Grotte millenarie in Calabria, primi passi per l'istituzione del Geoparco regionale

Istituire il Geoparco della Calabria, composto da tutti i comuni in cui sono presenti grotte e cavità archeologiche millenarie. È la proposta lanciata oggi nel corso dell’incontro a cui hanno partecipato l’assessore regionale all’Ambiente, Sergio De Caprio, i sindaci dei comuni che ospitano queste riserve naturali, lo speleologo Felice Rocca e il direttore dell'Agenzia del demanio della Calabria, Dario De Girolamo.

Durante la riunione, è stato anche approvato un cronoprogramma che prevede la schedatura dei siti come primo passo fondamentale per l’istituzione del Geoparco.

«Siamo qui – ha detto De Caprio – per creare le premesse scientifiche per questo progetto, nella consapevolezza che la Calabria possiede bellezze che vanno valorizzate, anche dal punto di vista turistico».

«È necessaria – ha aggiunto l’assessore – una legge regionale che possa mettere in rete queste risorse geologiche, distribuite in tutte e cinque le province calabresi. Si tratta di cavità che risalgono a 15-20mila anni fa: dobbiamo farle conoscere a tutto il mondo».

«Tutto questo – ha concluso De Caprio – ci consentirà anche di tutelare il nostro patrimonio, il più ricco d’Europa in termini archeologici, e di accedere a investimenti che potranno e dovranno servire ai sindaci per garantire la manutenzione dei siti e la loro valorizzazione».

Radioattività ambientale, le grotte calabresi laboratori naturali per lo studio del Radon

Sono circa quattrocento le cavità censite dal Catasto grotte della Calabria. Alcune hanno uno sviluppo di poche decine di metri, altre addirittura di diversi chilometri. Si tratta di cavità naturali, dall’incommensurabile valore naturalistico-ambientale, spesso meta di appassionati frequentatori, degli operatori del Servizio regionale del Soccorso alpino e speleologico della Calabria (SASC) che, nell’ambito delle loro attività istituzionali, sono chiamati ad operare in tali luoghi percorrendo lunghi corridoi di roccia o incuneandosi tra strettoie, a volte allagate, in ambienti impervi, ostili ed in condizioni particolarmente disagiate.

Tali profondità della terra, oltre ad affascinare i visitatori, rappresentano dal punto di vista scientifico un “laboratorio naturale” ideale per studiare alcune dinamiche che interessano la propagazione e l’accumulo del Radon, gas nobile radioattivo di origine naturale. I prodotti del decadimento di questo gas, detti “figli del Radon”, possono legarsi alle pareti, ai pavimenti, alle persone o alle particelle nell’aria ed essere inalate, aumentando conseguentemente il rischio dell’insorgenza di neoplasie polmonari.

Per tali motivi,  il Radon è stato oggetto di una campagna di monitoraggio che Arpacal ha avviato nel 2015, sull’intero territorio regionale, in collaborazione con l’Inail ed il ministero della Salute.

L’incontro tra Arpacal e Soccorso speleologico del servizio regionale Calabrese, ha fatto nascere l’idea di sviluppare insieme una ricerca sperimentale per studiare le condizioni in cui si potrebbero accumulare sacche importanti di gas Radon nel sottosuolo.

L’Arpacal, così, aggiungerà questi importanti dati alle informazioni, acquisite o in fase di acquisizione, riguardanti le misure del Radon negli ambienti di vita come: le scuole, le abitazioni private, gli edifici pubblici e luoghi di lavoro, ed anche nel suolo e nell’acqua.

“Annoverare nel database regionale dati relativi alla concentrazione di Radon in aria, all’interno di cavità sotterranee, sebbene utile ed indispensabile per definire un quadro più completo ed esaustivo della campagna di monitoraggio posta in essere – ha dichiarato il Salvatore Procopio del laboratorio fFisico “E. Majorana” del Dipartimento di Catanzaro dell’Arpacal - risulta per qualsiasi agenzia ambientale regionale molto complicato, considerata la tipologia di luogo impervio ed ostile praticamente impossibile da indagare o finanche accedere senza una giusta preparazione tecnica. La frequentazione di questi luoghi così speciali, importantissimi dal punto di vista della conoscenza scientifica sulla distribuzione del Radon nel nostro territorio, richiederebbe un addestramento specializzato che, allo stato, possiedono gli operatori del Soccorso Speleologico calabrese”.

Il primo obiettivo della ricerca è formare gli speleologi sulle principali caratteristiche del gas Radon, sulla natura della ricerca che l’Arpacal sta svolgendo, nonché sulle procedure tecniche da usare per installare, nei lunghi percorsi di alcune grotte calabresi, i dosimetri che, nel periodo di dodici mesi dal loro posizionamento, saranno in grado di restituire una mole di dati sull’eventuale presenza del gas Radon.

La formazione degli speleologi, a cura di Salvatore Procopio e  Roberto Catalano, si è tenuta ad Arcavacata di Rende presso la sede del Soccorso speleologico calabrese. Successivamente è stata avviata la fase operativa partendo dalla ben nota “Risorgente in Località Palazzo” situata nel territorio comunale di Orsomarso nell’alto Tirreno cosentino. Gli operatori del Soccorso speleologico hanno accompagnato i tecnici Arpacal nell’ ipogeo per iniziare il lavoro di monitoraggio. All’interno della grotta di natura calcarea, in posizioni determinate, sono stati misurati valori di radioattività naturale e sono state ulteriormente illustrate agli speleologi le operazioni da svolgere per il posizionamento dei dosimetri.

Nelle prossime settimane, le squadre di tecnici Arpacal e gli operatori del Soccorso speleologico calabrese continueranno le loro ispezioni in altre grotte della Calabria, installando i dosimetri per la misurazione del gas Radon.

  • Published in Cronaca
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