I buoni…amici dell’Occidente

A fine mese il presidente Usa Joe Biden andrà a Ryad per chiedere a quei galantuomini degli Al Sa’ud di aderire all’alleanza del bene.
 
Ovviamente, essendo un buono, Biden non può non cercare il sostegno di un paese rispettabile come l’Arabia Saudita, ovvero di uno Stato teocratico la cui dinastia, non solo calpesta sistematicamente i diritti umani, ma dal 2015 combatte una sanguinosissima guerra in Yemen.
 
Nel corso del suo viaggio il presidente Usa non avrà difficoltà a stringere la mano al ministro delle Difesa Moḥammad bin Salmān, ovvero il principe ereditario che un rapporto dell’Onu indica come mandante dell’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista del Washington Post ucciso, fatto a pezzi e sciolto nell’acido nel consolato saudita di Istanbul.

Il mito del buon selvaggio dell'Occidente piccolo-borghese

Non è vero che tutti gli immigrazionisti siano in mala fede e cerchino di arraffare i 35 € pro capite pro die. Ce ne sono a iosa, di tali mascalzoni, e ogni tanto qualche bella retata li sbatte in meritata galera.

Ma conosco alcuni della cui moralità e onestà e quindi fede buonissima, giuro, sono più che certo. Essi sono mossi da naturale bontà, e ciò è lodevole, con o senza buon senso, spesso senza: ma moralmente sono dei santi. Fine di questo argomento.

Ci sono motivazioni filosofiche, e antiche. Molto antiche, se nelle Baccanti di Euripide leggiamo “In alcune cose, i barbari sono più saggi dei Greci”: ed è la prima attestazione di terzomondismo che io conosca.

Da cosa nasce, un simile atteggiamento? Da disgusto della civiltà: studiate il Vico, e capirete il fenomeno. L’eccesso di civiltà è accompagnato da affievolirsi delle passioni sia psichiche sia fisiche. Non ci sono guerre, si muore raramente, il sesso è banalizzato, la letteratura è noiosissima e scritta in pessimo italiano… Insomma, la gente si annoia.

Si annoiavano a morte nel XVIII secolo, l’illuminismo, quando J. J. Rousseau (1712-78) trovò la soluzione nella dottrina del “bon sauvage”, il buon selvaggio.

Qualcuno lo aveva detto anche prima, e il Vico liquidò così la sballata teoria: “Sformati racconti di viaggiatori per dare smaltimento ai loro libri”.

Rousseau, che non aveva mai visto un pellerossa, si giovò di qualche avventuriero che, stato nel Canada, aveva conosciuto dei gruppi degenerati che vivevano di elemosina ai margini dei fortini francesi, quando ancora c’erano. Dedusse che i “sauvages” erano buoni d’animo, liberi e privi di inibizioni religiose e morali. Ci credettero in tanti, e ci credono tuttora. Anzi, dai “sauvages” esteri, molti passarono ai selvaggi indigeni, compresi, per esempio, i Calabresi sotto gli occhi di frettolosi viaggiatori forestieri zeppi di pregiudizi positivi, che sono anche peggio del contrario.

Torniamo ai selvaggi propriamente detti. Occorsero due secoli, prima che un grande antropologo ed etnologo, Claude Lévy Strauss (1908-2009), andasse di persona a visitare certe popolazioni, e, nel celebre (???) testo “Tristi Tropici”, del 1955, affermò che i selvaggi non sono buoni, non sono liberi, non sono disinibiti, e, soprattutto, non sono selvaggi, ma solo tecnologicamente arretrati. Del resto, alcuni miei colleghi hanno impiegato trent’anni per comprarsi un computer!

Ma Lévy Strauss continua ad essere conosciuto solo dagli specialisti; mentre, sulla scorta di Rousseau, ci sono seriamente quelli che attribuiscono agli Africani e altri delle speciali virtù, e tali da renderne desiderabile l’arrivo alle nostre latitudini.

E invece gli Africani non sono buoni, liberi e disinibiti, e non sono selvaggi: sono esseri umani con qualche particolarità, e per il resto, come noi. Ovvero, per dirla con Shakespeare, “Tu mi credi un uomo onesto, Orazio: ma se sapessi cosa si annida dentro il mio animo, volgeresti lo sguardo da me come da un serpente velenoso”.

Sempre con il Vico, potrebbero essere dei salutari barbari tipo quelli che arrivarono alla caduta dell’Impero e rigenerarono un’esangue Mediterraneo. Ma non sto vedendo nessun Teodorico e nessuna Teodolinda, sui barconi; solo delle imitazioni di un poco esaltante Occidente piccolo-borghese.

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Siria, Assad: "Occidente tagli i legami con i terroristi"

Nel corso di un discorso tenuto davanti ai diplomatici a Damasco, il presidente siriano Bashar Assad ha rifiutato la riapertura delle ambasciate dei Paesi occidentali che collaborano con i ribelli ed i gruppi di opposizione.

Nel suo intervento, Assad ha lodato la Russia, l'Iran, la Cina e gli Hezbollah libanesi per il supporto alle operazioni militari contro i terroristi.

Infine, ha rimarcato che la Siria guarderà ad est per tutto ciò che riguarderà le future relazioni politiche, economiche e culturali.

Schiacciare il terrorismo, ma senza equivoci

 È quasi pleonastico che io ribadisca qui il mio pensiero circa l’esigenza di colpire senza alcuna esitazione il terrorismo, e prima e non dopo che agisca. Lo ribadisco, così non restano dubbi sul fatto che, dovendo scegliere tra la vita di un terrorista e quella degli innocenti, mi pare ovvio quale debba essere la decisione. Spero di essere stato chiaro.

 Attenzione, ho scritto terroristi, e non terroristi islamici. Questi sono islamici, ma se fossero scintoisti, animisti, atei, cristiani, illuministi eccetera, sarebbe per me la stessa identica cosa; e andrebbero fermati senza pietà prima e non dopo.

 Avverto altresì che ogni definizione è fuorviante. Per restare nel caso, se questi sono islamici, e poi qualcuno, islamico o no, spara la bufala che islam vuol dire pace (vuol dire piena sottomissione ad Allah qualunque cosa ordini, stragi incluse!), questa bufala già fornisce un alibi, una copertura ideologica, che facilmente diventa copertura giudiziaria e assassini a piede libero. Terroristi, e basta.

 Ma veniamo al rischio di equivoci. Premesso per la terza volta che i terroristi vanno schiacciati, ciò non significa che essi soli abbiano torto e gli altri ragione. Chi sono gli altri? Gli altri sarebbero un presunto “Occidente”, un concetto malamente esteso anche ad oriente. Ebbene, io dichiaro che la mia intenzione di vedere schiacciati i terroristi non ha niente a che vedere con i genuini o presunti o spacciati “valori dell’Occidente”, e quindi con la politica estera di Usa, Israele, Francia, e Gran Bretagna a rimorchio.

 Nulla a che vedere con lo Stato d’Israele, che si rifiuta di volere una seria pace in Terra Santa; né l’Israele di cui si parla in chiesa la domenica ha qualcosa a che vedere con questo Stato, che è popolato o da israeliti o da miscredenti.

 Nulla a che vedere con Bush che ha devastato l’Iraq e assassinato Saddam, e scatenato il disastro ben noto; nulla a che vedere con Sarkozy e Obama che hanno devastato la Libia e assassinato Gheddafi; nulla a che vedere con fasulle primavere arabe; nulla a che vedere con le elucubrazioni di Allam, Ferrara e della Fallaci.

 Nulla a che vedere con il multietnico e la smidollatissima “generazione Bataclan”.

 Ora sono stato ancora più chiaro.

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Gli amici dell’Europa che odiano l’Occidente

“Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”. Un adagio particolarmente calzante per alcune imbarazzanti amicizie coltivate da Europa e Stati Uniti. Nella lista degli alleati dell’Occidente figurano, infatti, Paesi cui starebbe bene la definizione di “Stati canaglia”, coniata dai politologi anglosassoni per indicare le nazioni pericolose per la democrazia.  Si tratta di nazioni con cui il Vecchio continente e gli Usa fanno affari ed alle quali vendono armi ultramoderne.

Paesi retti da sistemi dispotici, nei cui confronti vige la consegna del silenzio. La stampa Occidentale, italiana in particolare, sempre attenta a cavalcare il destriero del politicamente corretto, non ne parla, quasi mai.

Le tiranniche petro-teocrazie del Golfo, dall’Arabia Saudita, al Qatar, assai di rado sono oggetto di dibattito.  Sono esenti da qualunque discussione relativa alla violazione dei diritti delle donne, degli immigrati, delle libertà più elementari. I loro abusi non vengono mai contestati. Così, come non vengono denunciati, i crimini di guerra che i sauditi compiono ogni giorno in Yemen.

L’ipocrisia dell’Occidente, più che assurda, è sconcertante. Tanto più che non è un mistero che dietro il terrorismo internazionale di matrice islamica ci siano proprio loro. Eppure, Europa ed Usa fingono di non sapere.

Prendiamo ad esempio il Qatar che continua, indisturbato, a fare shopping in Italia e in Europa nonostante le decine di rapporti che ne denunciano le connessioni con le centrali che alimentano il terrore. E’ ormai acclarato, infatti, che nel processo di destabilizzazione del Mediterraneo, i proventi del petrolio abbiano giocando un ruolo determinante, dalla Siria alla Libia.

Del resto, la strategia di divulgare l’islam oltranzista di matrice salafita è arcinota. Una strategia che prevede una progressiva penetrazione in Europa dove, ogni anno, vengono inviate decine di predicatori radicali. Nel Vecchio Continente, gli emiri finanziano moschee e centri di cultura con lo scopo di diffondere il verbo dell’intransigenza religiosa.

Un verbo, portato sulle coste del nord Africa dagli Ak47 dei miliziani del Califfato.  Il tutto, nel più assoluto silenzio dei media nostrani.

Un silenzio complice, criminale, comprato a suon di petrodollari

Nei giorni scorsi, un quotidiano tunisino ha pubblicato un rapporto segreto in cui si parla di un campo d’addestramento allestito dal Qatar nella città di Beja, in Tunisia.  Secondo le indiscrezioni fatte trapelare dall’organo d’informazione, i qatarioti vi avrebbero fatto confluire decine di miliziani algerini reduci dai campi di battaglia di Iraq e Siria.

Il rapporto ha rivelato che l’addestramento dei terroristi, ha lo scopo di destabilizzare l’Algeria. Il progetto, coordinato dagli agenti di Doha, si articolerebbe in tre fasi. Completato l’addestramento, i circa 800 miliziani affiliati all’Isis, dovrebbero entrare clandestinamente in Algeria dove dovrebbero creare basi logistiche in aree poco popolate. Da qui, dovrebbe partire la terza fase, quella destinata a far entrare in azione i terroristi nei grandi centri urbani.

Un scenario che l’Algeria ha già conosciuto negli anni Novanta, quando il Paese venne sconvolto dalla sanguinosa guerra civile alimentata dal braccio armato del Fronte islamico di salvezza.

Se ciò accadesse, la situazione sarebbe esplosiva. L’Italia si troverebbe, ancora una volta,  a pagare il prezzo di una crisi dalle conseguenze incalcolabili.

Per prevenire il rischio che incombe, gli algerini stanno presidiando il loro permeabile confine con la Tunisia. Da una parte, stanno alzando una barriera di sabbia,  dall’altra, stanno intensificando i controlli. Nelle scorse settimane, le forze di sicurezza di Algeri hanno scoperto una decina di tunnel destinati a far passare uomini ed armi.

Mentre tutto ciò accade, sulla porta di casa, l’Italia e l’Europa continuano a crogiolarsi nel loro pusillanime immobilismo. Un immobilismo che alla lunga si rivelerà fatale.

Articolo pubblicato su mirkotassone.it

Erdogan: "dietro al terrorismo islamico ci sono i Paesi occidentali"

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan punta il dito contro i Paesi occidentali ritenuti responsabili di fomentare e sostenere il terrorismo islamico.

Nel corso di un discorso ufficiale pronunciato durante una visita al Parlamento di Islamabad, in Pakistan, Erdogan ha sostenuto che "i Paesi occidentali sostengono" Al Qaida e l'Isis. Un sostegno comprovabile attraverso numerose  "prove".

L'Occidente, ha affermato il presidente turco,  "fornisce armi all'Isis e anche a (Fethullah) Gulen", ovvero al maggiore oppositore di Erdogan ritenuto la mente del fallito colpo di stato del 15 luglio scorso.

"Quando saremo riusciti a buttare fuori i terroristi dal mondo islamico - ha aggiunto - la pace ritornerà in Turchia, Pakistan ed in altre parti del mondo".

Del resto, secondo Erdogan, Al Qaida e Isis "non hanno nulla a che vedere con l'Islam", anzi "lo danneggiano".  " Per questo motivo - ha concluso - noi li combattiamo dentro il nostro Paese e fuori, come facciamo in Siria".

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