Aula bunker per celebrare il processo "Rinascita-Scott" in Calabria, interrogazione di Fratelli d'Italia

La necessità di realizzare in Calabria un’aula bunker in cui celebrare il processo scaturito dall’indagine “Rinascita-Scott” è al centro di una interrogazione che i deputati di Fratelli d’Italia Wanda Ferro - segretario della Commissione parlamentare antimafia, Andrea Delmastro, Carolina Varchi, Giovanni Donzelli e Ciro Maschio hanno rivolto al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Secondo i parlamentari dal carteggio tra il Ministero e il presidente della Corte di appello di Catanzaro sembrerebbe saltata l’ipotesi di celebrare l’udienza preliminare del maxi-processo contro la ’ndrangheta “Rinascita Scott” nel Palamaiata di Vibo Valentia e il processo rischia di dover essere celebrato fuori dalla Calabria.

Risale al 29 marzo 2019 la prima comunicazione del presidente della Corte di appello, Domenico Introcaso, al capo gabinetto e al capo dipartimento per il reperimento di un complesso adeguato allo svolgimento del processo, a cui è seguito il primo vertice presso il Ministero della Giustizia.

Il 10 febbraio si è tenuta la conferenza permanente straordinaria per l’individuazione di spazi adeguati, a cui è seguito il vertice del 28 febbraio alla Corte di Appello, nel corso del quale era stato dato un primo via libera al PalaMaiata, individuato, dopo i sopralluoghi dei tecnici ministeriali, come la struttura più idonea in Calabria per la realizzazione dell'aula bunker: il via libera del Guardasigilli doveva essere l'ultimo passaggio per procedere all'acquisto dell'immobile della Provincia per circa 4,5 milioni di euro. Il 15 maggio il Ministero ha individuato per la celebrazione del processo Rinascita-Scott l’aula di Rebibbia a Roma, fino ad arrivare al 4 giugno con due possibili opzioni: il processo fuori dalla Calabria o la Sala Polivalente della Casa circondariale di Vibo con capienza ipotizzata di 500 persone. Tale opzione ha suscitato le perplessità del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e di Introcaso, per il rischio di non poter garantire il principio del giusto processo, poiché la struttura non rende possibile la contestuale presenza di tutte le parti processuali, come si evince nella relazione dello stesso presidente, secondo cui il numero degli indagati è di 487 soggetti. Secondo un’ottimistica previsione si pone un’esigenza di ricezione e capienza di 547 persone, di cui 170 imputati in carcere, 317 liberi e un numero prevedibile di 230 avvocati, esclusi i detenuti collegati da remoto in video conferenza.

Il 5 giugno scorso si è riunita la commissione permanente presieduta da Introcaso, alla quale hanno partecipato  anche il procuratore della Repubblica, il procuratore generale, il presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati e il rappresentante del Ministero, dalla quale è emerso che a gennaio si era discusso al Ministero delle problematiche riguardanti gli uffici giudiziari del distretto, ed era stata avanzata la proposta di una tensostruttura, come avvenuto per il processo Aemilia, bocciata però dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria. Sono inoltre in corso altri procedimenti contro la ‘ndrangheta, come quello scaturito dall’indagine “Malapianta”, in cui ci sono 96 indagati, e per il quale appare necessario disporre di un’aula bunker adeguata ad ospitare gli imputati, almeno 75 avvocati e le parti offese. Per questo i deputati di Fratelli d’Italia hanno chiesto al ministro “per quali motivazioni non si è dato seguito al progetto di celebrare il maxi-processo “Rinascita Scott” nell’aula bunker Palamaiata di Vibo, quali intendimenti sono stati assunti in merito alla scelta del complesso adeguato per la celebrazione dell’udienza preliminare e per  garantire la celebrazione del processo “Rinascita-Scott”  in Calabria e quali urgenti provvedimenti intenda adottare per rendere disponibile in Calabria un’aula bunker in cui celebrare i processi per ‘ndrangheta con numerosi imputati”. 

Reggio Calabria: Fratelli d'Italia lancia la piattaforma programmatica “La città che vorrei”

Riceviamo e pubblichiamo

"Siamo alla vigilia di una campagna elettorale che vede diversi importanti comuni al voto in provincia di Reggio Calabria, ma non possiamo non considerare quella della città capoluogo di provincia, una competizione che catalizzerà l’attenzione di tutti e 96 i comuni di questa fetta della Calabria. Reggio Calabria sarà chiamata a voltare pagina dopo il Governo a guida Falcomatà. La gestione politica di questi anni ha peggiorato le condizioni dell’intera area Metropolitana e per questo il nostro lavoro sarà particolarmente impegnativo, al fine di ridare a Reggio Calabria e all’intera circoscrizione metropolitana il ruolo che merita. La politica deve saper aprirsi alla comunità, deve assorbire le giuste idee, deve cogliere le sfumature che per troppo tempo sono state trascurate o ancor peggio ignorate per la cecità della classe politica che dovrebbe determinare il futuro di ogni comunità. Da oggi, come Fratelli d’Italia, abbiamo deciso di ascoltare quelle assordanti voci che arrivano dalla strada, che arrivano dagli ambienti professionali, dal terzo settore, dai corpi intermedi e da tutti coloro i quali vogliono mettersi a disposizione della propria comunità. Vogliamo cominciare a costruire un programma che possa comprendere gli inascoltati di questi anni, che vuole carpire le esigenze di un territorio che deve diventare il traino della nostra amata Calabria, dalle infrastrutture al turismo passando per la sanità e il lavoro. Ecco, è giunto il momento dei fatti, basta parole. Vediamo chi accetta la nostra sfida, che non vuole oggi essere quella di indorsare una casacca politica, ma quella di mettersi insieme a tutti coloro i quali si vorranno unire a un’idea programmatica che pone al centro un solo interesse: riportare la nostra Città di Reggio Calabria e l’intera area metropolitana nel posto che merita. Si parte dagli amici alleati, da Forza Italia alla Lega, dall’Udc ai movimenti civici, e che conterà sulla partecipazione di tutti voi. Vi stiamo offrendo la possibilità di essere coinvolti, di essere partecipi delle direttive programmatiche per i prossimi anni, di costruire insieme il futuro di una terra che non può essere più vittima di continui eventi negativi. Creiamo insieme il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti, oggi vi chiediamo di essere protagonisti, di essere voi il cambiamento che desiderate, il destino della nostra piccola parte di terra calabra che da sempre paga una sola vera condanna: essere meravigliosamente bella. La piattaforma sarà simbolicamente una pagina internet vuota, con un countdown che partirà da oggi lo sfondo sarà un puzzle che si comporrà con il lavoro di tutti voi, allora non vi resta che cominciare a scrivere il nuovo libro dal titolo “Reggio Calabria: La Città che vorrei”. Per iniziare a costruire il nostro futuro andate sul sito: www.reggiochevorrei.it".

Denis Nesci - Commissario provinciale Fratelli d'Italia

Calabria, vitalizi: Pietropaolo (FdI) e Minasi (Lega)"Pronti a presentare una proposta per abrogare la legge"

"Lunedì mattina depositeremo una proposta di Legge Regionale per ripristinare l’inammissibilità alla contribuzione volontaria del consigliere regionale la cui elezione sia stata annullata”.

A renderlo noto sono Filippo Pietropaolo e Tilde Minasi, capigruppo in Consiglio Regionale rispettivamente di Fratelli d’Italia e Lega.

“Siamo certi che sulla proposta ci sarà la più ampia convergenza da parte delle forze politiche presenti in Consiglio. La necessità di una tempestiva abrogazione - concludono Pietropaolo e Minasi - nasce da profili giuridici e finanziari che non è stato possibile vagliare preventivamente. La nostra decisione dimostra di avere agito in buona fede e di non avere avuto alcuna volontà di introdurre un privilegio ingiusto ed illegittimo”.

"Oltre 60 scarcerazioni sono state richieste dal Dap", la denuncia di Fratelli d'Italia

«I documenti che il governo ci ha consentito di visionare in Commissione antimafia, aggiornati solo al 25 aprile, dimostrano quanto sia fuorviante il tentativo del governo di scaricare sui giudici di sorveglianza la responsabilità delle scarcerazioni dei mafiosi con il pretesto del coronavirus. Infatti, secondo i dati ancora parziali, oltre 60 scarcerazioni non sono state richieste dai difensori dei detenuti, ma dall’amministrazione penitenziaria».

È quanto affermano il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia nell’organismo parlamentare Luca Ciriani e Antonio Iannone che, in attesa dell’audizione in Commissione del ministro Bonafede, hanno chiesto di acquisire l’elenco aggiornato delle scarcerazioni con le relative motivazioni e i verbali delle intercettazioni del Gom della Polizia penitenziaria nei quali i mafiosi hanno espresso timori, se non vere e proprie minacce, per la possibile nomina alla guida del Dap del magistrato Di Matteo.

I parlamentari di Fratelli d’Italia hanno più volte evidenziato le responsabilità del governo rispetto allo scandalo delle scarcerazioni dei boss, prima con la linea morbida adottata dopo le rivolte nelle carceri in cui è evidente una regia occulta delle organizzazioni criminali, poi con l’inserimento dell’articolo 123 del “Cura Italia” che introduce un collegamento tra l’incompatibilità della detenzione in carcere per motivi di salute e il rischio di contrarre il coronavirus e con la circolare del Dap del 21 marzo che ha suggerito la scarcerazione per i detenuti con determinate patologie o con età superiori a 70 anni, senza neppure escludere i capimafia sottoposti al regime di isolamento del 41-bis.

I rappresentanti di Fratelli d’Italia in Commissione hanno depositato una relazione in cui sollecitano un intervento di carattere normativo finalizzato a impedire che il rischio di contagio venga considerato come un motivo valido per disporre la detenzione domiciliare, considerato anche che i detenuti in regime di 41-bis vivono in una situazione di sostanziale isolamento che rende irrisorio il rischio di contagio. Anche per i detenuti in regime di massima sicurezza sono minimi i problemi di promiscuità.

Per Ferro, Ciriani e Iannone «è necessario porre argine alle decisioni di scioglimento del cumulo penale e perfezionare la forza ostativa dell’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario, per evitare misure di favore nei riguardi di detenuti la cui pericolosità, in forza dei contatti con le consorterie criminali, desta un giustificato allarme sociale. È evidente infatti che alcuni accessi ai benefici sono stati conseguiti da parte di detenuti dalla qualificata pericolosità criminale, proprio in forza di un'applicazione elastica, valorizzata da scioglimenti di cumuli penali, del varco creato dall'art. 123 del “Cura Italia”, che ha influenzato pesantemente, come era fatale che fosse, le decisioni della magistratura di sorveglianza anche rispetto ai delitti ricompresi nel perimetro presuntivo di pericolosità sociale, come appunto i reati di mafia. Non appare sufficiente, quindi, la norma introdotta con il nuovo decreto varato in fretta e furia dal Governo, che lascia aperta ai magistrati di sorveglianza la possibilità di applicare la detenzione domiciliare ai boss mafiosi sottoposti al regime del carcere duro, dopo aver chiesto i pareri dei procuratori distrettuali e del procuratore nazionale antimafia “in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto”. Come se fosse ipotizzabile che un boss detenuto al 41bis possa non avere collegamenti con la criminalità organizzata o possa non essere più considerato pericoloso». 

Il tema dello scioglimento del cumulo volto a superare l'ostatività - secondo i parlamentari di FdI - meriterebbe una norma che preveda espressamente che il beneficio previsto dall’articolo 123 deve essere escluso se la pena non superiore a 18 mesi sia parte residua di maggior pena oggetto di cumulo irrogato con sentenze di condanna comprendenti anche reati di grave allarme sociale, tra cui quelli di mafia, terrorismo, narcotraffico e i gravi reati associativi.

Deputati di Fratelli d'Italia in Commissione antimafia: "Dopo le rivelazioni del pm Di Matteo ci aspettiamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede"

«Dopo le rivelazioni del pm Nino Di Matteo ci aspettiamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede».

È quanto affermano  il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia nell’organismo parlamentare Luca Ciriani e Antonio Iannone.

«Noi di Fratelli d’Italia - proseguono i parlamentari - avevamo già chiesto al presidente Morra e ottenuto l’audizione del ministro Bonafede, per fare chiarezza sulle numerose scarcerazioni dei boss mafiosi che si sono susseguite nelle settimane successive al varo del decreto “Cura Italia”, che ha innescato il pericoloso meccanismo di correlazione tra detenzione carceraria e rischio di contagio, deflagrato poi con le circolari del Dap. Nelle scarcerazioni dei mafiosi ci sono gravissime responsabilità del governo che, dopo le rivolte pianificate e fomentate dalla criminalità organizzata, anziché punire i responsabili ha ceduto le armi e spalancato le porte degli istituti penitenziari grazie anche alle decisioni del Dap. Probabilmente l’esatto contrario di ciò che avrebbe fatto alla guida del Dipartimento il pm Nino Di Matteo, che gli stessi mafiosi temevano, come è emerso dalle intercettazioni nelle quali affermavano che “se viene questo butta le chiavi”.

Il ministro Bonafede venga a riferire in Commissione e spieghi perché ha cambiato idea dopo aver proposto a Di Matteo la guida del Dap. Pretendiamo di sapere cosa lo ha convinto a ritirare la sua proposta e a nominare un altro direttore, poi costretto a dimettersi dopo lo scandalo delle scarcerazioni. Pretendiamo di sapere perché sulle rivolte in carcere il governo ha tenuto una linea di arrendevolezza, perché non sono state garantite negli istituti penitenziari le condizioni di sicurezza per tutelare i detenuti dal rischio di contagio, e perché si sia ritenuto che far scontare la pena a casa possa essere più sicuro di un regime di isolamento in carcere. Pretendiamo di sapere perché si continua a scaricare la responsabilità delle scarcerazioni sui magistrati di sorveglianza, mentre nel nuovo decreto del governo non si esclude la possibilità di concedere la detenzione domiciliare ai detenuti sottoposti al 41bis. Se il governo non lavora con il favore delle tenebre, faccia piena luce su questa vicenda vergognosa, che richiama alla memoria la trattativa Stato-mafia del ’92 e che sta rischiando di mandare in fumo trent’anni di lotta alla mafia».

Wanda Ferro (FdI): "Bisogna impedire i domiciliari a chi è al carcere duro"

«Dopo che il governo ha consentito l’apertura delle porte del carcere per i boss mafiosi, a chiedere di tornare a casa c’è anche Nicolino Grande Aracri, detto “mano di gomma”, capo dei capi della cosca di ‘ndrangheta di Cutro, egemone in Emilia Romagna».
 
È quanto afferma il segretario della Commissione parlamentare anfimafia Wanda Ferro (Fratelli d’Italia), che prosegue: «Lo Stato deve impedire che i vertici delle più importanti organizzazioni criminali possano tornare a casa con il pretesto del coronavirus. La tutela della salute e della sicurezza di ogni detenuto è un dovere dello Stato, ma è fin troppo evidente che chi è detenuto al 41bis, e quindi in una situazione di isolamento, non corre maggiori rischi di contagio rispetto a chi sconta la pena ai domiciliari. Invece anche il nuovo decreto varato dal governo lascia aperta ai magistrati di sorveglianza la possibilità di applicare la detenzione domiciliare ai boss mafiosi sottoposti al regime del carcere duro, dopo aver chiesto i pareri dei procuratori distrettuali e del procuratore nazionale antimafia “in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto”.
Come se fosse ipotizzabile che un boss detenuto al 41bis possa non avere collegamenti con la criminalità organizzata o possa non essere più considerato pericoloso. È gravissima la decisione del governo  di scaricare sui magistrati di sorveglianza la responsabilità di poter scarcerare detenuti condannati per gravi delitti di criminalità organizzata, detenuti al 41 bis. Noi di Fratelli d’Italia ci batteremo, anche in sede di conversione, per chiedere la modifica del decreto».

Taglio fondi alle regioni del Sud, Fratelli d'Italia presenta un'interrogazione

"Il governo faccia chiarezza sull'esistenza di una bozza di documento denominato 'L'Italia e la risposta al Covid-19', elaborato ad aprile 2020 dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che proporrebbe due proposte volte a modificare la normativa vigente in materia di destinazione delle risorse economiche alle regioni del Sud Italia".

 Lo dichiarano i deputati di Fratelli d'Italia Marcello Gemmato, Edmondo Cirielli, Wanda Ferro, Carolina Varchi, Ella Bucalo, Salvatore Deidda, Ylenja Lucarelli, Salvatore Caiata e Davide Galantino annunciando una interrogazione.

"Vogliamo sapere - proseguono i deputati di FdI - quali siano le eventuali modifiche alle percentuali di riparto delle risorse del 'Fondo sviluppo e coesione' che si vorrebbero modificare (Ciclo di Programmazione 2014-2020 ), e che attualmente prevedono l'80% destinato alle regioni del Mezzogiorno e il 20% destinato alle regioni del Centro-Nord. Inoltre, chiediamo se realmente il governo intenda sospendere la cosiddetta regola del 34% nella assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale, che attualmente prevede in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore degli interventi nei territori delle regioni del sud disponendo che le Amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare all'obiettivo di destinare agli interventi in queste regioni un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento". "Infine - concludono gli esponenti di FdI - chiediamo di sapere quali iniziative intenda adottare l'esecutivo al fine di assicurare comunque un congruo ed adeguato riparto di risorse in favore delle regioni del Sud affinché si possa garantire sempre il riequilibrio territoriale tra le diverse zone del Paese nonché lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali del Paese così come disposto dall'articolo 119 della Costituzione della Repubblica italiana".

Wanda Ferro (FdI) chiede di “Assicurare il regolare funzionamento della Commissione antimafia”

“Nonostante le difficoltà legate all’emergenza coronavirus, riteniamo si debba assicurare il regolare funzionamento della Commissione parlamentare antimafia”.

A chiederlo è il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro, anche a nome degli altri parlamentari del gruppo di Fratelli d’Italia in Commissione, Luca Ciriani e Antonio Iannone.

“Oggi più che mai è necessario che la Commissione si riunisca, come le commissioni permanenti, naturalmente adottando gli accorgimenti tecnici necessari a garantire la sicurezza di tutti gli addetti ai lavori.  E’ doveroso infatti che, proprio nel corso dell’emergenza, la Commissione dia il proprio contributo in termini di analisi e proposte, considerato l’alto livello di allarme che è stato sollevato da autorevoli magistrati antimafia, dal procuratore nazionale Cafiero De Raho, ai procuratori Gratteri, Bombardieri, Lombardo. E’ necessario assicurare la massima attenzione e una immediata capacità di reazione da parte del Parlamento per contrastare gli appetiti delle organizzazioni mafiose sui grandi flussi di liquidità destinati ad assicurare la ripartenza del sistema economico nazionale, ma anche per tenere alta l’attenzione sul rischio di infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo colpito dalla crisi, con effetti distorsivi sull’economia legale, e sui tentativi della criminalità di inserirsi nelle situazioni di disagio per riconquistare consenso sociale attraverso il proprio ‘welfare’. Per questo chiediamo anche al presidente Morra di sollecitare la presidente del Senato Casellati e ai capigruppo di Palazzo Madama affinché vengano superate al più presto le difficoltà di natura tecnica per favorire una ripresa dei lavori della Commissione antimafia”.

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