio-economici che mettono la Calabria in fondo ad ogni classifica e a fronte di una crisi che non arretra, si ha il dovere di dare una mano a famiglie intere ormai al limite dell’inedia. La via maestra è il rilancio dello sviluppo per generare nuova ricchezza e nuova occupazione, ma mentre attendiamo che l’utilizzo dei fondi comunitari produca risultati, che il rilancio dell’agricoltura col Psr superi la fase della convegnistica e che lo straordinario patrimonio di beni storici, culturali e ambientali della Calabria sia messo a profitto, non si possono chiudere gli occhi di fronte alle difficoltà di chi perde il lavoro o un lavoro non l’ha mai avuto”. Ancora Sculco: “Dopo la seduta del Consiglio sulla sanità si pensi ad una seduta specifica sul lavoro con la partecipazione delle forze sociali e di tutti i soggetti che hanno ruolo, incluse le università e il terzo settore. L’assenza di occasioni di lavoro - conclude la consigliera regionale -  per i nostri giovani e l’aumento della povertà sono le spie di un’emergenza allarmante che rischia d’incidere sulla qualità della democrazia”.

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