Neri (MpC) ricorda la figura di Giulio Andreotti a cent'anni dalla nascita

“Giulio Andreotti è stato un uomo necessario al suo tempo. Il ventesimo secolo, con gli equilibri mondiali a seguito delle due grandi guerre, tracciati sulla carta a Yalta, con le contrapposizioni ideologiche drammatiche che non consentivano apparenti mediazioni, con l’urgenza di ricostruire intere nazioni travolte e distrutte dalla guerra e di rilanciarne lo sviluppo per abbattere le disuguaglianze sempre crescenti, è stato un periodo nel quale sembrava si camminasse sull’orlo del precipizio, la minaccia nucleare era sempre dietro l’angolo, le violenze di piazza e poi il terrorismo sembravano sempre sul punto di travolgere il paese e le istituzioni”.

Parte da qui, la riflessione, a cent’anni dalla nascita di Giulio Andreotti, del segretario-questore del Consiglio regionale Giuseppe Neri che prosegue: “In quel periodo e per quel tempo, Andreotti è stato un uomo necessario, perché tra i pochi a esercitare il ruolo di statista e a non inseguire il quotidiano tatticismo di partito. Uno statista immerso nella quotidianità che gli consentiva di mietere centinaia di migliaia di voti ad ogni tornata elettorale. Non sono stati, però, i voti ad avergli consentito di ricoprire tutti i ruoli istituzionali presenti nel nostro ordinamento, a eccezione di Capo dello Stato, e nemmeno le tessere di partito. Andreotti non si propose mai per il ruolo di segretario della Democrazia Cristiana che nella prima repubblica rappresentava il cuore vero del potere. Non erano nemmeno i presunti misteri che custodiva e i conseguenti ricatti che esercitava secondo un certo immaginario a tenerlo in piedi nello scenario politico. E, certamente, non era la forza della mafia o di qualche suo amico contiguo con la mafia a trascinarlo negli scenari nazionali e internazionali, come si tentò di balbettare giudiziariamente. Del resto, non fu certo Totò Riina a sceglierlo Presidente della Federazione Universitaria Cattolici Italiana prima e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo la laurea. Furono Mons. Montini, conosciuto poi con il nome di Paolo VI, e Alcide De Gasperi, sotto l’alto patrocinio di Papa Pacelli, e se vogliamo accogliere la vulgata, anche di suor Pasqualina che di Pio XII era la governante”.

Continua Neri: “Forse, l’unica descrizione che può dare una luce, anche se non completa, al personaggio e al ruolo esercitato, è quella di Francesco Cossiga “Giulio non è un Ministro della Repubblica italiana, nemmeno quando è a capo del governo, Andreotti è sempre stato dall’inizio il Segretario di Stato del Vaticano”. In realtà, Andreotti ha interpretato l’uomo indispensabile per quel tempo pieno di problemi e contraddizioni, dove le soluzioni e le convivenze nazionali e internazionali camminavano su un filo sottilissimo pronto sempre a spezzarsi ma che in realtà non solo non si sfilacciò ma si rafforzò lentamente anche, soprattutto, grazie al pragmatismo quotidiano che in alcuni momenti, poteva diventare o apparire bieco cinismo di cui la storia del mondo è costellata e che in alcuni momenti drammatici ha consentito la sopravvivenza e l’avanzamento della società”.

Conclude il segretario-questore: “Andreotti, a chi lo accusava di essere di destra, rispondeva di essere ‘un moderato’, cioè ‘un politico che combatte la demagogia e che ha idee chiare e forti che porta avanti con determinazione e pacatezza’, e che ‘può diventare anche conservatore rispetto a soggetti che vogliono riformare senza concretezza, con leggi che spesso sono peggiori di quelli che già esistono’. Concretezza, non solo era il motto di Andreotti ma anche il giornale che egli fondò negli anni 50 e diresse per anni. La concretezza che oggi forse manca”. 

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Le ferriere di Mongiana e il V centro siderurgico di Gioia Tauro

Era il 25 aprile 1975 quando l'allora ministro della Cassa per il Mezzogiono Giulio Andreotti avviò in contrada Posa di Gioia Tauro i lavori per realizzazione del porto, che doveva essere la prima importante infrastruttura del vagheggiato V Centro Siderurgico da realizzare entro il 1978, ma rimasto poi nel grande archivio delle tante incompiute della nostra Regione negli ultimi quaranta anni, come del resto avevano dichiarato i gioiesi diffidenti, ai quali il famoso politico aveva detto ironicamente: " comprendo la sfiducia dei calabresi perché molto spesso alle prime pietre non sono seguite le seconde". Proprio così ! 

Di fronte a quel V Siderurgico mai avviato, emersero dalla memoria le storiche ferriere e fonderie della Calabria, come si legge nella gradevole guida del Touring Club del 1983: " Capire l'Italia. Campagna e Industria. Itinerari".

Si ricordava, infatti, che " al momento dell'Unita', la Calabria ospitava uno dei più importanti centri siderurgici della Penisola, che utilizzava il minerale locale estratto dalle pendici del Monte Stella, nei dintorni del piccolo villaggio di Pazzano, e lo lavorava, fino al 1770, nelle ferriere statali di Stilo e di Assi, e poi nelle più moderne ferriere di Mongiana e Ferdinandea. 

Nell'acceso dibattito sul futuro assetto economico del paese, il prevalere delle tesi liberiste portò alla cessione di gran parte dell'industria pubblica (prevalentemente ubicata nel Mezzogiorno ) nelle mani del capitale privato e ciò determinò, negli anni intorno al 1870, la definitiva chiusura degli impianti calabresi, giacché mai l'industria privata avrebbe potuto finanziare e gestire un così complesso e dispendioso sistema di fabbrica, che era costato al governo borbonico notevoli sacrifici economici. 

Con ciò lo Stato italiano dimostrò di tenere in maggiore considerazione le impellenti necessità del suo bilancio invece di quelle ragioni di opportunità socio - politica regionale e nazionale che avrebbero dovuto prevalere". 

Segue una descrizione minuziosa di quel sito che certamente ritroveremo nella guida dell'A.C.A.I che l'amministrazione comunale di Mogiana lodevolmente sta per distribuire ai suoi concittadini per coinvolgerli nella valorizzazione del territorio.

Spero tanto, non solo, di poterla leggere! Ma mi auguro che venga anche divulgata dai mass media, prevalentemente attenti alla "mafia" , che al tempo delle ferriere era assente da tutti i vocabolari di italiano.

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