Come riformerei le istituzioni

Attenti, ho scritto istituzionale, non costituzionale: non credo alle “carte” di stampo ottocentesco, tutte scopiazzate malamente da istituzioni britanniche, che però sono non scritte, e si cambiano in mezzora se è necessario. Le istituzioni, però, servono. Da storico, devo dichiarare il fallimento dell’assolutismo dei secoli XVI – XVIII: esso si fonda, infatti, sulla persona del re; e siccome pochi sono Filippo II di Spagna o Luigi XIV di Francia o Federico II di Prussia; e anche a loro potrei attribuire non rari né lievi difetti; ma in genere i re sono esseri umani come noi, l’assolutismo regio diventò di fatto il potere dei burocrati e dei cortigiani, e dovette essere spazzato via da un’ondata di cieca violenza rivoluzionaria, poi sfociata nello Stato centralista di Napoleone. Per tali motivi, servono delle istituzioni. Lo dico senza entusiasmo, ma servono.  Servono i sindaci; certo, non 409 sindaci come in Calabria; ma un centinaio di Comuni ce li lascerei: e bisogna che il cittadino abbia un punto di riferimento immediato e sul posto. Con un centinaio di sindaci, avremmo dei comprensori abbastanza vasti e organici. Servono le Regioni: certo non questi dannosi baracconi zeppi di passacarte e politicanti inefficienti; però occorrono autonomie di ampio raggio; e sarebbero state utili e necessarie fin dal 1861, invece dell’ottuso statalismo. Servono delle rappresentanze politiche; politiche, però, non partitiche. La colpa storica dell’attuale costituzione italiana del 1948, scopiazzata da quella francese poi sparita, è che nacque in mano a partiti, ed è stata scritta per i partiti, e non ha alcuna altra idea o prospettiva che i partiti. Non era certo la sola possibile soluzione. Le istituzioni inglesi, dal 1714 britanniche, presentate come modello di democrazia (questione di mettersi d’accordo sulle parole!!!) si fondano su una Camera eletta dagli abbienti, e solo in seguito da tutti i maschi, e solo in seguito anche dalle donne; e una Camera composta da feudatari, che fino al 1818 erano feudatari davvero nei loro feudi; e che tuttora, intervenuta qualche riforma, stanno lì a vita: come del resto, il monarca. Gli Stati Uniti, repubblica federale con amplissime autonomie, hanno due Camere con origine e funzioni molto diverse. Anche lo Statuto albertino del 1848 prevedeva una Camera elettiva (eletta dagli abbienti, e solo in seguito da tutti i maschi), e un Senato di nomina regia, e i cui membri fossero persone di un certo ceto, di una certa età, di una certa autorevolezza. Lo scopo era di equilibrare le inevitabili derive partitocratiche della Camera “bassa”. Non solo, ma il re conservava il diritto di nominare i ministri: di fatto, lo aveva perso, e già nel 1897 Sonnino invocava il ritorno allo Statuto contro lo strapotere della Camera e la debolezza dell’esecutivo. La carta del 1948 prevedeva, tra le righe, un esecutivo debolissimo; e, infatti, ne abbiamo visto cadere come le foglie del VI dell’Iliade e di Mimnermo; né oggi le cose stanno tanto meglio. Fosse per me:

1.       Niente carte scritte, che sono sempre trappole in mano a sofisti e avvocati;

2.       Una Camera elettiva con esclusive funzioni legislative; perciò da riunire tre volte l’anno per una “dieta”, cioè un giorno;

3.       Elezione di questa Camera su base personale a collegio uninominale, e con vincolo di mandato;

4.       Una Camera corporativa e delle funzioni: rappresentanze delle categorie professionali e della cultura e scienza e religione; sempre, “dieta”;  senza vincolo di mandato;

5.       Elezione diretta del presidente della repubblica e sua facoltà di nominare i ministri;

6.       Riunione delle due Camere per approvare il bilancio; sempre, “dieta”.

7.       Diritto di riunirsi in partiti e sindacati, ma con statuti interni chiari e pubblici.

 Ovviamente, non è la panacea. Non ci sono istituzioni che migliorano le persone; ma persone serie che mandano avanti le istituzioni. Se l’Italia non ne produce, che volete da me?

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Riforma costituzionale, “i rischi per i Comuni e per il sociale”

Il presidente della I Commissione consiliare della Regione Calabria, Franco Sergio, interviene sulle ipotesi di Riforma costituzionale e sul Referendum. Di seguito, le sue riflessioni che proponiamo nella sua stesura integrale. 

<<Sulla Riforma costituzionale va aperta una fase di riflessione per approfondire le ragioni del Si o del No al Referendum, informare i cittadini e metterli in condizione di effettuare scelte consapevoli una volta acquisite coscienza sociale e politica dei temi. Concordo con chi sostiene che il premier Renzi ha commesso un grave errore “personalizzando” il Referendum, fornendo un assist eccezionale a chi nel fronte del No, interno ed esterno alla maggioranza, asserisce che progetto e contenuto riformatore siano frutto eccessivo di alchimia parlamentare, di “fusione a freddo” destinato al sicuro fallimento nel concreto. I critici ritengono inaccettabile la richiesta “fideistica” di consenso al  piglio riformatore, addirittura rottamatore, del Premier che, per questione di stile e coerenza etica e politica – con la vittoria del No - dovrebbe dimettersi. Chi scrive, che per estrazione culturale, sociale, e politica si definisce un democratico moderato e cattolico, sta maturando l’orientamento a votare No, perché non d’accordo su punti nodali della riforma: il rapporto Stato-Regioni, la definizione di riforma delle Autonomie locali, il rischio della cancellazione del ruolo partecipativo dei Corpi Intermedi della società, l’improvvida correlazione tra riforma e Legge elettorale. Taluni, come Renzi, strumentalmente ripetono che i guasti istituzionali del Paese sono da addebitarsi ai costi della politica ed all’eccessivo potere esercitato da Regioni …e Consiglieri regionali. Allora, anziché le Province, punti di coordinamento e riferimento importante per comuni e cittadini, non si sono cancellate le Regioni, mutilate di importanti funzioni riassorbite dallo Stato? Perché mantenerle, dopo circa 50 anni di esperimento fallimentare, specie al Sud, dacchè autorevoli voci sostengono - supportando l’analisi con lo studio dettagliato dello Svimez uscito nei mesi scorsi - che la Cassa del Mezzogiorno ha fatto meglio delle Regioni?! Solo un dato: nel 2014 il reddito medio pro capite del Sud era il 56,3% del Centro Nord, e anche nel 2016 è simile”. Quanto ai corpi intermedi, assolutamente “negletti” nella Riforma, qualificano le società occidentali rendendole più evolute rispetto a quelle in cui vigono regimi totalitari di ogni colore e latitudine. Tali corpi costituiscono l’ossatura della società, articolazione naturale tra persone e Stato. Precede tutti la Famiglia, poi le aggregazioni promosse per differenti obiettivi sociali, economici, politici e culturali: sindacati, ordini professionali e associazioni di categoria, partiti. Il solo fatto che spesso tali corpi ed i loro organismi partecipativi si siano comportati, e siano potuti apparire come dediti solo all’autoalimentazione, non deve far dimenticarne od addirittura cancellarne la legittima, indispensabile, funzione di mediazione, diffusione e coinvolgimento della società nell’esercizio del potere, secondo il principio di sussidiarietà derivato dalla Dottrina Sociale cristiana. Con essi sono in via di demolizione tutti i luoghi e le forme partecipative alle scelte politiche, in nome di un decisionismo “tecnico” e “cronologico” esasperato e della cultura “dell’uomo solo al comando”.  “Abolizione del Senato e legge elettorale con largo premio di maggioranza al primo partito, di fatto limiteranno a zero il ruolo delle opposizioni, e taciamo dell’elezione sicura di capilista ed altri: viva la Democrazia partecipativa! Uno Stato democratico compiuto, dovrebbe avere poteri equilibrati e diffusi sul territorio, con contrappesi nella società civile”. “Scomparso il federalismo, lo Stato centrale si riprende poteri e funzioni che aveva decentrato e i Comuni, con meno risorse, potranno fare poco o nulla, salvo unirsi o fondersi. Lo Stato diverrà sempre più accentratore, senza che ciò comporti maggior efficienza/efficacia, dacchè è acclarato nell’esperienza pregressa, che i problemi reali non sono, così, celermente e concretamente affrontati ma, piuttosto, si realizzi il vecchio adagio di “trasferirne” la soluzione al Centro. Non mi farò incantare dalle suggestioni delle sirene che recitano: “modernizzare il Paese”, “semplificare le procedure legislative”, “privatizzare strutture ed assetti societari del nostro patrimonio, Poste, Anas, FF.SS. Tanto, vieppiù, se è solo per far “cassa”, fregandosene delle esigenze sociali dei cittadini, privati dei servizi minimi essenziali, solo per ridurre, di qualche “milionesimo” di punto il debito pubblico o tentare il riallineamento al parametro UE (1,8%) svendendo i gioielli di famiglia; decretando la definitiva prevalenza del Capitale finanziario sul sociale, negando in radice i principi fondamentali costituenti di solidarietà e sussidiarietà. Sono convinto che, cosi come “nessuno si salva da solo”, nessuno può risolvere i problemi complessi e strutturali del Paese da solo e, perché la barca non affondi, bisogna che tutti collaborino e partecipino a rimetterla in rotta, sia chi guida che chi rema. Tale esigenza la considero metodo necessario anche per la nostra Regione, prima che sia troppo tardi>>.

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Cessaniti, secondo confronto sulla riforma costituzionale: i docenti Curreri e Gambino per il Sì

Proseguono gli incontri e i dibattiti sulla riforma della Costituzione in vista del referendum di ottobre. Nel comune di Cessaniti il locale Comitato "Cessaniti per il SI'" ha promosso il secondo confronto aperto dopo quello organizzato nel mese di giugno a Favelloni. Teatro dell'incontro è stata la Villa Comunale di Cessaniti che ha visto protagonisti i due costituzionalisti, Salvatore Curreri e Silvio Gambino, e il giornalista de Il Sole 24 Ore, Stefano Natoli. Un dialogo vivace e serrato tra i due docenti universitari che hanno evidenziato aspetti positivi e negativi, peculiarità e problematiche della riforma voluta dal governo Renzi e varata dal Parlamento. A fare gli onori di casa è stato il sindaco di Cessaniti Francesco Mazzeo che ha inteso sostenere fin dall'inizio le ragioni del sì alla riforma. Il prof. Curreri dell'Università di Enna ha sottolineato i maggiori pregi della riforma evidenziando che "il nostro paese ha bisogno di maggiore stabilità governativa e di una politica che finalmente possa essere messa nelle condizione di poter decidere". A sua volta, il Prof. Gambino ha replicato affermando che "nella riforma sono presenti aspetti anche molto positivi ma, d'altra parte, attraverso il combinato disposto riforma costituzionale-riforma elettorale, si rischia di arrivare ad un premierato assoluto". Stefano Natoli, vice capo servizio della sezione Commenti e Inchieste de Il Sole 24 Ore, ha invece punzecchiato e provocato i due relatori con le sue riflessioni e domande sottolineando, in primo luogo, come "il Parlamento non sia stato in grado di approvare la riforma attraverso un percorso condiviso" e ha posto l'accento sul fatto che "su questa questione complessa siano ora i cittadini a decidere, cittadini spesso poco e male informati". E' proseguito il dibattito con i cittadini con diverse sollecitazioni e domande. All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, anche vari rappresentanti dei comitati del "SI'" e del "NO" sul territorio: Pino Costanzo (vice coordinatore di "Basta un SI' Vibo Valentia", alcuni giovani del comitato per il NO di San Nicola da Crissa, il consigliere comunale del comune di Ionadi, Fabio Signoretta, anch'egli schierato per il NO. Insomma, un altro momento proficuo per dialogare e per trarre spunti interessanti esaminati sotto differenti sfaccettature in vista dell'appuntamento referendario. E in questo senso, il Comitato "Cessaniti per il SI'" si conferma capofila nella provincia di Vibo Valentia.  

Galati incontra “Comitati del sì”: “Riforme costituzionali per modernizzare il Paese”

“Le riforme costituzionali come passaggio necessario per modernizzare e agevolare lo svolgimento della vita democratica nel nostro Paese”. È quanto è emerso nel corso di un incontro che si è svolto a Feroleto Antico alla presenza di Giuseppe Galati, deputato del gruppo Ala, di Francesco Granato e Salvatore De Biase, presidenti dei “Comitati per il sì” di Catanzaro e Lamezia, di Roberto Guerriero, del gruppo Psi-Pse al consiglio comunale di Catanzaro, di Peppino Ruberto, “promotore del sì” per i patronati e di Mario Bonacci, in rappresentanza del mondo delle piccole e medie imprese. I componenti dei comitati hanno, altresì, dichiarato di volersi incontrare al più presto ed espresso la volontà di “creare strutture aperte alla partecipazione di cittadini, istituzioni o chiunque voglia dare un concreto contributo ad una svolta storica che attende l’Italia. Un’iniziativa che, partendo dall’area centrale della Calabria, punta a coinvolgere tutte le province calabresi”. “Un Paese che intende innovarsi e andare incontro alle mutate esigenze dei cittadini – sottolineano - deve incidere profondamente sui suoi apparati burocratici. Nasce da una precisa volontà del parlamento e dei cittadini la necessità di giungere al superamento del bicameralismo perfetto, alla riduzione del numero dei parlamentari, al conseguente contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni e alla revisione del titolo V della Costituzione. Con la trasformazione del Senato in organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali (mediante la riduzione dei suoi componenti a cento unità), lasciando alla sola Camera dei Deputati la titolarità del rapporto di fiducia, della funzione di indirizzo politico e di controllo dell’operato del Governo, è possibile realizzare processi decisionali più veloci ed efficaci. Tutto ciò accadrebbe senza far mancare quell’indispensabile partecipazione democratica, ma consentendo al Paese di avvicinarsi ai cittadini e a quell’idea di cambiamento più volte invocata dall’Europa”. “Diciamo basta al bicameralismo perfetto che di fatto ostacola lo sviluppo del Paese e invochiamo – concludono - una reale sfida di cambiamento attraverso un’azione condivisa e lungimirante”.

Mangialavori critica il Governo: "Riforma costituzionale e Legge di Stabilità affossano il Sud"

"Si è passati da anni di dibattiti sul federalismo ad una fase di neocentralismo spinto che colpisce l’autonomia dei poteri locali e l’assetto dello Stato come indicato dalla Carta costituzionale".  L’ha sostenuto il consigliere regionale Giuseppe Mangialavori della Cdl, intervenendo a Catania all’iniziativa (dal 16 al 18 ottobre) di Muovitalia 015 ("Dall’Italia all’Europa sfida al futuro"). Mangialavori ha preso parte all’incontro sul tema "Parte dal territorio il buon governo del Centro-Destra", cui hanno partecipato consiglieri regionali di tutto il Paese. Ha aggiunto: "Il pastrocchio sull’articolo 2 della riforma del Senato è la dimostrazione che s’intende verticalizzare il sistema di potere.  Il risultato è che  si riducono i controlli sull’Esecutivo ed i senatori saranno scelti non dai cittadini e neppure dai Consigli regionali, ma dai partiti. Questa riforma della Costituzione sarà dura da digerire per i soggetti politici ed istituzionali che operano sui territori ed avrà effetti ancora più gravi per il Mezzogiorno.  Oltre al tentativo del Governo finalizzato a  mettere fuori gioco i poteri orizzontali e garantire libertà d’azione all’uomo solo al comando, roba che se l’avesse posta in essere il centrodestra avrebbe suscitato accuse di fascistizzazione delle istituzioni, la riforma del Senato  introduce, distinguendo tra Regioni virtuose (Nord) e quelle che non lo sono (Sud), un regionalismo differenziato che annullala  le quote regionali del Nord destinate al fondo perequativo con la conseguenza di un ulteriore inabissamento del welfare nel Mezzogiorno. Un risultato che neppure al federalismo hard della Lega era mai riuscito di realizzare".  Mangialavori ha criticato la legge di stabilità, "perché non contempla il Sud". Ed ha sostenuto: “In Calabria attendevamo Renzi perché illustrasse il promesso 'masterplan', ma al suo posto si è materializzato il sottosegretario alla Presidenza Lotti con un mano un paio di forbici. Il quale, con gli applausi dei democrat calabresi, non è che ha tagliato qualche nodo che infastidisce da decenni la Calabria, ma un nastro per l’inaugurazione di una sede del Pd”. Sui temi prettamente politici ha detto: “E’ tempo che il centrodestra si riorganizzi sulla base di un programma ispirato ai valori di una destra europea e moderna. L’Italia ed il Sud avvertono la mancanza di una proposta politica che dia risposte alle istanze dei moderati e dei riformisti convinti che il populismo di Renzi e l’antipolitica di Grillo non porteranno da nessuna parte". 

 

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